27 ottobre 2012

Riflessioni sommerse


“Dedicato a tutti quelli che avevano vent’anni nel 1977. E che ora ne hanno diciotto” scriveva, anzi disegnava l'incomparabile amico Andrea Pazienza (scomparso il 16 giugno 1988).

C’è un ragazzo di nome Oscar nativo della provincia di Mantova  che ha fatto suo questo motto: “ Gli esseri umani hanno paura di essere umani”.

Quanto ci manca Pier Paolo Pasolini perché “L’Italia sta marcendo in un benessere che è egoismo, stupidità, incultura, pettegolezzo, moralismo, coazione, conformismo: prostrarsi in qualche modo a contribuire a questa marcescenza è, ora, il fascismo”. Questo grande poeta - assassinato barbaramente perché  aveva capito troppe cose sul sistema di potere - aveva compreso il senso deleterio della mutazione antropologica in atto, si esprimeva così già nel 1962.

Nella stagione del disamore ogni giorno va in scena l’asservimento totale e lo scannamento generalizzato che tracima anche su internet. A quanto pare in Italia i servi - ottusi e obbedienti - aumentano a dismisura.

La storia è scritta dai vincitori, ma  la verità si è sempre mostrata in tre fasi. La prima è quella di essere derisa e non creduta possibile. La seconda è quella della tentata demolizione delle sue basi, o più semplicemente cercare di renderla inoffensiva ed ostacolarla con qualunque mezzo a disposizione. La terza ed ultima fase - sicuramente  più faticosa e lontana nel tempo -  è quella di essere accettata unicamente perché reale e partecipe di tutti noi.

La censura non è altro che il modo concreto per il discorso dell’ordine di travestire, escludere, eludere o negare quei contenuti che rischierebbero di mettere in pericolo la sua legittimità, le sue certezze, il suo potere.

Il negazionismo spesso veicolato da soggetti rigorosamente anonimi, comunque allo sbando mentale sul web, è una filiazione demenziale dell’assunto iniziale.

Secondo il giornalista Giuseppe D’Avanzo venuto a mancare improvvisamente all’affetto dei suoi cari, ma sempre vivo con il suo lucido esempio in questo mestiere disgraziato: “ Un’inchiesta giornalistica è la paziente fatica di portare alla luce i fatti, di mostrarli nella loro forza incoercibile e nella loro durezza. Il buon giornalismo sa che i fatti non sono mai al sicuro nelle mani del potere e se ne fa custode nell’interesse dell’opinione pubblica”.

Allora per dirla con Enzo Biagi: “Alla fine il reato più grave diventa quello di chi racconta certe cose, anziché di chi le fa. La colpa non è dello specchio, ma di chi ci sta davanti”.

Marshall Mc Luhan ha scritto: “Solo i piccoli segreti vanno protetti. Per quelli grandi sarà sempre sufficiente l’incredulità della gente”.

Dario Fo ha scavato a fondo: “Fermare la diffusione del sapere è uno strumento di controllo per il potere perché conoscere è sapere leggere, interpretare, verificare di persona e non fidarsi di quello che ti dicono. La conoscenza ti fa dubitare. Soprattutto del potere. Di ogni potere”.

Robert Kennedy ha detto: “Pochi sono grandi abbastanza da poter cambiare il corso della storia. Ma ciascuno di noi può cambiare una piccola parte delle cose, e con la somma di tutte quelle azioni verrà scritta la storia di questa generazione”.

John F. Kennedy ha chiosato: “Un uomo fa quello che è suo dovere fare, quali che siano le conseguenze personali, quali che siano gli ostacoli, i pericoli o pressioni. Questa è la base di tutta la moralità umana”.

Perché un mondo nuovo nasce da una rivoluzione interiore. “A che serve essere vivi se non si ha il coraggio di lottare?” si chiedeva  il giornalista Giuseppe Fava, assassinato dalla mafia nel sepolto 1984.

Mi hanno insegnato a vivere come se dovessi morire subito e a pensare come se non dovessi morire mai.

Un'dea di giustizia e di libertà. Il sapere e la bellezza possono salvare l’umanità dolente.

Monti in prigione? Daniel Estulin e “L’ultima parola”.



