28 ottobre 2014

Malinconia

...ti prende e ti porta via. Forse l'autunno, stagione malinconica per eccellenza, forse qualche ricordo che riaffora, o quella musica che è con me da un po' di giorni, o forse semplicemente voglia di guardarmi da fuori per vedere se dentro c'è quello che spero....
Fatto sta che mi sto disinteressando di tante cose, me ne sto racchiusa nel mio bozzolo, più di quanto non faccia normalmente. E ci sto bene, ben coperta, al riparo, magari sognando anche un po', così, tanto per distrarmi.
La malinconia è sempre stata mia amica, abbiamo camminato spesso insieme senza ferirci, senza sovrapporci per emergere. E' uno stato d'animo che amo, mi aiuta ad approppriarmi di me stessa e si sposa bene con la solitudine, quella buona, quella che fa venire voglia di pensare, di prendere coscienza....

Malinconia, tenera malinconia,
quando sento, lieve, timore della vita.

Tranquillità, lieve tranquillità,
quando sento, mesto, il fluire della vita.
Malinconia e tranquillità alternamente
sto provando in questa vita pacata:
non è ancora un angoscioso sentire,
non è ancora un lacerante morire,
però ancor non mi soddisfa...
Perché, spesso mi chiedo,
son tratto a sprazzi di luce
d'una forte emozione che dopo
contrasta con altra assopita?
Appoggiarmi dunque al rimpianto
per un tempo vivamente vissuto?
O lasciarmi tranquillo all'attesa
di un tempo con certezza diversa?
Confronto i miei atti presenti
con la parte sublime passata;
mi trasporto dagli attuali pensieri
a quelli del mio fervoroso trascorso:

sulla tenera malinconia mi soffermo?
su una lieve tranquillità mi riporto?

Francesco Gheza



21 ottobre 2014

Voglia di libertà....


Jack Kerouac muore il 21 ottobre 1969.

"Voglio essere considerato un poeta jazz che suona un lungo blues in una jam session d'una domenica pomeriggio."

Troppo anarchico, troppo scapestrato per stare dietro un tavolo, Jack ha voglia di assaporare il mondo e la vita, un desiderio incontenibile che lo porta a scontrarsi con le realtà più dure.
Conosciuto e quasi idolatrato dai giovani di tutto il mondo che vedono nel suo romanzo "Sulla strada" l'opera che più di ogni altra rispecchia i propri bisogni e sogni di libertà, Jack Kerouac rappresenta oggi uno degli autori più importanti dell'intero '900. Grazie a lui e a questo libro che sconvolse gli Stati Uniti prima, e il resto del mondo poi, i protagonisti della famosa contestazione studentesca trovarono un capo saldo, una figura su cui poggiarsi ed a cui fare risalire i loro ideali e le loro proteste.

"Tutti eravamo felici, ci rendevamo conto che stavamo abbandonando dietro di noi la confusione e le sciocchezze e compiendo la nostra unica e nobile funzione nel tempo, andare." 


“Sal, dobbiamo andare e non fermarci mai finché non arriviamo”.
“Per andar dove, amico mio?” 

“Non lo so, ma dobbiamo andare”.

Chi non ha mai sognato, almeno una volta nella vita, di lasciarsi tutto alle spalle e semplicemente andare? Ciascuno di noi, prima o poi, è stato preda dell’inquietudine, e a volte non serve neanche avere una ragione precisa per intraprendere un viaggio, per cercare, perdendosi nel mondo, di trovare sé stessi, prima che tutto si spenga nel desolato stillicidio del diventar vecchi.

"After a while" di Veronica A. Shoffstall


Dopo un po' impari la sottile differenza
tra tenere una mano e incatenare un'anima.
E impari che l'amore non è appoggiarsi a qualcuno
e la compagnia non è sicurezza.
E inizi a imparare che i baci non sono contratti
e i doni non sono promesse.
E incominci ad accettare le tue sconfitte a testa alta
e con gli occhi aperti con la grazia di un adulto
non con il dolore di un bimbo.
Ed impari a costruire tutte le strade oggi
perché il terreno di domani è troppo incerto 
per fare piani. 
Dopo un po' impari che il sole scotta,
se ne prendi troppo.
Perciò pianti il tuo giardino e decori la tua anima,
invece di aspettare che qualcuno ti porti i fiori.
E impari che puoi davvero sopportare,
che sei davvero forte, 
e che vali davvero.


