30 settembre 2016

Tanto per dire...


Che poi  tutte queste aspirazioni che ho non sono chissà che. 
Vorrei solo non dover leggere sempre le stesse notizie, sempre brutte. 
Vorrei non dover trovare dietro ad ogni azione un retroscena di manipolazione e sfruttamento. 
Vorrei non dover pensare che questo mondo è cosparso di odio e prevaricazione e preoccuparmi del futuro di mio nipote. 
Vorrei non essere costretta ad arrendermi all'impotenza.
Vorrei avere ancora qualcosa da dire, diverso dai ripetitivi lamenti lanciati in un vuoto cosmico... 

26 settembre 2016

APE, VESPA e il Fondo del Barile.

Il governo Renzi è alla disperata ricerca di denaro da trasformare in bonus elettorali per comprarsi la vittoria al referendum che appare sempre più improbabile.
I soldi però sono finiti, il fondo del barile è stato raggiunto, raschiato e scartavetrato. Quali altri magheggi contabili saprà inventarsi il piccolo Renzy Potter per aggirare i limiti imposti dalla crudele Voldemerkel, che ormai ai vertici lo evita dicendo “non c’ho spicci”, e comprare il consenso degli elettori alla sua ripugnante Deforma Costituzionale?
Ci vorrebbe qualcosa di particolarmente truffaldino, ma è difficile pensare a qualcosa di particolarmente truffaldino che il governo Renzi non abbia già fatto.
Non resterà che ricorrere ancora una volta alla risorsa più sfruttata in questi casi: le pensioni.
Dopo l’APE, anticipo pensionistico, sarà introdotta la VESPA, verifica sistematica pensioni acquisite.
Con l’APE, come si sa, per andare in pensione in anticipo rispetto ai limiti minimi, calibrati sull’aspettativa di vita d’una tartaruga centenaria delle Galapagos, si è obbligati a chiedere un prestito bancario e, nonostante i contributi già versati, sostanzialmente pagarsi la pensione da soli.
Con la VESPA in retromarcia, cioè a effetto retroattivo, anche tutti coloro che hanno già una pensione per continuare a riscuoterla dovranno chiedere un prestito mensile pari alla cifra che ricevono. E restituirlo il mese successivo.
Sarà poi istituito uno speciale fondo INPS, detto appunto Fondo del Barile, nel quale confluiranno tutti i contributi versati dai lavoratori.
Questo fondo sarà utilizzato dal governo per distribuire bonus elettorali di varia natura – bonus bebè gestito dalla Lorenzin, bonus dudù gestito da Alfano, bonus gne gne gestito dalla Boschi – che saranno erogati in prossimità di referendum e competizioni elettorali, e ritirati con obbligo di restituzione totale in caso di sconfitta del premier.
Poi a imprenditori e governo non resterà che incrementare gli sforzi già in atto per impedire che i lavoratori arrivino vivi alla pensione.

Alessandra Daniele.

18 settembre 2016

Pomeriggio..


Questo pomeriggio, così strano e mutevole, con il tempo che cambia di nube in nube, di aria in aria, di pioggia in pioggia a seconda del paese.
Questo pomeriggio di una domenica quasi autunnale, dove pare che non succeda nulla.
Non c'è nessun tremore, né passi, né voci, come se l'intero pianeta avesse deciso di girare in contrasto con la fretta.
Sembra una bonaccia che scivola dentro di me attraverso tutte le fessure della casa.
E penso a ciò che succede quando non succede nulla, come ora, mentre lentamente si esauriscono gli echi della conversazione di poco fa e mi fermo a sentire la lama affilata dell'assenza, che sta tatuando senza dolore una foto dove non si vede niente.
Guardo un attimo dalla finestra con la tazza del caffè fra le mani, e non succede nulla.
Finisco il caffè e penso che vorrei o dovrei leggere il libro che mi hanno suggerito, "La nostalgia dell'assoluto" di George Steiner, guardacaso, in modo che tutto rimanga com'è.
Apro il libro e i miei occhi non trovano un posto dove fermarsi, e poi, di nuovo, non succede nulla.
Passano le ore che vanno verso la notte e continua a non succedere nulla.
Poi mi siedo a scrivere, più per abitudine che per necessità, e anche se scrivo e mi leggo in ciò che scrivo, il testo non dice niente, perché non sta succedendo niente.
Immagino che ci siano pomeriggi e giornate così in ogni storia personale.
E credo che anche il fatto che non succeda niente sia un mezzo portentoso per non far succedere il contrario.
Un modo per salvarci.
Perché, a volte, come oggi, è meglio che non succeda niente...

La maledizione dello spirito libero.


