30 giugno 2019

Forse questo blog non avrebbe ancora ragione di esistere perché non riesco ad aggiornarlo. Mi manca il tempo per farlo. Colpa di un lavoro alienante che occupa gran parte delle mie giornate e che rosicchia energia ed entusiasmo. Però mi dispiace chiuderlo e credo che non lo farò. Lo lascerò così, inutilmente fluttuante nei meandri della rete, fino a che non ritroverò le condizioni necessarie. Perché le ritroverò. Manca qualche mese alla meritata pensione (misera ma sempre pensione sarà) e allora spero che il tempo e la voglia di dedicarmici non mancheranno. Intanto ringrazio coloro che si sono interessati alle mie elucubrazioni. Ci ritroveremo.

01 maggio 2019

Mauro Macario: Lettera a Léo Ferré.

Maestro,
ti scrivo da un’epoca non epica come avevi predetto a gola aperta, dove la vergogna globalizzata è vissuta come orgoglio e l’orgoglio autentico viene bonificato con i lanciafiamme mediatici, in campagne di guerra subliminali ad opera di squadre istituzionali di disinfestazione che allargano a tutta la collettività il compito di sradicare il talento ovunque si trovi, un lavoro sporco per desfogliare la pelle ustionata da questo napalm oscurantista e da altre sottili innovative forme di sterminio cerebrale di stampo tecno-omologante che abilmente mimetizzate non sono riconoscibili, ma forse, per estremo paradosso, sono più feroci delle camere a gas perché ci lasciano vivi dopo aver asportato a crudo la nostra parte migliore, censurata e disattivata, esponendola al museo criminale degli irriducibili. Digiti uno, digiti due, digiti tre. Un disegno planetario perverso che mira in modo sistematico a recidere la memoria morale e culturale del più recente passato umanistico e dei loro protagonisti di riferimento. Le generazioni del nuovo ordine saranno così riformattate e il back up non salvato assicurerà l’archiviazione del sogno. Una società di decapitati non pensa più, agisce meccanicamente secondo le coordinate dettate da poteri unificati che concertano in sabba segreti la modificazione genetica, in senso interpersonale, di un’intera civiltà. Una tecnica dell’oblio, della cancellazione, per destituire il reattivo e pianificarlo all’asservimento acritico. Digiti uno, digiti due, digiti tre. Lo strumento che misura la temperatura dell’uomo degno è un termometro freddo e, malgrado il riscaldamento del pianeta, registra una febbre da obitorio, un’epidemia senza antidoto da laboratorio americano, una lapide sferica di cristallo attraverso la quale si vede il futuro dove veramente andremo su e giù per gli argini imparando a memoria i libri da tramandare, e fonderemo anche scuole clandestine per l’emozione appresa o rappresa. L’anatomo patologo di regime non dividerà più il cuore dal cervello, si troverà davanti a un organo mai visto: l’immaginario. Un organo carico di rivolta che segnala il soggetto ormai collassato e la sua sostituzione con l’oggetto: un modo come un altro per conquistare l’eternità spirituale della merce inanimata. Digiti uno, digiti due, digiti tre. Nel mio tempo di revisionismo antropologico, antro-ideologico, e di andropausa, ristabilisco termini ritenuti obsoleti: imperialismo, sopraffazione, sfruttamento. Gli artisti, ogni mattina, preparano i documenti d’espatrio, e ogni notte lasciano in silenzio il paese reale per andare nell’altrove, quella terra promessa, onirica e visionaria, parallela alla nostra, che tu cantavi con accesi toni salvifici attraverso la poesia in musica, tra struggimenti e requisitorie. Verranno a cercarci anche lì per farci a pezzi, ma li aspetteremo a Little Big Horn. Gli artisti che “da ventimila anni cantano nel deserto”, oggi nel deserto sono sepolti. Ti scrivo dunque da un’epoca non epica