31 maggio 2016

Brutta bruttissima storia.

Sara, una vita bruciata in una notte di Maggio.
Bruciata viva dalla violenza dell'ex e dall'indifferenza delle persone alle quali ha chiesto aiuto. Indifferenza è già violenza, chi chiude gli occhi e va oltre, chi pensa tanto non sono fatti miei aiuta ad uccidere. Trovo troppo e pericolosamente diffusa la tendenza di oggi a guardare come appariamo, a rivolgere lo sguardo su di sè, e non a estenderlo a chi abbiamo accanto. 
Sara, una vita bruciata in una notte di Maggio.
https://abbattoimuri.wordpress.com/2016/05/30/femminicidio-non-centra-ne-lamore-ne-la-gelosia/

29 maggio 2016

Sono ateo, grazie a Dio.

È un fatto: non esistono religioni buone e religioni cattive.
La religione, quale che sia, è la negazione dell'intelletto e dei sentimenti più autentici,
la repressione dei desideri, la mortificazione della dignità, nonché l'incitamento alla rassegnazione,
l'apologia della sottomissione, l'esaltazione della miseria. 

La religione protegge il potente,
benedice Il soldato, approva il gendarme, prepara il boia, mentre scomunica e condanna ogni pensiero e ogni gesto ribelle.
Ma non serve a nulla bestemmiare contro i padroni del cielo se si rivolgono preghiere a quelli sulla terra.
Gli uni non possono vivere e prosperare senza gli altri. Né Dio, né Stato era e continuerà ad essere una condizione essenziale per la liberazione umana.


Nessuno morirebbe nel Mediterraneo se...

Da Pressenza.
Le stragi nel Mediterraneo avvengono per decisione dei governi europei.
Se un qualunque governo europeo finalmente consentisse ad ogni essere umano di poter giungere qui in modo legale e sicuro, la strage cesserebbe.
Nessuno morirebbe nel Mediterraneo.
Se non fornissimo le armi ai dittatori, ai terroristi, alle organizzazioni mafiose.
Se non rapinassimo i popoli del sud del mondo, se non devastassimo e desertificassimo i loro paesi.
Se non riducessimo miliardi di esseri umani alla fame e alla disperazione, alla schiavitù e all’inedia, al terrore e all’orrore.
Se riconoscessimo che ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignità, alla solidarietà.
Se riconoscessimo che salvare le vite è il primo dovere.
Se consentissimo ad ogni essere umano di muoversi liberamente su questo unico pianeta casa comune dell’umanità.
Se permettessimo ad ogni essere umano di viaggiare in modo legale e sicuro e di scegliere dove vivere in sicurezza e serenità.
Se ammettessimo che è giusto che tutti gli esseri umani godano degli stessi diritti di noi europei.
Se prendessimo sul serio la Dichiarazione universale dei diritti umani; la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea; la Costituzione della Repubblica Italiana.
Se rompessimo ogni complicità con i dittatori, i terroristi, le organizzazioni mafiose, i poteri schiavisti ed ecocidi.
Nessuno morirebbe nel Mediterraneo.
Se a tutte le persone in fuga dalla morte e dall’orrore consentissimo di porsi in salvo viaggiando in modo legale e sicuro.
Se soccorressimo, accogliessimo, assistessimo le persone che chiedono il nostro aiuto, che hanno diritto al nostro aiuto, che è nostro dovere aiutare.
Nessuno morirebbe nel Mediterraneo.
Se il nostro governo non li facesse morire negando loro il diritto di giungere nel nostro paese in modo legale e sicuro, costringendo così innumerevoli innocenti in fuga dalla fame e dalle guerre, dall’orrore e dalla morte, a gettarsi tra gli artigli delle mafie dei trafficanti per tentar di salvare le proprie vite.
Se i paesi europei non li facessero morire perseverando in una politica colonialista e razzista, militarista e maschilista, schiavista ed ecocida, di rapinatori e vampiri.
Se le istituzioni europee decidessero finalmente di prendere sul serio e rispettare i propri codici penali che condannano l’omicidio e l’omissione di soccorso.
Se il popolo italiano, i popoli europei, si battessero per ottenere subito il riconoscimento del diritto di ogni essere umano a giungere qui in modo legale e sicuro.
Se i nostri governi cessassero di fare ed alimentare le guerre, cessassero di essere complici e sicari dei poteri che rapinano interi continenti, cessassero di favoreggiare le mafie schiaviste.
Nessuno morirebbe nel Mediterraneo.
Sia riconosciuto subito il diritto di tutti gli esseri umani a giungere nel nostro paese in modo legale e sicuro.
E per tutte le persone in pericolo di vita si appronti subito un servizio di trasporto pubblico e gratuito.
Ed in tutti i luoghi ove occorre, siano recati subito aiuti umanitari.
Si adotti finalmente la politica dell’umanità.
Si adotti finalmente la politica della nonviolenza.
Si adotti finalmente la politica esatta dai grandi documenti giuridici dell’umanità.
Nessuno morirebbe nel Mediterraneo.
Le stragi nel Mediterraneo avvengono per decisione dei governi europei.
Se un qualunque governo europeo finalmente consentisse ad ogni essere umano di poter giungere qui in modo legale e sicuro, la strage cesserebbe.
Nessuno morirebbe nel Mediterraneo.