Di Mario Barbagallo.
A volte mi capita di destarmi dal sogno della realtà, apro gli occhi e mi ritrovo al di là delle nuvole, oltre l’arcobaleno, come quei cavalieri solitari che alla fine del film si incamminano verso il tramonto, lontano da ogni dogmatico qualunquismo e da quel mondo fatto di regole che non accetta nessuna eccezione. Perché  non esiste niente di più devastante per uno spirito libero del dover cercare un equilibrio nel fango dei condizionamenti, il suo posto è lassù dove nessuna catena potrà mai raggiungerlo, dove è sufficiente la sola forza della mente per dilaniare il tempo e lo spazio. Lo spirito libero è fatto di una materia diversa da quella delle sbarre di qualsiasi gabbia, distanza o tempo per lui sono solo gradini su cui danza verso un elevazione superiore, verso la felicità della libertà.Ma la libertà così come la felicità è una dea malvagia che reclama costantemente sacrifici al proprio altare, esige coraggio, a volte solitudine, comunque abnegazione, libertà e felicità ci insegnano che il loro contrario non è rassegnazione ma paura, quella stessa paura del diverso che fa impantanare nella pubblica morale tutti gli uomini poveri di spirito. Esseri zavorrati dal conformismo capaci solo di piccoli balzi, schiavi nell'anima, senza nessuna apparente catena al piede e senza nessuna ipotesi di libertà, incrociano la vita ogni giorno ma non la riconoscono e proseguono sulla strada del convenzionalismo, anime ancora inscatolate di cui si è perso il libretto d’istruzioni. È più deleterio che rischioso mettere un’impermeabile al cuore, da quelle parti le zip si incastrano facilmente e alla lunga potresti non riuscire più a toglierlo. Bisogna invece capire che dentro il petto di ogni uomo batte il cuore di Jonathan Livingston, il cuore di quello spirito libero rinchiuso in noi che prima o poi si sveglia e reclamando grandi spazi ti fa capire che dopo un esistenza spesa a cercare di cambiare la vita alla fine è stata lei a cambiare te, o per meglio dire, se ne è rimasta lì buona buona aspettando pazientemente che tu cambiassi per lei. Dobbiamo solo trovare il coraggio di incamminarci nella direzione dei nostri sogni senza aspettare che siano loro a venire da noi, ricordandoci sempre che mai nessun amore e nessun dolore potranno cambiarci, loro riescono solo a tirar fuori una parte di noi che non conoscevamo, quel che succede non è un cambiamento ma un evoluzione. Trovare il coraggio del Siddharta principe e dare ascolto a quella vocina impercettibile che si leva dai meandri più profondi dell’anima e ci impone di partire alla ricerca di noi stessi come una foglia secca alla mercé del primo alito di vento e non come corpi celesti subordinati a precise leggi fisiche. Solo lasciandosi andare si potrà cadere verso l’alto ritrovando quell'ancestrale e congenito piacere del volo libero. Quel sogno di Icaro va realizzato ma partendo sempre dal presupposto che ovunque si decida d’andare bisogna prima di tutto ricordarsi di mettere il proprio corpo nella valigia. Non è poi così difficile ritrovare noi stessi, è più difficile ritrovare l’accendino dentro la borsa di una donna che il nostro io interiore sulle mille strade della vita. Come seguaci di una dottrina olistica dobbiamo principalmente imparare ad armonizzarci con i nostri centri sensoriali e in seguito con quello che ci circonda, autoistruirci all'apprendere, in tutto quello che incontriamo durante il nostro tragitto rivediamo noi stessi, il nostro riflesso, il riflesso della somma delle nostre esperienze, le cose non si vedono per ciò che sono ma per ciò che siamo, bisogna capire cosa raccogliere durante il viaggio della vita, non è vero che tutto fa esperienza, ci son cose che alla fine si rivelano solo inutili fardelli e come tali tolgono spazio a quello che utile potrebbe essere. Non bisogna mai smettere di cercare, ma durante la ricerca dobbiamo anche e soprattutto poter capire quando è ora di fermarci per godere di ciò che abbiamo trovato perché la vita non è una semplice somma di anni ma di puri attimi e noi siamo qui e adesso. Se vuoi conoscere il tuo passato, sapere che cosa ti ha causato, allora osservati nel presente, che è l’effetto del passato. Se vuoi conoscere il tuo futuro, sapere che cosa ti porterà, allora osservati nel presente, che è la causa del futuro.

13 settembre 2016

Il Golia della mentalità.

