30 dicembre 2013

Anus Horribilis.

Di Alessandra Daniele.
L’essere riusciti a schiodare il culo flaccido di Berlusconi dal seggio senatoriale è uno dei pochi ricordi positivi che il 2013 lascerà nella nostra memoria. In tasca non ci ha lasciato niente, e la nuova stagione fiscale è appena cominciata. Sono in arrivo la TRASI, tassa sulle entrate, non intese come finanziarie, ma come porte d’ingresso; la TREK, tassa quinquennale che arriva dove nessun’altra era mai giunta prima; e la cosiddetta tassa sul web, la TROLL.
Intanto il mercatone democristiano delle clientele continua via decreto: il Mille Proroghe sarà seguito dal Cento Vetrine.
Per combattere la disoccupazione, l’Articolo 18 sarà rimpiazzato da un Comma 22: solo i disoccupati non potranno essere licenziati.
Beppe Grillo annuncia un’altra iniziativa rivoluzionaria diretta a risolvere i problemi concreti degli italiani: la notte di capodanno terrà un discorso parallelo a quello di Napolitano. Poi i due si scambieranno i testi, e ognuno leggerà quello dell’altro. Alla fine leggeranno insieme un testo dei Modà.
“I poveri non possono aspettare” ha detto papa Francesco, e il drappello di Forconi in Piazza S Pietro ha applaudito entusiasta.
Dopo però Bergoglio non ha aggiunto “quindi tutti i beni che non sono strettamente indispensabili alla Chiesa per la sua sopravvivenza verranno da noi interamente distribuiti ai più bisognosi”. E nemmeno un più semplice “quindi rinunciamo all’otto per mille, e alle esenzioni fiscali”.
E neanche un banale ”quindi ai prossimi che chiamo regalo una ricarica”.
Era proprio il “quindi” che mancava.
C’era invece un ”però”: “i poveri non possono aspettare. Però devono rinunciare alla violenza”.
Ci è stata venduta una scatola con scritto ”Democrazia”, e invece ci abbiamo trovato dentro un mattone, però dobbiamo rinunciare a usarlo per spaccare una centovetrina.
Anche questo è stato applaudito dai Forconi. La maggioranza di loro abitualmente è gente tranquilla, che vede gli sconttri di piazza solo alla tv.
E parteggia per la polizia.
Per quanto adesso siano incazzati, comunque non si oppongono al sistema in sé, che infatti non gli scatena contro i suoi anticorpi manganellanti, ma li blandisce per riassorbirli.
Non vogliono mica la luna, come diceva Fiordaliso prima della menopausa, né tanto meno la Rivoluzione. Vorrebbero solo un po’ meno tasse.
Invece ne avremo di più.
E’ il regalo di Natale del governo Letta, un regalo riciclato, l’agenda Letta non è che l’agenda Monti con una copertina diversa.
L’IMU non è stata affatto abolita, s’è moltiplicata come il virus Andromeda, indistruttibile perché capace di mutare a ogni generazione rimanendo comunque letale.
Così come la Democrazia Cristiana, oggi Renziana.
Renzi, Letta, Alfano, Salvini, l’Italia ha battuto un altro poco invidiabile record: abbiamo i quarantenni più vecchi del mondo.
Schiodato un culo flaccido, ne arriva sempre un altro.

27 dicembre 2013

L'Uruguay è il paese dell'anno. Cresce e ottiene riforme eclatanti in tempi brevi: legalizzazioni e austerity alternativa, verso il progresso.

l’Uruguay ha un’antica tradizione di paese pioniere nel terreno dei diritti civili e politici. Nel 1913 è stata la prima nazione in America Latina ad approvare il divorzio, nel 1927 la prima ad introdurre il voto femminile nel Sud America; nel 2007 sono state riconosciute le unioni civili di coppie omosessuali, due anni dopo sono state autorizzate le adozioni e adesso anche il matrimonio tra persone dello stesso sesso (vigente già in Argentina dal 2010). 

