31 marzo 2016

Un musicista deve schierarsi?


Quella che segue è una piccola parte di un'intervista realizzata nel 2007 a Gianmaria Testa, quel "cantautore capostazione" che i francesi ci invidiavano tanto e che invece, noi italiani, a stento ci siamo accorti che esistesse. Se n'è andato ieri, silenziosamente come è vissuto. Abituato a far partire treni, a guardare scendere e salire turbe di anonimi sconosciuti da convogli altrettanto anonimi, Testa conosceva molto bene l'assurda e geniale transitorietà della vita, gli occhi, il sangue e l'anima di tutti quei nessuno che non stanno mai sotto i riflettori, le mille storie urlanti nascoste nella profondità delle loro mute viscere. Forse è un bene l'anonimato in cui questo genio silenzioso e garbato ha vissuto, questo poeta che parlava solo perché aveva cose da dire al punto da non dire mai una parola di troppo. Un bene triste, che ci lascia modo di scoprirlo piano piano, con quella delicatezza che lo ha sempre contraddistinto. Un artista sempre sotto traccia, sotto pelle sarebbe meglio dire... che scivola nelle pieghe del sentire come un'onda calda che avvolge di cose buone. Adesso non c'è più, che peccato. Ciao Gianmaria.
"Un musicista deve schierarsi?"
"Penso di sì. Questi sono tempi di grande confusione, non si può generarne altra. I ragazzi vivono una condizione difficile: noi, quando eravamo giovani, credevamo che il futuro sarebbe stato pieno di cose migliori; ci siamo sbagliati, certo, ma pensa ai ragazzi di oggi, che vedono il futuro come una dimensione peggiorativa del presente. Da ogni punto di vista: ambientale, sociale, politico… Non si può vivere serenamente il presente, se non ci sono prospettive per il futuro.
Il disco sull’emigrazione l’ho fatto proprio per i ragazzi, per ricordare a loro e a noi quello che eravamo solo qualche decennio fa: immigrati. Anche a casa nostra. A Torino si scriveva sulle case “Affittasi ma non ai meridionali”. È passata una sola generazione, e già abbiamo un partito xenofobo come la Lega, facciamo leggi speciali, abbiamo i Cpt.
Viviamo in un mondo al contrario: gli Usa, che sono la più grande nazione di emigranti – perché hanno sterminato la popolazione originaria – stanno facendo un muro per bloccare altri emigranti come loro. Credo che la storia ci renderà conto di questo atteggiamento, di questo disumanesimo.
Certo, so che non è facile, anche a me può dare fastidio che andando in macchina tentino sei volte di lavarmi il vetro, ma non mi fermo lì. Come non riesco ad aderire a questa richiesta di sicurezza. Ma davvero vi sentite assediati? Ma da cosa? Io non voglio sentire che la sicurezza deve essere una delle priorità della sinistra, ma scherziamo?"


...l'ho lasciato alla porta di casa che sputava per terra come fosse un saluto, 
l'ho lasciato che sputava per terra
come se fosse un saluto...


29 marzo 2016

Lo sciopero dei gesti inutili.

Da Finimondo.

Albert Libertad.
Perché gli uomini (così come tutti gli altri esseri, ovviamente) lavorano? A quale scopo?
La risposta è semplice. Se l'uomo ha strofinato a lungo due pezzi di legno uno contro l'altro, se ha tagliato una selce, se l'ha usata per ore contro la polvere, era per ottenere il fuoco, per ottenere un'arma, o magari uno strumento.
Se ha abbattuto alberi, era per costruirsi una capanna; se ha intrecciato fibre vegetali, era per modellare dei vestiti o delle reti.
Tutti i suoi gesti erano gesti utili.
Quando la semplicità dei suoi gusti, e anche l'orizzonte necessariamente limitato dei suoi desideri, gli ebbero procurato del tempo libero, a seguito della sua destrezza e dei mezzi scoperti da lui e dai suoi simili, ha trovato buona cosa fare dei gesti la cui utilità non era così evidente, ma che gli procuravano una quantità di piaceri che non ritenne trascurabile. Diede alla pietra le forme che gli piacevano; tracciò sul legno le immagini che lo avevano colpito.
In ogni caso, i gesti che faceva, necessari per i suoi bisogni immediati o necessari per i suoi piaceri, erano gesti di cui non contestava l'utilità; del resto, era padronissimo di non fare quelli del secondo tipo.
Attraverso quali vie l'uomo di allora che lavorava il corno di renna, volontariamente, per il proprio piacere, sia giunto all'uomo di oggi che lavora l'avorio per forza, per il piacere degli altri, non cercherò di descriverlo.
Per migliaia di uomini, i gesti piacevoli fatti volontariamente sono diventati un «mestiere», senza il quale non possono vivere. I gesti che servivano ad abbellire il loro ambiente sono diventati una condizione inevitabile di vita. I gesti che facevano per affinare i sensi, ora li indeboliscono, usurandoli prematuramente.
Gli altri uomini sono quindi costretti a fare i gesti necessari per mantenere la vita sociale, e usano la loro forza per quegli stessi gesti. Lavorano per coloro che fanno «mestiere» di gesti piacevoli, per coloro che vivono nell'attività assoluta a seguito di un malinteso sociale.
Coloro che non lavorano, aberrazione completa, straordinaria, fanno controllare a loro profitto il lavoro utile o piacevole degli altri. E questo servizio di controllo aumenta il numero di persone che non fanno un lavoro utile, e nemmeno piacevole. Pertanto, aumenta la quota di lavoro degli altri.
Il cervello ha un bello sforzarsi di continuo allo scopo di migliorare il lavoro del corpo, fare continue scoperte, costanti invenzioni, il risultato è quasi zero, il numero di intermediari, di controllori, di inutili, aumenta in proporzione.
Una specie di follia finisce con l'impadronirsi del mondo. Si arriva a preferire, ai gesti di prima utilità, i gesti piacevoli o persino quelli puramente inutili. Chi non ha mangiato nulla, o assai poco, si farà fare dei biglietti da visita. Chi non avrà la camicia, indosserà colletti dal candore immacolato. Quante sciocchezze generate dai pregiudizi e dall'imbecille vanità degli individui!
A seguito di una forza puramente fittizia, si usano le proprie qualità a vanvera.
Uomini, il cui interno è nero e sporco, dipingeranno di smalto la facciata; altri, i cui bambini non possono andare a scuola, comporranno o stamperanno prospetti o menu di gala; altri ancora tesseranno meravigliosi arazzi, mentre la donna che hanno in casa non ha una veste calda da mettere sul ventre gravido.
L'uomo ha dimenticato che, in origine, faceva gesti di lavoro innanzitutto per vivere, e poi per divertirsi. Ciò che dobbiamo fare è ricordarglielo.
[...]
Ogni giorno alcuni fatti nuovi risvegliano in me quell'ossessione del lavoratore che si costruisce da sé la dolorosa prigione, la città omicida in cui si rinchiuderà, dove respirerà veleno e morte.
Mentre cerco di conquistare più felicità, vedo sorgere di fronte a me il mostro del proletariato, l'onesto operaio, il lavoratore previdente.
Non è lo spettro del capitale né le pance borghesi che trovo sulla mia strada... è la moltitudine di lavoratori della gleba, della fabbrica che mi ostacola il cammino... Sono troppo numerosi. Non posso nulla contro di loro.
Bisogna pur vivere... E il lavoratore inganna, ruba, avvelena, strozza, annega, brucia il suo fratello, perché bisogna vivere.
E suo fratello inganna, ruba, avvelena, strozza, annega, brucia il lavoratore, perché bisogna vivere.
Oh, l'eterna ragione di vivere che porta la morte tra fratelli della stessa famiglia, tra individui dagli stessi interessi, come suona dolorosamente alle mie orecchie.
La tigre in agguato della sua preda nella giungla, o il pellicano che affonda il becco in acqua per afferrare il cibo, lottano contro le altre specie al fine di vivere. Ma né il pesce né l'antilope scambiano vani salamelecchi con la tigre e il pellicano. E la tigre e il pellicano non fondano sindacati di solidarietà con l'antilope ed il pesce.
Ma questa mano che stringete ha appena versato l'acqua cattiva, avvelenata, nel latte che avete bevuto al caseificio.
Ma quest'uomo che stende il suo corpo accanto al vostro, nello stesso letto, ha appena rinfrescato nei mercati la carne corrotta che mangerete a mezzogiorno nel ristorante accanto alla fabbrica.
In cambio, siete voi ad aver fabbricato le scarpe di cartone la cui umidità ha gettato l'uno sul letto, oppure avete costruito lo scadente muro di sostegno della metropolitana che è crollato sulla madre dell'altro.
Vi fiancheggiate, vi parlate, vi abbracciate, reciproci fratricidi, assassini di voi stessi. E quando uno di voi cade sotto i vostri colpi ripetuti, vi levate il cappello e accompagnate la sua carogna sotto terra, in modo che, pur crepato, continui il suo ruolo di assassino, di avvelenatore ed invii gli ultimi fetori della sua carne putrida per corrompere la carne giovane dei suoi e dei vostri figli.
[...]
Poiché si tratta di preparazione, di organizzazione, accordando a questo lavoro preliminare una scadenza abbastanza lunga, vediamo se sia possibile, invece di utilizzarlo per una difettosa limitazione della durata dello sforzo quotidiano, di cercare le rotelle che sono di troppo o quelle completamente inutili al fine di sopprimerle; le forze non impiegate o male impiegate, al fine di usarle.
Invece di questa limitazione che, allo stato attuale, comporterà tante eccezioni (e talvolta a buona ragione), decidiamo di non mettere mano a un lavoro inutile o nefasto, a un lavoro di lusso ridicolo o di controllo arbitrario.
Che l'uomo che incastona il rubino o che confeziona la catenella d'oro, per arricchire (?) il collo della prostituta «legittima» o «illegittima»; che chi lavora il marmo o il bronzo per ricoprire la carogna di qualche ladro illustre; che colui o colei che, per ore, infila perle di vetro per formare la corona ipocrita dei rimpianti coniugali o altri; che coloro il cui intero lavoro è abbellire, arricchire, aumentare, fabbricare di lusso per i ricchi, per i fannulloni, per agghindare le bambole femminili o maschili fino a renderle «reliquie» o teche, decidano di smettere di lavorare al fine di dedicare i loro sforzi a fare il necessario per sé e per gli altri.
Che coloro che fabbricano il bianco di piombo  e sostanze tossiche; che coloro che triturano il burro, mescolano i vini e le birre, che rinfrescano le carni avanzate, che producono tessuti misti, o i cuoi in cartone, che coloro che fanno del falso, truccato, che ingannano, che avvelenano per «guadagnarsi da vivere» cessino di prestare mano a questo lavoro idiota che può dare profitto solo ai padroni, il ​​cui mezzo di sostentamento è il furto e il crimine. Che si mettano a voler fare un lavoro sano, un lavoro utile.
Che tutti coloro che perforano carte, che controllano, che prendono di mira, che ispezionano; che i tipacci che vengono rivestiti con una livrea per fare i cani inquisitori; che quelli che si mettono alle porte per verificare i bagagli o controllare i biglietti; che coloro il cui sforzo intero consiste nel garantire il corretto funzionamento della macchina umana e il suo buon rendimento nelle casse del padrone, che tutti questi qui, io dico, abbandonino questo ruolo imbecille di spie e sorveglino il valore dei propri gesti.
Che coloro che fabbricano casseforti, che battono moneta, che stampano biglietti, che forgiano recinzioni, che temperano le armi, che fondono i cannoni, lascino questo lavoro in difesa dello Stato e della fortuna, e lavorino a distruggere ciò che difendevano.
Quelli che fanno un lavoro utile e piacevole lo faranno per coloro che vogliono offrire il proprio sforzo in uno scambio reciproco.
Ma quanto lavoro di ognuno si ritroverà diminuito! ... La macchina umana, sbarazzata delle inutili rotelle, migliorerà di giorno in giorno. Non si lavorerà più per lavorare, si lavorerà per produrre.
Allora, compagni, smettiamo tutti di fabbricare il lusso, di controllare il lavoro, di recintare la proprietà, di difendere il denaro, di essere cani da guardia e lavoriamo per la nostra felicità, per il nostro necessario, per il nostro piacere. Facciamo lo sciopero dei gesti inutili.
 

