30 settembre 2013

Italia senza limiti.

- Buongiorno! – Esordisce garrula la voce al telefono – Vorrei proporle l’offerta IllimItalia.
- No, grazie, non cambio gestore.
- Ma quest’offerta non riguarda solo la telefonia. Se lei sceglie di collocare la sua impresa in Italia, potrà inquinare l’ambiente, devastare il territorio, abbattere i monumenti, frodare il fisco, truccare il bilancio, corrompere i funzionari, truffare i clienti, sfruttare gli operai, intossicarli, ricattarli, e licenziarli in massa. Illimitatamente! Se poi decidesse di entrare in politica, potrà riempire il parlamento di suoi dipendenti, rovesciare i governi, e cambiare tutte le leggi nell'interesse suo, e delle sue aziende. 
- Io non ho aziende.
- Neanche una?
- No.
- Capitali da investire o riciclare?
- Nemmeno.
- Allora mi permetta di proporle l’offerta Quiri-Line. Se il presidente Napolitano non riuscirà a reinstallare Letta, gli servirà un’altra app che esegua gli ordini della BCE. Tutto quello che lei dovrà fare come premier è sfoggiare il suo savoir faire sobrio ma elegante, e le sue conoscenze altolocate…
- Non ne ho.
- Oh, ma allora lei è un poveraccio, un caso umano – sospira – Posso offrirle l’opzione Papa e Più Papa: una telefonata di Bergoglio, più cento sms di Ratzinger, che preferisce scrivere, più una suoneria di Wojtyla che canta il Pulcino Pio in otto lingue.
- Wojtyla è morto molto prima che uscisse il Pulcino Pio.
- Era un profeta – risponde la voce, in tono ispirato.
- Ma io non sono un caso umano. Sono uno che lavora.
Un attimo di silenzio.
- Allora mi dispiace. A lei non abbiamo niente da offrire.


Alessandra Daniele su Carmilla on line

27 settembre 2013

“Non si può smantellare la casa del padrone con gli attrezzi del padrone”. Audre Lorde

Sono tempi in cui si fa un gran parlare di rivoluzione sociale e con essa si intende un cambiamento radicale delle condizioni di vita, per esempio l’abolizione dello sfruttamento e la realizzazione di una società più giusta, che garantisca la libertà dell’individuo e l’uguaglianza dei diritti.
Direi che è quasi ovvio pensare che siamo lontani anni luce da questa prospettiva.
Perché il nostro impegno non è rivolto alla realizzazione di questo ideale.
Siamo invece costretti, obtorto collo, a dedicarlo esclusivamente a rimediare ai guasti generati giorno dopo giorno dai governi e dai capitalisti.
Purtroppo la realtà attuale ci dà esempi eloquenti.
Sono decenni che diciamo che le centrali nucleari sono pericolose, che non è una tecnologia affidabile e che non è giusto lasciare ai nostri figli un mondo pattumiera pieno di scorie radioattive. Ebbene, da decenni dobbiamo investire la nostra energia e il nostro tempo per scongiurare la costruzione di queste centrali e in questo non c’è nulla di rivoluzionario, c’è soltanto il buon senso di chi non è accecato dalla sete di profitto. Nonostante ciò, ora siamo sull'orlo di una catastrofe mondiale.
Abbiamo, per cambiare tema, dovuto batterci, sempre per decenni, per ottenere il diritto all'aborto. Anche qui, solo per il buon senso di riconoscere alla donna il diritto di decidere sulla propria sessualità e sul proprio corpo. Ora le forze reazionarie cercano nuovamente di mettere in dubbio questo diritto, e saremo di nuovo costretti a buttarci in questa battaglia.
E ancora: da quanti anni ci stiamo impegnando contro l’inquinamento, la cementificazione del territorio, la realizzazione delle cosiddette “grandi opere”? Ci costringono a batterci per ogni metro quadrato di natura, per ogni casa da salvare dalla speculazione, per ogni progetto di devastazione della natura che vogliono imporci.
Ci troviamo così costretti, per impedire gli scempi più gravi, a essere conservatori, altro che rivoluzionari!
E che dire delle strategie più spregevoli messe in atto dai capitalisti e dai governi, come, ad esempio, la privatizzazione dell’acqua? Anche qui ci siamo battuti e dovremo ancora batterci perché ciò non avvenga, perché lucrare sui bisogni assolutamente vitali dell’essere umano è ignobile e schifoso.
E come la mettiamo con la lotta contro il precariato e la disoccupazione? Quanti anni ci sono voluti per ottenere quei diritti che ora ci hanno di nuovo tolto? E quanti altri anni ci vorranno per riaverli?
Scusatemi se sbaglio, ma non notate un’inutile spreco di energie? Stiamo rivendicando ad uno Stato, ad un padrone, la risoluzione dei problemi, di quegli stessi problemi che LORO hanno creato! Chiedendo a LORO ci rimettiamo di nuovo al cento per cento nelle loro mani! Come si fa a combattere un padrone se si chiede a lui di dare lavoro, reddito, sicurezza e mantenimento di diritti, tutto ciò che lui stesso ha negato?
Quante speranze sono state sepolte dall'attesa della rivoluzione sociale? Quante vittime tutte invendicate hanno pagato col sangue o con la prigione il desiderio di costruire un sistema più giusto nell'eroico tentativo di attaccare il capitale?

Basta eroi, basta vittime. È inutile aspettare la rivoluzione degli altri per cambiare le cose. La rivoluzione dobbiamo farla dentro di noi, smettendo di aspettarci dagli altri quello che vorremmo per noi, prendendo in mano il nostro futuro e realizzando le nostre aspirazioni in maniera autonoma, senza deleghe e senza mediatori. Non dovrebbe essere difficile se usiamo per costruire tutta l’energia che abbiamo finora consumato inutilmente per combattere. Dobbiamo farlo adesso, quando e dove possiamo.

