19 luglio 2013

Razza padrona e capitalismo all'italiana, il fulgido esempio di Ligresti e Tronchetti Provera.

Se gli amministratori pubblici rubano, gli imprenditori privati fanno di peggio. Perché per rubare sono costretti anche a corrompere gli amministratori pubblici. Tanto per mantenere vivo il dibattito su quanto siano truffaldini i capitalisti italiani, oggi sui giornali compaiono due delle facce meno presentabili, quella di Salvatore Ligresti, con tutta la famiglia, e quella di Marco Tronchetti Provera
Il primo incappato in una vera e propria retata: padre, due figlie e dirigenti "amici" in galera, un altro figlio latitante in Svizzera. Li hanno beccati mentre avevano prelevato 14 milioni di euro e parlavano di fuga alle Cayman. Ligresti è un nome assai noto a Milano, anche perché ha oliato le ruote di tutti i partiti, comprese quelle degli incorruttibili camerati dal Msi (i figli adottivi di Giorgio Almirante fecero fallire una concessionaria di auto Lancia a Roma e furono salvati dall'amico Salvatore, che diede loro un'agenzia della Sai). Era la fantastica "Milano da bere" dove il nostro capitano d'impresa fa affari loschi finché non lo fermano i magistrati di Mani Pulite e passa quasi quattro mesi a San Vittore. Lui però, guarda un po', risorge, anche perchè può contare su mille amicizie, compresa quella di Antonino La Russa, suo compaesano e padre del mitico 'Gnazio, che grazie alla sua alleanza con Berlusconi da picchiatore è diventato ministro, quindi è in grado di aiutarlo e viene subito ricompensato. Nel 2001 fa il colpaccio, rilevando Fondiaria dalla Montedison in liquidazione (gliela vende Mediobanca). Ligresti la fonde con Sai e fa a pezzi entrambi. Nel gennaio 2003, quando Fonsai approdò in Borsa, valeva 1,6 miliardi. A fine 2006 ne capitalizzava 5. Poi Ligresti e figli la  affondano con una serie di operazioni cillecite. Risultato: 2 miliardi di perdite nel 2011 e 2012. Mediobanca lo salva ancora, sponsorizzando la ricapitalizzazione da parte di Unipol, concedendo alla famiglia un altro giro di giostra. Ieri il capitolo finale, tutti agli arresti, manco fossero il clan dei Corleonesi. 
Il secondo, diventato uno degli uomini più ricchi d'Italia (nel 2011 guadagnava oltre 22 milioni di euro l'anno) solo per aver sposato la figlia di Leopoldo Pirelli, è meglio conosciuto come l'uomo che ha massacrato la Telecom (che quando era un'azienda pubblica faceva utili e dava lavoro a un sacco di gente). Ieri è stato condannato a un anno e otto mesi per la storia dei dossier illegali frutto delle intercettazioni illegittime effettuate dalla sua ex società. Dovrà anche risarcire in via provvisionale la Telecom che si era costituita nel processo parte civile, versando al momento 900 mila euro sui 6 milioni richiesti dalla compagnia telefonica. Per lui, solo argent de poche. Questo campione della nostra imprenditoria, oltre a essere Vice Presidente di Mediobanca, è membro dell’Esecutivo di Confindustria e Consigliere di Amministrazione di RCS Quotidiani S.p.A., dell'Università Bocconi, dell'Inter, di Alitalia - Compagnia Aerea Italiana S.p.A. e di un'altra decina di aziende. 
 
La prossima volta che sentirete qualcuno parlare di privatizzazioni, di privato, di libera impresa, ricordatevi di loro e mettete mano alla pistola.  

http://pierreproudhon.blogspot.it/2013/07/razza-padrona-e-capitalismo-allitaliana.html

17 luglio 2013

Il senso profondo della crisi.