[Le travail antisocial et les mouvements utiles, 1909]

28 marzo 2016

Mmmhh...

Mi rendo conto che non faccio altro che scrivere di disatri, massacri, ingiustizie e similari e un po' me ne dispiace perché vorrei che quei pochi che passano di qui avessero una buona impressione, stessero bene e avessero voglia di ritornare. Solo che le cose belle ormai sono talmente rare che si fa fatica a scovarle e, soprattutto, non fanno notizia quanto tutto il resto. In più non sono molto incline a parlare di me, anche se qualche volta lo faccio, perché penso che la mia vita privata non interessi a nessuno, o meglio, preferisco tenerla per me. Quindi, di che posso scrivere se non di quello che succede nel mondo? E non è colpa mia se il mondo fa schifo. Non è colpa mia se gli esseri umani riescono ad essere sempre peggio di quanto si possa pensare. Non è colpa mia se ogni giorno veniamo assaliti da notizie che continuano a narrare di stupri, omicidi, delinquenze e criminalità legalizzate. Non è colpa mia se viene spontaneo chiedersi se questa vita ha un senso, perché tutto quello che succede un senso non ce l'ha. Eppure siamo animali sociali, la vita di ciascuno di noi non avrebbe scopo senza la presenza degli altri, ma ciò nonostante viviamo in una condizione esattamente contraria, dove la sopraffazione e l'oppressione sono praticate tanto facilmente quanto bere un bicchier d'acqua e la maggior parte degli esseri umani lamenta mancanza di cibo, di dignità, di rispetto e di libertà, dove la sofferenza è normale quando dovrebbe invece essere un'anomalia.
L'essere umano dovrebbe avere la serenità del buon cibo, lavorando non più di tre ore al giorno. Dovrebbe essergli garantita un'abitazione, tanti amici, molti amori, la possibilità di conoscere il proprio corpo e l'ambiente nel quale vive in totale tranquillità, senza doversi guardare le spalle o avere paura dei suoi simili. Dovrebbe potersi costruire un percorso non obbligato da qualcuno che domina, ma che sia l'espressione della propria unicità, dovrebbe avere un progetto in cui ognuno possa rimanere sè stesso e continuare ad esserlo, come lo è all'età di tre o quattro anni quando agisce esclusivamente secondo i propri bisogni e desideri: si nutre, gioca, sorride e ama. 
Questo darebbe un senso alla vita: poterla vivere essendo lasciati in pace da quel branco di mentecatti malati di potere che neppure si accorgono che impedendo al mondo di vivere lo impediscono anche a sè stessi.


No, non sono stati giorni di festa sereni.

Parigi, Bruxelles, Istanbul… la lista è lunga e fa il giro del mondo. Sabato in uno stadio di un villaggio in Iraq , domenica a Lahore, in Pakistan, in un parco giochi. La maggioranza delle vittime sono ragazzi, donne e bambini.
Non so quanti tg abbiano fatto edizioni speciali per questo, proprio il giorno di Pasqua, non ho nemmeno acceso la tv. E non visto bandiere nei profili dei social. Ma sicuramente ci indigneremo...forse un po' meno....ma leggeremo comunque le analisi, ascolteremo le invettive e le richieste di guerra, muri, espulsioni, più armi, più morti, più morti, più morti. Ci riempiremo di orrore e di terrore, di lacrime e di lutto e di un dolore insostenibile. Ma questi ennesimi abominevoli crimini devono anche aprirci gli occhi e la mente. Ad essi bisogna rispondere con la forza della verità e della ragione. E la prima vera domanda da farsi è questa: a chi giova tutto questo?

Da Il Fatto Quotidiano:
 A uscirne vincitore è sempre il potere. Non v’è dubbio. Anche questa volta, la versione ufficiale è lacunosa: non convince, se non quelli che già sono convinti e i tanti che sono disposti a credere a quanto vedono sugli schermi televisivi, sulle pagine dei giornali e sugli altri organi della disinformazione di massa. 
Vi sono passaggi e punti che paiono montati ad hoc. Vi sono domande a cui non v’è risposta: le immagini ci restituiscono una realtà derealizzata o, se preferite, una realtà mediatizzata. Una realtà ritagliata su misura per indurci a odiare l’islam e per prepararci psicologicamente alla nuova guerra contro il terrorismo, ossia alla nuova crociata in stile postmoderno.
Chi trae giovamento da queste stragi che, come a Bruxelles, insanguinano il mondo?
Non è difficile dirlo: il potere. Più precisamente, quel potere che subito ha detto “ci vuole più Europa”, “ci vuole un’intelligence unificata”, “ci vuole un esercito unico europeo”, “ci vuole più sicurezza e quindi meno libertà”, e così via.
Per un anno almeno non si parlerà più di finanza, disoccupazione, precarietà, violenza economica: il nemico sarà sempre e solo il terrorismo, identificato impunemente con l’islam, secondo la più vieta retorica fallaciana.
La crisi è un metodo di governo, diremmo con Foucault: impone a livello economico scelte politiche come necessità ineludibili. Lo stesso modello si attiva anche con il terrorismo. Mediante la crisi e lo stato di permanente insicurezza, si prospetta uno stato d’eccezione costante, grazie al quale, nel quadro della quarta guerra mondiale iniziata con il 1989 (monarchia del dollaro contro ogni forza resistente al suo dominio imperialistico), la potenza atlantista, con il suo codazzo di vassalli e colonie, può sempre di nuovo intervenire militarmente, in nome ora dell’emergenza terroristica, ora della presenza di Stati non allineati demonizzati come pericolosi per la pace mondiale.
Lo stesso paradigma securitario può, per questa via, diventare egemonico: in nome della sicurezza contro l’emergenza del nemico e del terrorista, si restringono le libertà e si inducono i cittadini ad accettare limitazioni e invasioni nella loro vita privata che, in altri contesti, mai sarebbero state accettate.
Come inconfutabilmente si evince dalla situazione prodottasi negli Usa dopo l’attentato alle Torri Gemelle (New York, 11.09.2001), la situazione di crisi emergenziale, mettendo in discussione la sicurezza, diventa un “metodo governamentale” (M. Foucault) teso a intensificare il controllo panoptico dei cittadini e a limitarne le libertà.
Comunque lo si voglia intendere e definire, il terrorismo che insanguina il mondo si rivela oggi funzionale all’ordine egemonico. Il terrorismo, da un lato, permette alle pratiche manipolatorie della fabbrica dei consensi di produrre un immediato adattamento alla condizione neoliberale e al partito unico della produzione capitalistica, contraddittori ma pur sempre preferibili rispetto allo stato d’eccezione del terrore. E, dall’altro, produce un’automatica delegittimazione di tutte le critiche radicali della società esistente, subito accostate alle pratiche terroristiche e, per ciò stesso, integralmente esautorate: a uscirne trionfante è sempre e solo il partito unico della produzione capitalistica.