24 settembre 2013

Aborto, l'obiezione di coscienza è una truffa .

È quasi impossibile applicare la legge 194. Le donne italiane costrette a mendicare un diritto costituzionale. Ecco come si può disinnescare il sabotaggio dei medici obiettori.
Di Mario Riccio, medico e consigliere dell'associazione Luca Coscioni.
Da Cronache Laiche.
È assolutamente necessario operare una netta distinzione tra l'istituto dell'obiezione di coscienza in ambito sanitario e l'erogazione della prestazione medica. Attualmente infatti si accetta come inevitabile che la prima, l'esercizio dell'obiezione, possa o debba necessariamente influire sulla seconda, l'erogazione della prestazione. Premetto che ritengo sia corretto riconoscere alcune forme di obiezione di coscienza in campo sanitario. Sia riguardo alle problematiche di inizio vita - procreazione assistita, interruzione di gravidanza, contraccezione - che a quelle di fine vita, come nel caso dell'interruzione di determinati trattamenti sanitari. 
Non è invece accettabile, come purtroppo accade in molte regioni italiane - Lombardia, Lazio e in generale nel sud Italia - che l'obiezione di coscienza di fatto complichi o addirittura impedisca l'erogazione della prestazione sanitaria dell'interruzione di gravidanza.
Concentriamoci sulle problematiche che riguardano l'interruzione di gravidanza con metodica chirurgica. Le figure che sono coinvolte direttamente nella esecuzione dell'interruzione volontaria di gravidanza (IVG) sono il medico ginecologo, il medico anestesista e l'infermiere di sala operatoria. In molte realtà ospedaliere - a causa dell'elevato numero di obiettori di coscienza tra queste figure professionali - i tempi di attesa per poter essere sottoposti ad una IVG sono talmente lunghi da rischiare che venga superato il termine massimo delle 12 settimane di gestazione, limite di legge oltre il quale l'aborto è consentito solo in determinate, particolari e limitate circostanze. Tanto che l'IVG può essere definita come una vera urgenza chirurgica di natura amministrativa. 
Ma vi sono ospedali che dichiarano di non poter erogare del tutto la prestazione per l'assoluta mancanza di personale sanitario non obiettore.

Non è di mia competenza valutare se un tale rifiuto contrasti con il diritto costituzionale alla tutela della salute, qualora la prestazione - di assoluta ordinarietà - non venga erogata laddove risieda la donna richiedente. Costringendola ad un umiliante peregrinare alla ricerca della struttura accettante, che non sempre risulta oltretutto vicina. Ma questo potrebbe essere correttamente valutato, qualora fosse presentato un esposto da una donna che si vedesse rifiutato, dall'ospedale della città ove risiede, non solo l'aborto in se, ma anche una chiara e precisa indicazione di altra struttura che lo possa erogare in tempi certi.
L'IVG si caratterizza pertanto come l'unica prestazione sanitaria che è - in determinate circostanze - rifiutata dal nostro Sistema Sanitario. Da sottolineare infatti che l'ospedale che non riesce a garantire al cittadino una prestazione sanitaria, perché sprovvisto della competenza necessaria - come ad esempio la cardiochirurgia e neurochirurgia - provvede comunque a mettere in contatto il cittadino con la struttura sanitaria che può rispondere alle sue necessità. In caso di urgenza o emergenza gestisce invece direttamente la prima assistenza ed il trasporto stesso del paziente presso la struttura accettante.
Gli ospedali, al fine di ridurre il più ampio problema delle liste di attesa, sono autorizzati - qualora non obbligati - ad attuare quanto stabilito nei decreti legge della riforma Bindi del 1999. Ovvero a proporre ai propri dipendenti prestazioni cosiddette aggiuntive e al di fuori dell'orario di servizio contrattuale, per le quali sono remunerati a parte. Si intende che il costo di dette prestazioni è a carico dell'ospedale, a sua volta regolarmente rimborsato dal SSN, e non certo dell'utente. Pertanto ogni ospedale potrebbe ridurre fino a far scomparire il tempo di attesa per l'IVG, incentivando il personale non obiettore.
Un ospedale può anche richiedere personale proveniente da altra struttura ospedaliera qualora la richiesta vada inevasa al proprio interno. Così facendo nessuna struttura ospedaliera si troverebbe a dover rifiutare una prestazione sanitaria - l'IVG - che, come già visto, molto spesso può essere definita d'urgenza.

Tale sistema incentivante è una pratica assolutamente ordinaria. Quasi tutti gli ospedali la attivano per rispondere a elevate richieste di prestazioni - per la maggior parte chirurgiche - derivanti dalla presenza di operatori di eccellenza per un determinato intervento, anche perché risulta un ricavo economico notevole per l'ospedale stesso. 
È da ritenersi inoltre che questa soluzione porterebbe molti dei cosiddetti obiettori di comodo a desistere dalla loro posizione, una volta constatato che il loro scopo - impedire la prestazione - è comunque fallito. Innescando così una sorta di circolo virtuoso che nel ridurre il problema limiterebbe anche lo stesso ricorso alla suddetta attività incentivante, effettivamente non priva di costi aggiuntivi. 
Non si capisce allora, o forse lo si comprende assai bene, perché non venga applicata per risolvere l'umiliante e talvolta tragica condizione delle donne costrette a mendicare il proprio diritto (costituzionale) ad interrompere - in sicurezza e legalità - una gravidanza non voluta.

23 settembre 2013

Internet: il NWO non lo combatte, lo pilota.