 Da Daily Storm

Legalizzazione della marijuana e delle nozze gay e l’idea di un’austerity “alternativa”: la “rivoluzione Uruguay” del 2013 parte da una nuova politica

RIFORMA CORAGGIOSA - L’undici dicembre l’Uruguay ha legalizzato la marijuana. Questo lo sappiamo tutti. Quel che non tutti sanno è fin dove questo “esperimento” (così è stato definito dal Presidente Pepe Mujica) si sia spinto. Infatti, mentre la notizia di questa piccola rivoluzione faceva il giro del mondo, l’Organo internazionale per il controllo degli stupefacenti (INCB) dichiara la manovra “una violazione del diritto internazionale”. Questo piccolo Paese ai confini dell’occidente ha in qualche modo inceppato gli ingranaggi della grande macchina delle relazioni internazionali, dichiarando la propria autonomia legislativa e politica. Al di là di tutti i commenti che possa sollevare la regolamentazione del commercio  e dell’uso delle droghe leggere, probabilmente questa rimane la conseguenza più importante di questa famosa legalizzazione: l’Uruguay si è rivelato un esempio di Paese ex coloniale  che si dimostra capace di “ragionare con la propria testa”, muovendo i primi passi addirittura contro le aspettative dei Paesi abituati a imporsi sul Sud America. 

TERZA VIA - Il governo Mujica, tuttavia, si è spinto ben oltre. Tra le altre “riforme shock” approvate quest’anno, ci sono la depenalizzazione dell’aborto e la legalizzazione dei matrimoni gay. Riforme impensabili fino a pochi anni fa in un Paese latino-americano (per non parlare del fatto che le nozze omosessuali sono ancora un tabù in Italia e in molti Paesi del ”civilissimo” Vecchio Continente). Questi sono i motivi principali che hanno spinto l‘Economist ad eleggere l’Uruguay “Paese dell’anno”. In effetti il fatto che un governo d’ispirazione socialista riesca a portare avanti delle riforme così audacemente liberali, oltre a sembrare quasi ossimorico, è un qualcosa su cui riflettere. Prima di tutto si deve definire il termine “liberale”, che in questo caso si riferisce semplicemente alla natura progressista di queste riforme e alla nuova “apertura” del Paese. L’apparente contrasto tra un governo socialista e delle riforme liberali è presto risolto se si considera che tali riforme sono profondamente di sinistra, fondate su una chiara idea di democrazia e di sviluppo. La legalizzazione della marijuana è, in questo senso, una giusta sintesi tra il rispetto della libertà individuale (idea liberale) e la rivalutazione del ruolo centrale dello Stato come affidatario del monopolio di questo commercio (idea socialista). Insomma, se si volesse fare una provocazione si potrebbe guardare a queste riforme come un primo passo verso la scoperta, da parte dell’Uruguay, di una famosa “terza via” alternativa a Comunismo e Capitalismo che i Paesi ricchi non riescono a intravedere.

AUSTERITY ALTERNATIVA - Rimanendo con i piedi per terra, quel che più colpisce di questo 2013 “anno dell’Uruguay” è soprattutto il pragmatismo non solo delle riforme, ma anche del metodo politico messo in atto dal governo. Buona parte del merito spetta alla figura del Presidente Pepe Mujica, ex attivista del movimento Marxista-rivoluzionario dei Tupamaros. Oggi è famoso nel mondo per essere il Presidente della Repubblica più povero mai visto: del suo stipendio di 150.000 dollari all’anno, Mujica ha deciso di riscuoterne solo 1.250 al mese (circa il 10%). Lui trova che il termine austerità (o austerity, come amiamo chiamarla per scimmiottare gli anglo-americani in ogni cosa) sia abusato nel Nord del mondo e soprattutto in Europa, e ne ha proposto un modello alternativo, basato in primis sull’esempio personale che può dare la politica ai cittadini. La fiducia e la collaborazione dei cittadini, radici profonde della democrazia, si possono ottenere solo con questa dose abbondante di trasparenza. Il risultato non sono solo bei discorsi astratti, ma dati concretissimi che arrivano dalla Transparency International (The global coalition against corruption): l’Uruguay presenta dei livelli di corruzione miserrimi in confronto ai propri vicini Sud Americani. Il Paese cresce, dunque, e ottiene riforme eclatanti in tempi brevi. 

Alla faccia nostra, della nostra austerity e dell’avida inadeguatezza della nostra politica. 


Eleonora Cosmelli







24 dicembre 2013

Mi sbaglierò, ma…….



