28 febbraio 2017

La libertà non è un bavaglio.

Aderisco all'iniziativa proposta da Vincenzo e Daniele per dire NO al DDL liberticida.


E' stato presentato un disegno di legge per prevenire per prevenire la manipolazione dell'informazione on line, garantire la trasparenza sul web e incentivare l'alfabetizzazione mediatica. Detta così parrebbe un'iniziativa da sostenere.
Peccato però che il testo oscilli pesantemente tra la ridondanza e il rischio di favorire la censura.
Certe forme di reati, diffamazione, diffusione di notizie false e tendenziose, sono già previsti dai codici, ma in questa proposta di legge si nota un eccesso di zelo che si trasforma in un bavaglio bello e buono. Per contrastare campagne razziste, il bullismo, l’apologia del fascismo o simili trasgressioni la legislazione vigente è sufficiente. Bisogna solo applicarla.
Il pasticcio diventa massimo quando si intende regolamentare blog e siti (non le testate giornalistiche per le quali sono già in vigore norme e codici) sotto il profilo della responsabilità editoriale. Nel caso in cui il DDL dovesse passare, chiunque, prima di aprire un blog, sito web privato o forum finalizzato alla pubblicazione o diffusione online di informazioni, dovrebbe inviare tramite Pec tutte le informazioni personali. Inoltre, quando i gestori rintracciano un contenuto “falso, esagerato o tendenzioso” sono tenuti alla rimozione, pena 5000 euro di ammenda. Ma come giudicare un contenuto “esagerato” o “tendenzioso”? O quando una campagna è “volta a minare il processo democratico”? Per non equiparare la rete alle testate giornalistiche, si sostituisce la registrazione presso il Tribunale con la notificazione (sempre al Tribunale) via posta elettronica certificata (Pec).

Un contributo al caos, non alla trasparenza. Uno strumento come questo sarebbe, in sostanza, un insperato alleato di un’eventuale deriva antidemocratica dell’Ordinamento. Anziché favorire la libertà di espressione e di confronto, vero antidoto alle notizie false, si pensa un quadro repressivo che al massimo provocherebbe un temuto effetto raggelante, portando qualsiasi persona a desistere dal commentare o dallo scrivere qualsiasi cosa in rete nel timore che qualcuno possa ritenerla una fake news.
Insomma, l’età digitale è un nuovo mondo, che evoca approcci e culture inediti e creativi, il mero “proibizionismo” fa solo peggiorare la situazione. Bisogna invece costruire un clima di opinione maturo ed adeguato su cui lavorare. La coscienza digitale è un pezzo decisivo della cittadinanza democratica e solo così si può forse limitare il fenomeno tragico delle “bufale”, o degli atteggiamenti incivili e simbolicamente violenti.
L’iter parlamentare del disegno di legge non è ancora avviato. Un appello va rivolto alle senatrici e ai senatori proponenti. Ci si fermi, per ripensare alla materia in maniera adeguata, raccogliendo il coro critico pressoché unanime che si è sollevato nei giorni passati.


Aderiscono all'iniziativa anche:

L'Agorà


26 febbraio 2017

Non mi interessa..(voglio sapere)


"Non mi interessa che cosa fai per guadagnarti da vivere,
voglio sapere che cosa ti fa soffrire e se osi sognare di incontrare il desiderio nel tuo cuore. 

Non mi interessa quanti anni hai, voglio sapere se rischierai di sembrare ridicolo per amore, per i tuoi sogni, per l'avventura di essere vivo.  

Non mi interessa quali pianeti sono in quadratura con la tua luna, voglio sapere se hai toccato il centro del tuo dispiacere, se sei stato aperto dai tradimenti della vita o ti sei inaridito e chiuso per la paura di soffrire ancora.  

Voglio sapere se puoi sopportare il dolore, mio o tuo,
senza muoverti per nasconderlo, sfumarlo o risolverlo.  


Voglio sapere se puoi vivere con la gioia, mia o tua;
se puoi danzare con la natura e lasciare che l'estasi ti pervada dalla testa ai piedi senza chiedere di essere attenti, di essere realistici o di ricordare i limiti dell'essere umani.  


Non mi interessa se la storia che racconti è vera,
voglio sapere se riusciresti a deludere qualcuno per mantenere fede a te stesso; se riesci a sopportare l'accusa di tradimento senza tradire la tua anima.  