Venerdì 26 ottobre ore 23:25 Rai 2. A un orario non esattamente divulgativo è andato in onda “L’ultima parola”, il talk show condotto da Gianluigi Paragone . Consiglio a chi, come me, a quell’ora è già crollato dal sonno, di rivedere la puntata su Rai Replay, perché ieri sera c’è stato un ospite importante: Daniel Estulin, autore del celebre libro “Il club Bilderberg”, che racconta la vera storia del più potente e segreto organo decisionale del mondo. Estulin parla di Mario Monti con una crudezza inusitata per un programma sul servizio pubblico. Qui propongo lo spezzone, caricato da Claudio Messora nel suo canale you tube che lo vede protagonista.
Un consiglio spassionato: leggete il libro!




26 ottobre 2012

L’unica guerra in corso: quella istituzionale per mantenere indebiti privilegi.



Mentre ancora in Parlamento stanno cercando di sottomettere i giornalisti con la minaccia di risarcimenti colossali o morte professionale, con la scusa di eliminare il carcere per la diffamazione a mezzo stampa (ovvia ritorsione per aver portato alla luce le loro malefatte), sta naturalmente succedendo altro.
Ricordate all’inizio di ottobre, quando sono cominciati a venir fuori tutti gli scandali delle Regioni? In quei giorni Monti, senza scalfire più di tanto il suo aplomb da mummia risorta, ci raccontò questa bella favoletta:
L'opinione pubblica è sgomenta di fronte a fatti che minano gravemente la fiducia e la reputazione del Paese e la sua credibilità. Gli scandali rischiano di vanificare lo sforzo che stiamo tutti facendo perché il ruolo dell'Italia, paese civile e democratico, venga pienamente riconosciuto a livello internazionale. Possiamo immaginare quale effetto può avere sull'immagine dell'Italia quando si verificano episodi di evasione fiscale o corruzione. Che può pensare un cittadino straniero quando vede scorrere certe immagini di festini inqualificabili alla televisione? Per l'Italia è un danno incalcolabile. Il decreto sulla trasparenza sui costi degli apparati politici è una misura richiesta dagli stessi presidenti delle Regioni e dai cittadini, che dopo i fatti inqualificabili che sono successi, sono indignati che a loro si richiedano sacrifici anche pesanti mentre mondo politica sembra essere esentato". Parlò anche del ddl sulla corruzione: "Temi come la lotta alla corruzione dovrebbero far parte del DNA di ogni partito e spero che si raggiunga presto un accordo perché tassello essenziale per il Paese".
E il consiglio dei ministri approvò il decreto legge che prevedeva anche tagli ai vitalizi, alle indennità e al numero di seggi.
Bene, si dirà! È finalmente arrivato il momento in cui anche “loro” si sono resi conto che i cittadini non possono sopportare oltre.
E invece no, poveri illusi!
Cosa vuol dire questo? Che le regioni hanno eretto una barricata per stroncare il disegno governativo di taglio delle province, pasticciato fin che si vuole, ma sempre meglio che niente. Si sono appellati al Tar, hanno presentato ricorso alla Corte costituzionale, di tutto e di più insomma!
In parole povere, si sono ribellati!!
I politici locali si sono associati a quelli nazionali contro la popolazione per difendere se stessi!!
Loro sì, mica noi che stiamo ancora qui a sperare che qualcosa cambi e ci mangiamo il fegato per l’impotenza di opporci in qualche modo alla mancanza di spessore di questo governo, capace solo di massacrare i cittadini con le tasse, ma senza forza, né coraggio quando si tratta di colpire gli interessi organizzati.  
In quest’Italia irreale si vede anche questo: una guerra istituzionale volta a mantenere indebiti privilegi!!
Se non possiamo fare altro, teniamoci almeno bene a mente tutte queste porcherie, e puniamo questa gente nel momento in cui ci chiederanno di andare al voto………… …………sempre che ce lo chiedano!

23 ottobre 2012

Bomba da disinnescare: la soluzione c’è, perché la si lascia esplodere?