Diego Fusaro

Il nemico da battere non è la religione in sé e nemmeno il fondamentalismo, ma le condizioni economiche, sociali e (geo)politiche che fin dalla spartizione della "carcassa del turco" hanno prodotto disordine e guerre nel Medio Oriente e in Nord Africa. Dapprima queste condizioni di sfruttamento e sottosviluppo avevano come agente principale il colonialismo, oggi il protagonista è l’imperialismo, cioè i grandi interessi e i grandi affari (petrolio, armi, traffici, rotte commerciali, ecc.).
È una vecchia storia: quale motivo più forte di una fede religiosa o di una "scontro di civiltà" per fare una guerra?

27 marzo 2016

Sapore di festa?

Ecco...diventa sempre più difficile sottomettersi alle lusinghe dei giorni di festa, augurare gioia e felicità a chi non ne ha poi così tanto bisogno, gonfiarsi di troppo cibo e chiacchiere inutili.


L’accordo appena stipulato tra l’Unione Europea e il governo turco sul respingimento dei profughi è oggi alla prova dei fatti. La Turchia si trasformerà in un gigantesco campo di concentramento per i profughi di guerra e i migranti rimasti intrappolati all’ombra della Mezzaluna, dopo la chiusura del mercato di carne umana aperto dall’Europa dei diritti e delle libertà.
Erdogan farà il lavoro sporco. I profughi, con il loro carico di bambini, anziani e disabili non premeranno più alle frontiere. Quelli rimasti in Grecia li stanno chiudendo negli hotspot, che nei fatti e nelle intenzioni saranno veri centri di detenzione.
Difficile tuttavia che davvero chi ha varcato una frontiera voglia tornare indietro, chi è in viaggio vuole andare avanti. Costi quel che costi. Nuove rotte, nuovi mercati, nuovi morti in mare.
Ma nulla di nuovo in questa Europa fatta di filo spinato e frontiere che festeggia la risurrezione.


Ecco, ora di lui non dicono che bene.

Una sottile eleganza straordinaria, che non era soltanto nella sua figura, ma che si prolungava nella sua mente, una mente organicamente omosessuale. Ora molti, anzi tutti, dicono bene di lui, tacendo religiosamente sulla sua proclamata femminile gaiezza, che ha sempre limitato l'apprezzamento della sua vivacissima intelligenza. Ma apprezzare Paolo Poli significa andare oltre qualsiasi stereotipo di genere perché se c’è stato un essere umano anatomicamente maschile, che dimostra come gli esseri umani il sesso se lo scelgano indipendentemente da quello che hanno in mezzo alle gambe, questo è stato lui, o meglio, è stata lei.
Per ricordarlo, tra i tanti contributi che la rete mette a disposizione, scelgo questa intevista dall'archivio di Radio Radicale (2007) dove parla di un episodio di censura per vilipendio alla religione, dei PACS, dell'impossibilità di adottare figli per gli omosessuali, della presenza del papa in televisione.: http://www.radioradicale.it/scheda/216456/sei-brillanti-intervista-a-paolo-poli-sul-suo-nuovo-spettacolo-teatrale-di-satira.

Ciao Paolo, indimenticabile genio surreale tra leggerezza e provocazione. 

26 marzo 2016

Vorrei non credere a tutto questo, però....

Da Libre: Terrore surrealista, anche a Bruxelles il festival del falso.
I morti sono veri, il resto no: a cominciare dalle immagini dell’aeroporto devastato dall’esplosivo, che non è quello di Bruxelles ma quello di Mosca, immagini del 2011 spacciate per attuali da tutte le televisioni. Dopo Charlie Hebdo e la strage del Bataclan, per Roberto Quaglia stiamo ormai viaggiando verso il “terrorismo surrealista”, costruito con una narrazione “impazzita”, senza più alcun legame con la realtà. «Il capo dei servizi segreti ucraini tiene ad informarci che “non si stupirebbe” se dietro agli attentati di Bruxelles ci fosse la Russia», mentre il dittatore turco Ergogan, finanziatore dell’Isis attraverso il traffico di petrolio, si dichiara pronto ad aiutare Bruxelles a combattere il terrorismo, pochi giorni dopo avere dichiarato che «non ci sono motivi perché le bombe esplose ad Ankara non possano esplodere a Bruxelles». Non solo: «Per esclusive ragioni di alto surrealismo dobbiamo anche ricordare che in un’intervista a “Bel-Rrt” del 26 aprile 2013 a proposito dei jihadisti belgi il ministro degli esteri belga Didier Reynders aveva dichiarato: “Forse gli faremo un monumento come eroi di una rivoluzione”. Qualcuno dovrebbe ora chiedergli: quel momento è venuto?».

E il video dell’attentato di Mosca, “traslocato” a Bruxelles con un clamoroso “tarocco”? «Sorge il sospetto che a partire dai giornalisti della Cnn e scendendo giù giù fino ai nostri, senza consultare Facebook e YouTube ci sia una certa difficoltà a capire cosa accada nel mondo. Ma in verità in tali alte sfere giornalistiche un errore del genere non è soltanto colposo, bensì certamente doloso», scrive Quaglia su “Megachip”. «Non è certo la prima volta che la Cnn viene beccata a falsificare le notizie, quindi stupirsi ora o invocare l’errore sarebbe curioso». Ma ormai negli occhi e nella mente del pubblico ci sono le immagini false: «E lì rimarranno, il resto non importa». In un altro video, «un uomo sopravvissuto pare regga fra le mani un bambolotto piuttosto che un vero bambino. Nel Mondo Nuovo Surrealista non ci si può più interamente fidare neppure dei propri occhi». Inoltre, l’attentato di Bruxelles è ricco di pane per i denti dei teorici delle coincidenze: «Scopriamo infatti che una delle mancate vittime era già stata una mancata vittima a Parigi, al Bataclan, il 13 novembre 2015. Si tratta di tal Lahouani Ziahi, francese, che con tutti i posti che ci sono nel mondo ha avuto la sfiga di trovarsi per due volte esattamente là, dove i terroristi colpivano. E, naturalmente, anche la fortuna di rimanere illeso entrambe le volte».

Ancor meglio ha fatto il mormone Jason Wells, 19 anni, che prima di rimanere ferito a Bruxelles nell’esplosione all’aeroporto Zaventem, il 15 aprile 2013 si era trovato anche alla maratona di Boston a un isolato di distanza da dove esplose una bomba. Wells si trovava anche a Parigi il giorno dell’attentato al Bataclan: «Secondo il “Corriere” rimase ferito anche lì, secondo fonti più attendibili si trovava in altra parte della città, quindi il terzo miracolo al massimo vale solo a metà». D’altra parte, anche uno dei feriti sopravvissuti al Bataclan era una vittima recidiva, essendosi già stato presente a Manhattan l’11 Settembre: si trovava sotto la Torre Sud quando si schiantò il primo aereo. «Questa proliferazione di vittime recidive che balzano più o meno illese di strage in strage farebbe risuonare un campanello di allarme in qualsiasi persona razionale, ma nel Mondo Nuovo Surrealista ci pare tutto normale». Volendo osservare criticamente altri eventi americani come la strage di Sandy Hook o di San Bernardino, «scopriremmo di ritrovarci addirittura nel Paese delle Meraviglie di Alice». Ovvero: «Mentre nel mondo normale qualsiasi cosa succeda nove persone su dieci sfoderano il loro telefonino ed iniziano a filmare o a farsi i selfie che poi si riversano su Facebook Jason Wellse YouTube, nel Mondo Nuovo Surrealista i giovani rigorosamente dimenticano di comportarsi così, le app degli smartphone rigorosamente omettono di infestare i social network delle immagini scaraventate online in tempo reale».

Zero immagini da Bruxelles, come del resto anche da Parigi. «Subito dopo i fatti di Parigi, insospettito dal fatto che a parte poche eccezioni nessun giornalista “avvoltoio” intervistasse le centinaia di famigliari delle vittime, delle quali in buona percentuale nessuno neppure pubblicava le foto, provai a scoprire qualcosa di più su di loro cercandone i profili su Facebook». Prima sorpresa: «Una buona percentuale delle vittime, forse addirittura metà, non ce l’avevano. Questo, in un’epoca dove trovare un giovane che non sia su Facebook è quasi impossibile». L’80% delle vittime dell’11 Settembre, poi, non è neppure presente nell’Us Social Security Death Index. «Vittime che pare quasi non esistano, contrapposte a quasi-vittime che pare esistano anche troppo – come la studentessa 22enne Cordelia Bowdery, la quale della sua esperienza al Bataclan scrisse un breve post su Facebook, struggente, commovente, perfetto, così da manuale da parer scritto da un professionista (“a pensar male si fa peccato, ma…”) e che rapidamente totalizzò tre milioni di “likes” e quasi 800.000 condivisioni». Che dire: «Contrasti assurdi del Mondo Nuovo Surrealista, ove nulla è ciò che sembra».