27 maggio 2016

"La libertà degli uguali" (Mikhail Aleksandrovič Bakunin)

Sono un amante fanatico della libertà, la considero l’unica condizione nella quale l’intelligenza, la dignità e la felicità umana possono svilupparsi e crescere. Non la libertà concepita in modo puramente formale, limitata e regolata dallo Stato, un eterno inganno che in realtà non rappresenta altro che il privilegio di alcuni fondato sulla schiavitù degli altri... No, io mi riferisco all’unico tipo di libertà che merita questo nome... la libertà che non conosce le restrizioni se non quelle che vengono determinate dalle leggi della nostra personale natura, che non possono essere considerate vere restrizioni, perché non si tratta di leggi imposte da un legislatore esterno, pari o superiore a noi, ma di leggi immanenti ed inerenti noi stessi, costituenti la base del nostro essere materiale, intellettuale e morale: esse non ci limitano, sono le condizioni reali e naturali della nostra libertà.

Mikhail Aleksandrovič Bakunin: "La libertà degli uguali"

La scienza moderna è lungi dal poterlo confermare, ma la speranza è che quell'istinto di libertà, di cui parla Bakunin, sia davvero un elemento costitutivo della natura umana che non può essere a lungo represso dalla dottrina autoritaria, e dalla disperazione e devastazione da questa prodotta.

Immagina..

Immagina di dover lasciare il tuo paese, il tuo luogo di nascita, la tua casa. 
Immagina di dover partire per paura che tu, la tua famiglia o i tuoi amici possiate essere uccisi. 
Immagina di camminare per giorni, settimane o mesi nel deserto o nella neve, o di attraversare il mare agitato dentro un gommone in cerca di un posto sicuro....

http://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2016/05/26/migranti-altro-naufragio-20-30-morti_b673443d-89a5-4f6e-a7d4-6d8e07317bae.html

26 maggio 2016

Poi c'è qualcuno che ancora obietta che questi non sono i governi delle banche.

"Welfare", che bella parola! Quelli dell'economia politica hanno invaso il nostro dizionario di belle parole anglofone, dal suono morbido e ben augurale. Anche questa è un artificio ingannevole.
Welfare ossia benessere, ovvero assistenza sociale.
Tutti i magnate della politica si ornano le labbra con la parola "welfare" ma intanto si coordinano per concedere alle persone di andare in pensione a 63 anni, con una decurtazione salariale ulteriore a quella prevista pari al 3 o 4 per cento e, in attesa del TFR da percepire all'atto del pensionamento, ovvero alla maturazione degli anni di contribuzione necessaria alla quiescenza, gli consentono di accedere a un prestito bancario con un rimborso mensile agevolato. Ma che bella pensata!

http://www.repubblica.it/economia/2016/05/05/news/pensioni_piano_governo-139109130/
Il lavoratore (o la lavoratrice) che vorrà uscire prima per scelta personale riceverà un prestito dalle banche a copertura dei due o tre anni di anticipo. Il prestito sarà rimborsato a rate dall'Inps con una trattenuta sull'assegno nel momento in cui il lavoratore avrà maturato i requisiti per l'accesso alla pensione di vecchiaia. Ci sono poi altri due casi: quello del lavoratore che perde il lavoro ma non ha l'età per la pensione, e quello che invece viene prepensionato dall'azienda nell'ambito di un piano di riorganizzazione. Nel primo caso il costo dell'operazione Ape (anticipo pensione) sarà sostenuto sostanzialmente dallo Stato, sempre con il meccanismo del prestito; nel secondo ad accollarsi la spesa sarà l'azienda con un intervento dello Stato per pagare un'assicurazione a garanzia del rischio morte. Dunque saranno diversi i soggetti ad essere coinvolti: dall'Inps al sistema della banche fino alle assicurazioni. E Renzi ha annunciato ieri che si confronterà con tutti. Anche con i sindacati e le imprese. Quasi una novità. 

