27 gennaio 2014

Auschwitz è patrimonio di tutti. Nessuno lo dimentichi, nessuno lo contesti. Auschwitz rimanga luogo di raccoglimento e di monito per le future generazioni.

C’è chi pensa che forse è inutile ricordare questo giorno, penso invece che fino a che nella nostra società saranno così diffusi indifferenza, ignoranza, razzismo e violenza, sia ancora molto necessario. 


"La memoria è determinante. È determinante perché io sono ricco di memorie e l’uomo che non ha memoria è un pover’uomo, perché essa dovrebbe arricchire la vita, dar diritto, far fare dei confronti, dar la possibilità di pensare ad errori o cose giuste fatte. Non si tratta di un esame di coscienza, ma di qualche cosa che va al di là, perché con la memoria si possono fare dei bilanci, delle considerazioni, delle scelte, perché credo che uno scrittore, un poeta, uno scienziato, un lettore, un agricoltore, un uomo, uno che non ha memoria è un pover’uomo. Non si tratta di ricordare la scadenza di una data, ma qualche cosa di più, che dà molto valore alla vita." (Mario Rigoni Stern)


 
Quante strade deve percorrere un uomo
prima di essere chiamato uomo?
E quanti mari deve superare una colomba bianca
prima che si addormenti sulla spiaggia?
E per quanto tempo dovranno volare le palle di cannone
prima che verranno abolite per sempre?
La risposta, mio amico sta soffiando nel vento,
la risposta sta soffiando nel vento.

Per quanto tempo un uomo deve guardare in alto
prima che riesca a vedere il cielo?
E quanti orecchie deve avere un uomo
prima che ascolti la gente piangere?
E quanti morti ci dovranno essere affinché lui sappia
che troppa gente è morta?
La risposta, mio amico sta soffiando nel vento,
la risposta sta soffiando nel vento.

Per quanti anni una montagna può esistere
prima che venga spazzata via dal mare?
E per quanti anni può la gente esistere
prima di avere il permesso di essere libere
E per quanto tempo può un uomo girare la sua testa
fingendo di non vedere
La risposta, mio amico sta soffiando nel vento,
la risposta sta soffiando nel vento.


20 gennaio 2014

Ci avevano raccontato per anni che la lotta armata era stata sconfitta dallo Stato di diritto. Ora è scritto su carta dagli stessi tribunali di questo Stato: la lotta armata è stata vinta con i ferri e con i vetri, con i fili, con il gas, con gli strumenti più segreti, come cantava Fango.


Non sono mai riuscita ad accettare  il fatto che ci siano persone che infieriscono crudelmente su altre. Non parlo dei pazzi criminali di cui ogni giorno purtroppo sentiamo parlare, parlo della tortura, quella istituzionalizzata, quella pratica disumana che sembra essere invece una prassi in certe situazioni. Cose che uno pensa possano esserci solo nei film dell’orrore, che fanno chiudere gli occhi per non vedere, che una mente normale rifiuta istintivamente. Che invece esistono davvero, più vicine di quanto possa sembrare, anche dietro l’angolo di casa nostra.
La tortura di Stato: persone (se tali si possono chiamare) che sono pagate, e pure da noi cittadini, che usano mezzi disumani per estorcere una presunta confessione di colpevolezza. Ormai sappiamo cosa succede in certe celle segrete di certi ambienti, quelli dei servitori dello Stato, ormai le denunce cominciano ad essere troppe per pensare che siano inventate, abbiamo anche visto coi nostri occhi le nefandezze che sono capaci di commettere coloro che si sentono investiti del potere di vita o di morte in nome di una divisa o di una carica. E ormai sappiamo fin troppo bene che lo Stato non interviene, non può intervenire, perché ha dato egli stesso il mandato, per nascondere i suoi peccati, i suoi imbrogli di potere. O se interviene lo fa perché ormai costretto dall’evidenza, dopo un tempo infinito e in maniera blanda, giusto per metterci una pietra sopra e fare in modo che non se ne parli più. E se lo fa è perché ci sono persone che non si arrendono mai, che spendono tutte le loro energie per far emergere la verità, anche a distanza di più di trent’anni.
In questa storia i protagonisti sono:
-Enrico Triaca, ex militante delle Br arrestato il 17 maggio 1978 nell'indagine sull'omicidio Moro, che aveva dichiarato di essere stato sottoposto a torture dopo l'arresto e che per questo era stato condannato anche per calunnia.
-Professor De Tormentis, al secolo Nicola Ciocia, ex dirigente dell'Ucigos e capo di una squadra speciale dell'Antiterrorismo che si occupava di far cantare i militanti arrestati.
-Il collegio della corte di appello di Perugia che ha scritto un pezzo di storia e di verità (che potete leggere interamente QUI), che ha avuto il buon gusto di leggere ed ascoltare e il coraggio di non tirarsi indietro.
La notizia è questa:
la Corte d'appello di Perugia (nelle persone dei magistrati Ricciarelli, Venarucci e Falfari) ha reso note le motivazioni che lo scorso 15 ottobre portarono all'accoglimento dell'istanza di revisione del processo per calunnia nei confronti di Enrico Triaca. Per i magistrati "la pluralità delle fonti consente di ritenere provato che un soggetto, rispondente al nome di Nicola Ciocia, [...] confermò di aver, quale funzionario dell'Ucigos al tempo del terrorismo, utilizzato più volte la pratica del water-boarding"; fonti che consentono "di ritenere suffragato l'assunto fondamentale che a tale pratica fu sottoposto anche Enrico Triaca".
Una motivazione che sancisce un'importante verità, sepolta negli armadi di un paese smemorato. E il fatto che sia stata resa nota in questi giorni, inoltre, rappresenta una curiosa coincidenza, con la bufera sulla Rai per "Gli anni spezzati", un maquillage di quart'ordine che, nell'impegno volto ad una revisione sul significato dei cicli di lotta iniziati negli anni 60, non mira tanto a ribadire una verità ufficiale di Stato, quanto a umanizzare la figura di Calabresi, evitando con cura di prendere di petto le peculiarità (poco umane) del suo operato politico.