Sono convinta che per farsi delle idee personali ci sia bisogno di ascoltare (o di leggere e vedere in questo caso) tutti, compresi quelli che hanno un’opinione diversa dalla mia. E lo faccio spesso, in rete non mi limito ad andare nei blog che mi piacciono o a leggere solo chi è vicino al mio pensiero, spazio in tutti i campi, anche a caso, così, tanto per farmi un’idea della molteplicità dell’umano ragionare. E da tutto ciò poi ricavo le mie logiche deduzioni.

Per questo motivo ogni tanto (non spesso, devo ammetterlo) capito anche nel blog di Beppe Grillo.

E capita che posso leggere i post ma non posso vedere i video.

Perché?

Perché io ho installato AdBlock, l’estensione per Mozilla e Chrome che  permette di bloccare quelle fastidiosissime pagine di pubblicità che si auto aprono su certi siti (tipo “vuoi sapere come ho guadagnato 20mila euro in due secondi?”), rendendo snervante la navigazione.

Come mai?

Cosa gliene frega a Grillo di un plug-in che permette di non subire ogni schifezza di spam che gira in internet?
E questa è la mia logica deduzione:

non sarà che ha qualcosa a che fare con quei mai svelati guadagni provenienti dal suo sito?

Può darsi che mi sbagli, per carità, 
………però………

22 dicembre 2013

Post confidenziale.



Sono giorni strani per me. Non c’entrano le feste, no, quelle non hanno mai avuto nessun effetto su di me, giorni come gli altri, solo un po’ di fermo nel lavoro (che non mi dispiace affatto!). Sono strani perché sento la mancanza di qualcosa e questo fa a pugni con la mia cronica asserzione di autonomia, sempre e comunque. Eppure sono circondata da persone che mi vogliono bene (almeno così dicono): parenti che si preoccupano per me, anche amici che ho ultimamente ritrovato e con i quali ho rinverdito un legame che sembra non essersi mai consumato nonostante la lontananza di tanti anni, figli e nuore che mi dimostrano in tanti modi il loro affetto e la loro gratitudine. Sembrerebbe tutto perfetto, ho tutto (a parte i soldi) quello che mi serve per vivere abbastanza serenamente, compresa la mia indipendenza e la mia libertà. E allora cos’è che ogni tanto mi spinge a ritornare indietro col pensiero, a quei momenti in cui il mio cuore batteva all’impazzata per qualcuno, momenti in cui mi sentivo onnipotente, pronta ad affrontare il mondo se mai mi si fosse messo contro? Sì, non nascondo che ancora adesso mi sento combattiva e sono ancora convinta di avere risorse da sfruttare, ma c’è un piccolo vuoto che ogni tanto sembra allargarsi a raccogliere una lacrimuccia, una piccola crepa in quella corazza che gli anni mi hanno costruito addosso. Una corazza necessaria costruita consapevolmente per non essere soggiogata, per difendermi da tutto ciò che poteva minare il mio personalissimo essere. È molto tempo che non lascio più passare niente e forse questo piccolo vuoto che sento è qualcosa che mi sono negata per paura di ricadere nella debolezza, nella fragilità di un sentimento che può rendere vulnerabili, che può far accettare compromessi.
Beh, adesso lo dico: mi manca l’essere innamorata! Ebbene sì, alla mia veneranda età mi manca l’amore, la coppia, la passione e il coinvolgimento emotivo.
Questa mia durezza è quindi solo apparente? Sono un’inguaribile romantica?
Forse……
Perché quello che vorrei potrebbe non esistere…..
Perché vorrei solo amore e nient’altro.
Non voglio dipendenza, ossessività, esclusivismo.
Niente aiuti, né consigli, né inviti, né cortesie perché tutto ciò che è apparenza, falsi sorrisi, troppe parole, fa parte di quell’irritante ipocrisia di cui siamo impastati e che ho rifiutato da tempo.
Vorrei un amore che, senza chiedere, sapesse capirmi ed accettarmi.
Un amore senza bugie, senza trucchi, trasparente, perché mi piacerebbe re-innamorarmi della vita.
Un amore che, in silenzio, sapesse farmi sorridere ancora.
Sogno, lo so…….ma c’è forse qualcuno che possa impedirmelo?

20 dicembre 2013

E' Natale!