Nella grande sala consiglio l’atmosfera era quella delle grandi occasioni. Al giovane analista brillante erano stati dati pochi mesi per analizzare, studiare, e risolvere uno dei problemi più scottanti: lemergere di una nuova coscienza collettiva che rischiava di mettere in crisi l’ordine mondiale così come era stato concepito da svariate generazioni di illuminati al potere occulto. E, come sempre, queste sono opportunità che non si possono sbagliare: l’esito del’esame poteva aprire le porte ad una veloce carriera verso i vertici o chiudere per sempre ogni prospettiva futura.
Fino a quel punto l’esposizione era andata bene. Grafici, dati, sintesi, analisi interessanti. Tutti aspettavano però con ansia la parte finale, quella delle soluzioni, vedere cosa l’analista avrebbe tirato fuori, il famoso coniglio dal cilindro. Così, quando arrivato verso la fine, si capiva che non ci sarebbe stato nessun coup du theatre, il vicepresidente lo interruppe.
- Allora, tutto questo è imbattibile. Non si può fermare. Questa è la sua soluzione? Tre mesi per dirci quello che già sapevamo, o quantomeno per confermarci quello che sospettavamo?
Un qualunque neofita avrebbe tremato, esistato, balbettato di fronte ad un attacco così diretto. Ma il nostro analista era uno con la stoffa, per non dire con le palle, e non indietreggiò di un millimetro.
- Non serve.
- Come non serve? La gente sta scoprendo tutto, le scie chimiche, i vaccini, le bufale dell’AIDS, per non parlare della Luna, del Global Warming, e poi, la più grande di tutte, la creazione di denaro dal nulla, e lei mi dice che non serve? Secondo lei dovremmo stare qui a vedere il nostro impero crollare, pezzo per pezzo, senza fare nulla? – Urlò il vicepresidente.
- Vede, signor Vicepresidente, dobbiamo tenere in conto l’utilità di ogni azione. Le faccio una domanda: quello che la preoccupa è la conoscenza, o le azioni?
- Non capisco, sia più esplicito.
- Faccio un esempio, secondo lei è un problema se si viene a scoprire che il denaro viene creato dal nulla?
- Certo che è un problema, mi prende in giro?
- Ma è un problema la conoscenza in sè, o è un problema perchè questa conoscenza può avere delle conseguenze?
- Conoscenza e conseguenze sono un tutt’uno! - Taglio corto il vicepresidente.
- A volte. Ma a volte no. Paradossalmente, fa più male uno che conosce tutto, ma continua la sua vita come niente fosse, o uno che, anche senza sapere tutto, fa un attentato? Perchè questo è il punto vero.- L’atmosfera si fece più silenziosa, tutti volevano capire dove sarebbe arrivato l’analista, si intuiva che aveva qualcosa di interessante da dire. E infatti, lasciati passare alcuni secondi di pausa (ben studiata), riprese:
- Non dobbiamo fare l’errore di pensare che le persone si comportino sempre e continuamente in modo razionale. Molti sono gli istinti, le necessità immediate, le distrazioni che, a caso o volontariamente, possiamo inserire. E poi non tutte le persone hanno lo stesso livello di coscienza: per uno che capisce tutto, ce ne sono 99 che intuiscono, intravvedono, ma non si fidano di loro stessi, educati come sono stati alla loro inadeguatezza fin da piccoli… insomma: questa “rivoluzione” di Internet ha sì in sè qualche germe di pericolosità, ma non dobbiamo sopravvalutarne la portata. E soprattutto non commettere l’errore di affrontarla di petto: allora sì che sveglieremmo il can che dorme. Esempio: se una mandria di bufali ti sta correndo incontro, se pensi di fermarla ne vieni travolto. La cosa migliore è metterti a correre nella loro stessa direzione, e quando ti raggiungono sali su uno di quelli in testa. Una volta lì, puoi guidarlo a destra o sinistra e pilotare tutta la mandria. L’importante è capire come ragiona e come si comporta la mandria.
- E quindi, in concreto, lei cosa propone? Propone di non far nulla?
- Non dico questo. Dico solo che non bisogna mettersi contro di petto. Dobbiamo, ancora una volta, come sempre abbiamo fatto nei corso della storia, infiltrare, essere dappertutto, a destra e sinistra, con russi e americani, con arabi e israeliani, e controllare tutti i fenomeni dal di dentro. In effetti, a ben pensarci, abbiamo sempre avuto successo così. 
- Ripeto: quindi?
- Allora: la stragrande maggioranza della popolazione è stupida e addormentata. Per quelli basta già il pensiero di non arrivare a fine mese, e con un po’ di calcio, e tette e culi, (che non guasta mai) li teniamo impegnati. Panem et circenses. Ovviamente bisogna continuare come abbiamo fatto finora: alimentare le paure e i bisogni in modo che non siano mai a posto, che gli manchi sempre qualcosa. Poi esiste una minoranza, i cosiddetti “intellettuali”, gli impegnati: quelli li distraiamo con la politica. Si perderanno in interminabili discussioni, assemblee di partito, collettivi, comitati, riunioni serali, e anche con quelli il gioco è fatto. E questi sono, a occhio e croce, un decimo degli altri.
- E poi?
- Poi esiste una piccola fascia ancora più ristretta, direi un altro decimo (se non meno) del gruppo precedente, che comincia a capire tutto. Non possiamo farli fuori fisicamente, ma “tenerli fuori” sì: li terremo incollati alla tastiera. Metteremo in giro dei nostri emissari, attivissimi nelle discussioni, riempiranno di commenti i loro blog, a volte diranno qualcosa di giusto ma il più delle volte faranno perder tempo, e questi a furia di rispondere, a furia di ribattere, perderanno un sacco di tempo e resteranno tutto il tempo alla scrivania, convinti di essere i veri rivoluzionari. Avremo disinnescato e neutralizzato anche questi, i più pericolosi. E loro neanche se ne accorgeranno, tutti intenti a rispondere ai nostri troll!
Nella sala si fece il silenzio. Era evidente che quello era stato il trampolino di lancio del giovame analista: aveva superato la prova brillantemente.

