23 marzo 2013

Deliri in corso: “Con i vaccini diventi omosessuale”, “L’omosessualità è una malattia”, “L’Aids non esiste”, "Bere la propria urina cura tutto, anche il cancro", "Basta l'ipnosi per non ingravidare una donna".



Queste sono solo alcune delle "perle" di Gian Paolo Vanoli non contraddette da (quasi) nessuno. Gian Paolo Vanoli è un filo-grillino, iscritto al Movimento 5 Stelle delle Lombardia. Non è quindi un parlamentare, né una voce “ufficiale” del Movimento, e questo va sottolineato vista la “peculiarità” di alcune sue tesi. Vanoli si definisce “giornalista investigativo (Albo speciale), specializzato da 40 anni in Sanità Consulente in Scienza della Nutrizione e Medicina Naturale”. Intervistato da Vice.com ha esposto le sue bizzarre teorie:

Sono un attivista e mi sto attivando proprio per cambiare queste cose attraverso il Meetup Lombardia 5 Stelle. Lì c’è tutto il mio lavoro in questo senso. Porto sempre informazioni e idee per permettere a tutti una scelta consapevole e bandire così la piaga dei vaccini”.

Nonostante le sue tesi non abbiano un riscontro scientifico, Vanoli tenta di spiegare cosa lega i vaccini e l’omosessualità:

Quando il vaccino viene introdotto nel bambino, questo poi cresce e cerca di trovare una propria personalità, e se questa viene inibita dal mercurio o dalle sostanze vaccinali che si introducono nel cervello diventa gay. Il problema lo sentiremo soprattutto nelle prossime generazioni, perché quando abbiamo un omosessuale che genera una figliolanza questi si porteranno dietro il DNA dell’ammalamento del genitore. Perché l’omosessualità è una malattia, anche se l’OMS ha deciso che non lo è. Chissenefrega! La realtà è che è così. Ogni vaccinazione produce omosessualità, perché impedisce la formazione della personalità. È una micro forma di autismo, se vogliamo. Vedrete quanti omosessuali ci saranno nelle prossime generazioni, sarà un disastro”.

E a proposito dell’urino terapia…

"Bere la propria urina cura tutte le malattie. A mia moglie sono tornate le mestruazioni bevendo la propria urina. L'urina è un ottimo collirio, può essere messa negli occhi per curare le infezioni. Ma puoi curare qualsiasi malattia con l’urino terapia, anche il cancro. Io l’ho insegnata a dieci, forse ventimila persone. È una cosa che circola sull’onda del popolo, come la chiamo io”.

Ci sono altre pratiche che ci tengono nascoste?

L’ipno contraccezione. Molti non lo sanno, ma basta l’ipnosi indotta per non ingravidare una donna.

Cosa pensa dell’AIDS e HIV?

Altra balla. Non c’è nessuno studio che colleghi AIDS e il “cosiddetto” HIV, che dubito esista. Tutti gli studi dimostrano che non lo hanno neanche sequenziato e controllato che sia un virus. È il più grande business esistente al mondo, perché il vaccino produce il mercato dei malati”.

Dopo la pubblicazione su più quotidiani e siti delle tesi di Vanoli il M5S di Segrate ha preso le distanze con un comunicato ufficiale:

“Ci corre l’obbligo inoltre di avvisare voi e i vostri lettori del fatto che il sig. Vanoli ha nella sua intervista rilasciato dichiarazioni che nulla hanno in comune con i principi, le idee e il programma del M5S. In particolare troviamo molto offensiva la parte in cui viene definita l’omosessualità una malattia. Tali affermazioni contrastano radicalmente con quanto più volte il M5S ha dichiarato a riguardo attraverso i suoi portavoce. Non ci sembra corretto che il pensiero isolato di una persona, che si auto attribuisce un ruolo che nessuno gli ha mai affidato, né a Segrate né altrove, possa essere confuso con quello di un gruppo che da anni lavora al fianco di professionisti per elaborare percorsi virtuosi sul territorio”.


Va bene il comunicato, ma la cosa urgente da fare è cacciare a calci questa persona affetta da diverse malattie, molto più gravi dell'AIDS, tra cui: omofobia, demenza e protagonismo. Se qualcuno vuole avere un’idea più chiara di quello che va cianciando, qui c’è una summa del Vanoli-pensiero, utile per farvi una rapida idea su questo pittoresco personaggio.