Hai addobbato l'albero?
Finite le spesucce dei regalini natalizi?
Or che Bravo sei stato, puoi rilassarti sul divano, accendere la tv e apprendere il modo più consono in cui vestirti durante le festività, per evitare quelle non volute figuracce che ti porteresti dietro, come un pesante e troppo oneroso fardello, per l'intera tua esistenza, mentre molta gente dormirà in auto o sotto i ponti, sempre che non tassino pure questo.
Dopo, permanendo dinanzi alla scatola magica, durante la cena, potrai goderti qualche aggiornamento dei vari Vespa Santoro Paragone Fazio, che hanno invitato per te un sacco di quei politici che sanno cosa è meglio, proprio per te, ed anche per l'Italia e per gli Italiani.
E, come di consueto, tra qualche suicidio di chi non ce la fa più per i debiti e qualche anziano che si lascia morire d'inedia, non riuscendo a comprare il minimo per sfamarsi, neppure sottocosto al supermercato, perché la pensione di 500 euro non gli è stata sufficiente nemmeno per pagare le bollette di luce e gas per il riscaldamento, il governo dei parlamentari ......eletti con una legge dichiarata incostituzionale (dopo solo 8 anni) e quindi illegittimo, così come illegittimo il capo dello stato, perché voluto e votato da chi è stato illegittimamente eletto, come illegittime tutte le leggi emanate contro il popolo, con in testa a tutto i Trattati, non referendati dal popolo, con i quali hanno svenduto, per trenta denari, Italia ed Italiani a quei Banchieri Europei che stampano le banconote euro, al costo di pochi centesimi rivendendocele al valore nominale, pure con prestito annuale e relativi interessi - con la new entry dei giovani renziani già sul palcoscenico mediatico, pronti a sfornare le loro mirabilie di ricchi lustrini e cotillons natalizi, ci rifilano la notizia che "finalmente" hanno tolto il finanziamento pubblico dei partiti (dopo un referendum di qualche decennio fa), ma a partire dal 25% l'anno prossimo ed a continuare per il 50% nel 2015 e del 75% nel 2016, mentre l'imu la vogliono ora, anzi prima, anzi ieri, insieme alla Tares e migliaia di altri acronimi che sostituiscono quelli precedenti aumentando l'aliquota in modo esponenziale.
E, mentre pensi a quanto DEVI divertirti sulla neve chimica, durante la consueta settimana bianca dove hai deciso di rilassarti, festeggiare ed augurare un prospero anno nuovo a chi ancora vorrà suicidarsi, lascerà casa e andrà a vivere e morire sulla stessa neve che allieterà le tue prossime giornate, come avviene SEMPRE durante le vacanze, quegli stessi governanti illegittimi di cui sopra emaneranno, nel più assoluto e sordido silenzio dei media, quegli ultimi commi che servono per far tirare le cuoia in modo DEFINITIVO a chi con una fatica sovraumana era riuscito a resistere al tempo, all'usura, alla fame, alle tasse, alle scie chimiche, al cancro iniettato in tutti i modi possibili ed immaginabili.
C'è qualcuno che sta peggio?
E chi se ne fotte.
E' Natale


Bruno Aliberti La Crepa nel muro



07 dicembre 2013


http://www.arivista.org/?nr=385&pag=20.htm

Liberiamoci dal futuro del presente.