Non ne parlo volentieri, un po' per reticenza ad esibire cose personali e un po' perché è un ricordo doloroso che preferisco tenere schiacciato nel profondo per controllare la rabbia che mi provoca. Ma quando sento quel "se l'è cercata" non riesco a controllarmi, riemerge tutto e tutto diventa di nuovo pesante nonostante siano passati ormai 13 anni. La storia l'ho raccontata qui tempo fa, in poche righe, per non indulgere nell'autocommiserazione e perché non dice niente di nuovo. E', purtroppo, una storia come tante, come quelle che quotidianamente vengono rese note dall'informazione e  come quelle che rimangono invece silenziose nelle pieghe e nelle piaghe della "normalità" in cui vivono tante donne. In quel post non ho parlato del dopo, di quello che si è detto di me, donna che ha sfasciato una famiglia e che vive facendosi i famosi cazzi suoi, in questo paese piccolo dove la gente mormora, in cui ancora si sbirciano i vicini da dietro le tendine e si ricamano supposizioni sui comportamenti cosiddetti "anomali" che non rispecchiano i cliché. Anche per me c'è stato quel "se l'è cercata", perché erano sicuri che avessi altri uomini (altrimenti perché lui sarebbe stato geloso?), perché anche prima di quella convivenza conclusasi in malo modo non mi lesinavo le uscite serali e i rientri a tarda notte, perché nonostante la mia età mi vestivo un po' troppo da "giovane", non andavo a messa la domenica e dalla parrucchiera al sabato e non invitavo le vicine a prendere il caffè per un sano spettegolezzo. Quel "se l'è cercata", detto da una giovane donna che quella notte è rimasta spettatrice delle mie grida dietro le tendine della sua "normalità", mi è rimasto dentro, ha scavato una voragine. I lividi dopo un po' sono scomparsi, quella ferita non riesco a farla rimarginare nonostante la mia forza, l'autostima cementificata dagli anni, la mia completa e sofferta indipendenza e l'assoluto disinteresse del giudizio delle persone. Forse perché detto da una donna, una di quelle da cui mi sarei aspettata tutt'altro. O forse perché, a dispetto di questa grande e moderna evoluzione di cui ci piace tanto essere fautori e fruitori, ci sono cose che non riusciamo a strapparci di dosso, come quel "se l'è cercata" che ritorna pedissequamente a imbestialirmi i ricordi e che ogni volta, troppo spesso, ci fa tornare indietro, alla realtà effettiva, quella che si vive giornalmente, capace di annullare anni faticosi di lotte contro il Golia della mentalità becera che rimane sempre lì, impassibile e insopprimibile, a ricordarci che, se non cambiamo dentro, difficilmente qualcosa potrà cambiare fuori.


10 settembre 2016

Media, notizie e social: abbiamo un problema.

Sta suscitando scalpore la "censura" che Facebook ha messo in atto sulla foto della bimba vietnamita che corre piangendo, bruciata dalle bombe al Napalm lanciate dal corpo americano d'intervento in Indocina durante il conflitto. E non si capisce perché, visto che sono anni che la foto è sempre stata visibile ed è diventata uno dei simboli dell'atrocità di tutte le guerre girando spesso su tutti i vari social. Pare però che ci sia una spiegazione: con le politiche di privacy in continua attenzione all'evolversi degli eventi, non si possono più postare foto di bambini nudi. La cosa mi sembra giusta (ci mancherebbe!!), ma la domanda sorge spontanea: che c'entra quella foto con la lotta alla pedo-pornografia? 
Non è la prima volta che si notano delle incongruenze nelle regole di Zuckerberg o di chi per lui, nello scambiare fischi per fiaschi, nell'ignorare o meno contenuti. Quindi chiedo: quelli che decidono cosa far vedere e cosa no hanno una vaga idea di quello che fanno? 
Ebbene, la risposta è no. Non perché siano dei perfetti imbecilli, ma perché dietro a quella censura non ci sono persone ma...ALGORITMI, un'intelligenza artificiale! 
Dice che Facebook non è un sito d'informazione pertanto i giornalisti, che potrebbero partire da preconcetti umani, non sono necessari, mentre gli algoritmi, al contrario, si basano soltanto su parametri valutati dagli algoritmi stessi. E quali sono questi parametri? Le preferenze degli utenti, la loro posizione geografica e le loro interazioni con altri utenti e pagine. Quindi se il popolo di Facebook decide di dare importanza a una notizia più che ad un'altra, è chiaro che si sa più dell'una che dell'altra, ed è così che aumenta la "viralità" di una certa informazione a scapito di un'altra, magari più interessante o importante. Ecco così spiegata anche la storia delle "bufale" che, a volte, girano di più che quelle vere. Ed ecco spiegato anche il motivo della censura sulla foto della bambina vietnamita in base a regole dettate sì da una decisione "umana" ma applicate da un'intelligenza artificiale che non distingue la pedo-pornografia da un simbolo della violenza delle guerre. 
Non ci si può aspettare un risultato diverso se non si prevede l'intervento umano anche in coda a quello delle logiche algoritmiche. 
E non serve che Zuckerberg si ostini a definire il suo gioiello una piattaforma tecnologica e non una compagnia che produce informazione perché il ruolo che ha assunto (forse anche non volendo ma gli piace avere tanti utenti) con pochi altri nel settore dell'informazione chiama a responsabilità enormi, una delle quali è controllare cosa fanno gli algoritmi. 
Già si fa fatica ad accedere ad un'informazione veritiera e non controllata, se poi ci si mette anche un'intelligenza artificiale codificata in un ufficio della California a manipolare e mescolare, non ne usciamo più. 
Forse arriverà un momento in cui gli algoritmi daranno una mano a chi scrive le news e ad evitare contenuti pericolosi, ma devono ancora fare tanta esperienza per diventare affidabili.