Fonte: Stampa Libera

21 settembre 2013

A quali valori possiamo ancora fare riferimento per vivere con dignità?

di Claudio Martinotti Doria
Sono restio a comunicare pubblicamente in questo periodo particolare, nel quale credo non convenga sbilanciarsi con rivelazioni personali, non tanto per il rischio che possano essere equivocate dai pochi lettori abituali ed estimatori occasionali, ma dalle istituzioni, che essendo ormai alla frutta (secca, amara ed ammuffita) nel loro trincerarsi dietro la fossilizzazione parassitaria e difensiva ad oltranza, non possono che coltivare pregiudizi ed accanimento preventivo, per cercare di posticipare la fine e l'inevitabile cambiamento o tracollo o collasso dir si voglia. Prima di andarsene perché costretti dagli avvenimenti, continueranno a far danni e depredare e proiettare le colpe su altri, autolegittimandosi. E' tipico della psicologia del potere, che è assai elementare ed infantile, meno complessa di quel che si creda.
Per cui tanto per capirci, se qualcuno dovesse affermare pubblicamente che per cambiare questo paese e rinnovarlo, occorrerebbe passare per le armi (metaforicamente) la classe dirigente (quindi non solo i politici al governo), farebbe la fine dei NO TAV: denunce penali, perquisizioni in casa, sequestro dei computer e tutti i documenti personali, magari pure i libri evidenziati e con commenti a margine, i propri diari se ce ne fossero, ecc., e poi un imputazione di incitazione alla violenza, terrorismo, ecc.. Ma non preoccupatevi, dicono sia una democrazia e qualcuno ci crede pure.

Quindi ricapitolando, non ho tendenza a scrivere assiduamente in questo periodo perché quanto scriverei mi renderebbe vulnerabile e potrebbe essere usato contro di me (la famosa formula pronunciata dai telefilm polizieschi anglosassoni …).
Del resto lo stato ha fatto già "tutto e di più" (come lo slogan della Rai di alcuni anni fa) per rendere la vita una trappola per topi.
Dall'aumento smisurato delle tasse, leggi e procedure, fino a divenire il paese più opprimente al mondo dal punto di vista fiscale e burocratico, all'aumento della corruzione e della devastazione ambientale e cementizia nonostante la crisi in corso da anni (per cui avrebbero dovuto capire che gli immobili sarebbero rimasti invenduti e le iniziative speculative fallimentari).
Dall'aumento dei costi di esercizio delle abitazioni (bollette) oltre ogni decenza (pur essendo già le più care in Europa, per non confrontarle con gli USA che altrimenti ci sarebbe da piangere), alla trasformazione dei mass media, soprattutto televisivi, in un coacervo di demenza mistificatoria ed oscenità intellettuali e culturali, roba da far accapponare la pelle e suicidare i neuroni.

Dalla trasformazione dei partiti, che da tempo hanno perso il senso della misura, in associazioni a scopo di business e a delinquere, in un'accozzaglia di piccoli indegni signorotti feudali con un senso dello stato talmente elevato che si farebbero rimborsare come spese politiche anche lo sbiancamento anale, ecc..
Potrei continuare per ore ma credo di aver fornito l'idea di come una persona onesta ed intelligente si senta in questo paese allo sfascio, e soprattutto di come sia ormai ridotto all'impotenza dalle circostanze sempre e soltanto avverse (situazione patologica che alimenta la sindrome dell'assediato, in perenne difesa), perché se non ti prostituisci in qualche modo ormai non puoi neppure più sopravvivere con dignità, avendo la politica delinquenziale occupato e danneggiato irreversibilmente tutti i gangli vitali del sistema sociale ed economico e soprattutto finanziario. Provate a chiedere un prestito o un mutuo e poi mi direte.
Quindi cosa ci rimane per vivere e a cui aggrapparsi come valori di riferimento?
Ci rimangono le piccole comunità locali, l'associazionismo, la solidarietà (che non è una brutta parola, anche se in politica è divenuta lettera morta da pronunciare di tanto in tanto cazzeggiando), la cooperazione, la vicinanza, la disponibilità reciproca e lo scambio, la mutua assistenza, la convivialità, la Storia e l'identità culturale, che nessuno potrà mai toglierci.

Vi sembra poco?
Seguo da anni alcune piccole comunità locali e sto riscontrando che nonostante le difficoltà del periodo sono sempre attive e dinamiche, con un fermento culturale e di iniziative propositive senza precedenti e che fanno ben sperare … Certo che se fossero meno vessate dallo stato potrebbero dare e fare ancora di più, ma è proprio questo il problema di fondo che ancora in troppi non vogliono capire, condizionati a dipendere dallo stato e ritenerlo indispensabile.
In realtà è esattamente il contrario, le uniche realtà politiche che funzionano bene, anche in questa crisi epocale, sono quelle piccole e federate o confederate, con un apparato statale ridotto ai minimi termini e dove la politica non è una professione riservata ed esclusiva, ma un servizio temporaneo e la democrazia è di tipo partecipativo popolare.
Certo che lo stato (accentratore) da tempo sta cercando di distruggere anche questi valori, perché come dicevano in passato personaggi che se ne intendevano, qualunque cosa lo stato tocchi diventa m***a. Purtroppo. E per sopravvivere non trova niente di meglio che divenire sempre più liberticida, dominante ed estorsivo (aspettiamoci prossimamente anche confische).
Quindi la soluzione è nel decentramento e nell'autonomismo, ma ovviamente chi ha sempre vissuto e prosperato tramite lo stato non può essere d'accordo, dovrebbe rinunciare ai suoi privilegi e prebende. Circolo vizioso senza soluzione pacifica.
Buona fortuna


Visto da

Il Papa furbetto e la vergogna dei ginecologi cattolici.

