27 gennaio 2018

Contro il fascismo e il razzismo di ieri e di oggi.

Non sono molto celebrativa e devo confessare che a volte trovo estenuante che così tante giornate siano dedicate alle cose più disparate. Ma il giorno della memoria è qualcosa di diverso, qualcosa che, nonostante i vari altri genocidi che sono stati e sono tuttora perpetrati nel mondo, rappresenta l'apice della crudeltà e della disumanità. Sarà perché ho conosciuto persone che hanno vissuto quell'inferno e faticavano a raccontarlo, sarà perché da ragazza ho passato forse troppo tempo a leggere libri sull'olocausto, sarà perché anni fa sono stata ad Auschwitz e ancora non riesco a dimenticarne l'atmosfera tetra ed evocativa. Fatto sta che quella vergogna mi addolora profondamente. Come mi addolora constatare che i sempre più numerosi rigurgiti dell'ideologia fascista e nazista non vengano presi troppo sul serio in quest'epoca di panico xenofobo in cui lo straniero è percepito come estraneo e nemico e il diverso come minaccia. A poco servono i discorsi istituzionali, i proclami politici, quest'anno perfino elettorali, se non si arresta questa deriva pericolosa. Per farlo ci sono poche cose da tenere presenti: la battaglia delle idee e la forza del racconto. La prima per richiamare la necessità, in ogni epoca e situazione, di non rassegnarsi, di non cedere le armi della giustizia e della ragione per riscattare il meno parzialmente possibile la vergogna (tutta europea) della shoah. La seconda perché la potenza del racconto, la forza del corpo, del viso e delle mani di chi ha visto e testimonia rappresentano la solidità della verità su ciò che è veramente accaduto. E questa potenza va sfruttata in tutti i modi, con tutti i contributi possibili, in modo che queste che sono le ultime voci vive possano avere pubblica riconoscenza. In modo che le angosce, i turbamenti e le commozioni di chi ha vissuto, subito e combattuto possano essere accumulate e testimoniate ancora in futuro.
Spero che quando anche l'ultimo testimone scomparirà le nuove tecnologie si dimostrino all'altezza di questa sfida: mantenere la memoria. Non solo dei fatti, degli eventi e dei nomi, ma soprattutto della natura dei sentimenti e dello scandalo delle emozioni. 
Per questo, per la battaglia del presente e per la sfida del futuro, forse serve ancora nel 2018 il giorno della memoria. 


14 gennaio 2018

Ballando il tango.

Questa notte ho sognato. Un sogno languido, di quelli che ci si sta bene dentro. Pensavo che non era un sogno e me la meritavo quella realtà. Stavo ballando il tango, uno di quelli lenti, dolci e appassionati che cullano con note suadenti. Il mio corpo non mi apparteneva, immerso nell'ovattato silenzio delle sensazioni. 
Stavo ballando con mio padre. Un padre che non ricordavo ma era lui, giovane, prestante e avvolgente. Le sue braccia mi tenevano, mi guidavano e io non sbagliavo un passo. Non lo vedevo in faccia ma il suo respiro mi sussurrava sicurezza. Poi la musica è finita. C'era una porta e sapevo che se ne doveva andare. Volevo dirgli qualcosa ma non sapevo come, avevo paura di interrompere qualcosa che non avrei ritrovato. E finalmente ho visto i suoi occhi, quell'azzurro un po' sbiadito della sua vecchiaia, dispiaciuti, teneri e rassegnati. E gliel'ho detto: "Ti voglio bene papà", mentre mi svegliavo sorridendo.

Mio padre mi ha lasciato cinque anni fa a 98 anni, serenamente, senza soffrire. Siamo stati molto uniti, soprattutto negli ultimi tempi, anche se le lacune dell'età e la sua testardaggine erano spesso motivo di piccoli screzi. Credo di poter dire di essere stata la preferita di tre fratelli, ero la più piccola e forse sono stata la più coccolata, la più seguita e aiutata, ma le sue tenerezze sono sempre state scarse, forse per non intaccare la figura autorevole di un genitore un po' all'antica. Non ricordo che mi abbia mai detto che mi voleva bene, anche se me l'ha dimostrato in mille modi. 
Ma nemmeno io gliel'ho mai detto. 
Questa notte ce lo siamo detti.


13 gennaio 2018

Distinguo.

