16 giugno 2013

Liberiamoci dai vecchi schemi interpretativi.

I fatti stanno dimostrando che le istituzioni si sono dotate di dispositivi procedurali pesantissimi, inefficienti e annichilenti. Eppure “lor signori” non possono che passare di lì e soltanto “loro”, è sempre scritto, possono modificarli e renderli confacenti alla bisogna, nonostante che ogni giorno di più si dimostrino inabili a intervenire. Non ce la fanno sia perché invischiati in una miriade di normative e procedure istituzionali, sia soprattutto per le lotte all'ultimo sangue per conquistare fette del misero potere a disposizione, paradossalmente sempre più privo di potere reale. Mi sembra sempre più evidente che i luoghi del cambiamento cui tutti auspichiamo non riescono ad essere il parlamento e le istituzioni vigenti.
L'inarrestabile declino cui stiamo assistendo porta a suggerire un'altra visione delle cose ed altre prospettive. Innanzitutto una prima spontanea considerazione che viene dal profondo del cuore: se gli “eletti” sono così inefficienti perché amalgamati in un devastante magma burocratico, assorbente e invadente, perché non si affida ai cittadini la soluzione dei propri problemi? Avrebbero senz'altro più possibilità di riuscirci, se non altro perché non si sentirebbero schiacciati dai vizi e dalle lentezze burocratico/giuridiche tipiche del politicantismo. Non si sentirebbero obbligati a dover sottostare ai molti sovrastanti condizionamenti, che ci sono a priori e a prescindere, che oggettivamente limitano l'operato dei professionisti della politica. Soprattutto prenderebbero direttamente decisioni autonome per ciò che riguarda il locale, smettendo di dover dipendere dal centro per ogni cosa.
Al di là della nostra volontà e della nostra consapevolezza veniamo costantemente inseriti in percorsi obbliganti che ci sfruttano e ci spolpano. Esempio eclatante il gioco sovranazionale dell'alta finanza, continuamente imposto senza averlo scelto e senza riuscire a comprenderlo. Nella prospettiva che sto proponendo, per affrontarlo dovremmo liberarci degli schemi interpretativi che ci hanno inculcato. In linea di principio, infatti, non è vero che non si possa prescindere dalle gabbie che ci vengono costruite attorno. Siamo coattivamente inchiodati ad esse soltanto se ci rassegniamo e accettiamo di esserlo. Con uno slancio d'immaginazione utopica potremmo predisporci per condizioni completamente diverse da quelle che stiamo subendo.
Il denaro che siamo obbligati ad usare serve per comprare beni di consumo e gestire la propria quotidianità. Il mondo della finanza però non lo concepisce per questo e non lo usa affatto per comprare cose, perché la sua prerogativa è di accumulare soldi attraverso i soldi. Non tanto per aumentare il capitale, ma per speculare e accumulare in continuazione ricchezze monetarie iperboliche, destinate a loro volta ad esercitare potere. A noi tutto ciò non serve, anzi ci danneggia, perché queste operazioni vengono fatte a nostra insaputa sulle nostre teste, investendo in modo virtuale (derivati) sul denaro reale, che al contrario viene conseguito attraverso l'economia produttiva e che ci siamo guadagnati lavorando con grande fatica. Ciò che si consuma sulle nostre teste è perciò una truffa colossale, di cui non siamo responsabili, che non vorremmo, che non possiamo governare, ma che si consuma sfruttandoci fino all'osso.
Lo slancio d'immaginazione utopica potrebbe pensare di sottrarsi a questa influenza che ci sovrasta e ci costringe a dipendere, che si muove in modo virtuale, ma che nel concreto ci sfrutta e ci massacra. Immaginiamo allora di organizzare una finanza nostra, gestita da noi per le cose che ci servono e che possiamo controllare direttamente, sganciata dall'alta finanza speculativa e non convergente con essa. Potrebbe voler dire una moneta nostra, ovviamente priva di funzione speculativa, oppure scambio di buoni, che in fondo sono sempre un tipo di moneta, oppure altra soluzione funzionale. Non è importante la forma che quest'immaginario può assumere. Il problema è la sostanza, cioè un modo controllato e gestito direttamente da noi, perché vogliamo difenderci dal gioco delle oligarchie finanziarie sottraendoci alla loro influenza nefasta, nella speranza di riuscire prima o poi a renderle inoperanti. Che continuino pure a muoversi con operazioni virtuali computerizzate, a noi interessa non servire più da loro supporto.
Spero che questo suggerimento divenga spunto per compagni e persone di buona volontà che hanno conoscenza approfondita in materia, per progettare qualcosa di fattibile e sensato che abbia però le caratteristiche sopra dette. Il problema finanziario è solo un esempio. Ma la nostra vita è piena di condizioni in cui non solo siamo obbligati, ma a nostra insaputa veniamo sfruttati, dilapidati, raggirati, usati e, se reticenti, repressi, frastornati, puniti, vituperati. Guardiamo per esempio all'uso criminale del denaro pubblico, sull'impiego del quale non abbiamo alcun diritto d'intervenire. Potremmo ripensarlo collettivamente in una prospettiva di distribuzione solidale della ricchezza. Eppure in linea teorica, da un punto di vista liberale fra l'altro, ognuno di noi avrebbe pienamente il diritto di partecipare alle decisioni che ci riguardano.
Ciò che so con certezza è che questo immaginario, che vorrebbe trovare soluzioni che mettono in discussione le fondamenta del vigente sistema di dominio, per sua natura non può passare attraverso le istituzioni che subiamo, proprio perché al contrario sono state impostate per salvaguardarlo.


Estratto da "Decomposizione politica all'ombra della finanza" di Andrea Papi

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