L’Espresso parla di un’Italia sotto sfratto, parla di una bomba sociale che sta esplodendo. Si chiama “morosità incolpevole” perché la colpa non è di chi viene sfrattato e che comunque ne subisce le conseguenze, ma dello stipendio che non arriva, e quando arriva è troppo tardi. La colpa è dell’abbassamento del reddito, delle aziende che chiudono  e lasciano gli operai senza lavoro e si deve ritenere fortunato chi può ancora contare sulla cassa integrazione.
E allora io mi chiedo se ancora si possa chiamare Stato quello che toglie un diritto primario, che non dà nessun tipo di garanzia ai suoi cittadini nemmeno quando è così evidente la sua responsabilità: si tagliano i fondi destinati all’emergenza abitativa e non si fa nulla per bloccare gli sfratti. 
Estendere le tutele a chi ha difficoltà a pagare un mutuo o l’affitto di casa dovrebbe  essere un atto obbligato quando questo succede in una situazione di crisi provocata da logiche economico-finanziarie che nulla hanno a che fare con la sopravvivenza quotidiana delle persone che da questo Stato dipendono.
Tempo fa si era parlato di questo: il reddito minimo garantito. Una misura per contrastare il rischio marginalità, garantire la dignità delle persone (inoccupati, disoccupati, precariamente occupati) e favorire la cittadinanza attraverso un sostegno economico.
Il reddito minimo garantito è una realtà nella quasi totalità dell'Unione Europea, in Italia riesce a entrare difficilmente nel dibattito politico, perché?
In diversi paesi europei esistono già da diversi anni (se non addirittura decenni!) varie forme di reddito di base che si accompagnano ad altri interventi di sostegno al reddito. Già nel 1992 l'Unione Europea aveva invitato gli stati membri ad adeguarsi a chi aveva già introdotto il reddito di base tra le proprie politiche di welfare e la raccomandazione di fatto impegnava gli stati ad adottare misure di garanzia di reddito. A questi inviti hanno aderito tutti mentre restano totalmente inadempienti soltanto Grecia, Ungheria e Italia! Perché?
Perché in Italia non esiste questo tipo di assistenza e si buttano famiglie con bambini in mezzo alle strade mentre si spendono miliardi per comprare dei cacciabombardieri?
Perché qui da noi una questione così importante viene valutata così superficialmente tanto da farlo sembrare un fatto marginale mentre è il fondamento del welfare state europeo, la base del cosiddetto “modello europeo”? Non è forse questo un diritto fondamentale  più di quanto non lo sia quello delle banche di rastrellare soldi pubblici o dei politici di avere stipendi altisonanti?
Perché si vuole tenere l’Italia dentro un isolamento medioevale se lo scopo è quello di fare un’Europa unita? Perché c’è bisogno di una raccolta firme a livello nazionale per chiedere ciò che l’Unione Europea da tempo ha ammesso e reso possibile nel resto del continente?
Negli altri Stati si interviene anche ad integrare il reddito di chi guadagna poco, noi siamo lasciati completamente soli, ci dobbiamo arrangiare…..e siamo liberi….. anche di ammazzarci se ci va!

22 ottobre 2012

“Progetto Ohana” di Carlos Catucci. “Un fiocco di neve è leggero come una piuma, un miliardo di fiocchi di neve sono una slavina. Da soli non contiamo nulla. Tutti insieme possiamo cambiare le cose.”