Voglio sapere se puoi essere fedele e quindi degno di fiducia.  

Voglio sapere se riesci a vedere la bellezza anche quando non è sempre bella; e se puoi ricavare vita dalla Sua presenza.  

Voglio sapere se riesci a vivere con il fallimento, mio e tuo,
e comunque rimanere in riva a un lago e gridare alla luna piena d'argento: "Sì!"  


Non mi interessa sapere dove vivi o quanti soldi hai,
voglio sapere se riesci ad alzarti dopo una notte di dolore e di disperazione, sfinito e profondamente ferito e fare ugualmente quello che devi per i tuoi figli.  


Non mi interessa chi sei e come sei arrivato qui,
voglio sapere se rimani al centro del fuoco con me senza ritirarti.  


Non mi interessa dove o che cosa o con chi hai studiato,
voglio sapere chi ti sostiene all'interno, quando tutto il resto ti abbandona.  


Voglio sapere se riesci a stare da solo con te stesso e se
apprezzi veramente la compagnia che ti sai tenere nei momenti di vuoto". 


Tratto da "L’invito all’ascolto della vita" di Oriah Mountain Dreamer

24 febbraio 2017

39 anni e non li dimostra.

Sono 39 anni che la legge 194 sull'interruzione di gravidanza è stata emanata e mano a mano che passano gli anni sembra che la sua applicazione risulti sempre più difficile.
La legge arrivò nel 1978 dopo una lunga battaglia e aveva un obiettivo preciso: regolare una situazione che esisteva da tempo e sulla quale l’ipocrisia italiana preferiva stendere un velo di silenzio. L'aborto si praticava negli sgabuzzini delle “mammane” e negli studi professionali dei “cucchiai d’oro”, nelle eleganti e ricche cliniche private al riparo da occhi indiscreti dagli stessi medici che poi pubblicamente si schieravano dalla parte degli abrogazionisti. L'obiettivo era quello di tutelare la salute delle donne che troppo spesso morivano di aborto clandestino e ripristinava un concetto di giustizia sociale evitando che la scelta fosse praticata in sicurezza solo dalle più ricche e fortunate. 
Ecco, sembra che tutti questi anni non siano passati perché non hanno contribuito ad agevolare e a rendere applicabili i princìpi di questa legge.
Gli obiettori di coscienza  sono sempre più numerosi e le donne incontrano sempre maggiori difficoltà ad esercitare questo loro diritto. Le gerarchie ecclesiastiche sono sempre sul piede di guerra e non perdono occasione per snaturare il testo di questa legge mettendo in atto un ostruzionismo indiscriminato.
In questi giorni, l'ospedale San Camillo di Roma ha indetto un concorso per l'assunzione di medici abortisti che, secondo il parere di illustri costituzionalisti, viola i principi della nostra Carta avendo escluso la partecipazione di alcuni (i non abortisti). Al di là degli aspetti giuridici, sui quali comunque resta qualche perplessità, quel che colpisce è la straordinaria sensibilità di alcuni “servitori dello Stato”, come il ministro Beatrice Lorenzin (peraltro protagonista sul fronte dei diritti di alcune controverse e poco edificanti iniziative) che difende la libertà o i precetti di alcuni e dimentica palesemente le libertà di tanti altri. Possibile che il ministro non sappia che negli ospedali italiani la legge 194 viene di fatto boicottata con percentuali di obiettori che superano il 90 %?
La signora ha detto: “Non bisogna esprimere pensieri, ma soltanto rispettare la legge”. Esatto.
Ma allora, perché, oltre a preoccuparsi del diritto all’obiezione, così massicciamente esercitato dai medici, non ha garantito altrettanto bene quello delle donne a usufruire nelle strutture pubbliche della legge 194 nei casi previsti dalla normativa?
Ma le parole magiche le ha dette don Carmine Arice, direttore dell’Ufficio nazionale per la pastorale della salute della Cei, che rivolta la frittata a modo suo: “La decisione di assumere al San Camillo di Roma medici dedicati all’interruzione di gravidanza, impedendo loro dunque l’obiezione di coscienza, snatura l’impianto della legge 194 che non aveva l’obiettivo di indurre all’aborto ma di prevenirlo. Predisporre medici appositamente a questo ruolo è una indicazione chiara”.
Obiezione: sicuramente la legge aveva l’obiettivo di prevenire l’aborto ma aveva soprattutto un altro obiettivo, molto chiaro e preciso: consentire alle donne, nei casi previsti, di farne ricorso.
Il problema dunque è sempre quello: con gli obiettori in maggioranza assoluta di fatto quella legge viene sabotata, svuotata e violata con le drammatiche conseguenze che spesso la cronaca ci riporta.
I diritti sono diritti e un paese civile dovrebbe impegnarsi in modo che vengano rispettati. Probabilmente è vero che quel concorso non è propriamente rispettoso della Costituzione, ma ciò non toglie che i diritti vadano assicurati e al momento uno dei due (quello all’obiezione), al contrario di quel che sostiene don Arice con un’evidente forzatura dialettica, è stato tutelato molto più di quello che la legge riconosce alle donne.
Sarebbe stato bello se in quest'Italia delle corporazioni, una delle più potenti, quella dei medici, con senso di responsabilità si fosse posta il problema e lo avesse risolto attraverso i propri organismi professionali.
Sarebbe stato bello non essere indotti a pensare che questo Paese non si sia mai allontanato dalla situazione di quarant'anni fa: pubbliche virtù (teologali) e robusti arricchimenti privati.