Quello che pensavamo futuro è già una realtà operante e presente perché è in atto un prodigioso sviluppo tecnologico robotico e cibernetico. Il problema non è più se siamo capaci o meno di determinate innovazioni, ma, come diceva Bookchin, “la loro maggiore o minore convenienza dal punto di vista dello sfruttamento commerciale”.
Il futuro, che fino a qualche anno fa sembrava mera fantascienza, è ormai diventato presente in divenire. Lentamente, ma inesorabilmente, stiamo infatti subendo un'invasione di forme e strutture tecnologiche altamente sofisticate, destinate a cambiare radicalmente la qualità della vita e a influire verso una metamorfosi antropologica nel rapporto uomo/macchina. In Italia non ce ne stiamo accorgendo perché il disastro generato da una classe dirigente mafiosa e incompetente ci sta velocemente rigettando in un passato che c'illudevamo estinto.
Quello che pensavamo futuro è già una realtà operante e presente perché è in atto un prodigioso sviluppo tecnologico robotico e cibernetico. I robot, il cui nome deriva da un'opera teatrale del 1920 del praghese Karel Capek, sono esseri artificiali, tecnoelettromeccanici, dalla morfologia che riconduce a sembianze umane; Capek li immaginò costruiti da uno zelante padrone di un'industria tech per sostituire gli operai umani nelle fabbriche. La cibernetica è una scienza applicata che si basa sullo studio delle analogie tra i princìpi di funzionamento delle macchine e le funzioni del cervello animale, specificamente umano, il cui scopo è la realizzazione di apparecchiature automatiche e strumenti elettronici.
A metà ottobre 2013 al museo delle scienze di Londra è stato presentato ufficialmente Rex, il primo “uomo bionico” interamente costruito e funzionante, fornito persino di un artificiale volto umanissimo. È la cibernetica applicata alla riproduzione degli organismi viventi che, seguendo minuziosamente le indicazioni strutturali della neurofisiologia e dell'elettrofisiologia, crea organi artificiali in grado di sostituire perfettamente quelli naturali controllati direttamente dal sistema nervoso. L'uomo bionico è una produzione artificiale tecnoelettronica capace di surrogare in toto un essere umano, ricostruito nelle sue parti e nelle sue funzioni.
Questo evento si combina perfettamente con l'apparizione di Baxter, ultimo perfezionamento di una presenza diffusa nei luoghi di produzione più avanzati da circa una decina d'anni, in costante e sistematico miglioramento e perfezionamento. Baxter è un robot, rapido efficiente e instancabile, che pesa quanto un uomo medio, 75 chili, progettato per muoversi con lentezza, cautela e in modo misurato. Ideale per esser rassicurati avendolo accanto. Il suo attuale costo di mercato è di 22.000 dollari, più o meno un anno di salario di un operaio. È intuibile che se la richiesta aumentasse fino ad assicurare una rilevante produzione in serie il suo costo si abbasserebbe di molto. Seguendo la programmazione elettronica che gli viene inserita, Baxter è in grado di lavorare 24 ore su 24 producendo in modo standard e con ritmo costante. Ha soltanto bisogno di un'indispensabile ordinaria manutenzione elettro/ingegneristica, che rappresenta perciò l'unico costo di gestione per il suo mantenimento.
Una combinazione insieme robotica e cibernetica destinata a far tendenza, a diffondersi ovunque nel giro di qualche decennio, fino a sostituire in grandissima parte il lavoro e lo spazio d'intervento umano. Alcuni dati ne danno conferma. Già nell'auto e nell'elettronica globali ci sono al lavoro 1,4 milioni di robot perfettamente efficienti e funzionanti. Robert Shapiro, esperto che ha lavorato sia con Clinton che con Obama, segnala che in Alabama dal 2010 un'azienda gode di un aumento di produttività di 300.000 freni in più all'anno senza aver assunto nessun altro operaio. Anche gli autori di Race Against the Machine (Come prosperare nell'era digitale), per esempio, sottolineano che fra il 2000 e il 2010 in America non ci sono state assunzioni e il numero di posti di lavoro è rimasto invariato.
Tutto ciò è perfettamente logico e conseguente per come sta andando il mondo. Se programmati in modo adeguato, i robot lavorano senza sosta e senza bisogno di illuminazione, producendo ai ritmi richiesti con regolarità e praticamente senza errori. Non mangiano, non hanno bisogno di dormire né di riposarsi, non hanno sentimenti né pulsioni che possano rendere ondivaghe le prestazioni, non vanno in ferie, non protestano, non fanno sciopero e non piantano grane. Se trattati nel modo giusto hanno una capacità di resistenza molto superiore a quella di un lavoratore in carne ed ossa. Perché non dovrebbero essere impiegati per sostituire mano d'opera umana, portatrice al contrario di un sacco di incognite e di beghe che fanno perdere tempo e denaro?