Il post precedente sul cohousing ha aperto una discussione qui e qui, dalla quale è venuto fuori una positiva propensione a valutare quel tipo di proposta, con i dovuti dubbi di concreta realizzazione che scaturiscono, ovviamente, dalla scarsa propensione al vivere sociale comune che abbiamo sviluppato in secoli di individualismo dominante. 
Ma, cosa più importante, Carlos Catucci ci ha parlato di un suo progetto a cui ha dato un nome stupendo e molto significativo:  “Progetto Ohana”, che nella lingua dei nativi della Hawaii significa "Famiglia" e anche "Nessuno verrà mai abbandonato".
L’ho trovato entusiasmante, molto ben definito nei dettagli e nella concreta possibilità di realizzazione.
Lo introduco con le sue parole che trovo efficacissime:
Da anni ho una idea in testa. Una associazione no profit, che potrebbe aiutarci a far cose buone, a rimettere in carreggiata il mondo. Beh se non il mondo almeno il paese in cui viviamo.
Vi spiego subito prima di tutto perché' penso che il solo modo di colpirli (senza offrire loro il destro a poterci criminalizzare in quanto terroristi, anarco-insurrezionalisti, e quant'altro) nel solo punto dove sono sensibili e indifesi.
Dietro tutti i problemi che stiamo vivendo c’è, come sappiamo tutti, il grande capitale, inteso come istituti di credito, ovvero le banche. Per salvare il sedere di questi organismi inutili e probabilmente dannosi, che hanno fatto una serie di errori macroscopici giocando con il futuro dell’umanità, ci dicono che dobbiamo tirare la cinghia (ancora?) e fare sacrifici lacrime e sangue per uscire dalla crisi.
Una crisi tutta finanziaria, perché' l'economia, quella vera, sana, non quella che ci obbliga a produrre per poter consumare così da incentivare la produzione in una spirale negativa, ma quella che ci permette di cercare di rendere migliore la vita per tutti, quella è sana.
E soprattutto una serie di errori che non pagano (l'Islanda è un caso a parte) i colpevoli ma bensì il popolo. Allora dobbiamo fare in modo che i grandi capitali e i loro complici e accoliti non riescano a dominarci ancora.
L'idea di base è, intanto, creare una rete sociale. Se non si raggiunge questo risultato, il resto conterà ben poco.
Per raggiungere questo fine il mezzo è l'associazione con i suoi servizi. In pratica usando i servizi e aiutando a prestarli, gli associati finiscono con il conoscere meglio altri associati e con il capire concetti chiave come la cooperazione e il reale valore (non quello di mercato, ma quello legato alla necessità dell'individuo) di beni e servizi.
Inoltre. come vedremo, potranno apprezzare la partecipazione a progetti di cose comuni, anche vigilando sulla correttezza delle procedure (senso civico).
I mezzi inizialmente identificati sono quattro, e più precisamente:
Gruppo di acquisto solidale (o GAS), Micro credito, Banca del tempo e Mercati del baratto.
Vediamo i dettagli.
-Per prima cosa chiariamo che l'associazione deve essere no-profit. No profit significa che non deve avere fini di lucro, gli associati NON ricevono alcun dividendo. Non vuol dire che non possa maneggiare denaro, ne che non possa pagare stipendi a persone che lavorano per finalità dell'associazione stessa. Stipendi nella media, nessun ruolo dirigenziale viene compensato, solo ruoli realmente produttivi. Vedremo più avanti come si potranno creare tali ruoli.
-Il secondo punto è che deve essere una associazione completamente democratica e partecipativa, del tipo una testa, un voto. Tutto va deciso dagli associati. Si possono delegare solo le incombenze di routine a singoli gruppi. Ma si deve trattare di cose appunto di routine che non prevedano decisioni. Tutto il resto lo decide l'assemblea dei soci (anche qui, in seguito verrà descritto il metodo per fare ciò con una associazione che parte con l'idea di essere spalmata (come minimo) su tutto il territorio nazionale e che deve contare (per perseguire i suoi scopi) su centinaia di migliaia di associati).
-Al terzo posto troviamo il fatto che chiunque potrà associarsi senza dover spendere nulla e che potrà (ancora più importante) disassociarsi con una semplice comunicazione scritta. E' importante questo punto perché' non avendo una quota associativa (andrà specificato nello statuto e nell'atto costitutivo) chiunque si può associare e se non usufruisce di nessun servizio comunque non avrà avuto alcun costo. In questo modo si invogliano le persone ad unirsi all'associazione. E non li si spaventa, potendo, se credono, dissociarsi in qualsiasi momento.