20 ottobre 2014

Ma quanto ne sanno?

Da Report del 19/10/2014
GIORGIO MOTTOLA
Che cosa pensa del Trattato Transatlantico? Lei del TTIP?
LUCIO BARANI – SENATORE FORZA ITALIA
È una domanda di ginecologia... la so ma è un po’ difficile.
FRANCESCO NITTO PALMA – SENATORE FORZA ITALIA
Credo che sia una cosa molto positiva. E lei che cosa ne pensa?
GIORGIO MOTTOLA
La domanda la faccio a lei. Lei ha detto è positivo, e poi?
FRANCESCO NITTO PALMA – SENATORE FORZA ITALIA
E il tip tap che cosa è?
GIORGIO MOTTOLA
- Cos’è il tip tap? E che cosa c’entra con il TTIP?
- Non sa cos’è il TTIP adesso?
LUCIO MALAN – SENATORE FORZA ITALIA
In questo momento non so che cos’è questo TTIP.
GIORGIO MOTTOLA
Ministro, chiedo scusa, posso chiederle cosa ne pensa del TTIP, il Trattato
Transatlantico?
MARIANNA MADIA – MINISTRO DELLA FUNZIONE PUBBLICA

GUGLIELMO VACCARO – DEPUTATO PD
Scusi?
GIORGIO MOTTOLA
Il TTIP
GUGLIELMO VACCARO – DEPUTATO PD
Non lo conosco.
ANTONIO MILIO – SENATORE GAL
Ma non so neanche di cosa parla.
GIORGIO MOTTOLA
Onorevole, le chiedo scusa, posso fare una domanda? Cosa ne pensa del TTIP? Il
Trattato Transatlantico.
INTERVISTATO 3
Ma... Non ho tempo.
GIORGIO MOTTOLA
Ma che cosa ne pensa lei?
PIER PAOLO BARETTA – SOTTOSEGRETARIO MINISTERO DELL’ECONOMIA
Lasciamo stare, è una discussione che non si fa in tre secondi, no?
GIORGIO MOTTOLA
Ma le do anche più di tre secondi, se vuole.
PIER PAOLO BARETTA – SOTTOSEGRETARIO MINISTERO DELL’ECONOMIA
No, no.
GIORGIO MOTTOLA
Un commento al volo.
STEFANIA GIANNINI – MINISTERO ISTRUZIONE
No guardi sono di corsissima...
GIORGIO MOTTOLA
Lo confessi, lei non sa che cosa è il TTIP. Lo confessi. Non se ne vergogni, onorevole.
DOMENICO SCILIPOTI – SENATORE FORZA ITALIA
Lei si dovrebbe vergognare.
GIORGIO MOTTOLA
No, ma lo dica che non lo sa!
DANIELA SANTANCHè – DEPUTATO FORZA ITALIA
Onestamente lei mi fa una domanda su un argomento del quale io non seguo...