04 settembre 2016

La verità fa male.

Non apprezzo la vignetta di Charlie Hebdo di cui tanto si parla e non sto neanche a pubblicarla, ma ritengo che tutta l'indignazione scaturita sia eccessiva. Siamo stati punti nel vivo? Evidentemente sì. Solo mi chiedo il perché di tutto questo sollevar di polveri e richieste di scuse visto che tutti sappiamo quali sono i criteri di costruzione in un paese ad elevato rischio sismico come il nostro, criteri che violano le norme vigenti, infarciti di corruzione e che affidano gli appalti ai peggiori clan di stampo mafioso e camorristico. Questa è la verità e tutti ne siamo a conoscenza, Charlie Hebdo l'ha semplicemente riproposta, forse in una maniera un po' becera e troppo dissacrante, ma tale rimane e ci fa male. 
Ma non lasciamo che la nostra indignazione si perda inutilmente in un giornale satirico che fa il proprio mestiere, rivolgiamo tutta questa veemenza verso chi davvero specula sulla povera gente, rivolgiamola verso chi costruisce in maniera dissennata per trarne il maggior profitto possibile, alle malversazioni, alle truffe, al peculato, al ladrocinio, al malaffare, alla malapolitica. A quell'insieme di piaghe socio-economiche che incancreniscono la condizione del nostro paese e che fanno sì che sia percepito con i consueti luoghi comuni (mafia e spaghetti) e gli Italiani rappresentati di conseguenza. 
Perché, prescindendo dall'auto-celebrazione quotidiana dei media di regime e delle istituzioni che incensano il made in Italy (che pure esiste) in modo autoreferenziale creando l'illusione che tutto il mondo ci stimi come capostipiti della civiltà, l'amara e profonda realtà è quella che trasuda dall'infame satira della vignetta.


01 settembre 2016

Cara ministra Lorenzin...

Non sono più in età da concepimento, ma mi sento di dire la mia su questa cialtronata in quanto donna, madre e lavoratrice.
Cara ministra Lorenzin, questa iniziativa, da lei così orgogliosamente sostenuta, è fuori luogo ed è l'ennesima conferma di quanto lei e i suoi colleghi di palazzo non abbiate la benché minima percezione delle realtà che supponete di gestire. Le spiego perché. Se ancora non l'ha capito, le persone hanno dei problemi che non sono altro che disagi consequenziali alla fottuta situazione in cui ci troviamo di cui la classe politica ha la sua buona parte di responsabilità. Disagi che possono essere di varia natura ma molti dei quali si collegano alla precarietà di un presente che non offre opportunità concrete, quindi al lavoro, e quindi all'impossibilità di progettare un futuro, di metter su casa e famiglia. Immagino che non le saranno sfuggiti, da persona (dis)informata quale è, i recenti dati Istat sulla disoccupazione intenta a battere sempre nuovi record. Cos'è questo invito a dare figli alla patria di mussoliniana memoria in un paese dove le strutture per l'infanzia o non ci sono o costano uno stipendio, dove le donne non sono tutelate e per lavorare sono costrette a firmare dimissioni in bianco se in grado di concepire? Non è che rinunciare a fare figli sia una moda da scoraggiare, non è una questione di orologio biologico, non si fanno figli perché non si può, punto e basta. Magari con più lavoro, meritocrazia, contratti e stipendi decenti, un pensierino potrebbero pure farcelo, non crede? Ma lei e gli altri della sua congrega di questo non parlate. 
E dunque, cara ministra, indire il #fertilityday è, a voler essere gentili, insensato. E' un'offesa alla dignità delle persone, un'ingerenza nella vita intima, un'avvilente politicizzazione del ruolo delle donne, inchiodate ad una mera mansione biologica.
Questo penso e mi scusi se ne approfitto per mandarla affanculo estendendo l'invito, rinnovato e allargato, a tutti quelli che fanno parte della sua insulsa fuffa.


Tanto per approfondire: Lo stupore e lo sconcerto di un gruppo di psicologi.