-Come quarto punto parliamo del GAS, o Gruppo di Acquisto Solidale. In pratica, una maniera di risparmiare tagliando gli intermediari. In pratica sappiamo bene come un prodotto agricolo, che viene pagato al produttore meno di 50 centesimi di Euro, lo troviamo sullo scaffale a parecchi euro. Ora dobbiamo considerare che chi espone (supermercato, negozio di generi alimentari o ortofrutticolo o simili) ha dei costi, affitto, corrente, tasse, etc. Ed è legittimo che voglia applicare un ricarico. Ma comunque la differenza di prezzi, tra il prezzo di acquisto al produttore, che spesso si trova anche a non riuscire a starci dentro, e quello di vendita al consumatore finale, rimane troppo grande. Posto che non vogliamo accusare chi vende di essere un ladro approfittatore, dobbiamo cercare la soluzione al mistero altrove.
Bene un tempo il mercante partiva dalla sua zona di residenza per recarsi, con viaggi disagevoli e pericolosi, in un paese lontano, dove acquistava, anticipando di tasca sua, merci che vendeva una volta tornato a casa, se riusciva a portarle indietro senza problemi, con un giusto ricarico.
Oggi questo lavoro lo svolgono degli intermediari; questi compongono la cosiddetta "catena distributiva". Un accentratore o incettatore acquista grandi quantità di merci dai produttori. A sua volta ne distribuisce parti in varie zone del paese a dei grossisti dopo avere eseguito una maggiorazione del prezzo. Questi applicano a loro volta un ricarico per distribuire ad esempio ai rivenditori che operano nei mercati all'ingrosso della zona. Questi ultimi, applicando anch'essi un ricarico, vendono ai dettaglianti, che vendono, con il loro ricarico, ai consumatori. A tutti questi ricarichi dobbiamo sommare le spese di trasporto e stoccaggio dei beni.
Chiaramente un produttore fatica a raggiungere direttamente un numero di consumatori tale da esaurire la quantità di beni che egli offre. Per cui è costretto a rivolgersi alla catena distributiva.
Se però un gruppo di consumatori sufficientemente ampio, si coalizza per acquistare tutta la produzione (o comunque una parte sufficientemente grande da valere la pena per il produttore) e organizzare la spedizione raggruppata per aree (ad esempio città), bene si crea il paradosso che il produttore possa vendere ad un prezzo raddoppiato ed i consumatori pagare un prezzo dimezzato. Quindi benefici per ambo le parti.
Il problema viene nel momento in cui il produttore dovesse eseguire spedizioni singole per ogni consumatore. Sarebbe richiesto un effort troppo grande, e i costi inevitabilmente salirebbero. Ma se potesse spedire, a blocchi, ad esempio 300 forme di caciotta a Milano, e 200 a Bologna, non sarebbe per lui un gran problema. Basterà poi che degli associati di Milano e di Bologna si prendano il "disturbo" di ospitare le caciotte e di distribuirle alle persone che hanno fatto l'ordinativo, quando vanno a prendersele, a casa dei "distributori".
Se in ciascuna città ci sono diversi distributori, per i vari beni, e dovendo, i soci, recarsi a quello a loro più vicino per farsi consegnare i beni, si crea una rete sociale di conoscenze.
Gli ordini per ovviare a problemi dovranno necessariamente essere gestiti con un apposito software che permette di inserire gli ordinativi e che poi suddivide in base ai singoli beni ordinati ed alla zona di consegna, gli ordini stessi. Mi spiego meglio con un esempio.
Se io ordino una caciotta, 3 kg di pasta, due panetti di burro e due saponette, l'applicazione provvede a suddividere l'ordine, raggruppando la caciotta ed i due panetti di burro in un ordine (assieme a quelli di altri) per il caseificio più vicino alla mia zona (consumo locale, evitiamo di consumare beni, reperibili localmente, prodotti chissà dove). Nello stesso tempo i produttori si trovano ad avere una serie di ordini raggruppati per zone, quindi più facili da gestire.
Ovvio che ci sono fasce di popolazione che per tanti motivi (incapacità ad usare lo strumento informatico ad esempio) che non potrebbero fare gli ordini direttamente. Ecco la seconda figura volontaria, l'Accentratore, che è un associato che si fa carico di ricevere ordini fatti da altri associati che non sanno inserirli da soli, e provvede a inserirli lui.
Anche qui si crea una rete sociale, che poi sarà il tessuto connettivo dell'associazione stessa.
Tra parentesi oltre ad eliminare i costi eliminiamo anche una serie di intermediari che non aggiungono alcun valore ai beni. Anzi spesso questi spostano beni per migliaia di km solo perché' possono strappare, in un luogo lontano, prezzi più competitivi. Nel costo globale teniamo conto anche quello ecologico. Si muovono, spesso su gomma, ma a volte anche in aereo, innumerevoli masse di beni di consumo, che potrebbero essere prodotti localmente, evitando così inquinamento e traffico.
L'associazione chiede, per il servizio, il 2% del costo dei beni acquistati. Si tratta alla fine di 2 euro ogni 100, e considerato l'ordine di risparmio possibile (si può arrivare anche al 50% rispetto ai prezzi degli scaffali, ma realisticamente si può pensare che in gran parte dei casi si parlerà di sconti nell'ordine del 20/30%) non è certo una cifra che cambia molto.