19 ottobre 2014

Domenica

Domenica...e la prospettiva di un pomeriggio senza niente da fare....un miracolo!!! No, anzi, uso un termine più approppriato: un'eccezione!!! Come lo uso tutto questo tempo? Intanto a quest'ora posso permettermi un aperitivo, niente di che, una cosa fatta in casa con quello che c'è...posso arrivare ad uno spritz nientemeno!! Vino bianco e campari!!!! Nel forno ci sono delle costolette di maiale con varie spezie e peperoncino che non guasta mai...e fra un po' me le papperò. Poi credo che mi potrò permettere un sonnellino visto che stamattina ho aperto gli occhi su delle crudeli lancette che segnavano le 4:30!!! Per tutta la mattinata sono rimasta sintonizzata qui , ora è il momento giusto per passare qui
Poi...se ci riesco....un buon libro...riprendo in mano "L'immortalità" di Milan Kundera.... Quel gesto che è l'incipit del libro: "....La donna si allontanava in costume da bagno facendo il giro della piscina. Superò il maestro e quando si trovò a quattro o cinque metri di distanza, girò la testa verso di lui, sorrise  e lo salutò con la mano. E in quel momento mi si strinse il cuore! Quel sorriso e quel gesto appartenevano ad una donna di vent'anni! La sua mano si era sollevata con una leggerezza incantevole. Era come se avesse lanciato in aria una palla colorata per giocare con il suo amante . Quel sorriso e quel gesto avevano fascino ed eleganza, mentre il volto e il corpo di fascino non ne avevano più. Era il fascino di un gesto annegato nel non-fascino del corpo. Ma la donna, anche se doveva sapere di non essere più bella, in quel momento l'aveva dimenticato. Con una certa parte del nostro essere viviamo tutti fuori dal tempo. Forse è solo in momenti eccezionali che ci rendiamo conto dei nostri anni, mentre per la maggior parte del tempo siamo dei senza età. In ogni caso, nell'attimo in cui si girò, sorrise e salutò con la mano il giovane maestro di nuoto (che non resse e scoppiò a ridere) lei ignorava la propria età. In quel gesto una qualche essenza del suo fascino, indipendente dal tempo, si rivelò, per un istante e mi abbagliò......"
Poi credo che sentirò il mio amico Paolo...e come non farlo? E' lui il mio contradditorio....forse è lui che mi costringe ad essere quella che sono.......
Venerdì ho seguito questa trasmissione.....anche i puntini hanno un significato ben preciso....

Sei anarchico? La risposta potrebbe sorprenderti.

David Graeber (New York, 1962) come antropologo ha fatto
ricerca sul campo in Madagascar ed è autore di vari saggi.
Ha insegnato in varie università americane e in particolare
a Yale, dove è stato professore associato per otto anni prima
di essere licenziato, nel 2005, per il suo attivismo politico.
Oggi insegna alla Goldsmiths University di Londra.
Come anarchico ha partecipato attivamente alle tante
iniziative no-global degli ultimi 15 anni, Genova 2001
compresa. Oggi è uno dei più attivi esponenti del movimento
Occupy Wall Street. Tre suoi libri sono editi da Elèuthera
Può darsi che tu abbia già sentito parlare degli anarchici, chi sono e in che cosa credono. E può darsi che tutte le cose che hai sentito siano sbagliate e superficiali.
Molti pensano infatti che gli anarchici siano paladini della violenza, del caos e della distruzione, che siano contro ogni forma di ordine e di organizzazione, oppure che siano nichilisti impazziti che vogliono solo far saltare in aria tutto. In realtà, niente potrebbe essere più lontano dal vero. Gli anarchici sono semplicemente persone che credono che gli esseri umani siano capaci di comportarsi in modo ragionevole senza che ci sia bisogno di costringerli. È un concetto davvero molto semplice. Ma è un concetto che i ricchi e i potenti hanno sempre trovato molto pericoloso.
Semplificando al massimo, le idee anarchiche si basano su due convinzioni fondamentali. La prima è che gli esseri umani, in circostanze ordinarie, sono spontaneamente ragionevoli e dotati di senso della giustizia, e sono in grado di organizzare loro stessi e le loro comunità senza bisogno che venga detto loro come fare. La seconda è che il potere corrompe. Più che altro, l'anarchismo richiede il coraggio di prendere i semplici principi della comune moralità in base ai quali noi tutti viviamo e di seguirli fino alle loro logiche conseguenze. Per quanto possa sembrarti strano, probabilmente tu sei già per molti aspetti essenziali un anarchico. Solo che non lo sai.

Continua su  http://www.arivista.org/?nr=392&pag=8.htm

Donne mie: le voci di sette autori per parlare della donna, oggi, in Italia.