Ecco un brano tratto da “Gli anni della lotta armata” di Davide Stecanella

 “Un assordante silenzio dei vari media (con ben rare eccezioni) sembra accompagnare l’avvenuto deposito delle motivazioni di una recente Sentenza di revisione della Corte di Appello di Perugia, la n. 1130/13 siglata dai Magistrati Ricciarelli, Venarucci e Falfari. Si dirà che in fondo è un fatto vecchio che non fa più “notizia” posto che si trattava della condanna a suo tempo inflitta per calunnia ad Enrico Triaca, un oscuro “tipografo” romano arrestato il 15 maggio 1978 in occasione delle indagini sul sequestro Moro. Costui aveva a suo tempo denunciato all’allora Giudice Istruttore di Roma, Gallucci, lo stesso Magistrato che nel 1979 attribuirà al veneto Toni Negri la diretta paternità della celebre telefonata fatta dal marchigiano Mario Moretti alla signora Moro, di avere subito pesanti torture nella notte tra il 17 ed il 18 maggio presso il Commissariato romano di Castro Pretorio, prima di rendere il proprio interrogatorio il   18 maggio. Per tali affermazioni Enrico Triaca fu puntualmente condannato per calunnia dal Tribunale di Roma il 7 novembre 1978 scontando interamente la propria pena.
Dopo 35 anni la Corte di Appello di Perugia ha accolto l’ istanza di revisione di Enrico Triaca “revocando”, per quel che ormai può servire, quella condanna per il semplice motivo che quanto a suo tempo dichiarato dall’imputato era vero. Si legge infatti nella sentenza che a seguito della diretta escussione di alcuni testi indicati dal richiedente, tra cui l’ex Commissario di polizia Salvatore Genova “all’epoca del sequestro Dozier chiamato a comporre con i colleghi Fioriolli e Di Gregorio un gruppo operativo di stanza a Verona guidato dall’allora vice-questore Umberto Improta e creato su ordine del prefetto De Francisci” è emerso “l’uso di pratiche particolari in danno di soggetti arrestati e volte a farli parlare da parte di un funzionario dell’UCIGOS che era conosciuto nell’ambiente con il soprannome di Prof. De Tormentis e che si avvaleva di un gruppo denominato i cinque dell’ave Maria”.
E ancora si legge che “sulla base di quanto i testi escussi avevano appreso dal diretto protagonista”, identificato nell’ex funzionario UCIGOS Nicola Ciocia, successivamente iscritto all’albo degli avvocati di Napoli, “può dirsi acclarato che lo stesso funzionario, conosciuto con il nomignolo evocativo di Prof. De Tormentis (a quanto pare affibbiato dal Vice-Questore Improta) fu chiamato a sottoporre alla pratica del waterboarding anche Enrico Triaca, che del resto il 19 giugno aveva narrato di essere stato sottoposto ad un trattamento esattamente corrispondente a quel tipo di pratica speciale, a base di acqua e sale, con naso tappato”.
Insomma, a distanza di 35 anni, una sentenza resa “in nome del popolo italiano” attesta che in Italia si è fatto più volte uso della tortura da parte di alcuni funzionari di Stato per indurre alcuni arrestati a parlare, ed i nomi che si leggono sono pure altisonanti, visto che si parla di calibri quali Improta, De Francisci, e persino di quell’Oscar Fioriolli, solo qualche annetto fa incaricato solennemente di dirigere la nuova scuola di addestramento della polizia di Stato, in risposta ai gravi fatti di Genova 2001.
Ricordo che all’epoca Leonardo Sciascia ed i radicali fecero di tutto per ottenere chiarimenti dall’allora Ministro Virginio Rognoni per sentirsi rispondere con aria sdegnata che lo Stato aveva sempre agito secondo legge e che anche il solo metterlo in dubbio suonava come un fiancheggiamento del terrorismo.
Che sia questo il motivo per il quale meno se ne parla di questa sentenza e meglio è?”