23 maggio 2016

Non li voglio vedere ( di Salvo Vitale)

Sono rimasta muta davanti a queste righe vere e dolorose. Qualsiasi commento è inutile. Va solo letto con un enorme rispetto.
Dal blog di Giulio Cavalli.
Salvo Vitale è lo storico compagno di Peppino Impastato. Quello vero, mica quello del film. E ha scritto un pensiero prima delle straboccanti commemorazioni per l'anniversario dell'attentato mafioso nei confronti di Falcone. Vale la pena leggerlo: 
"Stanno preparando il vestito buono per la festa. Passeranno la notte a lustrarsi le piume. E domani, l’uno dopo l’altro, con una faccia che definire di bronzo è un eufemismo, correranno da una parte all’altra della penisola cercando i riflettori della tivvù, il microfono dei giornalisti, per inondarci della loro vomitevole retorica su twitter, facebook, e in ogni angolo della rete; loro, tutti loro, gli assassini di Giovanni Falcone, della moglie, e dei tre agenti della sua scorta, saranno proprio quelli che ne celebreranno la memoria. Firmandola. Sottoscrivendola. Faranno a gara per raccontarci come combattere ciò che loro proteggono. Spiegheranno come custodire l’immensa eredità di un magistrato coraggioso; loro, proprio loro che ne hanno trafugato il testamento, alterato la firma, prodotto un perdurante falso ideologico che ha consentito ai loro partiti di rinverdire i fasti di un eterno potere. Li vedremo tutti in fila, schierati come i santi. Ci sarà anche chi oserà versare qualche calda lacrima, a suggello e firma dell’ipocrisia di stato, di quel trasformismo vigliacco e indomabile che ha costruito nei decenni la mala pianta del cinismo e dell’indifferenza, l’humus naturale dal quale tutte le mafie attive traggono i profitti delle loro azioni criminali. Domani, non leggerò i giornali, non ascolterò le notizie, non seguirò i telegiornali, e men che meno salterò come una pispola allegra da un mi piace all’altro su facebook a commento di striscette melense e ipocrite che inonderanno la rete con una disgustosa ondata di piatta e ipocrita demagogia. Domani, uccideranno ancora Giovanni Falcone, sua moglie e la sua scorta. E io non voglio farne parte. Per questo ne parlo oggi, con un giorno di anticipo. Seguitano a ucciderlo, ogni giorno, nella società civile e in parlamento. Per questo vogliono museizzarlo, trasformandolo in una specie di santino da usare ad ogni buona occasione. Perché sono proprio loro gli eterni assassini, questa è la verità, altrimenti non ci ritroveremmo, venti anni dopo, nella stessa identica situazione di allora. Domani, vestiti a festa, faranno a gara a chi lo commemora e piange di più. Tutti i funzionari pubblici della repubblica, anche quelli del più piccolo e povero comune, tutti quelli che hanno preso tangenti privilegiando l’interesse personale a quello del bene pubblico, sono quelli che seguitano ogni giorno ad assassinare Giovanni Falcone, sua moglie e gli agenti della scorta. Quelli che hanno reso vana e vacua la loro morte. Gli imprenditori che partecipano alle gare sostenendo che bisogna pagare le tangenti se si vuole sopravvivere sul mercato. I direttori editoriali responsabili delle case editrici, delle società di produzione cinematografica, televisiva e radiofonica, che riconoscono e accolgono come autori solo persone presentate, suggerite, spinte , imposte dalle segreterie dei singoli partiti politici che poi provvederanno a fornire i loro buoni uffici facendo piovere su di loro sovvenzioni statali pagate con le nostre tasse. Loro, nessuno escluso, sono gli assassini di Falcone, di sua moglie e dei tre agenti della scorta. Io non li voglio vedere. Non voglio vedere le loro facce ipocrite. Sono assassini tutti quelli, nessuno escluso, che dicono “lo fanno tutti, che cosa ci vuoi fare?”. Così come lo sono tutti coloro che si trincerano dietro il “ma io ho una famiglia” e fingono di non sapere che in italiano esiste la frase “no, io queste cose non le faccio”. Gli assassini sono tutti i cittadini italiani che nel silenzio garantito dalla privacy, cautelati dal fatto di non avere testimoni, nel segreto della cabina elettorale, mettono una crocetta su un certo simbolo, su un certo nome, perché sanno che quella lista e quella persona, domani, a elezioni avvenute (e vincenti) mi risolveranno il mio problemino, o daranno il posto a mio figlio, o sistemeranno mia sorella. Sono decine di milioni Perché la mafia non è una persona, non è una cosa astratta. La mafia è un’idea dell’esistenza. La mafia è una interpretazione della vita, e chi vi aderisce è un mafioso. Anche se non lo sa. Anche se non se lo vuole dire. Sempre mafioso è. L’intera classe politica di questo paese, intellettuale, mediatica, imprenditoriale, ha partecipato al processo di delegittimazione di Giovanni Falcone, isolandolo, diffamandolo, voltandosi dall’altra parte quando sapevano che stavano arrivando i killer. Così come fecero poi con Paolo Borsellino e con tutti coloro che ebbero l’ardire di armarsi di coraggio e combattere contro la mafia attiva. Le stesse persone che allora scelsero di non guardare, oggi sono in prima fila a commemorarne la scomparsa. Sono tutti loro i veri assassini. Io non li voglio né vedere né ascoltare. Perché i dirigenti mafiosi sono affaristi, e non corrono il rischio di mettersi nei guai uccidendo gli affari, se non sanno di avere un territorio amico che li sorregge. La mafia, di per sé, non esiste, esistono i mafiosi. La mafia è la somma dei singoli comportamenti che ne determinano l’esistenza. E noi siamo un paese con troppi mafiosi. Purtroppo, non è uno stereotipo, è la tragica realtà con la quale noi tutti dobbiamo a fare i conti. Perché questi sono i veri conti, non lo spread, che è una invenzione astratta. Potete aderire a qualunque ideologia, essere, anarchici o democratici, conservatori o progressisti, amanti di Keynes, di Marx o della teoria della Moneta Moderna. Non cambia nulla, finchè non cambieremo il nostro comportamento individuale, quotidiano, esistenziale, e non prenderemo atto di ciò che siamo, per poterci evolvere e liberarci da questo cancro Ogniqualvolta un cittadino italiano rinuncia ad esercitare il libero arbitrio, e rinuncia all’ambizione e al tentativo, anche se estremo e disperato , di farsi valere per i propri meriti, per le proprie competenze tecniche, privilegiando la facile e sicura strada della mediazione politica e della malleveria, per prendere la scorciatoia del sistema del malaffare, il registratore di cassa della mafia segna un incasso. Perché sa che, domani, quel cittadino sarà un mafioso sicuro. Anche se non lo sa. E’ una porta alla quale andranno a bussare, sicuri che verrà subito aperta. Loro, lo sanno benissimo, che è così. Lo sappiamo tutti. Io non li voglio vedere i loro telefilm celebrativi interpretati da attori raccomandati, prodotti da aziende mafiose, e distribuiti alla nostra visione da funzionari mafiosi in doppiopetto. Proprio no. Perché sono tutti assassini di Giovanni Falcone, di sua moglie e dei tre agenti della scorta. Domani, dedicherò la giornata al tentativo di ripulirmi spiritualmente, cercando di fare ordine interiore, per eliminare ogni residuo di retro-pensiero mafioso, che alligna dentro di me, come dentro la mente di ogni singolo italiano, anche quando non lo sa. Perché il paese è così. Altrimenti, non staremmo, dopo venti lunghi anni, e una caterva di governi inutili, nella stessa identica situazione di allora."