21 febbraio 2017

Manifestazioni, multe e scissioni.

In questi giorni non si fa altro che parlare del PD. C'è una separazione in corso, scissione la chiamano. Io non vedo altro che baruffe e, sinceramente, le trovo piuttosto infantili. Sì, è vero che c'è di mezzo un partito maggioritario e che potrebbe esserci problemi per il governo in carica, ma quand'è che questi signori diventeranno grandi e cominceranno a preoccuparsi dei disagi delle persone invece che delle loro poltrone? Non che io abbia fiducia in loro, ma, in teoria, sarebbero dove sono apposta per farlo.
Non si parla d'altro, dicevo. E invece per me le notizie sono ben altre. Una di quelle che ha attirato la mia attenzione è stata quella della multa da 4.000 € ad un camionista che portava aiuti ai terremotati di Amatrice. Un gesto di solidarietà che vede coinvolta gente comune che sente come dovere aiutare chi, in questo momento, ha bisogno di fatti concreti per uscire o perlomeno alleggerire una condizione di estrema difficoltà. E credo che questo già di per sé la dica lunga sull'iniziativa spontanea e fattiva che contraddistingue la gente per bene. Gesto che, come accade in mille altre occasioni, si è scontrato con l'ottusità che invece contraddistingue molto bene l'amministrazione pubblica. Non poteva passare da quella strada con un veicolo di quel peso. Bene. Bastava trovare una strada alternativa o caricare ciò che trasportava su altri veicoli. No, multa. Così impara a non disobbedire alle regole e chissenefrega di tutto il resto. E nel PD continuano a litigare per le poltrone.
Un'altra notizia che ha avuto pochissimo riscontro sui media è quella di una manifestazione a Barcellona per chiedere di accogliere più migranti. Una notizia che pare sfuggita, salvo alcuni, ai nostri giornali. Una manifestazione grandiosa non solo per i numeri, ma per il significato: si chiede di accettare un numero maggiore di profughi. Nel 2015 il governo spagnolo si era impegnato ad accogliere più di 17.000 profughi, nel quadro della distribuzione dei profughi nell’Unione Europea; ne ha accolti sinora 1.100. I manifestanti chiedono che gli accordi siano rispettati.
In fondo stanno manifestando a favore di quello che chiede il governo italiano, giusto? E allora come mai questo silenzio dei nostri media? Ah, già, nel PD si stanno separando.