Progressiva emarginazione degli esseri umani
È qui importante ricordare che in Verso una tecnologia liberatoria, saggio pubblicato all'interno di Post-scarcity anarchism, Bookchin già nel 1965, quando gli scenari attuali erano veramente fantascienza, affrontava con grande acutezza e una buona dose di preveggenza il rapporto tra tecnologia e libertà. Era convinto che se impiegata e pensata nel modo giusto la tecnologia può instaurare una nuova dimensione per la liberazione dell'uomo, perché è potenzialmente in grado non solo di liberare dai bisogni e dalla schiavitù del lavoro, ma anche di condurre a una forma di socialità libera, armonica ed equilibrata, ad una comunità di tipo ecologico che favorirebbe il libero sviluppo delle proprie potenzialità.
Oggi ciò non è possibile. Nell'era attuale, in cui si è raggiunto un livello di conoscenza di base elevatissimo, finanziando equipe di scienziati con a disposizione tutto il necessario per la ricerca si possono programmare e commissionare le invenzioni di cui si ha bisogno. “...il problema non è più la possibilità o meno di riuscire a realizzarli, ma la loro maggiore o minore convenienza dal punto di vista dello sfruttamento commerciale”, afferma lo stesso Bookchin in Post-scarcity anarchism a pagina 64. Ma chi può mettere a disposizione risorse tanto ingenti come richiedono ricerche così aggiornate? Soltanto gli stati, le università, le multinazionali, gli eserciti, le holding finanziarie, cioè chi gestisce la ricchezza interessato soprattutto a perpetuare il proprio potere e ad arricchirsi, là dove il dominio si può muovere liberamente in tutta la sua potenza. Questo spiega molto bene come mai, inequivocabilmente, gli indirizzi di ricerca e le produzioni tecnologiche siano sempre funzionali allo sviluppo capitalista e in perfetta sintonia coi modelli di potere imperanti.
L'intuizione bookchiniana, che andrebbe aggiornata perché è di un cinquantennio fa, mi trova concorde perché vuole spostare il problema collegandosi a una visione libertaria. Se una tale potenzialità a disposizione riuscisse a venire incontro alle esigenze di vita di tutti e a rispondere ai problemi sociali in modo comunitario, invece di essere al servizio dei potentati di turno, non saremmo soffocati dalla colonizzazione tecnologica imperante. Non ci troveremmo, come di fatto sta avvenendo, subissati da un aumento di schiavizzazioni del lavoro, da un impoverimento progressivo delle classi meno abbienti, da un immiserimento delle scelte politiche, da un inquinamento insopportabile e da un incremento, sempre meno collusione sempre più convergenza, delle varie mafie che stanno occupando i mercati e gli assetti finanziari del mondo.
Con l'attuale progresso tecnoelettronico e cibernetico si sta verificando una progressiva emarginazione degli esseri umani, ridotti a massa di manovra e sfruttati economicamente ed esistenzialmente da parte di élite che, attraverso lo smisurato dominio che stanno accumulando, attuano una crescente totale subordinazione, abbinata all'annullamento di ogni possibilità di autonomia sia individuale sia degli aggruppamenti spontanei, tenendo saldamente in mano le sorti del mondo.
Contrastarle sul piano delle lotte tradizionali è ormai inefficace perché non abbiamo più a che fare con un nemico fatto di strutture/apparato che concentrano tutto il potere su se stesse. Il dominio attuale, fluido e spesso sfuggente, è molto più pregnante e non alberga in palazzi del comando da conquistare. Bisogna diventare creativi e trovare il modo di sottrarsi alla cappa di potere che ci stanno costruendo addosso. Bisogna riprendere fortemente a sognare di riappropriarsi della propria vita. L'invadenza tecno/cibernetica che oggi sta avanzando, relegandoci in ambiti sempre più asfissianti, ci dice con forte imperio che il futuro del dominio è già pienamente cominciato.
A noi spetta cominciare a dare avvio con dirompenza al futuro della libertà, diventando consapevoli che non possiamo più demandarlo a eventi macroscopici, come le grandi rivoluzioni del passato, illudendoci che siano d'incanto liberatorie e taumaturgiche. La nostra azione si deve spostare dalla costruzione dell'evento risolutore, che ormai dovremmo aver capito che non esiste, al cambiamento qui ed ora con la costruzione continua di spazi autogestiti di libertà che si sottraggano all'imperante sottomissione organizzata.

02 dicembre 2013


Schiavi antichi e schiavi moderni.