Fonti:

16 gennaio 2014

La poesia è arma.



Un’arma da brandire e da utilizzare nella lotta di classe quando altri strumenti tacciono. 

Da “L'anima e il muro” di Sante Notarnicola.

La pace.

Alle cinque del mattino
nel dormiveglia
mi hai chiesto:
cos’è la pace?
La pace
è quel cencio colorato
alla tua finestra.
La pace
è il tuo seno
liberato nel vento.
La pace
è quell’arnese:
il rassicurante mitra
che hai celato
tra i vasi di fiori,
del basilico, della menta.


Sante Notarnicola ha attraversato il Novecento italiano da ribelle: operaio, bandito, carcerato. Una vita sempre in salita. O nella quale, per meglio dire, si deve ogni volta ricominciare da capo. "Perché il carcere ti sbatte sempre sotto, ti ricaccia giù, quando ti sembra di stare per riemergere succede qualcosa e non risali". Sante Notarnicola è questo, preciso, attento, senza fronzoli. I tre tempi della sua vicenda biografica sono scanditi dalla poesia, una vera e propria autobiografia in versi, contemporanea a quella generazione che ingaggiò una guerra senza esclusione di colpi con lo Stato lunga circa un ventennio. In disaccordo con la linea attendista del Pci negli anni Cinquanta, rompe con il Partito e seguendo un progetto di guerriglia diviene rapinatore con la famigerata Banda Cavallero. Arrestato nel 1967 e condannato all’ergastolo, prosegue e insieme inizia la sua vera attività politica. Da allora, la Storia d’Italia s’incaricherà di fargli visita nelle varie patrie galere del suo lungo soggiorno. Notarnicola la accoglierà a suo modo: animando il movimento per i diritti dei detenuti sul finire degli anni Sessanta; conoscendo e confrontandosi con lo stato maggiore della lotta armata, dalle Br ai Nap a Prima Linea, tentando l’evasione e sperimentando sulla pelle il regime di articolo 90 nelle carceri speciali. Dopo vent’anni, otto mesi e un giorno si riaffaccerà alla vita esterna fino alla lenta estinzione della pena. Poesie di lotta e inni rivoluzionari, gridi muti di rabbia e squarci di lirismo nati in un contesto, come la carcerazione politica, dove la speranza della libertà è una quotidiana collettiva eucarestia o non è.




"Vidi le sbarre d'acciaio della porta che si chiudevano, e sentii una stretta gelida al cuore. Rumore di metallo contro metallo, la chiave che girava nella serratura. Guardai gli occhi degli uomini intorno a me: inespressivi o eccitati, risentiti, impauriti. Sentii un tamburo che batteva nelle profondità del mio essere. Forse era il cuore. Sentii il mio corpo, tutto il corpo, teso e serrato come un pugno. Sentii un gusto aspro, come se avessi dietro la lingua un boccone spesso e amaro. Mi sforzai di inghiottirlo, poi ricordai. Era il gusto dell'odio, il mio odio, quello dei prigionieri, delle guardie, del mondo intero. Le prigioni sono le riserve di caccia del demonio. ogni volta che giriamo la chiave di una cella rigiriamo il coltello del fato nella piaga di un uomo, perchè ogni volta che chiudiamo qualcuno in carcere lo imprigioniamo nell'odio.

(G.D.Roberts, Shantaram)

11 gennaio 2014

Ultimo depistaggio.

