27 aprile 2015

Quando la terra trema allora cade ogni tipo di poesia, sembra banale e inutile ogni canzone e ogni parola, così come improvvisamente pare priva di senso e d’importanza ogni cosa che si fa.
http://ninofezzacinereporter.blogspot.it/2015/04/terremoto-in-nepal-almeno-3200-morti-e.html
Questa pallottola rugosa, la terra, quando si scrolla come un animale, chissà che non voglia scrollarsi di dosso noi, miriadi di parassiti che la violentano e la sfruttano.

25 aprile 2015

"Alle fronde dei salici" di Salvatore Quasimodo

E come potevamo noi cantare
Con il piede straniero sopra il cuore
Fra i morti abbandonati nelle piazze
sull'erba dura, di ghiaccio
al lamento d’agnello dei fanciulli
all'urlo nero della madre che andava incontro al figlio crocifisso sul palo del telegrafo?
Alle fronde dei salici per voto, 
anche le nostre cetre erano appese
oscillavano lievi al triste vento.


Si tratta di una poesia sofferta e partecipata, che rappresenta tutta l’impotenza del poeta, che vorrebbe esprimere tutto il suo dolore, ma si chiede quale sia realmente il significato ed il valore della poesia di fronte agli orrori della guerra. La risposta è negativa: di fronte all’efferatezza della guerra, che cancella persino i sentimenti più elementari di pietà e di umanità, anche i poeti non possono far altro che tacere e appendere le loro cetre, simboli del loro canto, ai rami dei salici. 

Siamo ancora pieni di cose a cui resistere

“Il fascismo, il regime fascista, non è stato altro, in conclusione, che un gruppo di criminali al potere. E questo gruppo di criminali al potere non ha potuto, in realtà, fare niente. Non è riuscito a incidere, nemmeno a scalfire lontanamente, la realtà dell’Italia – realtà che il fascismo ha dominato tirannicamente ma che non è riuscito a scalfire. Ora invece succede il contrario: il regime è un regime democratico eccetera eccetera, però quella acculturazione, quella omologazione che il fascismo non è riuscito assolutamente a ottenere, il potere di oggi, cioè il potere della civiltà dei consumi, invece riesce a ottenere perfettamente; distruggendo le varie realtà particolari, togliendo realtà ai vari modi di essere uomini che l’Italia ha prodotto in modo storicamente molto differenziato. E allora questa acculturazione sta distruggendo in realtà l’Italia, e io posso dire senz’altro che il vero fascismo è proprio questo potere della civiltà dei consumi. E questa cosa è accaduta tanto rapidamente che forse non ce ne siamo resi conto: è avvenuto tutto in questi ultimi cinque, sei, sette, dieci anni; è stato una specie di incubo in cui abbiamo visto l’Italia intorno a noi distruggersi e sparire. E adesso, guardandoci intorno, ci accorgiamo che non c’è più niente da fare.”

(Pier Paolo Pasolini, 1974)


Visto qui

 

23 aprile 2015

Mare nostro che non sei nei cieli (Erri De Luca)

Mare nostro che non sei nei cieli
e abbracci i confini dell’isola e del mondo,
sia benedetto il tuo sale,
sia benedetto il tuo fondale.
Accogli le gremite imbarcazioni
senza una strada sopra le tue onde,
i pescatori usciti nella notte,
le loro reti tra le tue creature,
che tornano al mattino con la pesca
dei naufraghi salvati.
Mare nostro che non sei nei cieli,
all’alba sei colore del frumento,
al tramonto dell’uva di vendemmia,
ti abbiamo seminato di annegati
più di qualunque età delle tempeste.
Mare nostro che non sei nei cieli,
tu sei più giusto della terraferma,
pure quando sollevi onde a muraglia
poi le abbassi a tappeto.
Custodisci le vite, le vite cadute
come foglie sul viale,
fai da autunno per loro,
da carezza, da abbraccio e bacio in fronte
di madre e padre prima di partire.


20 aprile 2015

Me ne starò in silenzio, è l'unica cosa che mi sento di fare di fronte a questo cimitero di guerra. Spero che chi provoca tutto questo ne senta il peso e ne rimanga schiacciato.
http://www.ansa.it/sicilia/notizie/2015/04/19/immigrazione-naufragio-di-migranti-nel-canale-di-sicilia-700-morti_0f62df22-f4be-4bab-b532-aad542e04d5c.html

19 aprile 2015


Domenica mattina presto.