Il Mondo Nuovo Surrealista, continua Quaglia, «è architettato in modo da mettere in stato permanente di dissonanza cognitiva i propri cittadini, poiché è noto in psicologia che chi è in stato di smarrimento e confusione, non potendo contare sul giudizio di se stesso, diviene molto più disposto a sottomettersi a quello dell’autorità». Tanto per cambiare, i presunti terroristi di Bruxelles sarebbero due fratelli, “i fratelli el-Bakraoui”. «Su questo canovaccio si butta anche un media russo, rivelando (falsamente) che gli attentatori suicidi sarebbero due fratelli bielorussi (i quali hanno prontamente contattato la stampa per chiedere come fanno ad essere ancora vivi dopo essersi fatti esplodere)». Per gli attentati di Parigi a novembre 2015 c’erano “i fratelli Abdeslam”. Per la strage di Charlie Hebdo “i fratelli Kouachi”. Per l’attentato di Boston “i fratelli Tsarnaev”. «Va bene che i film di Hollywood seguono sempre gli stessi canovacci, ma qui non dovremmo trovarci nel mondo reale?». Uno dei fratelli el-Bakraoui, peraltro, sarebbe stato arrestato in Turchia a giugno 2015, poi spedito in Belgio avvertendo le autorità belghe che avrebbe legami col terrorismo. Uno standard, ormai: gli attentatori “già noti alle forze di sicurezza”.

Cose simili sono state riferite anche per molti altri attentati, a partire da Londra nel luglio 2005: «Si alimenta il mito dell’inefficienza dei servizi di sicurezza creando così il pretesto per aumentarne i poteri». Intanto, nessuno viene mai punito per questi “errori” catastrofici. Al contrario: «Dopo l’11 Settembre, i vertici militari e di intelligence americani che avevano “fallito” nel prevenire gli attacchi, anziché licenziati vennero tutti promossi. I budget per la “sicurezza” vengono raddoppiati, triplicati. Esiste qualcuno che ancora abbia il cervello acceso? Qualcuno si ricorda cosa significhi “cui prodest”?». Come in un film di Hollywood, la strage di Bruxelles segue di pochi giorni un colpo di scena nel quale “i buoni” pareva avessero vinto: ecco infatti «l’improbabile, scenografica cattura del cattivissimo Salah Abdeslam, additato a “cervello” della strage di Parigi, esibito al pubblico con un sacco in testa come se ci dovessero proteggere dal suo sguardo letale, in grado di impietrirci come Medusa». E come in un film, proprio sul più bello, ecco il colpo di scena drammatico, la nuova strage. Canovaccio invariabile anche sull’identità dei killer: al posto del solito passaporto “dimenticato” sulla scena del crimine, stavolta «il kamikaze si autodenuncia lasciando il suo “testamento” su un computer gettato nella spazzatura. E a capire dove abitavano i terroristici è bastato chiedere al tassista».

Altra variazione di sceneggiatura: manca per ora la scoperta dell’esercitazione antiterrorismo, presente in tutti gli attentati terroristici precedenti, intenta a svolgersi nello stesso esatto momento e negli stessi luoghi dove poi per caso gli scenari immaginati divengono reali. Tuttavia, aggiunge Quaglia, abbiamo una grande esercitazione profetica di reazione a catastrofe a fine febbraio, con centinaia di partecipanti, a 400 metri dalla fermata del metrò di Maelbeek. «Praticamente, lo stesso posto dove ora c’è stato l’attentato». E quindi: «O chi ha fatto l’esercitazione sapeva che l’attentato sarebbe avvenuto lì, oppure i teorici delle coincidenze hanno messo a segno la lora ennesima vittoria consecutiva alla lotteria delle improbabilità». Poi, naturalmente, ci sono i “profeti”. Oltre a Erdogan, si fa notare il giornalista americano David Chase Taylor, caporedattore di “Truther.org” «autoesiliatosi in Svizzera». Con una settimana di anticipo, Taylor «ha previsto un attentato a Bruxelles fra il 16 e il 23 marzo». E c’è addirittura chi ha previsto un attentato nel giorno esatto, il 22 marzo 2016, anche se non in grado di specificare dove.

«Il fatto è che pare che il numero 322 (3/22 è il 22 marzo, per gli anglosassoni, che sono usi anteporre il mese al giorno) sia uno di quei numeri “speciali” ai quali certi circoli di potere riconoscerebbero un valore particolare». Cercando in rete, prosegue Quaglia, si scopre che sul 22 marzo, negli anni, è stato scritto di tutto e di più. Un po’ come il numero 11, un altro numero molto in voga in certi circoli e che ci ha regalato esperienze indimenticabili l’11 settembre 1973 (il golpe in Cile), l’11 settembre 2001 (Torri Gemelle), l’11 marzo 2004 (attentati alla stazione di Madrid), l’11 marzo 2011 (disastro di Fukushima). «Cosa ci regalerà stavolta il terrorismo surrealista? Una invasione Nato in Siria? Una fusione delle forze di sicurezza delle diverse nazioni europee? Ulteriori perdite di sovranità? Nuove leggi contro la libertà di stampa e di espressione? Di tutto un po’? Inutile avere fretta. Presto lo scopriremo. L’ex capo del Mossad in un’intervista a “Repubblica” suggerisce per noi un Patriot Act europeo. Accipicchia che sorpresa! Proprio quello che ci mancava».



24 marzo 2016

Similitudini.


In questi giorni il Belgio vive quello che visse una volta New York nel 2001, Madrid nel 2004, Londra nel 2005, e Parigi due volte nel 2015, ma che Siria, Iraq, Yemen, Afganistan e Libia vivono ogni giorno, ogni ora, dove i morti non si contano a dozzine ma a centinaia, migliaia.
Sicuramente in Belgio non è morto alcun colpevole, tutti erano innocenti come i 12 milioni di congolesi che il Re Leopoldo II del Belgio sterminò nelle sue piantagioni di caucciù tra il 1885 e il 1908, senza contare coloro a cui amputava le braccia per non aver raggiunto la quota assegnata di raccolta, il che gli da il triste onore di essersi trasformato nel maggior genocida della storia moderna, superando lo stesso Adolf Hitler. 
Le vittime di oggi non sono responsabili neppure delle atrocità commesse in Congo, Ruanda e Chad tra il 1960 e il 1966 dai famosi paracadutisti belgi. 
E non vale la pena nemmeno di parlare delle azioni di cui il Belgio e i suoi soci della NATO sono responsabili in Libia, Siria, Iraq e Afganistan. 

Però...può darsi che al momento di cercare i colpevoli, si debba cominciare in casa propria.

19 marzo 2016

Fuggiremo il riposo, fuggiremo il sonno. Prenderemo al volo l'alba e la primavera. E prepareremo giorni e stagioni a misura dei nostri sogni. (Paul Eluard)

Siamo nella primavera del 1871.
La guerra Franco-Prussiana, era terminata con la sconfitta della Francia a Sedan e con durissime condizioni di resa. I parigini (avevano subìto l'assedio dei prussiani e resistito per 5 mesi combattendo con le truppe regolari monarchiche nel corpo di volontari armati denominati "Guardia Nazionale"), avevano vissuto anche un cambiamento di regime: la caduta della monarchia e la proclamazione della repubblica. Ma, come spesso accade, tutto si era risolto in un semplice avvicendamento di persone al potere, che appartenevano per lo più alla stessa classe dirigente.
Parigi, quindi, insorse contro il governo centrale e l'Assemblea Nazionale che avevano condotto la Francia al disastro e, animata da un forte orgoglio nazionale, ispirata al blanquismo, al giacobinismo tradizionale e al socialismo anarchico di Proudhon, proclamò la repubblica: era il 28 marzo 1871.
Dopo il crollo dell'impero e dopo la resa alla Prussia di Bismark, la Guardia Nazionale aveva conservato il suo armamento e aveva eletto un comitato centrale. In opposizione al governo Thiers, che aveva sede a Versailles, proprio quando il governo pretese la consegna delle armi e, in particolare, dei cannoni installati sull'altura di Montmartre, si ebbe la rottura definitiva e la proclamazione della Comune rivoluzionaria.
I parigini sperarono che il loro esempio fosse imitato dalle altre città francesi. A Lione, Marsiglia, Tolosa il tentativo però fu facilmente represso. Nonostante l'isolamento i comunardi tentarono diverse riforme radicali: abolirono l'esercito (allora la ferma durava dai 3 ai 5 anni) e lo sostituirono con una struttura armata popolare e volontaria: La Guardia Nazionale.
Fu proclamata la totale separazione dalla chiesa abolendo i privilegi degli ecclesiastici; le fabbriche abbandonate dai padroni furono gestite da cooperative di operai. Fu soppresso il lavoro di notte nei forni e abolita l'istituzione dei sensali del lavoro. Furono occupati gli appartamenti liberi e sospese le sentenze di sfratto e morosità. Furono rimessi ai depositanti tutti gli oggetti del Monte di Pietà che non avessero un valore superiore ai 25 franchi. Ed ancora fu stabilito che gli alti funzionari, come i giudici, fossero eletti e revocabili in qualsiasi momento e fossero retribuiti con salario non superiore a quello di un operaio qualificato. Fu decretata l'abolizione del giuramento politico e professionale...
Questi i principali decreti della Comune a cui si aggiunsero tutti gli altri decreti concernenti i servizi pubblici, l'approvvigionamento di Parigi assediata, le ambulanze, l'assistenza pubblica, la direzione dei musei e della biblioteca, e infine, fu soppressa ogni distinzione tra figli legittimi e naturali, tra sposati e conviventi.
La Comune era orientata verso l'emancipazione completa delle donne che ebbero un ruolo molto importante in questo periodo.
Ecco come le donne della Comune si rivolgono alle donne di Parigi: "Cittadine, sopporteremo più a lungo che la miseria e l'ignoranza facciano dei nostri figli dei nemici, che padre contro figlio, fratello contro fratello, vengano ad uccidersi fra loro sotto i nostri occhi per il capriccio dei nostri oppressori? Cittadine, noi vogliamo essere libere!...".
Poichè i comunardi dovettero organizzare le difese alle previste offensive delle autorità di Versailles, molti di quei progetti non ebbero il tempo di essere attuati. La Comune potè realizzare solo iniziative simboliche come l'incendio della ghigliottina sotto la statua di Voltaire e l'abbattimento della colonna Vendome, costruita con il bronzo fuso dei cannoni di Napoleone, e quindi simbolo dell'imperialismo e del militarismo. Intanto il governo Thiers ottenne dal vecchio nemico Bismark la restituzione dei prigionieri di guerra e li riorganizzò in vista della repressione.
Alla fine del mese di maggio, decine di migliaia di soldati comandati dal generale Mac Mahon, gli stessi che si erano arresi ai nemici prussiani, sferrarono un attacco, decisivo, contro Parigi e in una settimana (21 - 28 maggio), ricordata come "Settimana di sangue", riuscirono a sconfiggere i comunardi.
Decine di migliaia furono i morti. Al cimitero di Père-Lachaise circa 5000 persone furono fucilate in un sol giorno. Decine di migliaia i condannati e i deportati. Per tutti ricordiamo Louise Michel che continuerà a far parlare di sè...
Il 28 maggio, dopo solo 71 giorni, terminò un esperimento di società diversa che influenzò profondamente i tentativi rivoluzionari successivi... La Comune, per l'importanza e la universalità dei principi cui si ispirò, per il lungo assedio che sostenne, per il numero delle vittime, e per l'orrore delle rappresaglie, può certo considerarsi come uno dei più audaci tentativi che le classi subalterne abbiano mai fatto per emanciparsi.
Pietro Kropotkin individuò tuttavia alcuni errori commessi e così scrisse: "La Comune non poteva essere che un abbozzo iniziale. Nata alla fine della guerra, accerchiata da due eserciti pronti a darsi una mano per schiacciare il popolo, essa non osò lanciarsi interamente sulla via della rivoluzione economica perchè non procedette all'espropriazione dei capitali... e perchè non spezzò neppure la tradizione dello Stato... ma è certo che se la Comune di Parigi avesse vissuto qualche mese ancora, sarebbe stata spinta inevitabilmente, per la forza delle cose, verso queste due rivoluzioni..."