Ancora con questi discorsi? di Sara Bilotti

«Ancora con questi discorsi?», mi sento chiedere, quando ricordo a qualcuno che esistono difficoltà oggettive nella realizzazione dei sogni delle donne.
Come se l’emancipazione femminile fosse compiuta e conclamata, come se le difficoltà facessero ormai parte di un passato lontanissimo.
Ebbene, non è così.
Parto da un’esperienza estrema: trent’anni di vita in un paese del sud, la maggior parte dei quali trascorsi nel tentativo di ignorare sorrisetti ironici e battute da quattro soldi ogni volta che parlavo di argomenti considerati tabù per le donne: sesso, carriera, politica. Durante le cene, alle donne era riservato il tavolo aggiunto, i bicchieri di plastica, i piatti di plastica. Sedute nell’angolo più vicino alla cucina, in modo da raggiungere lavello e fornelli senza disturbare gli uomini, si affannavano a mangiare il cibo già freddo, per portare quello caldo alle loro dolci metà. Dopo cena, gli uomini si riunivano in terrazza per fumare e parlare di politica, mentre le donne lavavano i piatti e si interrogavano sulla nuova collezione primavera-estate di Roberto Cavalli. In alternativa, si poteva parlare della gallina sacrificata per simulare la macchia di sangue dell’imene rotto sul lenzuolo della prima notte.
Una volta uscita da tale comunità retrograda, pensavo di avere in mano il mondo. Avevo lasciato una società basata sulla cultura contadina per entrare nella vita vera, era finito il tempo delle frustrazioni.
Mi sbagliavo. Persino in ambienti culturali resiste il pregiudizio.
Molti degli uomini di cultura che ho conosciuto sembrano sempre pronti a ricordare il fatto che la donna sia stata esaltata dall’immaginario di quasi ogni poeta e letterato, però si rifiutano di ammettere che ella sia anche stata storicamente ignorata. Nonostante l’evidenza, negano che esistano ancora differenze sostanziali di genere, nel mondo della scuola e in quello del lavoro, sbuffando e alzando gli occhi al cielo quando si tenta di tirar fuori l’argomento. Perché al danno, innegabile, si aggiunge la beffa: se parli di discriminazione e pregiudizio vuoi fare la vittima.
A ciò si aggiunge il fatto che, dopo l’illusione di felicità e benessere degli anni Ottanta, si sia tornati a un dualismo sconfortante: da una parte assistiamo all’abuso del corpo delle donne nei media, dall’altra all’esaltazione del suo ruolo di madre. In mezzo, il nulla. Alcune riviste femminili addirittura sembrano assomigliare pericolosamente alla famigerata “Enciclopedia delle donne”, che negli anni Sessanta metteva nero su bianco leggi che parevano immutabili, sottolineando la superiorità intellettuale dell’uomo e rimarcando diversità di genere che non esistono in natura.
Pare che il destino delle donne sia di nuovo legato a due scopi precisi: l’accudimento e la soddisfazione dell’uomo.
Ne consegue anche una difficoltà innegabile nel gestire la carriera: in Italia non ci sono leggi che tutelino in modo definitivo le madri che non intendono perdere il posto di lavoro, non esiste assistenza sociale, i problemi sono sempre altri, soprattutto nei periodi di crisi.
Difficoltà pratiche e pregiudizio maschile rendono dunque difficilissimo un percorso già di per sé complicato, come può essere quello di una scrittrice.
La scrittura al femminile viene accostata istintivamente alla letteratura rosa, nella maggior parte dei casi. Vedo ancora occhi sgranarsi e bocche aprirsi in sorrisi di sufficienza, quando dico che scrivo romanzi neri. Sento ancora discorsi poco legati al merito, quando si parla di donne che scrivono. Addirittura, in un momento in cui il numero delle scrittrici di successo sta aumentando, sento dire: le case editrici hanno deciso di puntare su donne giovani e belle. C’è sempre un motivo per cui una scrittrice ha successo, e questo motivo, va da sé, non è mai legato al talento.
Insomma la donna, in un modo o nell’altro, è sempre al di fuori della storia, a un passo dall’azione determinante, sfiora i più grandi riconoscimenti ma non li ottiene. Nell’anno in cui un romanzo corposo e fondamentale come Il Cardellino vince il premio Pulitzer, noi siamo ancora qui a doverci difendere dal chissà con chi è andata a letto per avere quella sedia, da l’hanno presa perché è bella.
E’ ora di cambiare le cose, e per farlo dobbiamo riconsiderare persino noi stesse, il modo in cui cresciamo le nostre figlie, i ruoli che assumiamo in famiglia, l’educazione sentimentale, i condizionamenti che abbiamo subito inconsciamente e che ci hanno convinte di dover accudire prima di emergere, soddisfare prima di essere soddisfatte. Gli stessi condizionamenti che ci hanno dato la certezza di dover diventare indispensabili per qualcuno, pur di poterci esprimere.
 ________________