Altro punto importante è che qualsiasi associato ha il diritto (per accordo preso con il produttore) di visitare i luoghi di produzione (posto che ciò non comporti dei provati problemi, tipo accessi limitati per esempio per via di camere bianche) dei beni in qualsiasi momento. Idem per quanto riguarda la filiera produttiva. Deve essere sempre tracciabile (se il nostro fornitore di uova alleva le sue galline con mangimi vogliamo sapere da dove vengono e come sono composti).
Siccome la componente etica è importante, da statuto sono esclusi prodotti testati su animali (notoriamente test inutili), che abbiano componenti OGM (non diciamo che fanno male, ma fino a che non è provato che siano innocui, meglio evitare) o che si ottengano da situazioni di stress per animali o piante (esempio galline non allevate a terra).
-Il quinto punto invece tocca il micro credito. Prima di addentrarci in come operare, vediamo da dove arrivano i fondi. Abbiamo detto nel punto precedente come (e si tratta ad ora del solo servizio su cui l'associazione imponga un ricarico di tipo monetario) il GAS produca degli introiti. Si tratta di cifre in se risibili (2 euro ogni 100 di spesa), ma che se moltiplicati per il numero di operazioni eseguite mensilmente da un elevato numero di associati, potrà in breve ad avere una mole di denaro che supera le spese nell'ordine di diverse grandezze. Di conseguenza questo denaro va reimpiegato, e non per produrne altro, ma solamente per offrire altri servizi agli associati (e sia chiaro solo agli associati, non essendoci limiti di età tranne che siano maggiorenni, di sesso, razza, religione, fede politica o quant'altro).
Tra questi uno potrebbe essere quello del micro credito, ovvero piccoli prestiti, a tasso zero (mi prestano 100 euro e io ne restituisco 100), con cadenze del tutto libere (restituzione in base alle mie possibilità, senza alcun sollecito o tentativo di recupero del credito), con la sola limitazione che per poter accedere ad un prestito non si debbano avere debiti pendenti (con l'associazione ovviamente). Non sono richieste garanzie di alcun tipo (nell'ipotesi peggiore, visto anche che si parla di piccoli importi, massimo un migliaio di euro, si possono considerare a fondo perduto, però in tal caso l'associato non potrà più beneficiare di tale servizio).
-Il sesto punto invece parla di banca del tempo. In pratica ciascun associato può offrire del tempo per svolgere operazioni, che possono essere specialistiche (esempio un idraulico che cambi le guarnizioni dei rubinetti) oppure generiche (qualcuno che annaffi il giardino durante i 15 giorni di assenza per ferie). Ogni ora (o frazione, minimo 15 min.) impiegata per svolgere un servizio (nel caso il servizio richieda, come nell'esempio dell'idraulico di cui sopra, dei costi di materiale, questi andranno pagati a parte, ma senza che il prestatore di opera ci faccia su un ricarico) si acquisiscono crediti per pari importo temporale. Questi crediti vengono addebitati sul conto del prestatore e sottratti dal conto di chi lo ha richiesto. Per permettere al meccanismo di partire, ad ogni associato viene fornito un prestito iniziale di x ore, che dovrà restituire (nell'ordine di 1/4 del totale, ad esempio se mi concedono 3 ore di prestito iniziale, ogni 4 ore guadagnate, la 4ta verrà spesa per ridurre il debito iniziale, quindi dopo 12 ore guadagnate il mio debito sarà azzerato). Da notare che l’unità di misura è il tempo. Non conta che tipo di servizio venga prestato, un'ora di cambio gomme sarà uguale ad un'ora di cane a passeggio oppure ad un'ora di ripetizioni di fisica quantistica.
In questa maniera nessuno potrà comunque mai speculare, ne arricchirsi a dismisura.
-Il settimo punto invece parla di mercatino del baratto. Scambiare oggetti per noi superflui o oramai inutili, con oggetti per noi utili è un ottimo modo di combattere il consumismo selvaggio, oltre che risparmiare.
Il baratto è antico quanto il possesso di beni. E' stato abbandonato in favore del sistema di scambio basato sul denaro, ma teniamo presente che all'origine si avevano beni materiali che fungevano da moneta (pezzi di metalli preziosi). man mano per semplificare lo scambio tali pezzi di metallo sono diventati standardizzati (monete coniate). Essendo comunque pesanti ed ingombranti, sono state virtualizzate dalle lettere di credito (una "azienda finanziaria" che aveva uffici in più luoghi, poteva incamerare un certo numero di monete in un posto e fornire una lettera che permetteva al possessore di riottenere indietro lo stesso numero di monete dello stesso tipo una volta giunto a destinazione). Il servizio aveva un costo ed ecco nascere le banche. A seguire si decise di scambiarsi solo i pezzi di carta (lettere di credito) tanto il possessore poteva recarsi presso un agente di cambio e cambiarle in monete di metallo in qualsiasi momento (il numero di pezzi di metallo nelle casse della "banca" doveva per forza essere almeno pari a quelli indicati dalle lettere di credito emesse). Oggi la cartamoneta, che ha valore solo perché' per convenzione tutti la accettano (non è vero, stanno nascendo diversi casi di scambio di beni e servizi senza monetizzazione, soprattutto all'interno di piccole comunità) come se avesse ancora un controvalore in oro depositato presso le banche centrali (cosa non più vera dal 1974).