22 marzo 2013

Imu 2013: lacrime, sangue e promesse.

Tra pochi mesi torneremo a pagare la prima rata Imu 2013 e saranno lacrime e sangue per moltissime famiglie italiane. Qui, non si vuole mettere in discussione la tassa in sè (la tassa sulla casa c’è in tutto il mondo ed è giusto che ci sia anche nel nostro Paese) quello che si deve mettere in discussione è la sua “natura incostituzionale”: l’Imu non rispetta i criteri di progressività della tassazione sanciti dall’art. 53 della Costituzione.
Insomma, non servono ricette truffaldine alla Berlusconi per  risolvere il problema Imu. Sarebbe sufficiente renderla costituzionale in modo tale che chi ha un reddito inferiore ad una determinata soglia sia esente e dopo quella soglia si paga rispettando il criterio di progressività. Poi, sarebbe necessario esentare alcune categorie (penso, ad esempio, a chi paga il mutuo e pure l’Imu: criminale) oppure non farla pagare a chi vanta dei crediti nei confronti dello Stato. Queste e altre soluzioni potrebbero essere adottate ed è palese che siano soluzioni semplicissime e di facile attuazione.
Ma la politica che fa ? Prima delle elezioni tutti volevano risolvere il problema Imu, ora nessuno piu’ ne parla…  se non viene riformulata questa tassa saranno lacrime e sangue per molte famiglie e spero anche per tutti coloro che hanno utilizzato questo tema per prendere voti.

Gio’ Chianta

Tutti con Silvio!!

Tutti con Silvio. Il 23 marzo alle ore 15 a Roma in Piazza del Popolo. Difendi i tuoi diritti. Partecipa con Silvio Berlusconi alla manifestazione contro l’oppressione fiscale, burocratica, giudiziaria. Questo è l’annuncio della manifestazione del Pdl comparso sui  manifesti che stanno tappezzando le pubbliche strade.
Per essere ancora più esplicito, il sito del Pdl (consultato il 21 marzo) reca queste parole d’ordine:
- i magistrati politicizzati usano illegittimamente i loro poteri contro chi è stato democraticamente eletto dai cittadini,
- i magistrati possono commettere ogni abuso a danno di un cittadino senza mai pagare quando sbagliano;
- non si è sicuri dell’inviolabilità delle proprie conversazioni telefoniche;
- basta con la giustizia politica.
Non c’è che dire, si tratta di obiettivi nobilissimi per chi si definisce: il partito degli onesti. Ormai il livello di oppressione fiscale, burocratica e giudiziaria è arrivato a livelli intollerabili.
Con la scusa della repressione della criminalità sono stati privati della libertà tanti onesti padri di famiglia dediti al commercio della droga per sfamare i figli; tanti onesti collettori di tangenti e tanti onesti professionisti, dediti ad attività predatorie; tanti onesti imprenditori costretti a mandare in esilio nei paradisi fiscali i capitali onestamente guadagnati con l’aiuto della “famiglia”.
Per giunta questa società di onesti deve confrontarsi quotidianamente con lo spionaggio screanzato sui telefonini, anche quelli più riservati, non essendo più sicura nemmeno dell’inviolabilità delle proprie conversazioni telefoniche: in Italia non si è più liberi di organizzare una rapina in banca, un’estorsione, un appalto truccato o un attentato che si viene subito intercettati!
Tuttavia il culmine di questa situazione insopportabile non è né l’oppressione fiscale né quella burocratica, ma l’oppressione giudiziaria. I magistrati arrivano ad usare i loro poteri (cioè il potere di procedere al controllo di legalità) persino contro chi è stato democraticamente eletto, come se i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche avessero il dovere di adempierle con disciplina ed onore!
Come se gli eletti dal popolo (specialmente uno!) non godessero del privilegio dell’inviolabilità. Del resto lo diceva anche lo Statuto Albertino che la persona del Re è sacra ed inviolabile. Per questo gli innumerevoli procedimenti penali a carico di Silvio sono atti sacrileghi perché colpiscono il corpo mistico del Re (di denari).
E’ evidente che questa situazione è intollerabile; questo ceto di magistrati si comporta come se noi vivessimo in una Repubblica, in uno Stato di diritto dove la libertà dei cittadini è assicurata dal rispetto delle leggi; dove i comportamenti illegali sono contrastati dai pubblici poteri; dove il controllo di legalità è esercitato in modo indipendente dalle istituzioni di garanzia.
E’ evidente che il partito degli onesti non può tollerare oltre questa situazione; per questo sabato 23 marzo ci stringeremo tutti intorno a Silvio in un abbraccio caloroso per dire no a quest’imbroglio dello Stato di diritto, della separazione dei poteri, della legalità al di sopra degli uomini d’onore.
E con noi si stringeranno in un abbraccio invisibile a Silvio tutti coloro che sono stati fermati nel loro cammino dalla magistratura politicizzata: Licio Gelli, Cesare Previti, Renato Squillante, Walter Lavitola, Giampaolo Tarantini, Marcello Dell’Utri e tanti altri profeti senza il cui sacrificio oggi non esisterebbe il partito degli onesti.

