I fatti stanno dimostrando che le istituzioni si sono dotate
di dispositivi procedurali pesantissimi, inefficienti e annichilenti.
Eppure “lor signori” non possono che passare di
lì e soltanto “loro”, è sempre scritto,
possono modificarli e renderli confacenti alla bisogna, nonostante
che ogni giorno di più si dimostrino inabili a intervenire.
Non ce la fanno sia perché invischiati in una miriade
di normative e procedure istituzionali, sia soprattutto per
le lotte all'ultimo sangue per conquistare fette del misero
potere a disposizione, paradossalmente sempre più privo
di potere reale. Mi sembra sempre più evidente che i
luoghi del cambiamento cui tutti auspichiamo non riescono ad
essere il parlamento e le istituzioni vigenti.
L'inarrestabile declino cui stiamo assistendo porta a suggerire
un'altra visione delle cose ed altre prospettive. Innanzitutto
una prima spontanea considerazione che viene dal profondo del
cuore: se gli “eletti” sono così inefficienti
perché amalgamati in un devastante magma burocratico,
assorbente e invadente, perché non si affida ai cittadini
la soluzione dei propri problemi? Avrebbero senz'altro più
possibilità di riuscirci, se non altro perché
non si sentirebbero schiacciati dai vizi e dalle lentezze burocratico/giuridiche
tipiche del politicantismo. Non si sentirebbero obbligati a
dover sottostare ai molti sovrastanti condizionamenti, che ci
sono a priori e a prescindere, che oggettivamente limitano l'operato
dei professionisti della politica. Soprattutto prenderebbero
direttamente decisioni autonome per ciò che riguarda
il locale, smettendo di dover dipendere dal centro per ogni
cosa.
Al di là della nostra volontà e della nostra consapevolezza
veniamo costantemente inseriti in percorsi obbliganti che ci
sfruttano e ci spolpano. Esempio eclatante il gioco sovranazionale
dell'alta finanza, continuamente imposto senza averlo scelto
e senza riuscire a comprenderlo. Nella prospettiva che sto proponendo,
per affrontarlo dovremmo liberarci degli schemi interpretativi
che ci hanno inculcato. In linea di principio, infatti, non
è vero che non si possa prescindere dalle gabbie che
ci vengono costruite attorno. Siamo coattivamente inchiodati
ad esse soltanto se ci rassegniamo e accettiamo di esserlo.
Con uno slancio d'immaginazione utopica potremmo predisporci
per condizioni completamente diverse da quelle che stiamo subendo.
Il denaro che siamo obbligati ad usare serve per comprare beni
di consumo e gestire la propria quotidianità. Il mondo
della finanza però non lo concepisce per questo e non
lo usa affatto per comprare cose, perché la sua prerogativa
è di accumulare soldi attraverso i soldi. Non tanto per
aumentare il capitale, ma per speculare e accumulare in continuazione
ricchezze monetarie iperboliche, destinate a loro volta ad esercitare
potere. A noi tutto ciò non serve, anzi ci danneggia,
perché queste operazioni vengono fatte a nostra insaputa
sulle nostre teste, investendo in modo virtuale (derivati) sul
denaro reale, che al contrario viene conseguito attraverso l'economia
produttiva e che ci siamo guadagnati lavorando con grande fatica.
Ciò che si consuma sulle nostre teste è perciò
una truffa colossale, di cui non siamo responsabili, che non
vorremmo, che non possiamo governare, ma che si consuma sfruttandoci
fino all'osso.
Lo slancio d'immaginazione utopica potrebbe pensare di sottrarsi
a questa influenza che ci sovrasta e ci costringe a dipendere,
che si muove in modo virtuale, ma che nel concreto ci sfrutta
e ci massacra. Immaginiamo allora di organizzare una finanza
nostra, gestita da noi per le cose che ci servono e che possiamo
controllare direttamente, sganciata dall'alta finanza speculativa
e non convergente con essa. Potrebbe voler dire una moneta nostra,
ovviamente priva di funzione speculativa, oppure scambio di
buoni, che in fondo sono sempre un tipo di moneta, oppure altra
soluzione funzionale. Non è importante la forma che quest'immaginario
può assumere. Il problema è la sostanza, cioè
un modo controllato e gestito direttamente da noi, perché
vogliamo difenderci dal gioco delle oligarchie finanziarie sottraendoci
alla loro influenza nefasta, nella speranza di riuscire prima
o poi a renderle inoperanti. Che continuino pure a muoversi
con operazioni virtuali computerizzate, a noi interessa non
servire più da loro supporto.
Spero che questo suggerimento divenga spunto per compagni e
persone di buona volontà che hanno conoscenza approfondita
in materia, per progettare qualcosa di fattibile e sensato che
abbia però le caratteristiche sopra dette. Il problema
finanziario è solo un esempio. Ma la nostra vita è
piena di condizioni in cui non solo siamo obbligati, ma a nostra
insaputa veniamo sfruttati, dilapidati, raggirati, usati e,
se reticenti, repressi, frastornati, puniti, vituperati. Guardiamo
per esempio all'uso criminale del denaro pubblico, sull'impiego
del quale non abbiamo alcun diritto d'intervenire. Potremmo
ripensarlo collettivamente in una prospettiva di distribuzione
solidale della ricchezza. Eppure in linea teorica, da un punto
di vista liberale fra l'altro, ognuno di noi avrebbe pienamente
il diritto di partecipare alle decisioni che ci riguardano.
Ciò che so con certezza è che questo immaginario,
che vorrebbe trovare soluzioni che mettono in discussione le
fondamenta del vigente sistema di dominio, per sua natura non
può passare attraverso le istituzioni che subiamo, proprio
perché al contrario sono state impostate per salvaguardarlo.
Estratto da "Decomposizione politica all'ombra della finanza" di Andrea Papi
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