Da Staffetta
Nei titoli di coda del serial «Gli anni spezzati» figurano tre consulenti, nessuno dei quali storico di professione, ma giornalisti d’apparato: Adalberto Baldoni, Sandro Provvisionato e Luciano Garibaldi – autori di volumi di memorialistica pubblicati da piccolissimi editori in odore di neofascismo quali Nuove Idee o Ares, o di neonazismo come Settimo Sigillo.
Basti dire che Adalberto Baldoni, membro del Comitato centrale del MSI dal 1965 al 1995, ex giornalista ottantenne del «Secolo d’Italia», pubblicava già nel 1986 il volume Noi rivoluzionari: la destra e il caso italiano con Settimo Sigillo, per ripulire l’immagine dell’estrema destra dallo stragismo.
Sarebbe come se la RAI realizzasse una fiction sull’omicidio di Federico Aldrovandi per mano delle forze dell’ordine e affidasse la stesura del copione all’allora Questore di Ferrara o al Sindacato di Polizia…
Ecco invece la memoria di un testimone di quegli eventi pubblicata sul «Fatto quotidiano»:
«E sempre sul commissario Calabresi, nei miei personali ricordi, non è quell’uomo tormentato da dubbi o dalla ricerca della verità. È quello che, durante un sit-in vicino al carcere di San Vittore per chiedere la liberazione degli anarchici arrestati per le bombe del 25 aprile a Milano, sento gridare a Pinelli: “Te la faremo pagare”. Solita intimidazione di un poliziotto verso un anarchico che non vuole collaborare? Forse. Però quella frase, dopo quello che è accaduto, sembra quasi una profezia».

Glossario della neolingua politico-mediatica.

Da Diciottobrumaio


Sinistra: orientamento politico progressista che si ripromette, di volta in volta, di riformare il mercato (vedi: capitalismo) nell’ambito delle sue stesse leggi e compatibilità fondamentali.

Destra: orientamento politico moderato che si ripromette, di volta in volta, di riformare il mercato (vedi: capitalismo) nell’ambito delle sue stesse leggi e compatibilità fondamentali.

Coalizione: alleanza programmatica tra sinistra riformatrice e destra moderata volta ad affrontare le contraddizioni del sistema mantenendo inalterato il quadro economico di riferimento.

Capitalismo: termine politicamente scorretto e mediaticamente sconsigliato; sostituire con neutro e positivo mercato.

Conflitto di classe: locuzione indeclinabile nella realtà attuale. Come insegna Michele Santoro, maestro di giornalismo, è preferibile, semmai necessario, alludervi con: problema etico.

Crisi: fenomeno transeunte, la cui causa va ricercata prevalentemente negli eccessi della speculazione finanziaria, in definitiva nei comportamenti soggettivi.

Economista: nel significato di demiurgo.

Imperialismo: pur di conio liberale, si tratta di un termine fatto proprio dalle ideologie pericolose del passato.  Vietato l’uso, anche nella comunicazione privata per non ingenerare sospetti.

Lavoro: condizione che permette di ricevere un salario di sopravvivenza. Il lavoro è da intendersi come maledizione biblica, ansia e preoccupazione per la sua ricerca, sacrificio e sofferenza la sua esecuzione, dramma la sua perdita. Del resto solo con questi timori e queste paure è possibile tenere mansueti al guinzaglio i salariati. È necessario dunque evitare in ogni modo e forma di alludere alla sola possibilità di declinare ogni altra determinazione del lavoro, di assumerlo come creatività collettiva, di progettazione delle finalità e di direzione del processo automatico autoregolato come risultato del controllo cosciente delle forze della natura e della materia sociale.

Mercato: sinonimo di efficienza, dinamismo, autoregolazione, equilibrio, sviluppo, progresso e libertà. Condizione economica ideale e storicamente definitiva.

Padrone: sostantivo; vietato se non in riferimento a proprietario di animale.

Padronale: aggettivo; riferito ad ambienti o funzioni di un’abitazione signorile.

Povertà: parola che deve essere usata con parsimonia e molta cautela, comunque nel significato di situazione individuale con cause prevalentemente di natura temperamentale, psicologica, adattativa, politica. Caso virtuoso i tedeschi, i quali per i meriti propri della loro indole non conoscono tale fenomeno, anche se dieci milioni di essi sopravvivono con salari slovacchi e molti altri con sussidi.

Pubblico: contrario di privato, dunque nell’accezione d’inefficiente, parassitario, clientelare, corrotto, dissipatore.

Salario: termine classista; sostituire con il più innocuo: reddito.

Sfruttamento: ma vogliamo scherzare?