22 maggio 2016

Quando...

Quando ho bisogno di crederci ancora un po'....
quando le domande mi travolgono come le delusioni e non so trovare un perché...
quando mi sembra di non essere più capace di vivere senza farmi del male...
quando i ricordi fanno più male del presente...
quando so che esisti da qualche parte ma non fai parte di me...
quando far parte di te vuol dire non far parte di niente...
quando aleggia nell'aria un minuscolo ragno che mi attrae nella sua nostalgia..
quando mi osservo da dentro per respingermi...
quando mi lascio andare e non trovo nessuna porta...
quando le porte si chiudono e le ferite si aprono...
quando vorrei ma non posso...
quando se potessi vorrei non esserci...
quando sei tu che mi rubi l'anima...
ritorno qui...
e ritorno a vivere...
come un comandamento...


21 maggio 2016

"Nuovo" di Gianmaria Testa.

Una pausa musicale con una versione casalinga, ma tenerissima di "Nuovo" di Gianmaria Testa.
 
Nuovo come un giorno che non c’era,
come la sera quando arriva già.
Nuovo come è nuova la stagione
ed il nuovo nome che la chiamerà.

Nuovo di promessa mantenuta,
nuova la voce sconosciuta che la tiene e la terrà.
Nuova questa mano che ti tocca,
nuova la bocca che ti parlerà.
Nuovo da lasciare un gusto in gola,
nuovo come una parola che non so.
Nuovo che se chiamo e non rispondi molto forte,
molto più forte ti chiamerò.
Nuovo da lasciare un gusto in gola,
nuovo come una parola che non so.
Nuovo che se chiamo e non rispondi, molto forte,
molto più forte ti chiamerò.
Nuovo come un’altra volta ancora,
per chi non c’era e non sapeva già.
Nuovo come è nuova la canzone,
per ogni voce che la canterà.
Nuovo che ti lascia un gusto in gola
nuovo come una parola che non so.
Nuovo che se chiamo e non rispondi, molto forte,
molto più forte ti chiamerò.





Se ci fermassimo un momento...