21 marzo 2013

Obiezione di coscienza: da Nord a Sud la legge 194 è diventata inapplicabile.

Nell'autunno dello scorso anno avevamo segnalato la paradossale situazione delle aziende sanitarie locali di Jesi e Fano, dove non era più possibile garantire l'interruzione volontaria di gravidanza (ivg) perché tutti i ginecologi in servizio sono obiettori di coscienza. La Cgil delle Marche snocciolava le sue cifre, secondo le quali nella regione gli obiettori sono il 62 per cento dei ginecologi, il 50 degli anestesisti e il 43 per cento del personale non medico. Inoltre, dati 2009, il 24,7 per cento delle interruzioni di gravidanza richieste da donne marchigiane è avvenuto in altra provincia e il 9,9 in altra regione. Del resto, dal punto di vista nazionale le cose non stanno certo meglio: il 70,7 per cento dei ginecologi del servizio pubblico è obiettore, con punte dell'81,7 in Sicilia, 85,2 in Basilicata, 83,9 in Campania, 82,8 in Molise, 80,2 nel Lazio. A Jesi si è trovata una parziale e temporanea soluzione facendo venire una dottoressa da Fabriano, e proprio oggi il servizio dovrebbe riprendere.
Domenica scorsa Repubblica ha riportato la notizia che anche nella Asl di Bari abortire - come previsto, lo ricordiamo, da una legge dello Stato, la numero 194 - è oramai impossibile, ad eccezione del Policlinico. Che però non fa parte delle Asl e dove comunque ci sono notevoli difficoltà organizzative a causa della scarsa presenza di medici non obiettori. Le donne che volessero interrompere la gravidanza dovranno recarsi in altre Asl, a Monopoli, Putignano e Corato, o addirittura in un'altra regione. Oppure rivolgersi, pagando, a strutture private. La redazione barese di Repubblica riporta le parole di uno dei medici "neo obiettori", il ginecologo Saverio Martella, la cui scelta sarebbe «etica e morale, maturata da molto tempo». Probabilmente, lavorando in una struttura pubblica, e con uno stipendio pagato non solamente coi soldi dei cittadini cattolici, doveva maturare un'altra scelta: dimettersi. O andare a lavorare in una struttura privata, magari ecclesiale, perché chi fa della coerenza una bandiera ha l'obbligo morale di praticarla in ogni aspetto della propria vita, privata e professionale.
Quella dell'obiezione di coscienza in ambito sanitario sta diventando, oltre che un abuso della propria professione da parte dei medici obiettori, una piaga sempre più diffusa; e questo nonostante sotto il regime della legge 194 il numero totale di interruzioni di gravidanza sia in lento ma costante calo, a dimostrazione che è meglio regolare - anche una materia così delicata - che vietare dando libero sfogo più alle convinzioni ideologiche di qualcuno che alla pragmatica osservazione della realtà. Chi obietta dovrebbe sapere che prima della 194 c'erano le mammane, e morivano spesso anche le donne.

Alessandro Baoli

20 marzo 2013

I "nuovi" gattopardi.