di Michele Michelino Da  nuova unità – rivista di politica e cultura comunista, novembre 2013
Immagini di fabbriche che chiudono o delocalizzano la produzione all’estero con gli operai disperati che presidiano gli stabilimenti vuoti, immagini d’immigrati annegati sui barconi della morte nel tentativo di sfuggire alle guerre o alla fame causata dai paesi capitalisti (fra cui l’Italia) con le relative lacrime di coccodrillo dei politici di turno davanti alle telecamere. Gli occhi di milioni di persone vedono, quando conviene al potere economico-politico, esseri  umani costretti a vivere in tende fatiscenti costruite con teli di fortuna di plastica, con tetti fatti con pezzi di rifiuti di eternit, nei campi di pomodori, di ulivi nelle fatiscenti case ai margini delle fabbriche, nei cantieri o nei magazzini della logistica e della grande distribuzione o peggio ancora nei Centri di Integrazione ed Espulsione (CIE) incarcerati senza nessuna colpa se non quella di essere immigrati “clandestini”. Le immagini televisive che entrano nelle nostre case tramite i telegiornali TV all’ora di pranzo o di cena ci mostrano una realtà e un mondo pieno di violenza e miseria a cui il “nostro” esercito democratico e nostri “bravi e umani” governanti cercano di dare aiuto, pace e democrazia.
Son passati più di 200 anni dalla rivoluzione industriale ma la condizione dei proletari è rimasta la stessa, e in alcuni casi è peggiorata.
Dopo aver depredato, e rubato, con la complicità di governanti corrotti al soldo delle multinazionali, i paesi imperialisti usano i flussi migratori per sfruttare ulteriormente i migranti che sfuggono dalla miseria, la fame e le guerre da loro prodotte. I migranti, esseri umani e forza lavoro senza diritti sono usati nelle campagne, nelle fabbriche, nei cantieri, nelle logistiche, nel terziario, nell’assistenza agli anziani per pochi euro e sono estremamente ricattabili perché possono essere espulsi appena protestano per i loro diritti.
Esseri umani, operai, lavoratori senza diritti, sfruttati invisibili sul piano sindacale e politico, moderni schiavi salariati trattati peggio degli animali. Per le leggi borghesi, chi abbandona un cane è punito con sei mesi di reclusione; un capitalista che abbandona a morte o ammazza un lavoratore se la cava con l’impunità.  La concorrenza fra lavoratori immigrati e autoctoni peggiora le condizioni anche di questi ultimi e il mercato impone condizioni da fame a tutti.
I borghesi tramite i governi, partiti, sindacati, istituzioni e mass-media sostengono da sempre che per uscire dalla crisi è necessario che i proletari accettino i sacrifici e collaborino con i padroni per rendere il paese più competitivo. La realtà ha dimostrato che questa strada porta solo alla rovina della classe operaia e proletaria mondiale mettendo gli operai di un paese contro l’altro.
Contro la divisione alimentata dai padroni e dalla concorrenza dobbiamo opporre la solidarietà rivoluzionaria tra gli operai e i lavoratori di tutto il mondo, perché i moderni schiavi salariati oggi sono trattati peggio di quelli antichi.
Per quanto miserabile fosse la loro condizione, gli schiavi antichi erano una proprietà del loro padrone che aveva interesse a mantenere in buono stato la sua proprietà. Oggi, a differenza degli antichi schiavi che rappresentavano per il loro padrone una merce di valore, a cui il padrone assicurava vitto e alloggio, i moderni schiavi salariati, gli operai, essendo proprietà dell’intera classe dei capitalisti non hanno più niente di assicurato.
Con la nascita del capitalismo la merce forza-lavoro dell’operaio impiegata nel processo di produzione ha la qualità specifica di essere forza produttrice di valore, anzi, di essere fonte di un valore maggiore di quello che essa possiede, il plusvalore. La scienza e la tecnica asservite al capitale fanno sì che a ogni nuova scoperta scientifica, a ogni nuovo perfezionamento tecnico questa eccedenza del suo prodotto giornaliero sul suo costo giornaliero aumenta, cioè si riduce quella parte della giornata di lavoro in cui l’operaio produce l’equivalente del suo salario, e si allunga perciò d’altro lato quella parte della giornata in cui egli deve regalare al capitalista il suo lavoro senza essere pagato e il divario fra borghesi e proletari continua ad aumentare a vantaggio dei primi .
La costituzioni borghesi sono piene di belle frasi: libertà, uguaglianza, diritti uguali per tutti, parole che rimangono però frasi vuote. In una società divisa in classi. Anche se le leggi democratico – borghesi affermano che  l’operaio e il padrone sono uguali e godono degli stessi diritti, la condizione di completa subordinazione economica sancita dall’ordinamento giuridico borghese fa si che la “libertà” e la “uguaglianza” dei cittadini sia solo formale, essendo l’ordinamento giuridico capitalista fondato sulla proprietà privata dei mezzi di produzione.
In realtà il proletario “libero” nel sistema economico borghese è semplicemente “libero di essere schiavo”.
Nonostante la diversa condizione formale, l’operaio e l’antico schiavo hanno in comune l’estorsione di “pluslavoro” a cui sono soggetti.  La diversità del loro asservimento è che sia lo schiavo antico e il servo della gleba che il moderno operaio salariato frutto del capitalismo, hanno in comune che per vivere e ricevere i mezzi di sussistenza, sono costretti a produrre a vantaggio dei loro rispettivi padroni una quantità di lavoro eccedente rispetto a quella che sarebbe di per sé necessaria per produrre i beni necessari per la loro autoconservazione.
La differenza tra lo schiavo antico, che non era retribuito per il suo lavoro, e quello moderno che sembra pagato per ogni singola ora di lavoro è solo apparente. Se si va al di là delle apparenze, si scopre però che lo schiavo antico riceveva, come stipendio, i mezzi di sostentamento necessari per mantenersi in vita come schiavo cosi come pure nella “busta-paga” dell’operaio vi sono soltanto i soldi necessari affinché egli si conservi come “schiavo”  salariato alle dipendenze del capitale.
La crisi mondiale acuisce i conflitti di classe e nella lotta quotidiana fra capitale e lavoro si va formando in ogni paese un’avanguardia di classe che, anche se lentamente, prende coscienza della propria condizione di sfruttamento e della necessità di un partito della classe operaia e proletaria. La storia e l’esperienza ci hanno dimostrato che solo con un’organizzazione politica indipendente, rivoluzionaria che lotta per  distruggere dalla fondamenta la società capitalista basato sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, si possono fare passi concreti verso l’emancipazione la liberazione proletaria.