Se ci fermassimo un momento, se facessimo una pausa per capire, per comprendere davvero le grandi piccole cose. 
Se arrivassimo ad avere la lucidità della loro importanza, concluderemmo immancabilmente che nessuna di esse è basata sulla concretezza. 
Nè oggetti, nè metalli, nè luoghi, a volte nemmeno circostanze.
Spesso abbiamo sottomano qualcosa di straordinario e diamo per scontato quella vicinanza, quella presenza, lo facciamo nostro e pensiamo che ci sarà per sempre. 
Ma la vera grandezza è arrivare alla consapevolezza che quel qualcosa è grande non perchè è eccezionale, ma perché ha e ha avuto quella giusta dimensione nella nostra vita. 
Sapremmo che quel qualcosa o quel qualcuno ha il carattere straordinario dell'eccezionalità non per gli altri, ma per noi stessi. E la certezza dell'eternità ce la darà quel che rimane o rimarrà e che sapremo apprezzare come un lusso.
Un lusso come quello di un pomeriggio passato chiacchierando dall'anima con qualcuno che veramente ci conosce e ci capisce. 
Un lusso come quello di poter dire quello che si sente, senza necessità di camuffarlo o travestirsi. 
Come quello di sentire pace e dare pace in una conversazione che si arma con le parole, ma che è già stato detto molte volte dal silenzio. 
Un lusso, un vero e proprio lusso, amare qualcuno così, ed essere amati di ritorno...
per qualcuno straordinario...

19 maggio 2016

Senza bisogno di catene o particolari costrizioni.

Da Diciottobrumaio.
Ciò che è accaduto negli ultimi tre decenni ha cambiato il nostro modo di pensare e di relazionarci con il mondo. A questi cambiamenti non abbiamo opposto, sul piano generale, alcuna resistenza, anzi, li abbiamo accolti come un segno, in realtà un mito, di progresso e di maggiore libertà, e comunque come un fatale destino. Del resto, come opporsi alle nuove tecnologie e a un certo loro impiego? Tecnologie, specie quelle digitali, con le quali entriamo in un certo ordine del discorso, in una sintassi di pensiero predeterminato e che non controlliamo. Al contempo, utilizzatori e riproduttori di un sistema che ci domina e nella sua albagia ci ricatta.
Accettiamo tutte le nuove forme di schiavitù, che vanno a sommarsi a quelle più “classiche”, senza bisogno di catene o particolari costrizioni. La nostra è una schiavitù volontaria e spesso bene accetta, proprio perché abbiamo perso, o non abbiamo avuto abbastanza, il senso vero di che cos’è, o dovrebbe essere, la libertà. Se solo prendiamo ad esempio la comunicazione, abbiamo la prova di come sia stata ridotta la nostra libertà, laddove la comunicazione passa necessariamente su delle piattaforme controllate da alcune delle più grandi imprese multinazionali, che solo alcuni lustri or sono non esistevano, le quali realizzano i più alti fatturati e all’interno di essi i più cospicui profitti.
Miliardi di dati che riguardano la vita privata di miliardi di persone in tutto il pianeta. Informazioni sul nostro lavoro, i consumi, le necessità e i desideri, le relazioni, le idee, la salute, gli spostamenti, ecc. Profili personali e famigliari completi che possono andare dai gusti musicali a quelli sessuali. Profili che disegnano tendenze di consumo e che possono essere ceduti, ossia venduti, ai più diversi produttori: alimentari, musicali, farmaceutici, dell’abbigliamento, dell’editoria; e operatori: turistici, alberghieri, ecc..
Ma anche un altro genere di profili, che possono interessare gli Stati e i loro apparati, specie quelli che lavorano nell’ombra e spesso nell’illegalità legalizzata, i quali attraverso le loro architetture informatiche esercitano innanzitutto un controllo preventivo. Ma noi, che sui social condividiamo tutto, dalle nostre foto a cosa pensiamo, crediamo di essere fuori da ogni controllo. E se anche questo controllo esiste, non ce ne importa nulla, poiché non ci rendiamo conto dell’uso politico che ne viene fatto.
Tutti questi dati glieli forniamo noi stessi, lavorando di tastiera. Un lavoro gratuito, il nostro, che rende alti profitti a tutta una filiera dove dominano poche società potenti, vere e proprie oligarchie che si arricchiscono del nostro gratuito lavoro (Google e Facebook) o col supersfruttamento (Microsoft, Apple, Amazon), tra l’altro appropriandosi, in forza dei prezzi di monopolio, di consistenti quote di plusvalore di altre sfere produttive.
A tutto ciò, singolarmente o per piccoli gruppi, noi non possiamo opporre nulla. Confusi e distratti nella nostra volontà, incessantemente stimolati da bisogni e opinioni miserabili, da merci selezionate che il sistema usa come armi per il proprio consolidamento, da noi non dipende più nulla. Sperimentiamo grandi solitudini e nuove forme di sfruttamento, e del resto l’alienazione è già insita nel nucleo originario del modo di produzione capitalistico, e questo lo sapevamo da tanto tempo.

18 maggio 2016

Storia nota ma volutamente ignorata.