In diretta Tv e con facce di bronzo, i due nuovi presidenti di Camera e Senato hanno dichiarato che si ridurranno “gli stipendi” del 30%. Nel comunicato congiunto pubblicato nei rispettivi siti, si legge: 
"I Presidenti hanno convenuto sulla necessità di adottare da subito una significativa riduzione delle attribuzioni ad essi spettanti, per un importo complessivo del trenta per cento”. 
Che cosa significa “riduzione delle attribuzioni ad essi spettanti”? 
Qui non si parla né di stipendi e nemmeno d’indennità, ma di “attribuzioni”. Nulla di più vago. Soprattutto, manca un’informazione essenziale: quali sono e a quanto ammontano tali “attribuzioni” spettanti ai presidenti di Camera e Senato, e perciò a quanto ammontano i “tagli”? Sfido chiunque a proporre una cifra, per quanto approssimativa. Magari lo riveleranno i senatori del Movimento alba stellata che sono già al “lavoro” proprio per questo.
Vorrei ricordare che l’anno scorso la commissione guidata dal presidente dell'Istat Enrico Giovannini, chiamata a dare un quadro comparato degli emolumenti della Casta italiana ed europea, annunciava la propria sconfitta in base ai troppi paletti posti dal Parlamento. Il Rapporto dovrebbe essere disponibile sul sito della Funzione pubblica, ma non c’è più. Ad ogni buon conto si può scaricare da questo sito. Interessante leggere le conclusioni del Rapporto:
"Nonostante l’impegno profuso e tenendo conto della estrema delicatezza del compito ad essa affidato, nonché delle attese dell’opinione pubblica sui suoi risultati, la Commissione non è in condizione di effettuare il calcolo di nessuno delle medie di riferimento con l’accuratezza richiesta dalla normativa […]".
Va però sottolineato come le difficoltà finora incontrate dovrebbero far riflettere il legislatore sull’effettiva applicabilità della normativa di riferimento, della quale (non a caso) non si trova alcuna analogia negli altri principali paesi dell’Unione Europea. Correttivi e revisioni della normativa potrebbero rendere il lavoro della Commissione maggiormente utile e migliorare la qualità dei risultati, anche alla luce delle norme contenute nel Decreto “Salva Italia” riguardanti i tetti delle retribuzioni negli enti della Pubblica Amministrazione e le determinazioni che verranno assunte autonomamente dalla Camera dei Deputati e dal Senato per le posizioni dei parlamentari.

Ecco, nell’inciso posto tra parentesi, laddove si dice “non a caso”, è sintetizzata in gran parte la storia d’Italia dall’unità a oggi, ossia l’ordinaria storia di gattopardi, iene e sciacalli che – ognuno per conto proprio e in nome del rispettivo clan d’appartenenza – hanno gestito con livida faziosità il potere e spolpato il paese.

Olympe de Gouges

Sconti, privilegi, convenzioni e attenzioni: viviamo un giorno da onorevole.

Avete mai pensato di vivere un giorno da parlamentare per godere di tutti i loro privilegi? Ebbene lo ha fatto Vittorio Introcaso, inviato della trasmissione L’Ultima Parola. L’arrembante giornalista, travestitosi da parlamentare, è andato in giro per Roma in compagnia della consorte godendo di ogni tipo di beneficio e di privilegio praticamente su ogni tipo di servizio possibile e immaginabile. Basta dire la parola magica “Sono parlamentare”, e dinanzi a te si aprono strade lastricate di attenzioni e sconti che oscillano tra il 10 ed il 25% per ogni tipo di prodotto.

E allora si può scialare: il 20% di sconti nei ristoranti; il 10% nelle farmacie; convenzioni e sconti su ogni tipo di assicurazione; garanzia di trovare sempre camere negli alberghi ovviamente a prezzi ridotti; e poi ancora sconto del 20% sugli abiti; il 25% sui servizi di un parrucchiere; il 10% presso le librerie e le vinerie; sconti a gogò anche per l’iscrizione e rate mensili presso le scuole materne; e ancora visite oculistiche gratuite e rimborsi spese.Alcuni commercianti ci tengono a precisare: “Che non si sappia in giro…”. E certo, sono sconti per pochi eletti che naturalmente noi comuni mortali non dobbiamo sapere.
Ma questi privilegi si estendono anche ai parenti dei parlamentari. Nella peggiore delle ipotesi l’onorevole stesso provvede ad acquistare il prodotto desiderato al parente o all’amico col solito sconto. In media un onorevole percepisce 12mila euro di stipendio, senza contare bonus e vitalizi. E come se non bastasse godono di ogni spudorato e vergognoso privilegio. Noi poveri mortali che viviamo sulla terra siamo invece costretti a pagare tutto fino all’ultimo centesimo. E mi raccomando, occhio a non dimenticare di pagare una multa o la bolletta della luce, rischiate di trovarvi fuori alla porta Equitalia pronta a pignorarvi la casa…


18 marzo 2013

Al mio papà.