17 febbraio 2017

Ho ascoltato il discorso della madre del ragazzo che si è suicidato a Lavagna e, devo dire la verità, non mi è piaciuto. Rispetto per il suo dolore, ma mi sarei aspettata qualcos'altro. Quella era una predica, non sembrava affatto sconvolta dal fatto che il suo gesto di chiamare la guardia di Finanza a fare la perquisizione in casa potesse aver provocato nel ragazzo un turbamento tale da decidere di fare quel che ha fatto. Questo dubbio imponeva perlomeno il silenzio, nel quale arrovellarsi per i sensi di colpa. Lei voleva toglierseli quei sensi di colpa, giustificando il suo gesto pubblicamente come "dovere" e facendo una specie di "predica" ai giovani sbandati che, impegnati con i cellulari, non si guardano negli occhi.
Ma nemmeno lei ha guardato suo figlio negli occhi, nemmeno lei ha "comunicato" con suo figlio.
Non voglio dire altro, non so niente del suicida e non voglio giudicare oltre una madre che subisce una tale sconfitta. Si sbaglia nella vita, si fanno errori gravi e irreparabili come questo e si sa che il mestiere di genitore è fra i più difficili. Esprimo solo la mia perplessità di fronte alla grottesca imperfezione di uno schierarsi insistente dalla parte di ciò che viene imposto come dovere.
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12 febbraio 2017

Lettera aperta delle api agli umani.

Da A-Rivista Anarchica.

Gentili Umani,
abbiamo letto con piacere le pagine a noi dedicate (”A” 410, ottobre 2016, rubrica “Senza confini” di Valeria De Paoli, Salviamo i pronubi), in cui si parla di ciò che ci sta affliggendo.
Tutte informazioni corrette e vi ringraziamo, ciononostante ci sentiamo di porre l'accento su alcune questioni che, dal nostro punto di vista, non sono state poste nel modo corretto. Citate tra le principali cause della moria della nostra specie pesticidi/insetticidi e parassiti alloctoni. Vero! Ma ci sembra che vediate la pagliuzza, tralasciando la trave. La causa principale del nostro progressivo declino, cari Umani, siete voi e ve ne spieghiamo senza tanti giri di parole il motivo.
Voi avete posto le basi per l'avvio della sesta estinzione di massa; ogni anno grazie alle vostre scelte vengono spazzate via centinaia di specie del mondo animale e vegetale, erodendo ad una velocità sorprendente la biodiversità del nostro sistema.
Vedete, noi potremmo anche far fronte a qualche milione di ettari di agricoltura intensiva trattata con pesticidi, potremmo anche far fronte alla riduzione quantitativa delle aree in cui possiamo cibarci o all'attacco di parassiti che voi ci avete portato, ciò a cui, forse, non riusciremo a far fronte è il cambiamento climatico che produce la scomparsa dell'ecosistema in cui noi viviamo insieme a voi.
Cari Umani, non rivolgete a noi le vostre attenzioni, pensate a voi stessi. Pensate a quello che mangiate, all'acqua che bevete, all'aria che respirate, ai nidi in cui vivete, al sistema sociale che vi siete dati. Noi non abbiamo bisogno di voi, siamo su questa terra da milioni di anni, da molto più tempo della vostra specie ma voi avete bisogno di noi e nonostante tutti gli sgambetti che ci fate, con generosità continuiamo a darvi doni preziosi, che a voi sembrano scontati. L'apicoltura non favorisce la nostra sopravvivenza, favorisce la vostra, ed è per questo motivo, ed unicamente per questo motivo, che dovete sostenerla.
Un ultimo monito dunque: fate attenzione a quale apicoltura volete sostenere, anche da questo dipenderà la vostra conservazione ed è per aiutarvi che abbiamo deciso di dare spazio in questa nostra lettera ad alcuni Umani che hanno a che fare con noi quotidianamente. Vi lasciamo con le loro parole.
Come anarcoapicoltori e apicoltrici vi proponiamo una visione più ampia dell'argomento “declino degli insetti pronubi”. Avete giustamente citato le avversità ambientali e quelle derivanti dall'amata globalizzazione ma avete completamente trascurato i danni causati dalla stessa apicoltura. Con infinita leggerezza, gli apicoltori e le apicoltrici oggi si ritengono i salvatori della biodiversità,trascurando completamente o ignorando volutamente, che molte pratiche apistiche sono alla base della trasmissione di malattie, indebolimento
del sistema immunitario e conseguente perdita di interi alveari.
Non siete apicoltori/apicoltrici e cercheremo di spiegarci meglio.Anche se odiamo essere inclusi nell'elenco degli allevatori, siamo considerati tali. Però non abbiamo a che fare con mammiferi con i quali nei secoli abbiamo sviluppato una certa empatia, ma con insetti! Nell'allevamento apistico si inizia a “svalvolare” completamente così come è avvenuto e avviene tutt'ora nell'allevamento intensivo di mammiferi e volatili.
Siamo alle solite, restare concorrenziali sul mercato a discapito del benessere stesso dell'animale che ti permette di vivere, e allora tutto è lecito: zucchero liquido come fonte di nutrimento, proteine vegetali come soia e lieviti per compensare la mancanza di pollini, esasperazione della produzione spostando gli alveari come fossero roulotte di una carovana circense.
Per non parlare poi del taglio delle ali della regina, dello scambio di telai di covata da un alveare ad un altro per livellare lo stato numerico delle famiglie o l'uso di prodotti non autorizzati per debellare la varria.
Insomma gli umani che lavorano con le api sono attivi e partecipi al processo di estinzione dell'apis mellifera quando l'obiettivo è il profitto.