Dopo questa esperienza Parigi è stata sventrata con interventi urbanistici radicali: strade larghe per rendere difficile il blocco con barricate. Tutte le altre metropoli europee hanno adottato simili "accorgimenti"..., uno dei tanti sviluppati dalla logica del dominio e del controllo sociale.



A Louise Michel, anarchica, sono stati dedicati una stazione del metrò, monumenti... francobolli commemorativi. Evidentemente perchè è un personaggio indimenticabile della storia e della cultura popolare e il potere ha bisogno di creare miti per sostenersi e nello stesso tempo per neutralizzarne le idee.
Louise Michel, durante il viaggio in cui fu portata come prigioniera in Nuova Caledonia, ebbe modo di riflettere su quella formidabile esperienza vissuta: il passaggio in pochi mesi di tre forme di potere differenti: monarchia, repubblica, stato proletario. E scrisse: "...Dato che paragonavo continuamente le cose, gli avvenimenti e le persone e perchè ho visto i nostri compagni all'opera, sono arrivata ben presto alla conclusione che addirittura gli onesti, una volta al potere, sono tanto incompetenti quanto i bricconi dannosi e vedevo l'impossibilità che mai la libertà potesse associarsi con un potere, di qualsiasi natura esso fosse stato. Sentivo che una rivoluzione che avesse preso una forma governativa qualsiasi, non sarebbe stata che un'apparenza ingannevole". E terminava il suo pensiero dicendo: "...Il potere è maledetto, ecco perchè, io sono anarchica...".

http://www.tightrope.it/michel/comm.htm

17 marzo 2016

"Stiamo lavorando a un sogno".

Non lo dico io ma il presidente dell'agenzia spaziale italiana. E il sogno sarebbe quello di trovare tracce di vita su Marte con la missione "ExoMars" che porterà l'Europa a bussare alla porta del nostro vicino di casa spaziale. Quindi l'Italia che fa ricerca scientifica sta per partecipare con proprio personale, tecnologie e fondi per inviare su Marte una sonda e altro materiale utile per studiarne morfologia del suolo e caratteristiche dell'aria. L'intento è quello di utilizzare nel prossimo futuro, moduli tecno-avanzati per vagliare la possibilità di studiare più a fondo la vita su quel pianeta.
Tutti contenti e orgogliosi, scopriremo tante belle cose.
Però non posso fare a meno di pormi delle domande, e la prima è forse la più ovvia: cosa dobbiamo iniziare a fare su Marte se sulla Terra c'è così tanto da fare e ri-fare? E ancora: se per caso ci fosse vita su Marte e si potesse "colonizzzarlo", cosa in cui siamo tanto bravi ed esperti, cosa ne faremo? Lo sfrutteremo all'inverosimile come siamo soliti fare con le "colonie" e poi abbandoneremo al suo destino anche quello? Oppure molleremo la Terra che abbiamo così ben contribuito a distruggere e ci trasferiremo lassù? Ma no, certo. Ci andranno solo coloro che se lo potranno permettere: i ricchi, i potenti, i signori insomma. Ci sarà quindi una selezione.....quasi una razza pura.....e noi poveracci rimarremo qui a tentare di ripulire il nostro orticello devastato, e se non ce la faremo saranno affari nostri.
Un'altra cosa: sempre ipotizzando l'esistenza di "marziani" e che ci scambiassimo la "visita", come li accoglieremo noi umani della Terra che nei nostri limitatissimi confini dobbiamo ancora risolvere i problemi razziali, che non riusciamo ancora a metterci in testa la storia dei diritti di uguaglianza fra esseri della stessa specie? Cosa penseremo di esseri alieni così diversi se stiamo assistendo quotidianamente all'immane disordine che la diversità di pensiero, di credo, di colore crea nelle nostre piccole menti?
Mi rendo conto che queste sono tutte ipotesi, anche un po' fantascientifiche, ma tutt'altro che impossibili. 

Io avrei un sogno di tutt'altra natura.....

 

16 marzo 2016

Operazione Bluemoon, l'eroina dei servizi segreti.

Questo è un documento della Rai sull'operazione Bluemoon. Nel periodo più duro dello scontro di classe avvenuto negli anni 70, nelle piazze italiane fa la sua comparsa un nuovo tipo di droga "L'eroina". Un mare che avanza inesorabilmente, propagandato e pubblicizzato come atto liberatorio di fatto inghiotte e fagocita le coscienze e l'azione di migliaia di giovani militanti dell'autonomia (dopo il 77 il mare divenne un oceano) arrivando lì dove il bastone dello stato borghese non poteva colpire.