dove il senso del mito si confronta e si scontra con la logica derisoria del pragmatico; e perde. Lo si studia come un reperto paleontologico. La “tensione verso” che animava le stagioni luminose delle utopie, rimane così, moncata nella conclusione, incompleta nella frase, sbigottita nel gesto amputato, come un fotogramma che blocca a mezz’aria un tuffatore mentre sta per saltare dal trampolino e d’improvviso non sa più dove andare. Decidere in volo è difficile, volare con le ali recise ancora di più. La definizione di genio, in sede contemporanea, suscita l’ottusa ironia di certa casta intellettuale che la adotta solo per quei casi storicamente conclamati, privi di rischio, e mai come voce fuori dal coro. In definitiva è il senso del sogno, la perdita emorragica del nostro tempo, e gli investigatori privati del verso poetico che ostinatamente ancora lo cercano, vengono contrastati dai servizi segreti delle multinazionali. Digiti uno, digiti due, digiti tre. Quando mi chiedono in che cosa consiste il senso (residuo) del poeta oggi, faccio un attimo di silenzio e con gli occhi rivolti nel chissà dove, penso a te, maestro mio, perché la tua assenza pesa sul mondo e il mondo l’ignora, perché sono il guerrigliero di una battaglia solipsistica che ha come finalità di insediarti con i tuoi versi acustici in una terra apolide, in una dimensione atemporale. E ‘ la fraternità a distanza del poeta longitudinale e latitudinale. Io ti ricordo in una polvere d’oro nelle estati toscane, quando nella tua folle saggezza mi istigavi all’insurrezione entroflessa dicendomi: bisogna disimparare tutto. Così contagiato di vaiolo poetico attraversavo l’Eldorado del tuo verso cantato per arrivare al lazzaretto del mio e non più morirne. Io ti ricordo con la tenerezza del lupo che angelicava il tuo sguardo di muta adozione una sera a Parigi brindando alla mia rinascita dopo aver pianto per la tua capacità di eviscerarmi l’anima ad ogni brano, in scena, e trapiantarmi nell’altrove da cui non sono più tornato. Su quel palco ho visto il Novecento cantare i secoli precedenti in una reincarnazione sinfonica di tutti i poeti e di tutti i musicisti ricongiunti in una voce sola, allo scoperto, sotto i riflettori, fuori dalle loro tombe dove i becchini accademici li avevano sotterrati. Non c’è arte maggiore o minore. O canzone magica, commovente, miracolosa, corpo sonoro che da me si stacca e mi rappresenta in dimensioni sconosciute! La poesia morirà in un dormitorio pubblico. Mangiamo pane e merda e abbiamo sempre fame. E’ il menù neoliberista à la carte. La maggioranza, allineata e servile, ha tradito se stessa decretando così tante condanne a morte in tempo di pace, da fregare la rivoluzione francese. Involucri transgenici si riversano nelle strade come ologrammi darwiniani non ancora eretti. Il paese del sole gelido s’è trasformato, ha perso la sua identità, e gli antenati inceneriti tacciono nei loculi mnemonici. Squallidi dilettanti senza diritto di cittadinanza prevaricano gli artisti ortodossi relegandoli negli spazi amatoriali. Il nanismo nazionale cresce a dismisura grazie agli anabolizzanti di una dirigenza subeditoriale. Digiti uno, digiti due, digiti tre. Noi veniamo da un tempo lontano di bistrot e barricate, di nudi corpi in amore, e canti vigorosi di rivolta, noi siamo gli sciamani del sogno selvatico e della libertà estrema, gli angeli neri della A cerchiata, ma il cerchio si chiude intorno al collo come un cappio, l’assedio ci annienta; e quando cadrà l’ultima strofa, l’ultimo alessandrino, il sonetto limpido, quando cadrà l’ultimo verso belligerante, sul campo delle rovine tra i fumi della sera, il grande cadavere del mondo giacerà imploso. E sarà un bene per tutti.