Brigata api d'assalto
brigataapidaassalto@bruttocarattere.org



La solitudine.

L'ho detto e lo ripeto: amo la solitudine, con i suoi silenzi che sembrano dilatare il tempo e quel pizzico di libertà in più che riesce ad offrirmi. E credo che vivere sola mi metta in una condizione di privilegio per assaporarne appieno i vantaggi. Non me ne vanto, ma difendo il mio essere sola a spada tratta da intrusioni negative che potrebbero incrinare quell'equilibrio che a fatica mi sono costruita e che mi permette di essere me stessa con me stessa e per me stessa. Da quando ho la possibilità di essere in questa condizione, ho imparato a guardarmi dentro senza condanne e a chiedermi tanti perché. Spesso non trovo le risposte, ma è un esercizio che mi permette di conoscermi meglio e gli effetti, che siano positivi o negativi, aiutano una consapevolezza che prima non riuscivo ad avere. Riesco a riconoscere i miei punti di forza, le mie aree deboli e i segnali emotivi attraverso cui distinguo le mie preferenze, i gusti, i bisogni e le mancanze. E riesco anche ad espormi, a quei pochi con cui decido di farlo, senza reticenze di nessun tipo, senza paura di essere giudicata, in modo istintivo e spontaneo.
Non posso affermare di essere diventata una persona migliore come dice questo video, ma posso sicuramente dire che...mi piaccio!



La solitudine è indipendenza: 
l’avevo desiderata 
e me l’ero conquistata in tanti anni. 
Era fredda, questo sì, ma era anche silenziosa, meravigliosamente silenziosa 
e grande come lo spazio freddo e silente 
nel quale girano gli astri.
(Hermann Hesse)


I soli sono individui strani
con il gusto di sentirsi soli fuori dagli schemi
non si sa bene cosa sono
forse ribelli forse disertori
nella follia di oggi i soli sono i nuovi pionieri.

I soli e le sole non hanno ideologie
a parte una strana avversione per il numero due
senza nessuna appartenenza, senza pretesti o velleità sociali
senza nessuno a casa a frizionarli con unguenti coniugali.

Ai soli non si addice l'intimità della famiglia
magari solo un po' d'amore quando ne hanno voglia
un attimo di smarrimento, un improvviso senso d'allegria
allenarsi a sorridere per nascondere la fatica
soli, vivere da soli
soli, uomini e donne soli.

I soli si annusano tra loro
sono così bravi a crearsi intorno un senso di mistero
sono gli Humphrey Bogart dell'amore
sono gli ambulanti son gli dèi del caso
i soli sono gli eroi del nuovo mondo coraggioso.

I soli e le sole ormai sono tanti
con quell'aria un po' da saggi, un po' da adolescenti
a volte pieni di energia a volte tristi, fragili e depressi
i soli c'han l'orgoglio di bastare a se stessi.

Ai soli non si addice il quieto vivere sereno
qualche volta è una scelta qualche volta un po' meno
aver bisogno di qualcuno, cercare un po' di compagnia
e poi vivere in due e scoprire che siamo tutti
soli, vivere da soli
soli, uomini e donne soli.

La solitudine non è malinconia
un uomo solo è sempre in buona compagnia.

11 febbraio 2017

E' che a volte mi sento fuori luogo...

