31 maggio 2015

Io so che vivo e che voglio vivere.


Io so che vivo e che voglio vivere.
È molto difficile mettere in azione questo voglio.
Siamo circondati da un’umanità che vuole quello che vogliono gli altri.
Legge e morale, a gara, m’intimoriscono e persuadono.
Il “biondo rabbi” ha trionfato.
Si prega, s’implora, si bestemmia, ma non si osa.
La vigliaccheria crea la morale, e questa giustifica la viltà e genera la rinuncia.
Ma questo desiderio di vivere, questa volontà, vuole pure svolgersi.
Io invidio i selvaggi.
E potessi gridare loro a gran voce: «Salvatevi, arriva la civiltà!»
Abbiamo abbandonato la libera e felice vita delle selve per questa orrenda schiavitù morale e materiale.
E siamo maniaci, nevrastenici e suicidi.
Ma io vi lascio la vostra sapienza e i vostri 420, vi lascio Sottomarini e Caproni.
Ridatemi la bella libertà, la mia ignoranza, la mia vigoria.
Ieri il cielo era bello da guardare, lo mirava lo sguardo dell’inconscio.
Oggi la volta stellata è un velo plumbeo che ci sforziamo invano di passare, oggi non si ignora più, si dubita.
Tutti questi filosofi, questi scienziati, che fanno?
Che delitti meditano ancora verso l’umanità?
Io me ne frego del loro progresso, io voglio vivere e godere!
«Scimmia delle foreste bornesi, Darwin ti ha calunniato!»
Intanto tutto il mio essere mi urla: «Voglio vivere!»
Mi strappo dalla fronte le spine della rinuncia cristiana e bevo il profumo delle rose.
Sto bene ora.
Fischiano le sirene e la folla beata va allo scannatoio.
Come invidio il grande Bonnot!
«Il me faut vivre ma vie!»
È inutile, sono bacato.
Odio forsennatamente questa umanità.
Vorrei potermi mutare in lupo, per affondare denti e artigli, in un'orgia di distruzione, nel ventre putrido della società.

B. Filippi

17 maggio 2015

"La solitaria" di Sara Teasdale

“Col passare degli anni s'è arricchito il mio cuore,
ed ho meno bisogno oggi di ieri
di vendere me stessa al primo compratore
o di dare parola ai miei pensieri.
Che ci sia un uomo o no, non cambia niente
se ho me stessa e da me so dove andare:
posso scalare il colle in una notte ardente
lo sciame delle stelle contemplare.
Pensino pure d'avere il mio amore,
ch'io li rimpiango, sola e senza scorta
se giova al loro orgoglio, a me che importa?
Basto a me stessa, come pietra o fiore”

09 maggio 2015


Non conosco la storia che sta dietro al bambino chiuso in una valigia. Oggi è una giornata in cui mi viene da pensare: "Fa' che sia una storia privata, una storiaccia brutta familiare. Fa' che sia un sottrazione di minore. Fa' che ci sia un motivo personale per cui un padre delinquente ha messo suo figlio in valigia". Tutto, ma che non sia un'altra storia di migrazione disperata. Tutto, ma che non sia una storia di "non c'erano alternative". Perché oggi, dopo avere immaginato la faccia di mio figlio in una valigia, non potrei sopportarlo. (Cecilia Strada)

..............

In questo momento decisamente confuso di un mondo così ricco di contraddizioni e così povero di valori, avverto sempre di più la necessità di tranquillità interiore. Sento il bisogno di staccare la spina, di riappoppriarmi del mio tempo e della mia leggerezza. Saranno gli smacchi subiti dalla vita, saranno le troppe promesse disattese, sarà l'esperienza che ormai mi suggerisce risposte prima ancora di fare delle scelte, sarà quell'intuito affinato con gli anni, sarà che mi sono voluta caricare di fardelli troppo pesanti per le mie esili spalle. Sarà tutto o sarà niente. Forse è solo voglia di dire basta, ho già dato, ho fatto quel che ho potuto.
Fatto sta che mi estranio. Da quasi tutto. 
Perchè non sopporto più l'informazione generalizzata, urlata, contraddittoria, mirata. 
Non sopporto la rabbiosa impotenza che mi coglie, la paura che si insinua velenosa, l'insistenza della mia coscienza che si ostina a chiedere troppi perché. 
Non so rispondere e non so più nemmeno cosa fare per trovare risposte.