Mauro Macario

Sarzana, 9 ottobre 2006


16 aprile 2019

Notre Dame de Paris.

Può sembrare esagerato sentirsi un po' morire dentro di fronte a Notre Dame che brucia, in un momento così drammatico per il mondo e l'umanità. Ma non lo è. Soprattutto per noi umani del terzo millennio che non lasceremo nulla agli umani del 3000 e degli anni a venire, a testimonianza del tempo che abbiamo vissuto. Soprattutto per noi umani contemporanei che viviamo senza storia, senza simboli, senza memoria, inariditi e deprivati della cultura. Notre Dame brucia e non ci sarà più lo skyline lungo la Senna di quella Parigi che amo e che è una delle case del mio cuore da sempre. La potenza simbolica di questo capolavoro della cultura di ogni tempo si sente in questo stringersi del mondo intero intorno a Parigi, come schiaffeggiato dalla storia. Quelle fiamme ricordano a questo mondo, distratto e immiserito dentro, quanto la cultura sia dentro di noi e quale bene prezioso da proteggere sia. E ora più che mai è importante tenerla sempre al primo posto: nella politica, nella vita, nel confronto con gli altri. E oggi amo quelle migliaia di parigini che in coro hanno cantato una preghiera per la salvezza di Notre Dame de Paris e ancora una volta ho capito perché amo così tanto la Francia.



Notre Dame de Paris è stato il primo romanzo di successo di Victor Hugo scritto in un periodo storico in cui i monumenti gotici erano mal visti e già molti erano stati abbattuti.
Hugo temeva che anche la Cattedrale stesse per essere demolita e decise di battersi a favore di essa con degli editoriali contro quelli che egli definiva i "demolitori". Il romanzo ebbe un successo straordinario e migliaia furono i visitatori che andarono ad ammirare la cattedrale.
Purtroppo oggi invece dobbiamo assistere attoniti a questa spaventosa scena. Speriamo che i danni non siano troppi e che la struttura non sia compromessa
Per chi volesse qui c'è un riassunto dell'opera.

12 aprile 2019

A proposito di Ratzinger e delle sue esternazioni su pedofilia e '68, è bene non dimenticare che il clero, da sempre, ha predicato bene e razzolato male (è evidente che qualche eccezione c'è ma non è la regola).
Il problema non è rappresentato dalle affermazioni di Ratzinger ma da chi concede loro spazio e modo di parlare di questioni sociali, politiche ed economiche, fuori dai luoghi di culto.
Quello è il loro pulpito, e lì devono restare.

10 aprile 2019

Rughe.

Ho tanti specchi in casa ma non mi ci guardo spesso, giusto la mattina quando mi vesto, così, tanto per essere sicura di piacermi almeno un po'. Però a volte mi soffermo sul mio viso. Lo vedo ora con le rughe, la piega della bocca e quell'ombra negli occhi. E scopro di non ricordare com'era prima, senza i segni del tempo. Certamente è cambiato, come sono cambiata io. Non c'è storia senza riflessi e quei riflessi si traducono in un'insolita mappa dove si vede il percorso fatto ma non quello che sarà: semplicemente non si torna indietro. Confesso di non aver fatto molto per ritardare questa evoluzione perché non la considero una disfatta ma piuttosto un adeguamento ai mutamenti delle situazioni e delle consapevolezze. L'ho ribadito diverse volte: non penso alla vecchiaia come ad una resa al destino crudele, anzi, ritengo che sia una buona occasione per liberarsi dagli stereotipi e di conseguenza considero i suoi effetti uno specchio del vissuto del quale non posso certo liberarmi. E siccome non ho possibilità né tanto meno ragioni per rinnegare ciò che ho vissuto, guardo con affetto quelle espressioni mature, quei simboli di gioie, dolori, vizi e virtù che hanno attraversato il mio corpo e la mia mente. Ecco dove sono i ricordi, in quello specchio che riflette un viso a volte stanco, a volte leggero, a volte deciso e coraggioso anche se non può. Un viso che mi dà la consapevolezza dell'insieme dei miei giorni. Rinnegarlo sarebbe un controsenso. Non so come mi vedono gli altri, se quell'immagine riflessa nello specchio vale anche per loro. Spero di sì, è solo così che mi racconto senza paure.