E' solo una delle tante mattine in cui mi sveglio prima dell'alba e, come spesso accade, i pensieri si affollano in testa. E' un buon momento per ricordare, per ricevere dal passato. 
Avevo un sogno che mi accompagnava tanti anni fa, in quel cammino che avevo intrappreso e che sembrava dover essere il mio: creare qualcosa di speciale, costruire una vita felice, appagante e serena, fatta di condivisione e di rispetto. E ce l'ho messa tutta, ho sempre aperto il mio cuore, spesso con ingenuità forse, cercando di crederci anche quando c'erano segnali di tempesta e si faticava a restare a galla. 
E quando non ce la facevo mi sentivo fallita.
Ecco, è qui che sbagliavo. Un errore che affonda le radici in tutto quello che mi hanno insegnato fin da bambina: dovevo essere brava. Se qualcosa non andava era perché avevo sbagliato. E giù con i sensi di colpa. Ma cosa significava essere brava? Fare quello che gli altri si aspettavano da me?
E' stato solo quando mi sono stancata di essere brava che i sensi di colpa se ne sono andati.
Un po' di sano egoismo e tanta voglia di rivendicazione hanno fatto sì che il percorso cambiasse, che la vita diventasse mia e non degli altri.
Ricordo quell'alba, una come questa, lontana tanti anni, in cui non ho perso tempo a fare la valigia e mi sono chiusa quel sogno alle spalle, senza niente, senza sapere nè dove nè come. 
Ricordo che ho respirato e ho accettato la sfida. E ancora vinco, cadendo e rialzandomi. 
Forse le mie domeniche mattina non hanno i rumori e gli odori della mia vicina, forse faccio più errori, forse la mia libertà è diversa....ma è la mia.

05 aprile 2015

Sesto anniversario: atto di messa in mora con intimazione di pagamento.

L'Aquila, l'ultima beffa: i terremotati devono restituire il risarcimento.
Nell’uovo di Pasqua,  per alcuni dei fami­liari delle 309 vit­time del sisma del 6 aprile 2009 a L’Aquila, c’è la sor­presa di una rac­co­man­data… Una let­tera del capo del dipar­ti­mento della Pro­te­zione civile, Franco Gabrielli, ex pre­fetto del capo­luogo d’Abruzzo, che chiede "la resti­tu­zione" delle somme delle prov­vi­sio­nali elar­gite negli anni scorsi. Anzi, Gabrielli non chiede, ammo­ni­sce… Ha spe­dito un "atto di messa in mora e inti­ma­zione di pagamento". 
http://ilmanifesto.info/la-protezione-civile-agli-aquilani-restituite-
Dopo l'assoluzione in secondo grado della Commissione Grandi Rischi, la Protezione Civile rivuole indietro e subito, i soldi dei risar­ci­menti dati ai parenti dei morti dopo la con­danna, il 22 otto­bre 2012, dei sette com­po­nenti della com­mis­sione Grandi Rischi, organo scien­ti­fico divul­ga­tivo della Pre­si­denza del Con­si­glio. Si tratta di risar­ci­menti imme­dia­ta­mente ese­cu­tivi, liqui­dati «entro 90 giorni a pre­scin­dere dalle even­tuali e future cause civili», che furono decisi dal giu­dice del Tri­bu­nale dell’Aquila, Marco Billi, dopo la sen­tenza di col­pe­vo­lezza. I mem­bri della Grandi Rischi, infatti, in primo grado, ebbero 6 anni di car­cere cia­scuno per omi­ci­dio e lesioni col­pose. Impu­tati Franco Bar­beri, allora pre­si­dente vica­rio della com­mis­sione; Ber­nardo De Ber­nar­di­nis, già vice capo del set­tore tec­nico del dipar­ti­mento di Pro­te­zione civile; Enzo Boschi, all’epoca pre­si­dente dell’Istituto nazio­nale di Geo­fi­sica e vul­ca­no­lo­gia; Giu­lio Sel­vaggi, diret­tore del Cen­tro nazio­nale ter­re­moti; Gian Michele Calvi, diret­tore di Eucen­tre e respon­sa­bile del pro­getto Case; Clau­dio Eva, ordi­na­rio di fisica all’Università di Genova e Mauro Dolce, diret­tore dell’ufficio rischio sismico di Pro­te­zione civile.
L’accusa era di aver ras­si­cu­rato la popo­la­zione, dopo la riu­nione del 31 marzo 2009 a L’Aquila, cin­que giorni prima della cata­strofe e dei lutti, sot­to­li­neando che non c’erano peri­coli, e per aver sot­to­va­lu­tato il rischio di un grave ter­re­moto. 
Tutti col­pe­voli e lo Stato ha pagato. Ma il 10 novem­bre scorso, in appello, 6 dei lumi­nari alla sbarra sono stati assolti, dal col­le­gio pre­sie­duto dal giu­dice Fabri­zia Francabandiera.
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E qui c'è la storia di Tonino, un aquilano che nel terremoto del 6 Aprile 2009 ha perso due figlie, la casa e il lavoro e dopo sei anni ancora non è riuscito a ricostruire la sua vita e a cui è stato ordinato di restituire 30.000 € più gli interessi, la somma che il tribunale aveva considerato giusta per ricompensarlo della perdita di due figlie.
http://www.lastampa.it/2015/04/04/blogs/diritto-di-cronaca/laquila-lultima-beffa-i-terremotati-devono-restituire-il-risarcimento-laquila-terremoto-seiannidopo-aprile-dKSRKg75dJ6lPF486BQWSN/pagina.html