Quando io vado al supermercato troverò dei prezzi che sono stati imposti dal produttore (e dalla filiera distributiva). Ma non è detto che rispecchino i miei reali bisogni. Faccio un esempio. Il tostapane per me può essere molto importante (si è bruciato il vecchio e la mattina adoro mangiare due fette di pane tostato) e quindi può avere un valore molto più alto (nella mia personale scala di valori) di un forno a gas abbastanza grande da arrostire un agnello. Però il prezzo del secondo (per mia fortuna in questo caso) è nettamente superiore a quello del primo. In altri casi però un bene può avere un prezzo davvero troppo esagerato rispetto alle mie reali necessità. Con l'economia di mercato che ci troviamo, troveremo che lo stesso bene difficilmente potrà costare in un negozio la metà di un altro (salvo casi particolari quali sconti ed offerte speciali). Quindi io avrò difficoltà ad ottenerlo ad un prezzo differente da quello imposto dalla catena distributiva.
Ma se io avessi necessità del tostapane, e il mio amico Luigi avesse invece estrema necessità, che so di un paio di forbici, potrebbe essere uno scambio equo il suo tostapane inutilizzato per le mie forbici di scorta. Questo perché' son le necessità che generano il mercato reale.
Ecco che se decidessimo di supportare appunto il baratto, magari unendolo alla banca del tempo (baratto le forbici per un tostapane oppure sono disposto a pagare il bene 4 ore di credito) potremmo avere un mercato che rispecchia le reali necessità delle persone, e non dover ricorrere allo scambio di cartamoneta.
Non stiamo certo distruggendo il sistema monetario (per poterlo sostituire con qualcos'altro di più efficiente serviranno tempi lunghi e idee chiare, che personalmente non ho ancora maturato di certo), ma possiamo comunque renderci meno dipendenti da esso.
Tenete presente che i governi, non potendo applicare tassazione sui baratti tra privati (chiaramente le aziende non possono partecipare) potrebbe non gradire, ma non ha maniera di proibirlo o renderlo illegale.
Ricordate che ricco non è chi possiede tanti beni e denaro, ma chi possiede qualcosa in più dei suoi reali bisogni (se a me il Ferrari testarossa non serve, non sarò ricco perché' ne possiedo uno, mentre posso esserlo se avendo fame in dispensa ho il doppio del cibo che mi serve per il mio pasto, sempre).
Abbiamo fino a qui elencato quelle che sono, almeno inizialmente, le attività dell'associazione. Vediamo ora come gestire un gruppo he nelle intenzioni dovrà contare su di centinaia di migliaia di associati sparsi geograficamente su tutto il territorio nazionale. Si so che parlare di centinaia di migliaia di associati (che essendo poi spesso famiglie aumentano il numero di potenziali utilizzatori dei servizi a cifre 3 o 4 volte maggiori) ma se non si raggiungono cifre di quel calibro, il progetto in se non potrà raggiungere i suoi scopi finali. Scopi che poi sono quelli di creare una rete sociale di persone che si riconoscono, avendo toccato con mano, nei valori di cooperazione, associazione, mutuo soccorso. Quelle stesse persone che potrebbero essere il nucleo che potrebbe cambiare le cose.
Bene abbiamo indicato come si debba avere una associazione dove ogni decisione sia demandata all'assemblea. Questo con la logica di una testa, un voto. Però indire una assemblea plenaria di una associazione sparsa sul territorio nazionale, e che conta centinaia di migliaia di persone, insomma, neppure riunendosi in uno stadio (posto che la cosa fosse possibile) si potrebbe pensare di riuscire a tenere una assemblea.
Si rende necessario quindi tenere tantissime micro assemblee. Ciascun avrà lo stesso Ordine del Giorno, e potrà votare gli stessi identici quesiti. Il problema è doppio a questo punto. Perché' non è pensabile che tutte le micro assemblee abbiano luogo nello stesso momento e nello stesso luogo. Ed inoltre si devono aprire le urne, ed eseguire lo spoglio dei voti, solo dopo che tutte le assemblee sono state tenute da tutte le "sezioni" (passatemi il termine) e tutte le votazioni sono state eseguite.