C'è una grossa ed ovvia differenza fra molestare e corteggiare e credo che la divina  Deneuve faccia una gran confusione equiparando la libertà sessuale con la libertà di importunare. Non so come si comportino quelli che la corteggiano ma io non definirei espressioni di innocente erotismo le palpatine non richieste nella ressa di un tram, le battutine svilenti di un capoufficio o gli assoggettamenti scorretti di chi tiene in mano le carte delle opportunità. Questa non è seduzione, sono solo atteggiamenti più o meno prevaricatori che fanno parte di quella cultura del "provarci sempre e comunque", del "anche se dice no vuol dire sì". Un gioco sporco di chi non sa, o finge di non sapere, qual'è il confine e che non tiene per niente in considerazione una cosa fondamentale: il consenso, indispensabile anche e soprattutto nella libertà sessuale, che altrimenti non sarebbe più tale.
Quello che è vero è che non bisogna mettere tutto sullo stesso piano della bilancia, fare dei distinguo è necessario.
Esiste la violenza sessuale, lo stupro, condannabile senza appello. In questa sfera si esercita chiaramente l'uso brutale della forza fisica, che è un'espressione dell'abuso di potere. Qui la linea di demarcazione è netta, riconoscibilissima, chiara e non ci possono essere malintesi.
Poi c'è un altro abuso di potere, anche questo da considerare con aperta ripugnanza, che è quello esercitato come ricatto sui luoghi di lavoro. Il produttore o il regista che scarta la giovane attrice perché non ha ceduto fa schifo. Il luminare medico che fa cacciare la giovane infermiera precaria. Il super capoufficio che estorce un disgustato sì alla sua segretaria. Il direttore di un supermercato con la cassiera con contratto a tempo determinato. Tutti fanno schifo alla stessa maniera perché ledono il diritto di poter scegliere senza nessun tipo di costrizione e senza temere conseguenze.
Infine c'è quella zona grigia dove la Deneuve si erge impietosita in difesa degli uomini che dicono di sentirsi un po' confusi perché non riescono a capire dov'è il confine fra corteggiamento e molestia. In realtà credo che lo sappiano benissimo, per intuito, sensazione, esperienza. 
Il confine è sempre e solo il consenso. Se arriva un ceffone o una borsettata vuol dire che la mano morta, l'epiteto o i complimenti insistenti non sono graditi e bisogna smetterla. Un sorriso il contrario.
Credo che non ci vogliano dei geni per capirlo. E credo anche che non ci sia bisogno di stilare decaloghi: questo sì, questo no, questo non si dice. Bastano l'intelligenza, l'educazione e il rispetto, in virtù delle quali ciascuno sceglie come e da chi farsi corteggiare ed eventualmente andarci a letto esercitando quella famosa libertà sessuale che non è esattamente essere oggetto passivo di divertimento, triviale o meno che sia, ma soggetto pensante capace di intendere e di volere.

E poi, scusate, ma io sarei anche stanca di sedicenti femministe che usano gli stessi argomenti di Adinolfi. Che si adornano di buone intenzioni e che lo fanno sulla pelle delle altre, cercando di zittire le molte voci delle donne che vogliono semplicemente autodeterminarsi.


10 gennaio 2018

Non basterà il silenzio.

Continuano i naufragi nel Mediterraneo e nessuno ne parla più di tanto. Sì, lo dicono, ma sembra più una statistica che altro, numeri da aggiungere e basta. Come se ci fosse una certa ritrosia nel commentare questo stillicidio, come se ignorarne la gravità potesse sminuirlo, così da sentirne meno la responsabilità. Sì, perché di responsabilità si tratta, e di conseguenze derivate da strategie politiche e commerciali. Ma non mi dilungherò su questo argomento, tutti ne siamo consapevoli e colpevoli, qualcuno più di altri. 
Il pensiero che voglio esprimere è che, guardando negli occhi quelle persone, ci leggo tutta la storia della loro disperazione, le loro speranze tradite e anche la sorpresa, feroce, per la negazione di un diritto elementare: vivere. E mi sento in difetto perché non posso che rendermene conto senza poter fare niente. Quelli che avrebbero il potere di fare qualcosa non si avvicinano nemmeno, non li guardano quegli occhi, la pietà non si addice all'ambizione. Quelli che avrebbero il potere di farlo sono impegnati altrove, a rimescolare interessi e opportunità, a costruire barriere per nascondere ciò che hanno rubato, a seminare l'odio che esce dalla loro pochezza interiore. 
Voglio però consolarmi pensando che tutto questo non si fermerà. Il mondo non si fermerà, non per niente gira in tondo. Tutti siamo migranti, da sempre. Storie e colori si sono fusi e si fonderanno creando sempre nuovi arcobaleni e nuove vite da raccontare. E se non ci fosse chi si oppone al cambiamento non ci sarebbero nemmeno le vittime sacrificali. Dunque rassegnatevi signori del potere, potete ignorarli, speculare su di loro, fingere di essere al sicuro nelle vostre gabbie dorate, ma sappiate che presto o tardi qualcuno le smantellerà. 
Non basteranno il silenzio e le strategie per fermare il cambiamento perché ciò che è semplice evoluzione va avanti da sé e si spiana il cammino, con o senza di noi.