Fanno sinceramente tenerezza i tromboni finto-progressisti che si emozionano sempre tanto di fronte alla banalità buoniste con cui papa Francesco riempie le pagine dei giornali. Ieri tutti commossi di fronte al fatto che il vecchio gesuita, in un'intervista al settimanale dei gesuiti (rivista che si abbevera alla greppia dei contributi per l'editoria dei periodici cattolici), ha detto che ci vuole il dialogo anche con quei cattivoni dei gay e di quelle donnacce che abortiscono (al patto, sia chiaro, che siano fortemente pentite). Dopo un paio di Papi che invocavano il rogo a ogni più sospinto, l'esibizione di un minimo di misericordia cristiana (ma proprio un minimo) deve aver contribuito a un'allucinazione collettiva. Oggi perfino il Manifesto mette il Papa rivoluzionario in prima pagina, aspettando il miracolo divino.
L'argentino che non si era mai accorto di vivere in un paese dove i militari torturavano la gente (perfino i suoi confratelli) deve essersi un po' spaventato dalle reazioni. E oggi ci ha finalmente mostrato il lato cattivo, anche perché sennò noi atei come ci divertiamo?
Bergoglio il rivoluzionario ha ricevuto in udienza i ginecologi cattolici (a quando i cardiologi buddisti o gli otorinolaringoiatri islamici?) e ha loro detto di stare attenti alla "diffusa mentalità dell'utile, la cultura dello scarto, che oggi schiavizza i cuori e le intelligenze di tanti, ha un altissimo costo: richiede di eliminare esseri umani".  Secondo il Papa, "ogni bambino non nato, ma condannato ingiustamente a essere abortito, ha il volto del signore" e "ogni anziano, anche se infermo o alla fine dei suoi giorni, porta in sè il volto di Cristo. Non si possono scartare". 
Ora, tralasciando il fatto che il volto di Cristo - se si è davvero cristiani - lo si dovrebbe riconoscere in tutti gli esseri umani, comprese le madri che muoiono di aborto clandestino e gli anziani costretti a marcire nei letti d'ospedale anche contro la loro volontà, le parole di papa Francesco sono un'autentica chiamata alle armi, a serrare i ranghi, a perpetuare quello che è uno dei grandi scandali della sanità italiana. 
Grazie a una norma della legge sull'aborto, la celebre 194 del 1978, ginecologi, anestesisti e personale paramedico possono scegliere di non praticare l'interruzione volontaria di gravidanza, trincerandosi dietro le loro convinzioni fideistiche (a dimostrazione del fatto che anche quando in Italia si è fatto qualcosa di sinistra si è subito pensato a un generoso regalino ai cattolici). Ora uno si chiede: posto che la legge risale a 35 anni fa, chi nel frattempo ha intrapreso la carriera non poteva semplicemente fare altro se pensava che la sua coscienza gli impedisse di applicare una norma dello Stato, confermata da un referendum popolare? Evidentemente le regole non valgono per tutti e tantomeno per i farmacisti che si rifiutano di vendere anticoncezionali e che pure sono titolari di una licenza concessa dallo Stato. 
Come ha rivelato tempo fa Repubblica in un'inchiesta, in Italia oltre l'80% dei ginecologi è obiettore di coscienza e le donne che non riescono a trovare posto si rivolgono al mercato clandestino. Il Ministero della Sanità ha calcolato almeno ventimila le interruzioni di gravidanza illegali, ma secondo alcune stime sono almeno il doppio. Senza contare l'assurda cifra di 75 mila aborti "spontanei", che in larga parte potrebbero essere frutto di pratiche "casalinghe" finite male.
Sull'obiezione di coscienza dei medici, siamo in Italia, è fiorita tutta una cancrena, con ambulatori fuorilegge: l'ultimo gestito dalla mafia cinese (!)  stato scoperto poco tempo fa  a Padova e incassava quattromila euro al giorno. Tra i clienti anche donne italiane. E poi sequestri, spaccio di farmaci abortivi, confezioni di Ru486 di contrabbando (quelle che magari non vogliono vendere i farmacisti), 188 procedimenti penali aperti nell'ultimo anno per violazione della 194, spesso contro "insospettabili professionisti" che agivano nei loro studi medici, alla faccia della "diffusa mentalità dell'utile".
La rivoluzione di Bergoglio? Buona per i gonzi. 

19 settembre 2013

Rino Gaetano e il videomessaggio di Berlusconi.