Figlia di Francesca Schipa

A me hanno detto che era una cosa di cui imbarazzarsi, quel sangue. Che parlarne era male, che erano “le mie cose” , che quei giorni lì erano giorni sbagliati. La vergogna, innanzitutto. La sporcizia, poi.
Nascondere, nascondersi.
A me hanno insegnato che tutto dipende da come ti vesti, che la pelle si copre per non attirare sguardi e attenzioni, che il primo passo non si fa: il passo giusto è quello che ti allontana, lo sguardo giusto punta verso terra.
Coprire, abbassare.
A me hanno ripetuto che siamo da sole anche se siamo in molte, se un maschio non ci controlla, che ci sono attività che non ci appartengono, che bionda è meglio, che muta è meglio, che sposa è molto meglio.
Tacere, obbedire.
Invece – figlia – io vorrei raccontarti del corpo che traccia il suo naturale rinnovamento in caratteri rossi, vitali.
Vorrei – figlia – farti ascoltare l’allegro fiorire di amicizie e il rombare cupo e lento della passione, il rumore delle calze sulla pelle e il frusciare dei capelli sciolti. Di uno sguardo franco che guarda negli occhi ma punta lontano, di un passo sicuro, preludio di molti altri.
Potrei dirti – figlia – la naturale gioia del ritrovarsi tra voci femminili, amiche, dirti che non c’è cosa che tu non possa fare come gli altri o meglio. Che il tuo meglio dovrai creartelo da sola, né bionda, né sposa, o bionda e sposa se lo vorrai.
Libera di credere in un dio o in nessuno, figlia, libera di amare un uomo o una donna, libera quando ti chiederanno di nascondere, coprire, tacere.
Il mio amore non sa pensarti diversamente che libera.


Altri contributi su Carmilla

15 ottobre 2014

L'opinione di Ferdinando Imposimato

Ferdinando Imposimato 
La causa principale dell’alluvione, degli allagamenti, delle esondazioni è da ricercare nella colata di cemento a cui è sottoposto il territorio genovese da decenni e nel cinismo di chi l’ha voluta e sviluppata, a quella classe dirigente politico-economica criminale, che persiste nell'arricchirsi con la distruzione del territorio, dividendosi il bottino con grandi opere, lobby e affaristi senza scrupoli e le mazzette connesse. Non a caso le zone più colpite sono la Valbisagno e la Valpolcevera, i quartieri collinari e le aree urbane a fondo delle valli genovesi. Ma è la città di Genova, da ponente a levante, a subire di nuovo i disastri voluti dalla classe politico-economica, fautrice locale di quel modello di sviluppo che sta devastando l'Italia Nella stessa direzione va il decreto sblocca Italia del settembre 2014 che consente di derogare ale norme sulla tutela del territorio. Aggressione del territorio, disboscamenti, sfruttamento delle aree fluviali, l’urbanizzazione, con il seguito di cementificazione, di dissesto idrogeologico e costrizione delle dinamiche idrografiche naturali, l’industrializzazione, sono all’origine dell’ emergenza di Genova. Negli anni la classe politica ha trovato sempre il modo di giustificare i disastri causati con nuovi profitti e nuovi progetti distruttivi , di nascondere tutto sotto la scusa di eventi naturali imprevedibili , e senza fermare la corsa alla speculazione , continuando cinicamente a distruggere l'ambiente per trarne vantaggio. Le esondazioni dei torrenti Sturla, Scrivia, Bisagno e Fereggiano erano fenomeni prevedibili che si innestano in un contesto urbano che li determina .
A Trasta un fiume di fango dovuto alla desertificazione delle zone disboscate per i cantieri del TAV-Terzo Valico ha invaso la strada principale. Allagamenti e colate di fango diffuse in tutta la Valpolcevera, sia sul lato destro che sinistro di tutta la vallata. Laddove sorgevano i boschi e le colline di Trasta e San Quirico, sorgono ora due enormi cantieri dell’Alta Velocità, quello della “galleria Campasso” e quella della “finestra Polcevera”, voluti da COCIV con la sentita partecipazione del Comune di Genova, Regione Liguria e dello Stato italiano. Le due colline sopra Via Castel Morrone e Via Tecci stanno scomparendo e vedono la città avvicinarsi minacciosa sempre più. I loro boschi erano un argine al veloce scorrere dell’acqua, ne rallentavano la forza. Cemento, ruspe, trivelle, camion e gallerie hanno sostituito quelle distese di alberi. E le conseguenze si sono viste. Non è la prima volta che Trasta viene colpita dai fiumi di fango dei cantieri del TAV. Così più volte nell’ultimo anno, così chissà quante altre volte ancora. Questo è solo l’inizio di una tragedia nfinita. Chi ancora avrà il coraggio di dire che le priorità di Genova sono le grandi opere e il Tav-Terzo Valico, dovrebbe vergognarsi. E l'opera costerà il seicento per cento in più di quello che costa in Francia , in Spagna e Giappone. Ma il TAV è un modo per arricchire i predoni e i governanti a spese dei cittadini che non devono dimenticare. Quanto alla magistratura, il TAR della Liguria accertò subito le irregolarità del bando di gara da parte della Regione ligure; e il Consiglio di Stato forse poteva fare a meno di affermare la competenza delTAR del Lazio, provocando un ritardo di tre anni e oltre.