Te ne sei andato, discretamente e umilmente come hai sempre vissuto. Te ne sei andato arrendendoti, come poche volte hai fatto nella tua vita, senza clamori e senza disturbare. Ho vissuto con te gli ultimi anni per alleviare la tua solitudine e per renderti meno ostico questo mondo con cui non riuscivi più a stare al passo, nonostante il tuo secolo di esperienza e la tenacia con cui lo hai sempre affrontato e criticato. Spero di esserci riuscita, anche se la tua cronica asserzione di autonomia ti impediva di lasciarti andare completamente alla protezione che ti offrivo.  

Ho imparato tanto da te, anche se spesso ti ho contestato per l’autorità eccessiva e per le pretese di obbedienza assoluta che hai messo nell’educarci e che ancora pretendevi da figli, nipoti e pronipoti. Ho imparato l’amore per la natura, a cui tu ancora dedicavi le poche forze che ti erano rimaste. Mi hai trasmesso il senso di indipendenza e giustizia, la capacità di affrontare gli ostacoli in maniera costruttiva, cercando soluzioni e percorrendo strade alternative. Mi hai insegnato l’umiltà, sinonimo non di inferiorità ma di voglia di conoscere ciò che risulta oscuro, bisogno di chiarezza nella consapevolezza dei propri limiti.

E infine ho ereditato l’onestà che in te era un tratto peculiare. Eri onesto fino al midollo, onesto al punto da subire piuttosto che venir meno ai tuoi princìpi.

E di tutto questo ti ringrazio, un’eredità simile è da tenere ben stretta. Ora che non ci sei più riprenderò in mano la mia vita con ancora maggiore consapevolezza e responsabilità.

Mi dispiace solo che tu non abbia potuto assistere, come auspicavi, alla demolizione di quei personaggi della politica che ogni tanto ti facevano bestemmiare, ma tranquillo, ci stiamo lavorando…….

Ciao papà.

15 marzo 2013

L'opinione delle vittime dei preti pedofili

Abbiamo esitato a lungo prima di decidere se reagire o meno all'euforia mediatica che si è sviluppata intorno all'elezione di un nuovo papa. I media si aspettano una nostra opinione, chi simpatizza per la nostra organizzazione si aspetta una nostra reazione, spesso anche gli amici ritengono che abbiamo qualcosa da dire in proposito. Nonostante ciò abbiamo aspettato, ma oggi abbiamo deciso di rompere il silenzio. La ragione? Abbiamo la nostra opinione su questa follia e desideriamo condividerla con gli amici e farla conoscere anche agli altri. 
In queste ultime due settimane molti giornalisti che ci hanno fatto domande del tipo: "Chi vorreste come prossimo papa?"; "Cosa vi aspettate dal prossimo papa?" "Pensate che il prossimo papa possa ristabilire la fiducia dei Survivors (le vittime sopravvissute alla pedofilia clericale, ndr)?"; "Vorreste avere un incontro con il nuovo papa per parlargli di quello che vi è successo?"
 
La risposta che abbiamo dato è stata sempre le stessa, ma non è mai stata pubblicata: «Non ci interessa chi sarà il nuovo papa, in quanto non ci aspettiamo nulla di buono da alcuno dei rappresentanti di quella organizzazione».
 

Quello che raccomandiamo ai Survivors è di non rivolgersi alla Chiesa per sanare le proprie ferite, infatti con ogni probabilità subirebbero ulteriori abusi, venendo strumentalizzati finirebbero per aiutare la Chiesa cattolica in generale e molti dei suoi rappresentanti in particolare a porre rimedio alla loro crescente perdita di credibilità.
Il papa emerito, i cardinali, i vescovi hanno sempre saputo degli abusi. Non potremmo dar loro alcuna nuova informazione. Lo hanno sempre saputo, e hanno sempre ignorato il terrore e gli orrori inflitti alle vittime. E non uno solo di loro che abbia volontariamente cercato il modo di fare ammenda. Abbiamo deciso ora di emettere questo comunicato dopo aver assistito con crescente rabbia al fatto che i media, i politici e la gente comune assistano di ora in ora al teatrino dei riti e delle pratiche della chiesa di Roma, e che il loro entusiasmo stia aiutando le acrobazie della comunicazione vaticana per impedire che si approfondiscano i temi legati alla pedofilia che peraltro coinvolgono anche molti dei cardinali riuniti a Conclave.