Si possono si tenere le assemblee all'interno di un dato range di date (ad esempio nella prima 15na del mese venturo), e poi eseguire lo spoglio solo una volta che tutte le "sezioni" avranno terminato le operazioni. Ma questo presenta il rischio che nel frattempo qualcuno possa avere alterato le schede delle votazioni, o quanto meno lascia adito al legittimo sospetto che la cosa sia potuta avvenire. D'altra parte procedere allo spoglio immediato rende pubblico il risultato della votazione, cosa che potrebbe influenzare, se nota, votazioni successive.
Il problema è stato risolto con l'idea di adottare un sistema di votazione che, sebbene mantenga l'anonimato del votante, permetta al contempo allo stesso votante di verificare che il voto da lui espresso non sia stato alterato.
In pratica ogni scheda di votazione ha sopra un codice casuale ed è composta da due fogli (carta chimica auto copiativa), con il secondo (copia che rimane a chi ha votato) leggermente più corta dell'altra scheda e con un timbro a secco che copra in parte entrambe le schede ed in parte la sola scheda che verrà imbucata (più lunga).
Una volta preparate le schede con su i codici casuali (ma tutti differenti tra loro) queste verranno chiuse in buste anonime e quindi consegnate ai votanti (o meglio ancora pescate dai votanti stessi). Verranno stampate inoltre schede in numero di gran lunga maggiore dei votanti, rendendo così ancora più complesso l'eventuale tentativo di manomissione/falsificazione.
Ciascun votante dopo avere indicato le preferenze imbuca nell'una, che verrà sigillata, la prima scheda e trattiene la copia. A fine votazione le urne vengono sigillate. Dopo che è stata eseguita anche l'ultima votazione, le urne verranno aperte e scrutinate. I risultati verranno pubblicati tanto come voci totali (totale di voti favorevoli/astenuti/contrari alla proposta XXXXX), tanto come singoli voti espressi dalle singole schede, di cui verranno pubblicati i codici. Ogni votante potrà quindi controllare che i voti della scheda che ha il suo codice siano effettivamente corrispondenti a quanto da lui espresso.
Uno degli scopi del procedimento è di rendere partecipi del procedimento di voto e di scrutinio gli associati. Se ci si abitua a dare peso al voto, anche andando a controllare che non ci siano stati errori (fossero anche di mera trascrizione, senza alcun intento di dolo) rende più consci di quanto sia importante partecipare attivamente alle cose comuni. Questa mancanza di senso civico ha permesso che le cose derivassero in questo paese, come e accaduto.
All'inizio abbiamo parlato di stipendi per ruoli produttivi. E' giunto il momento di spiegare in cosa consistano.
Ci sono diverse figure che potrebbero svolgere servizi chiave per l'associazione, o comunque si potrebbero creare dei posti di lavoro. Ci sono figure come ad esempio Concentratori, Distributori, membri dei circoli di coordinamento delle sezioni (in pratica l'equivalente dei consigli direttivi, ma privi di poteri, il solo scopo è quello di coordinare le attività, come indire le assemblee ad esempio) che non percepiscono compensi in quanto sono compiti su base puramente volontaria.
Ci saranno altri tipi di compiti che potrebbero essere invece resi dietro compenso o comunque retribuiti, per il semplice motivo che non possono essere affidati alla disponibilità (potenzialmente limitata) di tempo dei volontari.
Inoltre l'associazione stessa potrebbe creare dei posti di lavoro. Ad esempio, i prodotti che si acquistano tramite il Gas andranno poi trasportati (con la logica del meno possibile, dove si può si prenderà il bene sempre dal produttore più vicino al luogo di consegna). Inizialmente ci si dovrà affidare a dei corrieri. Ma se in seguito ci sono i fondi perché' non procurarsi i mezzi ed assumere degli associati disoccupati come corrieri per eseguire i trasporti dei beni del G.A.S.?
Ed è solamente una delle possibilità. Pensiamo anche a chi gestisce i conti della banca del tempo. I conti devono essere sempre esatti, errori di contabilità generano sfiducia nel sistema. Ed un volontario potrebbe non riuscire a seguire le cose. Impiegare delle persone nella tenuta e gestione dei conti è importante. E dovrebbero essere compensate.
La cosa importante è che, se credete che questo progetto possa essere interessante, lo diffondiate, facciate proseliti. Solo se saremo tanti possiamo contare e valere. Si tratta di dare una spallata al consumismo e allo strapotere di banche e grandi capitali. Un fiocco di neve è leggero come una piuma, un miliardo di fiocchi di neve sono una slavina. Da soli non contiamo nulla. Tutti assieme possiamo cambiare le cose.
Critiche costruttive (con relative proposte concrete di modifiche e aggiunte) sono ben gradite.
Critiche tanto per parlare, frasi che iniziano con "si dovrebbe", verranno ignorate.
Ci servono persone che vogliono fare sul serio. Chi vuole solo criticare o fare chiacchiere da bar sport, vada altrove.