I fan di Rino Gaetano lo apprezzano per una infinità di motivi, non ultima la qualità di precorrere i tempi. Ascoltando e osservando Silvio Berlusconi nel videomessaggio, ti assale una fortissima sensazione di dèjà vu. Non solo perchè l'ex Cavaliere ha ribadito concetti triti e ritriti, ma in quanto il cantautore ha già descritto quei 20 minuti e il 'Berlusconi style', esattamente 35 anni fa.
Capofortuna è una canzone del 1978, inserita nell'album Nuntereggaepiù (anche questo non è un caso). 
Già l'attacco fa venire i brividi: 
"Cittadini! Lavoratori! Alle ore 18 il nostro beneamato segretario sarà con noi!". 
Per anticipare e oscurare il voto in Giunta per le Elezioni, Silvio Berlusconi ha scelto proprio le sei del pomeriggio per diffondere il suo verbo. Prosegue Gaetano: 
"Ma che fortuna! Grazie alla luna, capofortuna stasera è con noi. Ha una gran testa come uomo è una bestia, sembra immortale ma è come noi". 
Silvio B., per alcuni l'Unto del Signore, l'uomo che chiese all'amico Don Verzè "fammi campare fino a 150 anni", che rinasce politicamente ogni volta che sembra finito, "una bestia" anche dal punto di vista sessuale, almeno stando ai racconti di Sabina Began....è Capofortuna. Ma andiamo avanti.
"Lui è stato sempre puro, come l'alito di chi, non beve e non fuma lava i denti tutti i di".  
Berlusconi è il perseguitato ("sono innocente" ha ribadito anche oggi fissando la telecamera), che ha subito 30, 40, 50, 100 processi, il più grande contribuente italiano, chiamato in politica per "salvare l'Italia dalla sinistra", che guida il 'partito dell'amore', il quale si sa, "vince sempre sull'odio".
"Profuma di roba francese e sulla camicia ha un foulard di chiffon, regala sorrisi distesi ai suoi elettori, ai bambini i bon bon". 
Silvio non parla l'inglese, in compenso conosce molto bene la lingua d'Oltralpe, dice di aver studiato alla Sorbona e in gioventù cantava canzoni francesi sulle navi da crociera. E i suoi 'sorrisi distesi' sono un marchio di fabbrica della casa.
"Ma che fortuna capofortuna, guarda stasera con noi la tv, classe di ferro ha fatto la guerra, è tanto bello che sembra Gesù". 
Sul paragone Berlusconi - Gesù si potrebbe scrivere un libro. Ultimo a cedere alla tentazione Angelino Alfano, che per difendere il perseguitato non ancora crocefisso dichiara: "'L'esempio di Cristo evidenzia l'esigenza di un giusto processo e i limiti di un giudizio popolare". Tv fa rima con Berlusconi: ha plasmato parte dell'opinione pubblica a sua immagine e somiglianza, già prima della discesa in campo, senza che gli venisse opposta particolare resistenza.  
Rino Gaetano chiude così Capofortuna, ogni altro commento è superfluo: 
"Non teme né estate né inverno, se andrà all'inferno ci andrà col gilet. Dimentica i tuoi problemi, imbarca i tuoi remi lui pensa per te. Inaugura mostre e congressi, autostrade e cessi, ferrovie e metrò. Sorride ai presenti commosso se punta sul rosso sa che vincerà. Se gioca a tressette è campione, se fuma un cannone si sente un pascià. Reprime rivolte e sommosse e cura la tosse alle cinque col te. Sostiene già tesi avanzate e tutta l'estate la passa in tournèe".


Continua a immaginare.....

Siamo così succubi e dipendenti dal sistema che ci rinchiudiamo da soli nella cella e buttiamo la chiave.
Una volta per conoscere i nostri movimenti e i nostri gusti ci spiavano, oggi siamo noi a comunicare tutti i nostri spostamenti ed a condividere i nostri interessi, i nostri acquisti ed i nostri desideri.
Il nuovo iPhone sarà dotato di un chip di 170 micron che legge a 360 gradi gli strati sottocutanei con definizione a 500 dpi. In parole povere, un sistema di riconoscimento delle impronte digitali Touch ID, che permette di sbloccare l’iPhone 5S ed effettuare anche acquisti o effettuare il log-in con applicazioni ad-hoc.
Quindi,se ne deduce che con tale telefonino l’impronta sará abbinata al conto bancario. Una buona “scusa” in più per usare e promuove la moneta elettronica.
Chissá cosa ne pensano gli “io non ho nulla da nascondere…”
Se tutto questo è in una tecnologia commerciale, pensate cosa possono avere in mano i servizi di intelligence.
Oggi, come in “1984″ distopico romanzo di George Orwell, possiamo affermare senza mezzi termini che “l’ortodossia consiste nel non pensare — nel non aver bisogno di pensare. L’Ortodossia è inconsapevolezza”.
Riprendendo un noto motto della suddetta opera: “la libertà è schiavitù”.


Italo Romano

Estremo saluto.

Confutare le menate dello statista di Arcore è utile come regalare un dopobarba a Beppe Grillo. Entrambi prediligono il monologo; i toni gravi, mentre roteano il ditino ammonitore e minacciano un patatrac davanti ai loro fondali scenici. Lo spettacolo è tutto nella mimica, come nei vecchi classici del cinema muto, confacenti all’età biologica dei personaggi. A tal proposito, nel suo sofferto videomessaggio, se non fosse per la fissità dello sguardo più sorcino del solito, il nano catramato rasenta persino una strana somiglianza con Mack Swain, già spalla comica nei film di Chaplin. Ed è irresistibile mentre si agita a scatti, strizzato nel suo gessato da cumenda anni ‘50 e imbolsito più che mai. È inquietante nella sua improbabile acconciatura di capelli finti, vagamente ispirata alla pettinatura del Dracula di Coppola, e che sembra scaturita dall’esperimento perverso di un parrucchiere pazzo, in bilico tra un trapianto di moquette e una pantegana morta. Mentre si dondola sul suo seggiolone, è difficile capire se si tratti di un pupazzo caricato a molla, o una damigiana di cerone foderata in un doppiopetto riciclato dall’armadio di qualche trisavolo, mentre sbiascica le parole e si ingolfa come un vecchio diesel smarmittato. L’impressione prevalente è quella di una salma rianimata dopo i restauri del funeral make-up. Il risultato è ridicolo nella forma e assolutamente patetico nella sostanza. Sarebbe ora di chiudere il sipario sul deprimente pagliaccio triste avviato al tramonto.