E, allo stesso tempo, i media, i politici e la gente comune ignorano e dimenticano le centinaia di migliaia di bambini nel mondo le cui vite sono state distrutte dai preti cattolici con la piena consapevolezza di quelli che ora si accingono all'elezione del nuovo papa. La prova? Nessuna azione diplomatica o legale è stata intrapresa da alcun governo o organizzazione mondiale per chiamare i responsabili degli abusi o i loro difensori a renderne conto. Non vogliamo cercare un confronto con il Vaticano poiché sappiamo per esperienza diretta nei colloqui con i suoi rappresentanti che non c'è da parte loro alcuna volontà di risolvere la questione con i Survivors in modo corretto e umano. Al contrario di quanto vanno predicando.
 
Survivors voice Europe
Cronache laiche

14 marzo 2013

Nuovo Papa. Ecco perchè per noi sarà sempre una “fumata nera”.

Media e tv impazziscono per l’elezione del nuovo Papa. Una piazza San Pietro gremita ha accolto con tripudio la “fumata bianca” che ha annunciato l’elezione del nuovo Papa. Tra folla in delirio prima ancora di sapere l’identità del nuovo pontefice, e lodi sperticate alla Chiesa, ecco perchè per noi non c’è molto per cui festeggiare. 

Il nuovo Papa è stato eletto, ma non è molto importante la sua identità. Noi non avevamo preferenze del resto, un Papa vale l’altro, soprattutto quando i suoi predecessori sono stati un personaggio capace di concedere i funerali cattolici al dittatore Pinochet e non a un malato di sclerosi multipla come Welby, e un personaggio che nascondendosi dietro la Santità si è comportato da politico, contribuendo a picconare un sistema politico che veniva visto in modo negativo tanto dal “capitalismo”, quanto dalla “Chiesa”. 
Se poi si ripercorre brevemente la storia dell’Uomo e della Chiesa, ci balenano in mente solo nomi di altri Papi che definire, “discutibili” ci pare persino poco. 
Questa è solo la nostra opinione, quindi mettiamo avanti le mani e respingiamo al mittente ogni accusa di “faziosità” e “anticlericalismo”. Noi non stimiamo il Papa, non stimiamo la Chiesa cattolica, e questa è la nostra opinione. 
Siamo però dell’idea che chiunque debba essere libero di pensare quello che vuole e di credere nella religione che vuole, a patto però di non conculcare le libertà degli altri. Non sempre però le principali religioni di questo povero mondo, religione cattolica in primis, hanno dato sfoggio di questa tolleranza.
Sinceramente abbiamo provato una profonda tristezza nel vedere migliaia di fedeli in attesa esultare in modo folle quando dal camino di piazza San Pietro è uscito fuori il fumo bianco dell’ “Habemus Papam”. Ci rendiamo perfettamente conto di apparire antipatici, nel senso che la gioia sincera di migliaia di persone per bene non può essere considerato negativo di per sè, tuttavia ci riempie di tristezza perchè abbiamo constatato decine di migliaia di persone esultare senza nemmeno sapere quale sarà il futuro Papa.  
Certo, siamo a conoscenza del valore simbolico della figura del Papa, ci rendiamo conto dell’importanza simbolica per la Fede dell’elezione di un Pontefice, tuttavia siamo nel 2013, e crediamo di non offendere nessuno nell’esprimere la nostra opinione, ovvero che ci piacerebbe vedere decine di migliaia di persone darsi da fare materialmente per difendere i propri ideali religiosi, e non invece dare una cieca  approvazione alla Chiesa Cattolica, struttura questa tanto umana e ben poco divina. 
Detto questo se il futuro pontefice ci smentirà mostrandosi seriamente come un difensore senza macchia degli oppressi, ben venga. Temiamo che debba però cominciare proprio dalla Chiesa, la stessa che lo ha eletto, la stessa Chiesa che è contraria ai preservativi, all’aborto, al divorzio. Sarebbe come, passateci il paragone, affidare a un uomo proveniente dal XVI secolo il ministero dell’Innovazione in un governo del XXI secolo. 
Con la crisi economica e di valori, evidentemente, torna la voglia dell’uomo della Provvidenza, e anche le persone più insospettabili credono in fondo in fondo che un nuovo Pontefice potrebbe rappresentare una svolta. Ignorano, o forse non possono capire, che il cambiamento in positivo nella società può venire proprio da parte degli esseri umani, e che il Papa è niente altro che un uomo come loro, solo leggermente più potente e ricco. 
Se questo Papa sarà il Papa del rinnovamento, allora che cominci pagando l’Imu, assicurando alla giustizia i preti pedofili, dimostrando la tolleranza anche nei fatti di tutti i giorni e aprendosi ai diritti civili (aborto, omosessuali, divorzio). Se no sarà un Papa come gli altri…