01 dicembre 2013

Cose così.



Oggi vorrei scrivere qualcosa di diverso, qualcosa che si discosti un po’ dalle solite tiritere sulla politica, di cui veramente ne ho piene le tasche, anche perché, pensandoci bene, non si fa altro che ripetere le stesse cose: non è giusto di qua, si dovrebbe fare così di là, sono tutti uguali, non se ne può più, ecc. ecc. ecc.
Vorrei parlare di qualcosa che è praticamente scomparso, credo prematuramente perché ce ne sarebbe stato ancora un gran bisogno, anche solo per riscoprire qualcosa che non siamo più tanto abituati a considerare, a farne un uso quotidiano.
Vorrei parlare della gentilezza.
Ricordo che quando ancora c’era non si faceva troppa fatica ad usarla. C’era, era lì, a disposizione di tutti, gratuita come poche cose ancora sono. Bisognava solo avere un po’ di umanità ed eccola che si presentava, solida, spontanea e gratificante. Era una forma mentale, di quelle che ti tiri dietro dalla nascita, una vera e propria modalità di essere e di agire, un modo di fare attenzione agli altri e di prendersene cura, una forma di comprensione e di tolleranza che, con un po’ di educazione, migliorava con gli anni e la consapevolezza.
Dolcezza, pazienza, educazione, cortesia, galateo, capacità di chiedere scusa, attenzione all'altro..
Grazie. Prego. Scusi. Ha bisogno? Passi pure. Non importa. Disturbo? Permesso?
Piccole parole, pennellate di colore che riconciliavano con i grigi ingranaggi esistenziali, gocce di balsamo per ammorbidire l’asprezza della vita quotidiana.
Certo, non miglioravano le cose, ma servivano ad affrontarle meglio, ad evitare sgomitamenti, togliendo un pizzico di sconforto alla difficoltà che normalmente si incontra percorrendo strade costantemente in salita.  
A dire il vero, qualche traccia di gentilezza si può ancora trovare in alcuni tipi di rapporti, almeno in una prima fase di conoscenza e di studio reciproco, ma poi si disperde facilmente, sostituita da un cinismo e da una indifferenza che sono il lasciapassare per il disprezzo del prossimo.
E se qualcuno ancora prova ad essere gentile, tentando di resuscitare una pratica così obsoleta, gli va ancora bene se viene solo tacciato di retorica, perché potrebbe benissimo restare completamente isolato e condannato per pratiche sospette. Pare che l’aggressività e la violenza siano indispensabili per non farsi mettere i piedi in testa e l’idea che le relazioni umane siano fatte di comprensione, di rispetto  e considerazione è ormai considerata fuori dagli schemi.
Ma non credo che ce ne siano di migliori per uscire da una crisi che, prima di aver spolpato i portafogli, ha già da tempo corroso i cuori.