Se questo è lo Stato.....

Anche se sembra un pessimo scherzo, è stato verificato:


La Prefettura di Genova si preoccupa di rinviare dal 13 al 14 Ottobre la scadenza per le cartelle esattoriali di Equitalia.

Gli apparati coercitivi e fiscali dello Stato ormai si ispirano alla logica dello Sceriffo di Nottingham.
La stessa Banca d’Italia oggi ha confermato che le entrate tributarie del 2014 sono aumentate di circa 400 milioni rispetto all’anno precedente, mentre la Corte dei Conti ha messo proprio in questi giorni il pepe nel culo di Regioni, Comuni.... e Province, istigandoli ad andare alla riscossione a tappeto di multe e sanzioni ancora non pagate.
Le circolari interne delle amministrazioni e i dirigenti, ormai affermano esplicitamente che se il cittadino sbaglia deve pagare e che non deve essere aiutato dagli impiegati a non sbagliare.
In questo modo scattano le sanzioni, le casse si arricchiscono e i dirigenti prendono ricchi premi di risultato.
Come i tre dirigenti del Comune di Genova che si sono spartiti 57.000 euro di premio per i risultati ottenuti nella gestione dell’assetto idrogeologico della città.
Se questo è lo Stato......
http://contropiano.org/politica/item/26895-genova-questo-stato-e-la-malattia-non-la-cura
Mentre l'emergenza si sposta in Toscana e fa altri due morti......
http://ilmanifesto.info/straripa-un-torrente-in-maremma-due-morti/

12 ottobre 2014

Solidarietà

Solidarietà a tutti coloro che stanno attraversando questa nuova tragedia.
Solidarietà, certo, ma la solidarietà, purtroppo, serve a ben poco. Serve a spazzare via un po' di fango dalle case, dai luoghi di lavoro e dalle strade, a consolare, forse, chi piange per un lutto, ma poi finisce lì. Qualche polemica, qualche responsabilità rimpallata e le strade saranno di nuovo pulite e si cercherà, di nuovo, di tornare alla normalità, vanificando i sacrifici di una vita spazzati via insieme al fango che si seccherà, come l'anima di chi non ha più energie e mezzi per reagire alle conseguenze. 
Perché le conseguenze ci saranno, certo che ci saranno, e quelle più gravi si ripercuoteranno, come sempre, sui più deboli, mentre qualche colpevole, uno fra tanti, cambierà poltrona e qualche rattoppo coprirà altri rattoppi, per nascondere, per far dimenticare, per rinnegare la realtà. Quella realtà che vede una società, una umanità ormai priva del suo stesso significato, tesa solo ed esclusivamente a trarre profitto da qualsiasi cosa, come uno schiacciasassi privo di controllo.
Il fine giustifica i mezzi, ma se il fine è il profitto e i mezzi sono la distruzione di tutto quello che gli si oppone bisognerà ripensare parecchio a noi stessi, a quello che stiamo facendo e a come lo stiamo facendo.....e a cancellare quel maledetto proverbio. 