UmanitaNova ha pubblicato, in anteprima, con autorizzazione dell'autore, uno stralcio inedito, della seconda edizione del libro Full Time Blues. Un diario cronaca degli anni Settanta, di Antonio Festival, in cui si discute dei dati emersi recentemente sui retroscena dell'inondazione di eroina che colpì l'Italia, e gli USA, alla fine degli anni Settanta.  
"Ciao Tonì‭… ‬È da qualche mese che mi vedo spesso con Tonino‭ ‘‬A Perzeca.‭ ‬Ha preso casa giusto‭ ‬200‭ ‬metri più su della mia.‭ ‬Fortunatamente anche lui,‭ ‬a botta d’astinenze,‭ ‬comunità andate perse e patimenti,‭ ‬è riuscito ad uscire dal tunnel della roba.
Il passato a volte è appena dietro l’angolo,‭ ‬a parte i ricordi che vanno e vengono,‭ ‬gli amici ancora persi non sono pochi.‭ ‬L’ultimo ad andare via è stato Felice della zona porto.‭ ‬Giusto un paio di giorni prima che uscisse la‭ ‬1°‭ ‬Edizione di questo testo‭; ‬35‭ ‬anni di eroina,‭ ‬35‭ ‬anni di strada,‭ ‬solitudine e disperazione.
Tonì‭… ‬hai saputo dell’ultima novità venuta fuori dallo‭ ‬specchio magico‭? ‬La valanga di polvere bianca che ci travolse in quegli anni ha un nome:‭ ‬operazione BLUEMOON.‭ ‬La notizia è ufficiale‭; ‬Rai Storia ha dedicato alla vicenda l’intera puntata del‭ ‬25/06/2013.‭
Andiamo per gradi:‭ ‬agli inizi dei‭ ’‬70,‭ ‬partono le prime inchieste e i primi servizi giornalistici sulle droghe e il mondo giovanile‭… ‬ci siano o meno,‭ ‬bisogna darne notizia per screditare-diffamare il movimento in ascesa.‭ ‬Una vicenda in particolare sembra segnare l’inizio della strategia.‭
21‭ ‬Marzo‭ ‬1970.‭ ‬In un barcone ormeggiato sul Tevere,‭ ‬dove da qualche mese si riuniscono giovani per ballare e socializzare,‭ ‬fa irruzione un reparto del Nucleo Antidroga dei C.C.‭ ‬diretto da un capitano del S.I.D.‭ ‬Risultato:‭ ‬90‭ ‬ragazzi fermati,‭ ‬perquisiti e denunciati per uso e possesso di droga.‭
Apriti cielo.‭ ‬Il giorno dopo è tutto un accavallarsi di titoli di giornali,‭ ‬tra cui spicca‭ ‬Il Tempo per solerzia e immaginazione:‭ ‬trovati‭ ½ ‬kg di hashish,‭ ‬siringhe usate e ciurme di ragazzi sotto l’effetto di droghe.
Nei sei mesi successivi sui giornali si contano‭ ‬10.000‭ ‬articoli su droga,‭ ‬capelloni e affini,‭ ‬pari al numero degli articoli usciti,‭ ‬sullo stesso argomento,‭ ‬negli ultimi‭ ‬7‭ ‬anni.‭
Alcuni mesi dopo,‭ ‬tra la notte del‭ ‬7‭ ‬e‭ ‬8‭ ‬dicembre,‭ ‬parte il colpo di stato di Valerio Borghese,‭ ‬poi rientrato per ordini superiori.
Il proclama che il nuovo duce avrebbe dovuto trasmettere alla radio,‭ ‬in caso di vittoria,‭ ‬oltre l’annuncio e l’apologia del nuovo governo,‭ ‬includeva anche un appello alla riscossa morale degli italiani‭ ‬ridotti a popolo di drogati,‭ ‬devastati dagli stupefacenti e dal comunismo.‭
Con il tempo,‭ ‬poi viene fuori che la vicenda‭ ‬giovani‭ ‬drogati sul Tevere era tutta una bufala.‭ ‬Nel barcone era stato trovato solo un mozzicone di spinello con pochi residui di hashish.‭ ‬In ogni modo,‭ ‬chi aveva organizzato il piano era riuscito nell’impresa:‭ ‬servire al Borghese,‭ ‬su di un piatto d’argento,‭ ‬le motivazioni per i suoi proclami inquisitori.‭
I mesi passano.‭ ‬Nonostante la repressione poliziesca,‭ ‬le continue diffamazioni dei media verso il mondo dei capelloni,‭ ‬qualche golpista che continua ad affannarsi nel tentativo di equiparare l’Italia alla Grecia e qualche strage da attribuire ai soliti sovversivi‭… ‬il movimento,‭ ‬la contestazione continuano a crescere.‭ ‬Che fare‭? ‬Parte nei dettagli l’operazione BLUEMOON.‭
Dallo screditare si passa all’annichilire,‭ ‬al distruggere l’avversario.‭ ‬Attraverso malavitosi grossisti d’eroina con protezioni in alto loco,‭ ‬intelligence travestita da freak con contatti a destra e manca e‭ ‬fasci allettati dall’idea di prendere due piccioni con una fava‭ (‬far fuori quanti più capelloni possibili e mettere sù un giro economico non da poco‭)‬,‭ ‬parte,‭ ‬in Italia,‭ ‬come era successo negli U.S.A.‭ ‬alcuni anni prima,‭ ‬la penetrazione e la diffusione di droghe pesanti all’interno dei movimenti di contestazione per portarli alla decadenza,‭ ‬all‭’“‬individualismo‭”‬,‭ ‬all’estinzione.
La scena madre si svolge in Francia,‭ ‬monti Volsgi,‭ ‬autunno‭ ‬1972.‭ ‬La riunione supersegreta è descritta da un ex agente dei Servizi Interni Difesa:‭ ‬“Prendono parte agenti americani,‭ ‬italiani,‭ ‬portoghesi,‭ ‬francesi e perfino del blocco sovietico.‭ (‬n.d.a.‭ ‬per scambiarsi tattiche e strategie,‭ ‬si va oltre qualsiasi cortina‭)‬.‭ ‬L’argomento è‭ ‬(…) le opposizioni‭; ‬cosa fare per prevenirle,‭ ‬per conoscerle a fondo.‭ ‬Come limitare i danni che potrebbero arrecare agli equilibri statuali del momento.‭ ‬Come regolamentarle e disciplinarle attraverso l’introduzione regolata,‭ ‬non per legge,‭ ‬ma da accordi di‭ ‬intelligence,‭ ‬di sostanze stupefacenti.‭ ‬Sostanze da destinare ai giovani per diminuire la capacità di resistenza psicologica nei confronti di chi deteneva la gestione del paese.‭ ‬(…) Bisogna togliere l’idea che i servizi segreti siano fondati su uno spirito cavalleresco,‭ ‬i servizi sono fondati sul principio che il nemico va eliminato.‭ ‬(…) la domanda che ci siamo posti è questa:‭ ‬in che misura,‭ ‬con quali mezzi e chi avrebbe poi dato concreta realizzazione ad un piano di diffusione‭? ‬Sicuramente chi distribuiva doveva avere un ritorno economico ed essere assolutamente inconsapevole del‭ ‬perché della distribuzione.‭ ‬(…) un’ipotesi già collaudata da tempo.‭

Un‭’‬ipotesi fatta di ostracismo verso chi fuma erba,‭ ‬ma di protezione per chi dispensa droghe pesanti all’ingrosso tra i movimenti giovanili.‭
Un‭’‬ipotesi che vede in Italia il numero dei tossici schedati aumentare da‭ ‬10.000‭ ‬nel‭ ‘‬76‭ ‬a‭ ‬270.000‭ ‬nell‭’‬80-‭’‬81.‭
Un‭’‬ipotesi che vede poliziotti perire in strani incidenti stradali mentre svolgono indagini su trafficanti internazionali legati a servizi segreti stranieri,‭ ‬o che vengono destituiti dalla sera alla mattina solo per aver fatto dei grossi sequestri di eroina.
Un‭’‬ipotesi che porta mille morti l’anno tra overdose,‭ ‬suicidi e malattie legate all’uso delle sostanze‭; ‬che vede scoppiare nell‭’‬80,‭ ‬a Napoli,‭ ‬tumulti tra tossici e personale medico all’ospedale Cardarelli e subito dopo all’ospedale Cotugno.‭ ‬Ospedale diventato nel giro di qualche mese un lazzaretto per tossici e malati di epatite.‭ ‬Il quarto piano è l’inferno‭… ‬le condizioni in cui vengono trattati non sono delle migliori.‭ ‬In alcuni casi,‭ ‬pur di farsi sentire,‭ ‬i ricoverati arrivano ad incendiare materassi e suppellettili.‭ ‬In risposta,‭ ‬nel giro di qualche giorno,‭ ‬compaiono porte sbarrate e presidi di guardie giurate agli ingressi dei reparti.‭
Un‭’‬ipotesi‭ ‬che vede comparire,‭ ‬verso la fine degli‭’‬80,‭ ‬sempre a Napoli,‭ ‬nel fossato del Maschio Angioino,‭ ‬dove di mattina vive il mercato dei fiori,‭ ‬il nostro zoo di Berlino.‭ ‬Notte inoltrata‭… ‬giovani tossici offrono prestazioni sessuali ad anziani signori.‭ ‬Ci si apparta sul posto,‭ ‬nell’auto del cliente‭; ‬dietro un angolo dei bastioni‭ ‬o dietro qualche baracca che funge da negozio di fiori la mattina.‭

Si scopre l’acqua calda‭; ‬che la roba non fosse arrivata per opera dello spirito santo si sapeva,‭ ‬il movimento lo sapeva.‭
Oggi abbiamo la conferma definitiva,‭ ‬anche se tardi‭… ‬almeno per loro,‭ ‬per i vecchi genitori scomparsi,‭ ‬per i nonni ed i parenti trapassati da decenni e per tutti quelli che vissero anni in apprensione per i loro cari.‭ ‬Intere famiglie allo sbando,‭ ‬che si muovevano disperate tra ospedali,‭ ‬questure-carceri e lenzuola fradice di sudore e piscio.‭
Tutta una schiera di persone andata via con l’angoscia ed il senso di colpa per non aver saputo comprendere‭ “‬mancanze affettive‭”‬,‭ “‬fragilità caratteriali‭”‬,‭ “‬drammi infantili‭” ‬e cazzate simili,‭ ‬sparate a raffica,‭ ‬come da programma,‭ ‬dalle prime comunità terapeutiche e dai primi centri di assistenza per i tossicodipendenti.‭ ‬Il‭ ‬Business recupera-addomestica prendeva piede.‭
Tutti protesi a salvare il tossico,‭ ‬facendo nel contempo soldi a palate,‭ ‬per rieducarlo e farne un bravo ed ossequioso cittadino,‭ ‬rispettoso delle gerarchie e delle regole sociali,‭ ‬contento finalmente di poter mangiare/spalare merda fino alla fine dei suoi giorni‭… ‬come tutti gli altri.

Tonino‭ ‘‬a Perzeca.‭ ‬Piezz‭ ‘‬e merd‭… ‬tutto torna,‭ ‬in quel periodo‭ (‬fine‭’‬70‭ ‬inizi‭’‬80‭) ‬ci si faceva dovunque:‭ ‬vicoli,‭ ‬piazze,‭ ‬a volte bastava una colonna,‭ ‬un’auto parcheggiata,‭ ‬persino negli autobus.‭ ‬Eravamo visibili a tutti,‭ ‬avevamo quasi la sensazione di essere in vetrina.‭ ‬Ci lasciavano strascicare per strada,‭ ‬creare assembramenti e risse fuori dalle farmacie,‭ ‬fare colletta dovunque in cerca di soldi,‭ ‬salvo poi metterci dentro per piccoli reati o picchiarci in pubblico solo per dimostrare che lo stato prendeva provvedimenti,‭ ‬che il‭ “‬male‭” ‬veniva contrastato‭… ‬piezz‭ ‘‬e merd.