Escher: Goccia di rugiada 1948

22 marzo 2019

Oscurantismo.

World Congress of Families XIII

Le linee guida del convegno in sintesi:
-La donna esaltata come strumento di procreazione, che per il governo pentafascioleghista deve appartenere alla razza bianca, da contrapporre a quella africana e asiatica, colpevoli entrambe di voler rendere meticcia la italica società ariana.
-I figli ridotti ad oggetti di contesa.
-La violenza domestica come inevitabile sfogo del maschio.
-L’omosessualità come malattia da curare e, per taluni relatori, come delitto da punire ma non con la pena di morte (lo hanno pure puntualizzato!!).
-L’aborto, compreso quello terapeutico, inteso come omicidio, nella incapacità di distinguere un embrione da un bambino, e auspicando tutela medica e giuridica solo per un ovulo accidentalmente incrociato con uno spermatozoo, giammai per la donna che lo ospita.
Questa è l’ideologia che attraversa questa esperienza di imbecillità alla tredicesima edizione.
Ma questi, a ben vedere, sono i fondamenti del cattolicesimo e chi non li condivide è accusato di satanismo.
I partiti che si rivolgono al cattolicesimo con deferenza sono politicamente responsabili della deriva antiumanitaria alla quale stiamo assistendo. La Presidenza del Consiglio alla fine non ha ritirato il patrocinio, quindi, formalmente, anche il M5S resta politicamente responsabile di questa ignobile kermesse, e la presa di distanza di Di Maio, a questo punto, è interpretabile come semplice opinione personale e come tale vale quanto un rotolo di carta igienica usato.
E’ il XIII congresso sulla famiglia, e questo significa che sono già alla tredicesima occasione sprecata per dare un contributo all'umanità.
Ovviamente questi figuri hanno avuto anche la benedizione del Papa, il quale, nel suo impianto ideologico, ha la necessità di tarpare ogni forma di emancipazione e libertà perché è funzionale alla sottomissione delle masse. Per gli affari del Vaticano un simile congresso costituisce la quadratura del cerchio: le imbecillità teologiche che si trasformano in finalità politiche.
Se la storia del pensiero filosofico insegna come le elaborazioni concettuali tendano ad un piano progressivo, con una finalità generalmente superiore, queste persone vogliono invece certificare come l’umanità possa avere momenti di autentica regressione, di incapacità di concepire l’evoluzione del pensiero proteso ad un salto qualitativo. 
Vogliono infognare l’umanità nell'oscurantismo di cui loro si cibano.

04 marzo 2019

Nel nome di Dio.

Quante nefandezze si sono fatte e si stanno facendo in quel nome! Tralasciando i trascorsi, un passato che ha visto massacri e violenze da parte di coloro che si ergevano a paladini della giustizia divina, pare che anche oggi riusciamo a non farci mancare niente. Se in passato era caccia alle streghe, ora è caccia al diverso, inteso come minaccia ad una normalità che presunte legittimazioni bibliche sanciscono.
Alcuni giorni fa avevo letto di una giornalista che ha indetto addirittura un convegno per rivelare pubblicamente come si è liberata dall'inganno di Satana che l'aveva obbligata per più di 40 anni ad amare persone del suo stesso sesso. 
"Una mattina ero a casa e dissi al Signore che volevo studiare la parola. Lui mi parlò con voce udibile, mi disse che Lui era maschio e femmina e che aveva creato l’uomo e la donna: tutto ciò che era al di fuori della sua creazione è un inganno della menzogna, Satana. L’omosessualità è un abominio agli occhi di Dio. E purtroppo si parla troppo poco nelle chiese di come sia un abominio. Il Signore mi ha parlato e mi ha liberato all'istante".
Pare però che quel convegno sia saltato grazie alle polemiche che ha suscitato. Ma la signora in questione aveva già rilasciato interviste a destra e a manca parlando di "confusione" nelle persone e nel Paese. L'ha fatto nelle tv private, sedicenti cristiane, diffondendo un messaggio tanto più offensivo quanto più si tiene in considerazione il suo ruolo professionale pubblico.
Tutto questo mentre autorità di governo si preparano a patrocinare un congresso internazionale sulla famiglia, nel quale probabilmente si metteranno a punto le linee guida per le politiche contro le rappresentanze sociali a tutela dei diritti degli omosessuali.