Il Papa ai vescovi: "Siate sobri e rinunciate alle proprietà".
Una perla di saggezza che è stata immediatamente ripresa, diffusa e propagandata per "svolta epocale della chiesa" da tutti gli asserviti media  (RAI in testa, Mediaset etc.) della Colonia del Vaticano, alias Repubblica Pontificia italiana. Il gesuita Bergoglio, in arte Papa Francesco, ha ammonito l’emiciclo dei grassi e panciuti vescovi, assisi di fronte a lui e vestiti con palandrane divine che costano decine di migliaia di euro l’una, con questo gigantesco quanto ipocrita invito. Parla di morigeratezza proprio mentre approvano il bilancio sulla destinazione dei soldi che hanno carpito al popolo italiano. E' il classico esempio di chi predica bene e razzola male: da un lato predica povertà e dall'altro continua ad accumulare ricchezze. Come parlare di dieta mentre ci si tuffa in una torta al cioccolato.
E intanto il patrimonio immobiliare della chiesa nel mondo ammonta a 2000 miliardi! 
http://mobile.ilsole24ore.com/solemobile/main/art/notizie/2013-02-15/chiesa-2mila-miliardi-immobili-082813.shtml?uuid=Ab3cTeUH
Il suo patrimonio mondiale è fatto di quasi un milione di complessi immobiliari composto da edifici, fabbricati e terreni di ogni tipo con un valore che prudenzialmente supera i 2mila miliardi di euro. Può contare sullo stesso numero di ospedali, università e scuole di un gigante come gli Stati Uniti. Ha oltre 1,2 milioni di "dipendenti" e quasi un miliardo e duecento milioni di "cittadini".
Questo Paese immaginario dotato delle infrastrutture di un big dell'economia occidentale e della popolazione della Cina va sotto il nome di Chiesa. Un universo dietro al quale non c'è solo e unicamente il Vaticano, ma una galassia di satelliti fatta di congregazioni, ordini religiosi, confraternite sparse ovunque nel mondo che, direttamente o attraverso decine di migliaia di enti morali, fondazioni e società, possiedono e gestiscono imperi immobiliari immensi che nessuno forse è in grado di stimare con precisione e che sono sempre in costante metamorfosi.
Un patrimonio dove l'elenco dei beni, la maggior parte sicuramente no-profit ma una discreta fetta anche a fini commerciali, sembra non esaurirsi mai: chiese, sedi parrocchiali, case generalizie, istituti religiosi, missioni, monasteri, case di riposo, seminari, ospedali, conventi, ospizi, orfanotrofi, asili, scuole, università, fabbricati sedi di alberghi e strutture di ospitalità per turisti e pellegrini e tante, tantissime abitazioni civili in affitto. Un universo intorno al quale gravitano nel mondo 412mila sacerdoti e 721mila religiose – senza contare centinaia di migliaia di laici - che assistono 1 miliardo e 195 milioni di fedeli.

Secondo il gruppo Re, che da sempre fornisce consulenze a suore e frati nel mattone, circa il 20% del patrimonio immobiliare in Italia è in mano alla Chiesa. Un dato quasi in linea con una storica inchiesta che Paolo Ojetti pubblicò sull'Europeo nel lontano 1977 dove riuscì per la prima volta a calcolare che un quarto della città di Roma era di proprietà della Chiesa. Un patrimonio immenso che però non si ferma appunto alla sola capitale dove ci sono circa 10mila testamenti l'anno a favore del clero e dove i soli appartamenti gestiti da Propaganda Fide – finita nel ciclone di alcune indagini per la gestione disinvolta di alcuni appartamenti – valgono 9 miliardi. La Curia vanta possedimenti importanti un po' ovunque in Italia e concentrati, tra l'altro, in gran numero nelle roccaforti bianche del passato come Veneto e Lombardia.
Quindi se oggi il valore del patrimonio immobiliare italiano supera quota 6.400 miliardi di euro – come qualche giorno fa ha registrato il rapporto sugli immobili in Italia realizzato dall'Agenzia del territorio e dal dipartimento delle Finanze – si può stimare prudenzialmente che solo nel nostro Paese il valore in mano alla Chiesa si aggiri perlomeno intorno ai mille miliardi (circa il 15%). Se a questa ricchezza detenuta in Italia – dove pesa l'eredità di un potere temporale durato per quasi duemila anni – si aggiunge il patrimonio posseduto all'estero fatto di circa 700mila complessi immobiliari tra parrocchie, scuole e strutture di assistenza la stima, anche stavolta più che prudenziale, può raddoppiare almeno a 2mila miliardi. Numeri, questi, che nessuno conferma dall'interno della Chiesa perché per molti neanche esiste una stima ufficiosa. Ma da ambienti finanziari interpellati la cifra sembra apparire congrua. Cifra a cui si devono aggiungere, tra l'altro, investimenti e depositi bancari di ogni tipo. Questi sì ancora meno noti.
Ma quali sono i numeri più "sicuri" del patrimonio immobiliare e quindi della ricchezza economica della Chiesa cattolica nel mondo? I dati più dettagliati sono fotografati con precisione dalla Bibbia dei numeri del Vaticano: l'«Annuarium statisticum ecclesiae». Che fa risalire il suo aggiornamento a fine 2010. Secondo l'"Istat vaticano" nelle 4.851 diocesi e 105 nunziature apostoliche sparse in tutti e cinque i continenti del mondo ci sono la bellezza di 455.839 tra parrocchie, missioni, chiese e altri centri religiosi che possiedono terreni e fabbricati di ogni dimensione. A queste bisogna aggiungere 206.892 scuole cattoliche che dalla materna alle secondarie fanno studiare la bellezza di 55 milioni di ragazzi, a cui si aggiungono altri 6 milioni che si formano negli istituti superiori e negli atenei cattolici (circa 200 nel mondo) che si trovano spesso in edifici e sedi storici di grande valore.
Più precisamente si contano 70.544 scuole religiose materne – 23.963, la fetta più grande, in Europa – che sono frequentate da 6,4 milioni di bambini, 92.847 istituti primari (23.624 nel continente americano) dove studiano oltre 31 milioni di piccoli studenti e 43.591 scuole medie (11.665 sempre in America) con 17 milioni di ragazzi che vanno nelle aule gestite da preti o religiosi. Ci sono poi almeno 200 atenei religiosi – molti concentrati in Europa e in Italia dove operano istituti dalla storia secolare come l'università Gregoriana o quella Lateranese – e altri centinaia di istituti superiori dove si formano circa 6 milioni di persone, tra laici e religiosi. A tutto questo vanno aggiunti 6mila circa tra convitti e seminari.
Infine nel patrimonio immobiliare una voce davvero importante è quella del "welfare" dove i numeri sono enormi e dove anche qui l'elenco non sembra esaurirsi mai: si contano nel mondo 121.564 strutture sanitarie e di assistenza di vario genere. La punta di diamante è rappresentata dai 5.305 ospedali della Chiesa (basti pensare che la sanità statunitense ne ha 5.700) dove dentro c'è un po' di tutto: dalla struttura all'avanguardia – in Italia basta citare il polo pediatrico di Roma Bambino Gesù o la Casa del Sollievo della Sofferenza a San Giovanni Rotondo – al piccolo centro di frontiera in Africa che fornisce l'assistenza di base. I numeri della sanità vaticana si dividono abbastanza equamente tra i principali continenti: in America sono 1.694 gli ospedali, in Africa 1.150, in Asia 1126, in Europa 1.145 dove l'Italia fa la parte del leone con 129 strutture sanitarie.