...con i miei valori di giustizia, ricerca della verità, equità sociale e libertà. Mi guardo intorno e sembra che tutto quello in cui ha creduto la mia generazione non abbia più un significato, addirittura sia stato dimenticato. La politica ridotta ad una lotta infinita su temi superficiali, inconcludenti ed estranei alla concretezza; il "dagli al povero disgraziato" come credo collettivo; la comunanza un termine fastidioso; il razzismo e il fascismo nascosti e mascherati in mille pieghe di egoismo; un popolo che delega, che non sa fare a meno di un guru che indichi una strada, una qualsiasi, esimendolo dalla pesante autonomia responsabile...
Forse sono vecchia davvero, forse meglio che taccia le mie ragioni per non infastidire il nuovo che avanza, forse dovrei persino dire grazie alla mia età che non mi permetterà di vederne le conclusioni e intanto mettermi al passo, rassegnarmi a quest'idea di società in cui prevale chi ha la voce più forte, dove non importa il chi e il come ma solo il quanto...
Ma non era questo che avevo sognato...


Mi dichiaro colpevole
di sognare a voce alta
di fidarmi dell’altro
di cercare la poesia.
Mi dichiaro colpevole
di dire quello che sento
di scommettere sul sentire
di credere nel detto.
Mi dichiaro colpevole
di sentire che è possibile
piangere un’assenza
lottare un incontro.
Mi dichiaro colpevole
di vivere un altro tempo
di fidarmi di un gesto
di insistere per la verità.
Mi dichiaro colpevole
Sì.
Mi dichiaro colpevole. 

Araceli Mariel Arreche: "Mi dichiaro colpevole". 

09 febbraio 2017

E' tanto che non si bandisce un posto fisso da "acchiappanuvole".


E' morto il padre di "Soldato blu".

"Dobbiamo evitare di diventare anche noi dei 'barbari',
di diventare torturatori come quelli che ci odiano.
Il multiculturalismo è lo stato naturale di tutte le culture.
La xenofobia, le pulsioni sull'identità tradizionale non sono destinate a durare.
Una cultura che non cambia è una cultura morta".
  
Tzvetan Todorov, 1 marzo 1939, 7 febbraio 2017.


08 febbraio 2017

"Non posso passare la vita a combattere solo per sopravvivere".

Michele si è tolto la vita. Stanco di essere senza futuro e prospettive. Prima di andarsene, questo trentenne friulano, ha scritto una lettera, pubblicata per volontà dei genitori (e che riporta il Messaggero Veneto) perché questa denuncia non cada nel vuoto. Ecco il testo su cui dovremmo riflettere un po' tutti.