Nell’eroina cadono in tanti‭; ‬dai compagni-studenti-freak dei‭ ’‬70‭ ‬il contagio passa ai ragazzi degli‭ ’‬80:‭ ‬giovani punk,‭ ‬ultime frange movimentiste,‭ ‬ragazzi di quartieri popolari e periferici,‭ ‬facendo una strage.‭ ‬Negli anni‭ ‘ ‬90‭ ‬l’eroina va in panchina,‭ ‬è il momento della coca e delle droghe sintetiche‭ ‬(…) la gente,‭ ‬la gioventù,‭ ‬finiti gli odi di classe,‭ ‬deve divertirsi.‭ ‬Un abbaglio che dura giusto il tempo di fare il giro del mondo tra un‭ ‬rave e l’altro.‭ ‬Con il nuovo millennio ritorna la roba,‭ ‬il‭ ‬no future per la maggior parte dei giovani è la realtà‭; ‬oltre che sedare stimoli di rivolta c’è da riempire esistenze vuote,‭ ‬senza avvenire,‭ ‬persone sempre più spesso consapevoli di essere il disavanzo sociale,‭ ‬quelli che‭ ‬non ce la possono fare.‭"
Antonio Festival

Volevo dire questo:

 "Essere governato significa essere guardato a vista, ispezionato, spiato, diretto, legiferato, regolamentato, recintato, indottrinato, catechizzato, controllato, stimato, valutato, censurato, comandato, da parte di esseri che non hanno né il titolo, né la scienza, né la virtù. Essere governato vuol dire essere, ad ogni azione, ad ogni transazione, ad ogni movimento, annotato, registrato, censito, tariffato, timbrato, squadrato, postillato, ammonito, quotato, collettato, patentato, licenziato, autorizzato, impedito, riformato, raddrizzato, corretto. Vuol dire essere tassato, addestrato, taglieggiato, sfruttato, monopolizzato, concusso, spremuto, mistificato, derubato, e, alla minima resistenza, alla prima parola di lamento, represso, emendato, vilipeso, vessato, braccato, tartassato, accoppato, disarmato, ammanettato, imprigionato, fucilato, mitragliato, giudicato, condannato, deportato, sacrificato, venduto, tradito, e per giunta schernito, dileggiato, ingiuriato, disonorato, tutto con il pretesto della pubblica utilità e in nome dell'interesse generale."

Pierre-Joseph Proudhon

15 marzo 2016

Sentenze e silenzi.

Ammetto la mia ignoranza, non sapevo esistesse, e sinceramente preferivo non saperlo, la Commissione Nazionale Valutazione Film della Comunità Episcopale Italiana (CEI) e che un suo giudizio negativo potesse precludere l’accesso a molte sale del circuito di qualità, spesso anche gestite da laici. L'ho saputo imbattendomi nella denuncia della Teodora Film, che in Italia  distribuisce l’ultimo film di Andrew Haigh, "Weekend". 
La CEI dunque condanna al rogo il film, una storia d'amore fra gay, giudicandolo "Sconsigliato/Non utilizzabile/Scabroso", una vera e propria sentenza che ha fatto sì che fosse visibile solo in 10 sale cinematografiche in tutta Italia.
Al di là del film in sé, che non ho visto e che non posso giudicare, è aberrante che il giudizio di una commissione di persone legate alla chiesa cattolica determini le fortune o le sciagure di un film. Siamo nel 2016, eppure qualche volta, quando si assistono a certi episodi sembra di essere tornati indietro di 60 anni, quando per un’inezia si stravolgevano interi film considerati "contrari al buon costume". 
Cambiano i tempi, ma la censura resta sempre la stessa. E’ più sottile, meno evidente, ma non per questo meno forte. Subirla è una sconfitta per tutti. Anche per chi giudica "scabroso" un film e lo censura.
Mi rimane però una curiosità: come mai la suddetta commissione non si è pronunciata su "Spotlight" che racconta con accuratezza gli abusi sessuali commessi da alcuni preti di Boston coperti dai costanti silenzi di un cardinale? Preferisce forse tacere sulla realtà, sulla dimensione inusitata del fenomeno (quasi 3500 casi in dieci anni) e sulla sistematicità della copertura da parte del Vaticano?

11 marzo 2016

Tripoli bel suol d'amore.

È di questi giorni la querelle se andare in Libia con le truppe oppure no. Un antico vizio che ha alle spalle diverse italiche spedizioni e l’odore stantìo di un elmetto coloniale.
Gli alleati, USA per primi, spingono perché l’Italia si metta alla testa del contingente NATO che sbarcherà in Libia. Ma Renzi, che già scaldava i motori dei carri armati, ha frenato nel leggere i sondaggi: più dell’80% degli italiani è contrario all’intervento in Libia.
In realtà è solo questione di tempo, breve tempo. Solo questione di come gestire l’operazione senza perdere troppo consenso. 

Il somaro va sempre legato dove vuole il padrone.
E poi, per dirla tutta, l’Italia con i suoi alleati NATO è in guerra già da 25 anni, sin dai tempi della prima guerra in Irak. La presenza in Libia dei servizi di intelligence italiani è già un atto di guerra, come i droni statunitensi che partono dalle nostre basi. A Sigonella ci sono già quattro cacciabombardieri AMX pronti al decollo e già da tempo la parola “militare” ha sostituito la parola “umanitario” di fianco alla parola “intervento”. 
Le menzogne però restano. 
Oggi è il contrasto all’ISIS, quando ormai è chiaro che questo cancro terroristico è farina del nostro sacco, delle intelligence occidentali, USA in testa e in combutta con petromonarchie e Turchia: un grande esercito di zimbelli tagliagole catapultato nelle zone da predare, dove ci sono governi non compatibili, secondo il metodo NATO: guerra e caos. 
In palio sul terreno libico c’è tanto petrolio di prima scelta.
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In piena facoltà,
Egregio Presidente,
le scrivo la presente,
che spero leggerà.
La cartolina qui
mi dice terra terra
di andare a far la guerra
quest’altro lunedì.
Ma io non sono qui,
Egregio Presidente,
per ammazzar la gente
più o meno come me.
Io non ce l’ho con Lei,
sia detto per inciso,
ma sento che ho deciso
e che diserterò. 

08 marzo 2016

A tutte le donne.

Il giorno in cui ogni donna avrà pari dignità, rispetto e onore, quel giorno per me sarà festa.
Il giorno in cui ogni uomo avrà pari dignità, rispetto e onore, quel giorno per me sarà festa.
Il giorno in cui ogni bambino avrà pari dignità, rispetto, onore e possibilità, quel giorno per me sarà festa.
Il giorno in cui l'essere malato, anziano, disabile, straniero, gay o qualsiasi altra condizione, non sarà un limite, quel giorno per me sarà festa, non una qualsiasi bensì la più bella festa che ci possa essere.
Ogni essere umano ha diritto alla felicità e ad avere pari opportunità per raggiungerla, tutto il resto è fuffa.



Fragile, opulenta donna, matrice del paradiso
sei un granello di colpa
anche agli occhi di Dio
malgrado le tue sante guerre
per l’emancipazione.
Spaccarono la tua bellezza
e rimane uno scheletro d’amore
che però grida ancora vendetta
e soltanto tu riesci
ancora a piangere,
poi ti volgi e vedi ancora i tuoi figli,
poi ti volti e non sai ancora dire
e taci meravigliata
e allora diventi grande come la terra
e innalzi il tuo canto d’amore.

Alda Merini

06 marzo 2016

.......

Oggi è un buon giorno per rilassarmi. Piove, quella famosa "pioggerellina di marzo che picchia argentina sui tegoli vecchi del tetto" e non ho lavori urgenti da finire. Posso permettermi anche di passare un po' di tempo in più in cucina, coccolarmi con una buona zuppa di farro e un bicchiere di delizioso morellino di Scansano. Fa niente se dopo mangiato sonnecchierò in poltrona, nessuno richiederà il mio tempo tranne il mio cucciolotto, e lui è paziente, non mi importunerà. Quasi quasi mi astengo anche dal leggere le notizie, non voglio rovinare uno dei pochi momenti di tranquillità che mi posso regalare. Non voglio pensare a tutto quel che succede là fuori, alle brutture del mondo, alle ingiustizie e alla crudeltà degli esseri umani. Voglio essere un po' egoista, una volta tanto, pensare solo a me e ai miei desideri, rinchiudermi nel mio nido, caldo e confortante. Farmi abbracciare dalla mia musica e dai miei libri. Una chiacchierata con un amico e qualche sigaretta fumata in santa pace. Ecco, tutto quel che farò oggi, mi occuperò di me, perché.....domani è un altro giorno... 

 

04 marzo 2016

Adesso possiamo stare tranquilli.