Il mio dio.

Il mio dio non muore, non risorge, 
non se ne sta su una montagna a blaterare, non demanda le responsabilità 
a imbecilli incapaci, 
non chiede sacrifici, 
non è in concorrenza con altre divinità, 
non promuove guerre sante e crociate, 
non se ne sta indifferente sul suo trono 
a guardare i suoi figli sterminarsi, 
non rompe le palle con dettami 
su alimentazione, gusti sessuali e abbigliamento.
Il mio dio non esiste.

04 aprile 2015

E io mi solleverò ancora....

Maya Angelou (Marguerite Ann Johnson, 1928-2014), ricordata con un elogio funebre anche da Barack Obama, è una poetessa africana nata nel territorio del Missouri, Stati Uniti.
La poesia in originale è: Still I rise; piuttosto difficile tradurre con fedeltà il termine 'rise': nel verbo convivono il levarsi (quale affrancazione da anni di schiavitù e servaggio morale e intellettuale), il sollevarsi (come ribellione) e il risorgere (come popolo antico dalle proprie radici).
Angelou è consapevole di appartenere al vasto oceano dei neri d'America: come un San Cristoforo si fa, quindi, portatrice del dolore e della tradizione perduta per approdare finalmente all'altra riva: quella limpida e meravigliosa della libertà.
La poesia, tuttavia, è oltremodo interessante poiché non si limita al lamento contro i padroni che mentono e deformano la storia degli africani. No: essa mette in rilievo, con divertente sincerità, anche il divario spicciamente comportamentale fra le due razze: un certo modo di vivere e imporsi che i bianchi interpretano come strafottenza, neghittosità e leggerezza ("cammino come avessi pozzi di petrolio/che pompano nel mio soggiorno" oppure "me la rido come avessi miniere d'oro/scavate dietro al mio giardino") in opposizione alla responsabilità e al dovere calvinista; per tacere dello scandalo della sensualità ("[ballo] come se avessi diamanti/proprio lì, nel mezzo delle cosce") - lo scandalo assoluto, assieme alla musica del diavolo (jazz e blues), della fisicità negra.
Di Maya Angelou è stato tradotto poco (qualcosa fra 1994 e 1999): è, perciò, di fatto, sconosciuta in Italia.
Sarebbe il caso di rimediare.

Tu puoi sminuire la mia storia
con le tue sgradevoli, contorte bugie;
puoi spingermi giù nella feccia
ma io come la polvere, ancora, mi solleverò

La mia insolenza ti sconvolge?
E perché ti assale la malinconia?
Perché cammino come avessi pozzi di petrolio
che pompano nel mio soggiorno.

Proprio come le lune e come i soli,
con la certezza delle maree,
proprio come le speranze che alte balzano,
di nuovo io mi solleverò

Volevi vedermi in rovina?
La testa e gli occhi abbassati?
Con le spalle giù come lacrime,
indebolita dai pianti e dal dolore?

La mia superbia ti offende?
Su, non prendertela a male
se me la rido come avessi miniere d’oro
scavate dietro al mio giardino.

Sparami con le tue parole,
tagliami con gli occhi,
ammazzami col tuo odio
ma, di nuovo, come l'aria, mi solleverò.
La mia sensualità ti disturba?
Ti sorprende davvero
che balli come se avessi diamanti
proprio lì, nel mezzo delle cosce?

Dalle baracche, dalla vergogna della storia
io mi sollevo
da un passato radicato nel dolore
io mi sollevo
sono un oceano, vasto, impetuoso,
che monta e s’ingrossa, la corrente sostengo
e dietro mi lascio notti di terrore e di paura
io mi sollevo
verso un nuovo giorno limpido e meraviglioso
io mi sollevo
e i doni reco che gli antenati mi diedero
sono il sogno e la speranza dello schiavo.
Io mi sollevo
mi sollevo
ancora
e ancora