Stiamo vivendo l'ennesima insidia portata a compimento da orde di fondamentalisti e integralisti sedicenti "cristiani" che nel nome di un dio ripropongono una vera e propria caccia alle streghe, siano esse omosessuali o abortiste, contro ogni abominio che minaccia la famiglia.

Chi sono quelli confusi in questo Paese?

19 gennaio 2019

Chi è desiderato vince, chi desidera perde.

Alcuni giorni fa c'era un'accesa discussione sulla dichiarazione di Yann Moix, un cinquantenne scrittore francese che asseriva di non provare alcun desiderio erotico verso le coetanee vecchie ed invisibili preferendo la freschezza delle venticinquenni. 
Sui vari social numerose signore, suppongo cinquantenni, come reazione piccata, esibivano scatti in pose più o meno scosciate come a dire: guarda qui cosa ti perdi. Una delle commentatrici però ironizzava su questo comportamento e, allo stesso tempo, non risparmiava parole graffianti per lo scrittore che definiva un ometto gerontofobo in evidente crisi pre-senile che le venticinquenni, a breve, se non di già, se le doveva pagare.
Non voglio entrare nel merito (lungi da me!!), voglio solo sottolineare quanto emerge da tutto questo bailamme. Ci sono tre soggetti distinti: Moix che non vuole le cinquantenni, le cinquantenni desnude che non vogliono Moix e ribaltano la prospettiva (siamo noi a non volere te) e la signora che critica entrambi. Tre soggetti che sembrano in contrasto fra loro ma che, dal mio punto di vista, parlano la stessa lingua, quella del potere di chi vince. 
Chi è desiderato vince, chi desidera perde
Mi spiego: le donne cinquantenni che esibiscono forme avvenenti reclamano il potere che Moix  nega loro preferendo le giovincelle. E' come se dicessero: se non mi desideri mi stai togliendo potere e, per reazione uguale e contraria, io lo tolgo a te. Ma anche la signora in disaccordo con entrambi afferma un suo potere ponendosi ad un livello superiore da cui giudica le coetanee ingenue e scomposte e Moix un ometto in crisi pre-senile revocandogli lo stesso potere: ottenere gli oggetti del suo desiderio solo comprandoli, che è un'altra forma di potere. Ragiona insomma secondo presupposti analoghi alle donne che critica.
La gaffe di Moix e le relative discussioni rivelano come uomini e donne spesso parlino la stessa lingua, quella del potere. Un potere che per gli uomini continua ad essere economico e sociale (il successo, la fama, la risonanza pubblica), e per le donne estetico e anagrafico. 
Però...c'è un però. La goffaggine machista di Moix rivela una falla: il desiderio. Lui non dice di essere giovane e bello o ricco e famoso. Lui dice di desiderare le donne giovani e belle. E in questo modo ha già perso in partenza.
Peccato che le donne di tutte le età che lo hanno attaccato non se ne siano accorte perché, alla fine, sono sempre loro a decidere se andare o meno a letto con lui..come sempre è stato e sempre sarà...