Sì, non dovremo più preoccuparci di districarci nella baraonda dell'informazione. L'annuncio della fusione tra i gruppi che possiedono Stampa e Repubblica (e Secolo XIX) significa che, almeno potenzialmente, mezzo milione di copie potrebbero ripetere le stesse cose. Cioè le stesse menzogne.
Dopo la fusione in mani berlusconiane delle due principali case editrici italiane, Mondadori e Rizzoli, mancava solo questa ufficializzazione per chiudere il cerchio dell’egemonia dei monopoli, sociali, politici, culturali, informativi.  
Adesso abbiamo un partito unico, una televisione unica, un quotidiano unico. 
Vi pare poco?
In Italia muore la libertà di stampa, segnamocelo.
E’ vero che, nella sostanza, le cose erano già così: su molti temi Repubblica, La Stampa e lo stesso Corriere vendono la stessa versione, e il direttore di Repubblica lo è stato, per anni, de La Stampa, dopo aver già lavorato per Repubblica. Ma che la cosa diventi a tutti gli effetti ufficiale, cioè che un soggetto unico controlli di fatto due colossi dell’informazione, mi fa venire un po' di brividi. 
Vuol dire che da ora in poi ci daranno in pasto lo stesso mangime e sempre meno anticorpi contro l'omologazione saranno nelle edicole e nell'aria. 
E a vigliare, per quei pochi che continuano a sentirsi rassicurati della veridicità delle notizie, ci pensa il giornale unico, creato per combinare allarmi, paure, minacce, con le rassicurazioni che viviamo nel migliore di mondi possibile, a patto di accontentarci della verità che ci somministrano, come un necessario sonnifero.

02 marzo 2016

Il magazzino delle anime che sancisce la sconfitta dell’Europa.

"Stiamo perdendo la guerra senza che neppure gli europei si rendano conto che si è verificata, troppo presi ciascuno dalle proprie squallide mestizie nazionali, ottuse e miopi, prodotte da regrediti calcoli opportunistici  di piccolo cabotaggio di provincia [......] L'ufficio stampa di Medici Senza Frontiere, ha diramato un comunicato di emergenza che ha avuto una enorme eco in tutta la stampa europea, ad esclusione dell’Italia. Lo diffonde il blog di Sergio di Cori Modigliani, con la consapevolezza di rendere un servizio alla comunità dei lettori pensanti europei di lingua e passaporto italiani. Alla fine del comunicato, la lettera originale di Daniela, infermiera MSF a Idomeni, che in questo momento sta commuovendo l’intero continente. Noi esclusi. Il che aggiunge sconcerto e inquietudine all’inevitabile dolore sociale."
http://www.libero-pensiero.net/la-sconvolgente-lettera-daniela-magazzino-delle-anime-sancisce-la-sconfitta-delleuropa/

Vi chiedo un pensiero per questi viaggiatori. 



Scrivo da Idomeni, in Grecia, al confine con la Macedonia…sento davvero il bisogno di raccontarvi ciò che sta succedendo ora e così vicino all’Italia.

I rifugiati, una volta raggiunte le coste greche dalla Turchia, arrivano ad Atene in traghetto e poi, come un imbuto rovesciato, a Idomeni, un passaggio obbligato verso i Balcani e il Nord Europa. Quassù i rifugiati arrivano con bus privati che partono da Atene. Il viaggio è di circa 10 ore, ma a volte può durare anche diversi giorni. È un lungo percorso a ostacoli e tappe: dipende da quante fermate la polizia effettua lungo il tragitto, dai frequenti scioperi dei contadini per la crisi economica che occupano con i trattori le strade, dall’apertura o meno del confine.

Idomeni è in mezzo al nulla. Lo scorso agosto, quando c’erano 10.000 persone ferme al confine, MSF ha iniziato a costruire un campo di transito con tende per dormire, bagni, distribuzione di cibo, kit igienici, coperte, impermeabili e cure mediche. Altre organizzazioni si sono aggiunte. Qui i migranti attendono che la polizia apra il confine verso la Macedonia, così possono proseguire verso la Serbia in treno.

Spesso i bus si fermano 20 chilometri prima del confine, in una stazione di servizio dove c’è solo un bar. Fino a 10 giorni fa, la sosta durava solo per qualche ora, massimo una notte o due e poi ripartivano verso il confine. La settimana scorsa il confine era chiuso, a Idomeni c’erano 5000 persone e così alla stazione di servizio Eko c’erano 2000 persone che sono rimaste per 4 o 6 giorni al freddo. Le tende erano insufficienti.

I logisti di MSF hanno lavorato giorno e notte per allestire velocemente più tende con riscaldamento per dormire al caldo. Dopo qualche giorno, la notizia di questo ‘nuovo campo’ si è diffusa, così sono arrivate le TV, altre organizzazioni per offrire tende e gruppi di volontari per offrire una zuppa calda. Le cliniche di MSF sono in entrambi i campi, ma abbiamo anche un camper per poterci spostare laddove ci sono rifugiati.

Fino a pochi giorni le tre nazionalità a cui era permesso oltrepassare il confine verso la Macedonia erano Siria, Iraq e Afghanistan. Da alcuni giorni stanno bloccando anche gli afghani. Tutti quelli che non passano (pakistani, somali, marocchini, iraniani, afgani) vengono rimandati ad Atene con un bus a pagamento. Così spesso queste persone non hanno altra scelta che affidarsi ai trafficanti per attraversare illegalmente il confine.

Le persone che incontro nelle cliniche hanno soprattutto tosse e raffreddore per il freddo. Ci sono anche molti casi gravi che dobbiamo mandare in ospedale: donne incinte, neonati nati lungo il percorso in Turchia, bambini disidratati, disabili con piaghe da decubito infette, polmoniti gravi. A volte non accettano di andare all’ospedale perché significherebbe ritardare il loro viaggio verso il nord e perdere l’occasione di attraversare il ‘border’ aperto. Non vogliono più aspettare.

Ci sono anche molti anziani, persone con malattie croniche quali diabete e ipertensione che non assumono farmaci da settimane, bambini con l’asma, uomini con infermità dovute a colpi d’arma da fuoco, molte coppie giovani preoccupate per la salute dei loro bimbi.

Sabato era il mio giorno di riposo, ma non ho resistito…abbiamo inaugurato la tenda medica alla stazione di servizio Eko, dovevo esserci! Finalmente le persone non aspettano più al freddo fuori dal camper, ma in una bella tendona con sala d’attesa, sala medicazioni e sala di consultazione riscaldata. Appena arrivati ci chiamano subito per un’urgenza: c’era una donna che stava per partorire sul pulman…chiamiamo subito l’ambulanza che per fortuna arriva in tempo per portarla in ospedale!

A metà mattina un siriano di circa 50 anni entra nella sala d’attesa. È ben vestito, un bel completo scuro gessato e, al posto della cravatta, una sciarpa di lana chiara. Scarpe nere eleganti usurate, ma pulite. Un signore distinto che tiene a sé e alla sua persona, alla sua dignità. Nella sala d’attesa mi occupo di fare il triage, cioè seleziono le persone che sono urgenti o prioritarie rispetto alle altre e che hanno bisogno di essere viste dal medico.

Chiedo all’uomo qual è il suo problema, mi dice (in arabo attraverso il collega traduttore) che gli fa male la gamba, che ha un problema di circolazione e ha finito il farmaco che prende da quando un medico in Turchia gliel’ha prescritto. Ha la gamba effettivamente più gonfia dell’altra e dovrà aspettare il suo turno per essere visto dal medico. Lo noto in mezzo alle molte persone che vanno e vengono, resta composto, rispetta la fila pazientemente. Quando arriva il suo turno mi capita di ascoltare la conversazione tra lui e il medico croato Tonislav e il mediatore Camel. Racconta del suo problema alla gamba e poi si mette a piangere, racconta di essere stato in prigione in Siria, per molti giorni è stato in una stanza rannicchiato con tante altre persone senza potersi muovere…il medico e io ci guardiamo…siamo inermi…Gli diciamo che se vuole può parlare con uno dei nostri psicologi…Accetta…lui va e ci ringrazia molto stringendoci la mano.

Incontro anche un afgano di 60 anni, che ne dimostra molti di più, mi fa capire che ha un problema ai piedi, lo porto nella sala delle medicazioni. Toglie le sue scarpe da ginnastica riciclate e i calzini vissuti. I due alluci sono bendati…li scopro e sono gonfi e blu. Non ha più la sensibilità. Racconta che dieci giorni fa ha camminato nella neve in Turchia, le dita dei piedi si sono congelate e da allora non le sente più. Non sono necrotici, gli diciamo di tenerli al caldo e di farsi visitare ogni volta che può…Gli spieghiamo che lungo la strada verso il nord Europa incontrerà altri campi e altri ambulatori come questo…Al confine con la Macedonia, la Serbia, la Croazia…il viaggio a tappe è ancora lungo.

Sono davvero senza parole, indignata e molto triste! Siamo in Europa e le persone sono costrette a fare un viaggio così faticoso, lungo, costoso e pericoloso. Non che quando succede in altre parti del mondo sia meno rilevante, ma in Europa sembra tutto più terribilmente inaccettabile. Per fortuna ci sono MSF, altre ong e volontari da tutta Europa che offrono i beni di base nelle tappe che sono costrette a fare.

Si dice che in Turchia ci siano 2 milioni di rifugiati pronti a partire. Sembra un vero e proprio esodo, una fiumana di gente alla ricerca disperata di un ‘rifugio’ che significhi di nuovo casa, pace, tranquillità, una vita normale.

Vi chiedo un pensiero per questi viaggiatori.

Daniela, infermiera MSF a Idomeni.


http://milionidipassi.medicisenzafrontiere.it/vi-chiedo-un-pensiero-per-questi-viaggiatori/