 

Liberthalia

Basta un poco di Concordia e la pillola italiana va giù.

Di Alessandro Robecchi
Non c’è niente di peggio di chi non capisce le metafore, di chi piega e modella le allegorie a suo uso e consumo. Dopotutto, se Gesù si esprimeva per parabole un motivo c’era, voleva che capissero tutti, anche i più semplici: il linguaggio figurato serve soprattutto a questo. E così qui, nel mondo alla rovescia dei grandi media italiani, tutto pare girare all’incontrario. La retorica che si è spiaggiata in questo giorni intorno all’isola del Giglio dice molto sulla furbizia italiana, sul trasformare un disastro in resurrezione. Ore e ore di diretta televisiva per il raddrizzamento della Concordia, chili e chili di parole ad ogni centimetro di scafo recuperato dal mare. Fino alla ciliegina sulla torta: la telefonata del presidente del consiglio alla sala operativa, in cui parla di “orgoglio italiano” per le operazioni di recupero. Ora, naturalmente si tratta di un grande spettacolo, e c’è da festeggiare che una delle coste più belle d’Italia non sarà più lordata da un rottame che fu di lusso e che stava lì a testimonianza semigalleggiante dell’insipienza nazionale. Bene. Però, come in ogni cosa della vita, suggerirei prudenza e una corretta lettura delle metafore. A risollevare la Concordia dalle acque lavorano cinquecento persone di ventisei nazionalità. Dunque sull’orgoglio italiano ci sarebbe da ridire. Orgoglio mondiale andrebbe meglio, ecco. Mentre il disastro, quello sì, fu tutto italiano, dalla pratica medievale dell’inchino (l’omaggio al potente di turno), alla spacconeria cafoncella (“Il sorpasso” di Risi, se si vuole ricorrere al cinema), alla fuga ridicola e vile del comandante (restando al cinema: “Ve lo meritate, Alberto Sordi”, cfr. Nanni Moretti). Dunque la corretta lettura della metafora è: noi (uno di noi) abbiamo fatto un casino inenarrabile. Loro (intesi come tecnici stranieri, esperti di ogni angolo del mondo) sono venuti a rimetterlo a posto. Del resto, è quello che ci piacerebbe accadesse per Pompei, per il Fori a Roma, per molte delle ricchezze italiane che trattiamo male e malissimo.
Ma c’è di più. La corsa a rimirare i titanici lavori di raddrizzamento di una nave e a cercare in quel tirar di cavi una qualche consolazione alle nostre disgrazie, un’immagine di riscatto, un “orgoglio” ritrovato, denuncia in pieno il sogno italiano dello stellone, della provvidenza, del miracolo a cui aggrapparsi. Se ci pensate, è lo stesso meccanismo mentale che sostiene tutte le tesi sull’uomo della provvidenza. Ci pensa lui. Meno male che c’è. Arriva uno e dal casino totale crea l’ordine. Un abbaglio in cui il Paese cade periodicamente con la stessa stralunata fiducia, sempre dimentico che chi doveva mettere a posto i disastri con la sola imposizione delle mani (o del manganello, o della spending review) ha solo creato disastri maggiori. Ora, allo stesso modo, ecco la retorica del miracolo italiano che si ripete per un’operazione tecnica. La metafora direbbe: visto? A provocare una tragedia immane ci vuole un minuto, mentre a rimettere le cose a posto servono mesi, lavoro, pazienza e soldi. Ecco, questo dovrebbe insegnare la metafora della Concordia a un popolo bambino. Invece no: invece la si piega come un elastico, come un chewingum per dire: “Visto, il genio degli italiani che tirano su una nave come quella?”. Una sorta di strabismo di comodo, una prospettiva sghemba. La metafora della riemersione del Paese? Sarebbe bello. I fatti, invece, dicono che sono arrivati bravi tecnici, molti stranieri, per mettere a posto un brutto pasticcio che si poteva evitare.

14 settembre 2013

Bergoglio lava più bianco. La rivoluzione a parole di papa Francesco.

Da Jusq'au Lune.
Quello che maggiormente sorprende in questa prima fase di permanenza alla guida della Chiesa di José Mario Bergoglio è il coro pressoché unanime di consensi che l’ex arcivescovo di Buenos Aires sta raccogliendo, da destra a sinistra, nel mondo cattolico come in quello laico…
Considerano questo papa una sorta di straordinario miracolo, il grande riformatore che rinnoverà completamente la Chiesa e le sue strutture…

Eppure è proprio del mestiere del giornalista andare nelle pieghe dei fatti, dei personaggi, analizzare le dinamiche per rilevare le contraddizioni ed i nodi eventualmente irrisolti e portarli poi all’attenzione ed alla riflessione di chi legge, piuttosto che limitarsi ad amplificare ciò che è già sotto gli occhi di tutti…

In realtà non si tratta di avere un pre-giudizio, sul papa o su chiunque altro. È anzi comprensibile il clima di entusiasmo e speranza che le prime parole ed i primi gesti di Bergoglio hanno suscitato in tanti credenti. Ma a chi scrive non compete essere supporter di nessuno, men che meno di chi ha un ruolo istituzionale, connesso ad un potere e ad una capacità di enorme influenza sulle masse…