Tribuno del popolo 

Certo che il suo passato non promette molto bene...
http://www.globalist.it/Detail_News_Display?ID=41305&typeb=0

http://in-formarsi.blogspot.it/2013/03/i-gesuiti-sono-gli-effettivi.html 

http://coscienzeinrete.net/politica/item/1170-habemus-papam-i-gesuiti-al-potere

http://popoff.globalist.it/Detail_News_Display?ID=55121&typeb=0

http://www.uaar.it/ateismo/opere/horacio-verbitsky-isola-del-silenzio.html 



Poichè sono una donna.

Splendide parole che ho trovato in rete, che mi dedico e che dedico a tutte le donne, perché molte, come me, ci si riconosceranno.


“Poiché sono donna, nessuno, più di me,
conosce il silenzio del tempo che muta,
le parole del conforto, il dolore dell’abbandono.
So della caducità della vita e dell’illusione dell’apparenza,
ma intuisco più di altri l’eternità
di un gesto compiuto nella bellezza.
Poiché sono donna,
porto su di me il peso dei reietti,
e di tutti coloro che in ogni epoca furono emarginati.
Sul mio viso si scorgono ancora
le sofferenze delle donne che mi hanno preceduto.
Nel mio grembo, la pienezza di tutte coloro che hanno procreato.
Poiché sono donna, so cos’è il dono.
E ho imparato, nel tempo, a vivere nella sua dimensione.
Raramente sono stata ascoltata, più spesso osservata
con brama, con sospetto, con disprezzo,
con risoluta indifferenza.
La mia voce dice di voci mai considerate.
La mia penna di menti che, per loro natura e per la propria diversità,
non sono state comprese.
Poiché sono donna sogno,
e sognando sperimento l’esistere di differenti creazioni.
Nella mia complessità nutro in silenzio
il seme del caos da cui proveniamo
e che non potrò mai, poiché sono una donna,
fingere di non aver avvertito”.

Giorgia Vezzoli

13 marzo 2013

Evasione istituzionalizzata.

C'è in realtà molto poco da stupirsi riguardo alla vicenda di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, i due marò accusati di aver ucciso due pescatori indiani mentre facevano da scorta armata alla petroliera privata Enrica Lexie. I due fucilieri della Marina Militare non rientreranno in India dopo il permesso di un mese accordato dalla Corte Suprema indiana e lo faranno con la benedizione delle Istituzioni.
"La giurisdizione è italiana", ha affermato il ministro non eletto degli Esteri, Giulio Terzi, con un tweet in cui spiega che il Paese è disponibile "a trovare soluzioni con l'India in sede internazionale" ma che, intanto, "i nostri marò restano in Italia".
E così facendo, di concerto con i Ministeri della Difesa e della Giustizia e in coordinamento con la Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha dimostrato per l'ennesima volta l'assunto secondo cui, di fronte alla divisa, la giurisprudenza venga ridotta a mero zerbino sotto cui nascondere lo sporco.

La vicenda dei due marò, che il 15 febbraio del 2012 scambiarono il peschereccio St. Antony per una barca di pirati ferendo a morte Ajesh Binki e Valentine Jelastine, aveva da subito animato il dibattito politico italiano, impegnandolo in tortuose disquisizioni sulla potestà delle acque, sui limiti delle giurisdizioni e altre amenità diplomatiche in cui, purtroppo, c'era ben poco di sensato - in merito Matteo Miavaldi ha redatto un'ottima ricostruzione su Giap e ChinaFiles.com.

E così come è iniziata - a tarallucci e vino - così probabilmente finirà la vicenda dei due fucilieri della Marina: scavalcata la legittimità del Paese in cui si è consumato il delitto, l'Italia infligge lo stesso torto che altre divise protette hanno inferto a vittime di “casa nostra”, a Nicola Calipari, ai venti morti del Cermis. Non ci infatti ancora dato sapere se i due marò continueranno a godere dello status di “eroi” o se verranno regolarmente processati nei tribunali nostrani.