Ma la realtà delle cure cattoliche è anche molto più ricca: con 18.179 strutture cosiddette ambulatoriali (oltre 10mila divise tra Africa e Americhe) che danno assistenza ai più svantaggiati e ben 17.223 strutture residenziali e assistenziali destinate alla terza età o ai disabili. Di quest'ultime ben 8mila sono concentrate in Europa e quasi 1.600 solo nel nostro Paese.
Completano l'elenco del welfare vaticano quasi 10mila orfanotrofi, oltre 11mila asili per i più piccoli, 15mila consultori familiari e quasi altre 60mila strutture che forniscono assistenza sociale e prestazioni di vario tipo.

15 maggio 2016

Cammino.


La sensazione che non siano più le parole umane a scorrere, ma le voci delle gocce e delle foglie che parlano. Per questo mi piace camminare. Soprattutto la mattina presto, quando intorno ancora non c'è il brusio dell'ansia del giorno. E mentre cammino penso, perché ho tempo e modo per pensare. Perché il battito del cuore è allineato con le cellule cerebrali e il movimento degli arti con i sensi. Respiro, annuso, ascolto e penso. Senza interferenze, senza sovrapposizioni. E' tutto un gioco di equlibri e non servono regole o consuetudini, viene spontaneo andare avanti, un passo dopo l'altro. L’equilibrio del cuore con quello del respiro: nè troppo forte, nè troppo debole. L’equilibrio delle gambe col resto del corpo: nè troppo veloce, nè troppo lento. Non ci sono mai due passi uguali, camminare non è come stare davanti alla catena di montaggio, o come ripetere le stesse infinite operazioni quotidiane davanti al computer. Si potrebbe continuare così per sempre, nella libertà più assoluta, senza padroni, ma padroni del mondo. Perché la terra, l’aria e l’acqua sono di tutti, come il sentiero, come il cammino.

09 maggio 2016

La solitudine (Leo Ferré)

Leo Ferré non era solamente un talento, ma era un genio, come un genio era colui che della differenza tra talento e genio ha dato la più folgorante e inconfutabile delle definizioni: “il talento fa quello che vuole, il genio fa quello che può” (Carmelo Bene). Sì, il genio fa quello che può, fa quello per cui è nato, ha ricevuto in dono la genialità e ne fa uso, la espone, la mette al servizio degli altri… e dalla sua divina solitudine (“io vengo da un altro mondo da un altro quartiere da un’altra solitudine”) ci indica la strada da seguire, ci costringe a guardarci dentro, a smascherare le nostre e le altrui ipocrisie, a scavare nel fondo più nero della nostra coscienza, a spalancare gli occhi e la mente sul mondo, sui suoi orrori, sulle sue assurdità, sui suoi meccanismi più occulti…

Io vengo da un altro mondo, da un altro quartiere, 
da un'altra solitudine.
Oggi come oggi, mi creo delle scorciatorie. 
Io non sono più dei vostri.
Aspetto dei mutanti. 
Biologicamente me la cavo con l'idea che mi sono fatto
della biologia : piscio, eiaculo, piango. 
Innanzi tutto noi dobbiamo lavorare
le nostre idee come se fossero dei manufatti.
Io sono pronto a procurarvi gli stampi. Ma...

la solitudine...