Rispetto al papa-teologo Ratzinger, l’immaginario religioso di Bergoglio è intriso di un devozionismo molto tradizionale e popolare, fatto di madonnine oleografiche, di Gesù zuccherosi, indulgenze plenarie (nuovamente concessa a tutti i partecipanti alla Giornata Mondiale della Gioventù in Brasile) e fervorini contro il demonio. E di una Chiesa che resta l’unica solida guida per i credenti e l’unico strumento di salvezza. Il 12 aprile, ad esempio, parlando alla pontificia commissione biblica, papa Francesco ha ribadito che “l’interpretazione delle Sacre Scritture non può essere soltanto uno sforzo scientifico individuale, ma dev’essere sempre confrontata, inserita e autenticata dalla tradizione vivente della Chiesa”. Il 22 aprile, in un’altra omelia mattutina, ha detto con forza che Gesù è «l’unica porta» per entrare nel Regno di Dio e «tutti gli altri sentieri sono ingannevoli, non sono veri, sono falsi». Il giorno dopo, nell’omelia della messa con i cardinali nella Cappella Paolina per la festa di S. Giorgio, ha detto che «l’identità cristiana è un’appartenenza alla Chiesa, perché trovare Gesù fuori della Chiesa non è possibile»…

Anche sul versante delle donne, non pare che da papa Francesco ci sia da attendersi grandi sorprese: «Siate madri, non zitelle», ha detto Francesco alle 800 suore convocate all’assemblea dell’Unione delle superiori generali l’8 maggio scorso. La castità, ha spiegato, deve essere «feconda», generatrice, come insegna la figura di Maria Madre. «Che cosa sarebbe la Chiesa senza di voi? Le mancherebbe maternità, affetto, tenerezza, intuizione di madre!». Insomma, le suore come indispensabili procreatrici spirituali, curatrici di corpi e anime altrui. Dal punto di vista teologico, la semplice riedizione del ruolo materno celebrato attraverso la figura della mamma acrobata che concilia casa e lavoro. Ma che non deve rinunciare all’accudimento dei figli come funzione che ne caratterizza la dimensione “naturale”, oltre che sociale…

Cambia la forma, non la sostanza
Insomma, alla fine di questa rapida analisi si può concludere che se i contenuti di papa Francesco non sono diversi dai suoi predecessori, il modo di comunicarli quello sì, è radicalmente diverso.In questa sua enorme capacità comunicativa Bergoglio appare simile al Wojtyla pope-star, quello che agitava la mani, ritmava i canti assieme ai giovani che assiepavano gli stadi… Ma a differenza di quest’ultimo l’attuale pontefice ha un’arma in più: riesce ad avere un rapporto quasi personale con la folla.. ..

Denunce a perdere
Quando invece parla, i temi affrontati dai discorsi di papa Francesco sono ispirati a concetti molto generici: la misericordia, il perdono, i poveri, le “periferie”, gli esclusi dal sistema, i poteri finanziari che schiacciano la dignità umana, l’amore e l’egoismo (una delle frasi più ricorrenti del papa è «non fatevi rubare la speranza»: l’espressione – la cui vaghezza è evidente a tutti – si ritrova anche nell’enciclica Lumen fidei). Mancano sempre i nomi, le circostanze, i responsabili. Cioè tutti quegli elementi che contribuirebbero a dare forza e profezia alle parole di un vescovo, quello di Roma in particolare. E questo vale anche per la visita del papa a Lampedusa, dove alla grande attenzione per le vittime non ha fatto da pendant quella nei confronti dei loro “carnefici”, cioè delle leggi e delle scelte governative italiane ed europee (legge Turco-Napolitano, legge Bossi-fini, respingimenti, sostegno a dittatori e autocrati nordafricani ed asiatici di ogni tipo, guerre e sfruttamento economico), che hanno consentito che il Mediterraneo divenisse un cimitero di disperati….

Valerio Gigante

13 settembre 2013

Deliziandomi...



A volte il grigiore della realtà impone uno stop. E cosa c’è di meglio che deliziare un po’ il cervello con l’arte? Che sia musica, lettura o pittura, servirà comunque allo scopo: alleggerire i pensieri con la forza del sogno.
Ed ecco allora una poesia di Bertolt Brecht insolitamente non didascalica (cioè che non intende spiegarci nulla sulla realtà storica). Una poesia che rievoca un amore del quale tuttavia non ricorda quasi nulla, se non che lui la baciò in un giorno sotto un susino. Quel che ricorda, invece, è un dettaglio: una nuvola bianca che correva nel cielo e che ad un secondo sguardo era già sparita.


Ricordo di Marie A.

Un giorno di settembre, il mese azzurro,
Tranquillo sotto un giovane susino
Io tenni l'amor mio pallido e quieto
Tra le mie braccia come un dolce sogno.
E su di noi nel bel cielo d'estate
C'era una nube ch'io mirai a lungo:
Bianchissima nell'alto si perdeva
e quando riguardai era sparita.

E da quel giorno molte molte lune
trascorsero nuotando per il cielo.
Forse i susini ormai sono abbattuti:
Tu chiedi che ne è di quell'amore?
Questo ti dico: più non lo ricordo.
E pure certo, so cosa intendi.
Pure il suo volto più non lo rammento,
Questo rammento: l'ho baciato un giorno.

Ed anche il bacio avrei dimenticato
Senza la nube apparsa su nel cielo.
Questa ricordo e non potrò scordare:
Era molto bianca e veniva giù dall'alto.
Forse i susini fioriscono ancora
E quella donna ha forse sette figli,
Ma quella nuvola fiorì solo un istante
E quando riguardai sparì nel vento.


(da Die Hauspostille, 1927)

Trovata qui.


La poesia è il perpetuo sforzo di esprimere lo spirito della cosa, di penetrare il corpo bruto, e di cercare la vita e la ragione che lo fa esistere. (Ralph Waldo Emerson)