La Farnesina, nella nota diffusa ieri alla stampa, ha motivato il suo no con “il principio dell’immunità dalla giurisdizione degli organi dello Stato straniero e le regole della Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare (UNCLOS) del 1982? dopo aver assecondato per mesi le autorità indiane - già a Natale infatti la Suprema Corte aveva concesso una licenza di 15 giorni ai due militari, che è stata rigorosamente rispettata con il loro ritorno a Kichi il 4 gennaio.

E lo ha fatto pur sapendo che quei soldati, impiegati di fatto come mercenari per proteggere un'imbarcazione privata, non possono e non potranno mai essere riconosciuti in missione militare coperta dall’immunità. Se questa non è una presa in giro, di sicuro è una figuraccia diplomatica non da poco. Certamente per l'imperizia giuridica su cui è stata impiantata.

Certo era - e questo è il vergognoso messaggio che ha lasciato trapelare ieri Giulio Terzi - che i “nostri ragazzi” non potevano rimanere bloccati nell'hotel di lusso in cui la Corte Suprema indiana li aveva confinati. Bisognava liberare i due “eroi”: lo chiedeva sbraitando la destra e lo voleva l’esercito, che in Latorre e Girone vede solo due dei suoi uomini prigionieri per colpa di un governo che li aveva mandati in missione senza la sufficiente copertura legale, indispensabile all'impunità che contraddistingue la divisa.

Quindi, in barba agli accordi diplomatici e alle trattative portate avanti da un anno a questa parte, l'evasione avallata dal dicastero degli Esteri deve essere sembrata la via più auspicabile o, perlomeno, quella più facilmente percorribile. D'altronde, si sa, le nostre sono promesse da marinaio e la bassissima credibilità internazionale italiana ce lo ricorda ogni santo giorno di austerity che trascorriamo. A conti fatti, non c'è poi quindi questo abisso tra il maestro di sci Frattini e l'ex console Terzi di Sant'Agata.

Rimane da capire come reagirà il Governo indiano alla sonora pernacchia arrivata Roma. Esclusa la possibilità di accordi confidenziali in grado di salvare capra e cavoli - difficile che l'India accetti con nonchalance di essere ridicolizzata dal nostro stivale - dall'Onu una fonte diplomatica indiana dell'ANSA fa sapere come “i due dovranno affrontare il processo in India, secondo le leggi indiane”.

Per ora il dato certo che emerge da questa svolta, oltre al già citato assecondare le velleità della destra patriottarda, è che la politica uscente ha avuto un ruolo fondamentale nella scelta dei tempi: l’insediamento delle Camere previsto per venerdì ha certamente fatto riflettere sull’opportunità che a prendere una decisione del genere fosse il governo in carica e, così facendo, Terzi e l'ammiraglio Di Paola hanno di fatto tolto le castagne dal fuoco al governo (quale?) che verrà.

In attesa dei prossimi sviluppi, riportiamo la sentenza che lo scorso 18 gennaio il tribunale di Kollam nella regione del Kerala, incaricato inizialmente delle indagini, ha emesso nei confronti dei due fucilieri della Marina. “La Corte suprema ha detto che lo Stato del Kerala non ha giurisdizione per procedere contro i due marò italiani ed il governo centrale di New Delhi, dovrà consultarsi col presidente della Corte suprema e formare una Corte speciale. Ma soprattutto, cosa che è evidentemente sfuggita a Terzi e al suo staff, chiarisce: “La Corte ha inoltre deciso che la questione della giurisdizione dovrà essere considerata dalla Corte speciale, che deciderà se i marò verranno processati in India o in Italia”.

Una Corte Speciale che non ha nulla a che fare con quelle di fascista memoria ma che invece è pratica d'uso comune in India per dirimere casi particolarmente complessi o di interesse nazionale; negli ultimi anni si è ricorso alla formazione di diverse Corti speciali per affrontare casi di terrorismo, corruzione, crimini contro le donne. In India sono viste come garanzia di autorevolezza e terzietà in un Paese dove la fiducia nelle altre istituzioni nazionali è ai minimi storici. Le autorità indiane ci stavano tendendo la mano, ma quando si tratta di divise i panni sporchi si devono sempre lavare in casa.


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