Perchè la mafia è una montagna di merda!



"Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà. All’esistenza di orrendi palazzi sorti all’improvviso, con tutto il loro squallore, da operazioni speculative, ci si abitua con pronta facilità, si mettono le tendine alle finestre, le piante sul davanzale, e presto ci si dimentica di come erano quei luoghi prima, ed ogni cosa, per il solo fatto che è così, pare dover essere così da sempre e per sempre. È per questo che bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perché in uomini e donne non si insinui più l’abitudine e la rassegnazione ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore."


Peppino Impastato
 

01 maggio 2015

La Strage di Portella della Ginestra - Festa del 1. Maggio 1947 - Mafia-Stato





Nel piano della Portella chiusa in mezzo a due montagne
c'è una roccia sopra l'erba per memoria ai compagni
Alla destra nella roccia al tempo dei Fasci
un apostolo ci parlava donde proviene tutta la ricchezza.
E da allora fino a oggi a Portella delle Ginestre
quando viene il primo di maggio i compagni fanno festa...
E Giuliano lo sapeva che era la festa dei poveri,
una bella giornata di sole dopo tanto piovere,
chi ballava, chi cantava, chi accordava le canzoni
e le tavole apparecchiate con nocciole e torroni!

Ogni asta di bandiera era zappa, braccia e mani
era terra seminata, pane caldo, forno e grano

La speranza di un domani che fa del mondo ua famiglia
la vedevono ormai vicino già contavano le miglia,
l'oratore di quel giorno era Jacopo Schirò,
disse appena: « Viva il primo maggio », e rimase senza parola..

Dal monte della Pizzuta che l'altura più vicina
Giuliano con la sua banda scatenò la carneficina.

A tappeto e a ventaglio
mitragliavano la gente
come una falce che miete
con il fuoco tra i denti
C'è chi piange spaventato,
c'è chi scappa e grida aiuto,
c'è chi alza le braccia
invocando protezione.

E le madri col fiatone
con il fiato – ma senza più fiato
– Figlio mio, (hai) corpo e braccia
un groviglio di piombo!

Dopo un quarto d'ora di quell'inferno, vita, morte e passione
i briganti se ne andarono senza più munizioni
rimasero in mezzo al sangue e all'erba del piano
venti morti, poveretti, che volevano un mondo umano.
E nell'erba li piansero madri e padri inginocchiati
che baciandoli gli lavarono il viso con le loro lacrime.

Epifania Barbato accanto al figlio a terra morto dice:
«Ai poveri persino qua gli fanno la guerra... »
Invece Margherita La Glisceri che era lì coi suoi cinque figli
era stata colpita a morte, e nel ventre, aveva il sesto figlio...

Da quel giorno succede che a Portella, chi ci torna dopo tanti anni
vede i morti in carne e ossa, testa, volti e gambe,
vivere ancora, ancora vivi e può sentire una voce fra cielo e terra
che grida: O giustizia, quando arrivi?
O giustizia quando arrivi?!!


I colori dei mestieri di Gianni Rodari

Io so i colori dei mestieri:
sono bianchi i panettieri,
s'alzano prima degli uccelli
e han farina nei capelli;
sono neri gli spazzacamini,
di sette colori son gli imbianchini;
gli operai dell'officina
hanno una bella tuta azzurrina,
hanno le mani sporche di grasso:
i fannulloni vanno a spasso,
non si sporcano un dito
ma il loro mestiere non è pulito

Il lavoro non viene più eseguito con la coscienza orgogliosa di essere utile, 
ma con il sentimento umiliante e angosciante di possedere un privilegio concesso da un favore 
passeggero della sorte, 
un privilegio dal quale si escludono parecchi esseri umani per il fatto stesso di goderne, in breve un posto.
Simone Weil