02 ottobre 2014

La fisarmonicista di Auschwitz.

Se avessi tempo e..soldi, oggi me ne andrei a Sanremo, non per godermi il clima ma bensì tre giorni di musica. Oggi inizia il Festival Tenco e tra i premiati c'è un personaggio che mi piacerebbe davvero ascoltare: Esther Bejarano, 90 anni. Faceva parte dell’orchestra femminile di Auschwitz-Birkenau, costretta a suonare l’accompagnamento all’olocausto. Esther Bejarano ha vissuto uno dei paradossi più turpi e scandalosi del Novecento. Una delle pagine più inquietanti e forse meno conosciute dell’apocalisse nazista. Il suo racconto fa letteralmente piangere. Questa donna minuta, sorridente, piena di passione per la vita, che ancora oggi sale sui palchi d’Europa per cantare le canzoni della resistenza e della pace insieme al gruppo rap Microphone Mafia, era la fisarmonicista dell’orchestra femminile di Auschwitz. Ha dovuto suonare, insieme ad altre quaranta prigioniere, la musica d’accompagnamento all’olocausto. Esther ricorda, con le lacrime che le scendono dalle guance, i lampi mostruosi di quell’inferno: “Succedeva pure che i comandanti del campo ci ordinassero di andare a suonare alla porta di transito dei treni con i prigionieri destinati alle camere a gas. Noi suonavamo le nostre musiche di Bach, Beethoven, Mozart, Schumann, sistemati con i nostri spartiti lungo il troncone del binario. I treni passavano carichi di uomini, donne, bambini. Sapevamo benissimo il destino che di lì a poco attendeva quei carichi di condannati. Ma quella gente, là sopra, non aveva il minimo presagio di quello che gli sarebbe accaduto e molto probabilmente avrà pensato fra sé: ‘Ma guarda un po’, non dev’essere poi così male questo luogo se ci accoglie con una musica tanto celestiale’. Di lì a poco tutta quella gente sarebbe stata annientata col gas”.  
 http://www.mosaicodipace.it/mosaico/a/39670.html


 

 

Cosa viene dopo la logica della ragione?

Ramses Younane
A livello culturale, la borghesia ha lavorato per sostituire la fede cieca con la ragione analitica razionale. Ma la glorificazione della ragione, il discernimento, e la perspicacia commerciale plasmano la vita in un sistema meccanico tecnologico che non permette il capriccio dell'immaginazione ed il piacere di uno spirito libero. Gli istinti naturali e i sentimenti profondi, la cui natura è di ricercare il piacere, vengono sfruttati e distorti dalla battaglia commerciale e dalla lotta competitiva o attraverso gli inni militari e le urla isteriche con cui i governi dittatoriali e coloniali sono soliti destare il proprio popolo.
La società borghese attualmente affronta una crisi maggiore di quella posta dalla questione del consumo. Non è solo un problema di pane, ma una crisi di cuori avidi e affamati, di immaginazione impazzita; una crisi di poesia, di gioia e delirio; una crisi di movimento, di crescita e di apertura. Una crisi di vita.
I valori del razionalismo borghese sono incapaci di guarirci dalla crisi della civiltà borghese. Se vogliamo sopravvivere e salvarci, dobbiamo ribellarci contro questi valori, ribellarci contro il razionalismo e andare oltre ad esso – non facendo ritorno ad una credenza umile e servile ma piuttosto confermando il diritto dello spirito libero e ribelle a trionfare sui limiti della ragione e sulle catene della fede.
La morte è meglio della vita in un mondo in cui il lavoro è dissociato dai sogni.
 
 
[Al-Tattawor, n. 5, maggio 1940]