Ho vissuto (male) per trent’anni, qualcuno dirà che è troppo poco. Quel qualcuno non è in grado di stabilire quali sono i limiti di sopportazione, perché sono soggettivi, non oggettivi.
Ho cercato di essere una brava persona, ho commessi molti errori, ho fatto molti tentativi, ho cercato di darmi un senso e uno scopo usando le mie risorse, di fare del malessere un’arte.
Ma le domande non finiscono mai, e io di sentirne sono stufo. E sono stufo anche di pormene. Sono stufo di fare sforzi senza ottenere risultati, stufo di critiche, stufo di colloqui di lavoro come grafico inutili, stufo di sprecare sentimenti e desideri per l’altro genere (che evidentemente non ha bisogno di me), stufo di invidiare, stufo di chiedermi cosa si prova a vincere, di dover giustificare la mia esistenza senza averla determinata, stufo di dover rispondere alle aspettative di tutti senza aver mai visto soddisfatte le mie, stufo di fare buon viso a pessima sorte, di fingere interesse, di illudermi, di essere preso in giro, di essere messo da parte e di sentirmi dire che la sensibilità è una grande qualità.
Tutte balle. Se la sensibilità fosse davvero una grande qualità, sarebbe oggetto di ricerca. Non lo è mai stata e mai lo sarà, perché questa è la realtà sbagliata, è una dimensione dove conta la praticità che non premia i talenti, le alternative, sbeffeggia le ambizioni, insulta i sogni e qualunque cosa non si possa inquadrare nella cosiddetta normalità. Non la posso riconoscere come mia.
Da questa realtà non si può pretendere niente. Non si può pretendere un lavoro, non si può pretendere di essere amati, non si possono pretendere riconoscimenti, non si può pretendere di pretendere la sicurezza, non si può pretendere un ambiente stabile.
A quest’ultimo proposito, le cose per voi si metteranno talmente male che tra un po’ non potrete pretendere nemmeno cibo, elettricità o acqua corrente, ma ovviamente non è più un mio problema. Il futuro sarà un disastro a cui non voglio assistere, e nemmeno partecipare. Buona fortuna a chi se la sente di affrontarlo.
Non è assolutamente questo il mondo che mi doveva essere consegnato, e nessuno mi può costringere a continuare a farne parte. È un incubo di problemi, privo di identità, privo di garanzie, privo di punti di riferimento, e privo ormai anche di prospettive.
Non ci sono le condizioni per impormi, e io non ho i poteri o i mezzi per crearle. Non sono rappresentato da niente di ciò che vedo e non gli attribuisco nessun senso: io non c’entro nulla con tutto questo. Non posso passare la vita a combattere solo per sopravvivere, per avere lo spazio che sarebbe dovuto, o quello che spetta di diritto, cercando di cavare il meglio dal peggio che si sia mai visto per avere il minimo possibile. Io non me ne faccio niente del minimo, volevo il massimo, ma il massimo non è a mia disposizione.
Di no come risposta non si vive, di no si muore, e non c’è mai stato posto qui per ciò che volevo, quindi in realtà, non sono mai esistito. Io non ho tradito, io mi sento tradito, da un’epoca che si permette di accantonarmi, invece di accogliermi come sarebbe suo dovere fare.
Lo stato generale delle cose per me è inaccettabile, non intendo più farmene carico e penso che sia giusto che ogni tanto qualcuno ricordi a tutti che siamo liberi, che esiste l’alternativa al soffrire: smettere. Se vivere non può essere un piacere, allora non può nemmeno diventare un obbligo, e io l’ho dimostrato. Mi rendo conto di fare del male e di darvi un enorme dolore, ma la mia rabbia ormai è tale che se non faccio questo, finirà ancora peggio, e di altro odio non c’è davvero bisogno.
Sono entrato in questo mondo da persona libera, e da persona libera ne sono uscito, perché non mi piaceva nemmeno un po’. Basta con le ipocrisie.
Non mi faccio ricattare dal fatto che è l’unico possibile, io modello unico non funziona. Siete voi che fate i conti con me, non io con voi. Io sono un anticonformista, da sempre, e ho il diritto di dire ciò che penso, di fare la mia scelta, a qualsiasi costo. Non esiste niente che non si possa separare, la morte è solo lo strumento. Il libero arbitrio obbedisce all’individuo, non ai comodi degli altri.
Io lo so che questa cosa vi sembra una follia, ma non lo è. È solo delusione. Mi è passata la voglia: non qui e non ora. Non posso imporre la mia essenza, ma la mia assenza si, e il nulla assoluto è sempre meglio di un tutto dove non puoi essere felice facendo il tuo destino.
Perdonatemi, mamma e papà, se potete, ma ora sono di nuovo a casa. Sto bene.
Dentro di me non c’era caos. Dentro di me c’era ordine. Questa generazione si vendica di un furto, il furto della felicità. Chiedo scusa a tutti i miei amici. Non odiatemi. Grazie per i bei momenti insieme, siete tutti migliori di me. Questo non è un insulto alle mie origini, ma un’accusa di alto tradimento.
P.S. Complimenti al ministro Poletti. Lui sì che ci valorizza a noi stronzi.
Ho resistito finché ho potuto.
Michele

05 febbraio 2017

La vendetta.

Mi ha colpito molto la storia di Vasto e ho provato a pensare come mi sentirei se qualcuno mi privasse dei miei affetti più cari. Io sono vendicativa a caldo, poi razionalizzo ma non riesco a perdonare, esigo un castigo, e sicuramente mi sentirei frustrata se la giustizia non mi desse soddisfazione. Ma l'occhio per occhio, il dente per dente non rientra nel mio modo di pensare. Piuttosto mi siedo sulla riva del fiume e aspetto che il cadavere passi e l'esperienza mi conferma che prima o poi, qualche volta, succede.
Capisco che un dolore grande possa annebbiare la mente, ma chi si munisce di una pistola sa fin troppo lucidamente l'uso che ne vuole fare. Capisco anche che un automezzo può essere lesivo anche senza una volontà precisa, ma chi si mette alla guida deve saperlo controllare adeguatamente perché può diventare arma anch'esso.
In questa storia ci sono più colpevoli e i dolori distribuiti lasceranno segni indelebili in tante persone. 
Credo però che chi decide scientemente di sopprimere una vita sia più colpevole di altri.