Gli stampi sono di una materia nuova, vi avverto. 
Sono stati fusi domani mattina. 
Se voi non avete, di questo giorno, il senso relativo
della vostra durata, è inutile tramandare voi stessi, 
è inutile guardare davanti a voi 
perchè il davanti è il dietro, la notte è il giorno. E...

la solitudine...

Innanzi tutto le lavanderie automatiche, 
agli angoli delle strade,
sono imperturbabili 
cosi come il rosso o il verde dei semafori.
I poliziotti del detersivo vi indicheranno 
dove vi sarà possibile lavare
cio che voi credete sia la vostra coscienza 
che non è altro che una
succursale di quel fascio di nervi che vi serve da cervello. 
E pertanto...

la solitudine...

La disperazione è una forma superiore di critica. 
Per ora, noi la chiameremo "felicità" 
perché le parole che voi adoperate 
non sono più "parole" 
ma una specie di condotto attraverso il quale
gli analfabeti hanno la coscienza a posto. Ma...

la solitudine

Del codice civile ne parleremo più tardi. 
Per ora, io vorrei codificare l'incodificabile. 
Io vorrei misurare il pozzo di San Patrizio
delle vostre democrazie. 
Vorrei immergermi nel vuoto assoluto e divenire 
il non detto, 
il non avvenuto, 
il non vergine per mancanza di lucidità. 
La lucidità me la tengo nelle mutande. 

01 maggio 2016

Buon 1° Maggio lavoratori! (Emanuela Rossini)

Ad avermi buttato in mezzo a una strada, a 50 anni, non è stato uno zingaro e nemmeno un africano. E' stato De Benedetti.
A far di me un peso morto è stata la Fornero.
A fingere di proteggermi intanto che si facevano i cazzi loro, non sono stati gli extracomunitari, ma i sindacati.
A prendermi per il culo dicendo una cosa e facendo l'opposto, è Renzi, non i rumeni.
A stravolgere la nostra Costituzione anzichè imporne il rispetto, è il parlamento italiano, non quello tunisino.
A distruggere sanità e istruzione, sono stati i governi italiani eletti da italiani, non i rom.
A vessare con metodi medioevali chiunque provi a campare con il poco che racimola, sono funzionari italiani, non libici.
A vendere o spostare verso altre nazioni tutte le principali aziende italiane, non sono stati i marocchini, ma Marchionne, Tronchetti Provera e quelli come loro.
A spingere al suicidio qualche centinaio di poveri cristi, sono stati i governanti italiani, non i profughi.
A sfruttare ogni disgrazia per guadagnarci milionate e distribuendo briciole, sono le grandi cooperative italiane, non quelle serbe.
Quando mi avanzerà abbastanza odio per persone provenienti da altre parti del mondo, forse sposterò il tiro. Per ora mi accontento di riversarlo interamente ai personaggi di cui sopra, miei connazionali e, piuttosto che altri, preferirei fossero loro a trovarsi finalmente nella condizione di dover salire su dei barconi per scappare.
Scappare da qui.


Va pensiero ribelle. (Pietro Gori 1865-1911)


Va pensiero ribelle
in mezzo alle donne e agli uomini
che si oda il triste canto
del singhiozzo operaio
che non ha lacrime
che non morì di pianto.

E tu alla nascita del secolo nuovo
canta la maledetta strofa dell’odio
tu sarai l’assiduo tarlo della mia vendetta.

Maledetta la Patria delle miseri plebi matrigna infame
bollata in fronte dallo stigma tragico dei morti di fame
e maledetto Iddio, bieco fantasma di menti paurose
puntello antico di vecchie tirannidi dalla marea corrose.

E stramaledetta ancora la madre Patria
che dei suoi figli, giovani e forti,
mandò sul campo di battaglia e lì sono morti.

Stramaledetto ancora Iddio che nella sua bontà infinita
nella sua infinita potenza, permette le guerre, la malattia e la fame e non salva l’innocenza

E maledetto chi crede
e sulla povera folla vi sospinge il piede

Maledetto chi geme e lacrima
maledetto chi crede
e maledetti gli oppressi, i turpi,
i tiepidi dalla dimessa voce,
che senza un grido, una bestemmia,
vili strisciano sotto la croce.