Di Franco Astengo.
Il senso profondo della crisi aleggia attorno a noi: per individuarlo basta guardarci attorno, svolgere inchieste empiriche con il metodo semplice dell’osservazione.
E’ sufficiente assistere al dramma della disoccupazione, ai suicidi per povertà, all’arretramento nelle condizioni materiali di vita nel quotidiano, all’impossibilità del rivolgersi al welfare.
Il senso della crisi sta nei negozi chiusi, negli opifici silenti dove non echeggia più il rumore del lavoro, nel ritorno alla “guerra tra i poveri”, all’odio crescente tra gli apparentemente diversi senza che nessuno sia più capace di farli riconoscere tra loro eguali nel gran modo degli sfruttati.
Serge Halimi dalle colonne de “Le monde diplomatique” scrive di “Medioevo Europeo”. Sì appare proprio un “ritorno al Medioevo” quanto sta accadendo qui nell’Occidente super sviluppato.
Il senso profondo della crisi lo si avverte nell’assenza del conflitto: ci giunge lontano l’eco di “piazze ribelli” poi normalizzate dallo stridere lento sull’asfalto dei cingoli dei carri armati.
Un’eco lontana che non sappiamo raccogliere, rinchiusi qui nella fortezza di un’economia definita “comportamentale” che ci impone i modelli, gli stili di vita, i consumi senza dei quali il nostro individualismo non trova altra strada che annegare nella disperazione.
Il senso profondo della crisi corrisponde all’assenza di un’alternativa, nell’omologazione delle culture, nel rendere omaggio all’eterna e intangibile “costituzione del potente”.
“Ribellarsi” potrebbe rappresentare l’imperativo d’obbligo: ma come?
Il senso profondo della crisi ci impone di riscoprire la politica: la politica, prima di tutto, intesa come ricerca dell’appartenenza alla propria condizione materiale, la politica come studio della situazione umana, dal singolo al collettivo, per cercare, proporre, imporre soluzioni, la politica come sede di rappresentanza degli interessi e dei conflitti.
Se ritorno all’indietro c’è, ritorno all’indietro deve essere fino in fondo anche per le grandi masse dei diseredati, colpiti dall’eterno ma mai eguale massacro capitalista, perché ritrovino la scienza, la volontà, la forza di organizzarsi per resistere e cambiare profondamente questa società: pietra su pietra come si scriveva un tempo.

http://sinistrainparlamento.blogspot.it/2013/07/il-senso-profondo-della-crisi-di-franco_16.html

15 luglio 2013

Pochezza e viscidume.



Questo è quello che mi ispira. Si dice che la prima impressione è quella che conta. Non ho mai avuto nessun moto di simpatia per Calderoli. Fin dagli albori della storia, all’inizio della sua carriera politica, pur non conoscendo ancora la sua ormai proverbiale capacità di dimostrarsi quale è (leghista ignorante, nel senso che non conosce, pieno di protervia  e di subcultura razzista per troppo tempo accettata o derubricata quasi simpaticamente come “eccessi verbali”), la sua faccia mi ha sempre ispirato ribrezzo, antipatia e viscidume. La sua estetica, come appariva, come si atteggiava e il suo aspetto comunicativo me lo hanno sempre fatto mettere istintivamente fra quelle persone che non avrei mai voluto conoscere e mi facevano domandare come un personaggio del genere potesse essere arrivato dove sta. Nel tempo continuavo a chiedermi come potesse rimanere dove sta (anche se la domanda può valere per quasi tutti quei personaggi inconcludenti, insignificanti e mangiapane a tradimento che popolano il nostro parterre politico).
Ora, dopo le sue ultime esternazioni, sembra che la misura sia colma. Dico “sembra” perché ancora sta là, perché poi si scusa! Non è stato cacciato immediatamente a pedate appena ha aperto bocca come si sarebbe dovuto fare in tante altre occasioni precedenti. Ed è ancora più sfibrante il fatto che per farlo si debba ricorrere ad una petizione. Sì, l’ho firmata, e spero che abbia il suo effetto, ma cacciarne uno e lasciarne un altro migliaio sarà come togliere una pagliuzza da un fienile……non ci darà nuovi posti di lavoro, non ci darà un vecchiaia serena e non permetterà ai nostri figli di avere un futuro……..non cambierà niente!

14 luglio 2013

Berlusconi pacato, Napolitano "tanato".


Sta facendo scalpore la "calma" di Berlusconi di fronte alla prossima possibile conferma definitiva della condanna da parte della Cassazione. E i berlusconiani spiegano perché: "Napolitano gli darà la grazia".
La nota con cui il Quirinale ha smentito la notizia diffusa dalla prima pagina del giornale berlusconiano "Libero", è in realtà una piena ammissione. Leggiamola: "queste speculazioni su provvedimenti di competenza del capo dello Stato in un futuro indeterminato sono un segno di analfabetismo e sguaiatezza istituzionale. Speculazioni che danno il senso di una assoluta irresponsabilità politica che può soltanto avvelenare il clima della vita pubblica''.
Dal punto di vista "tecnico", è certo che nessun provedimento di grazia può essere istruito (al massimo si può preallertare l'ufficio giuridico del Quirinale, per accorciare i tempi)  prima che una condanna sia divenuta definitiva. Per chiunque. Altrimenti è come dire ai giudici impegnati in quella sentenza "fate quel che vi pare, noi faremo altrimenti". Più che "sguaiatezza", è annullamento d'autorità della funzione giudicante per una sola categoria di cittadini: i potenti.
Ma la nota insiste furiosa soprattutto sull'"irresponsabilità politica" di chi ha fatto circolare la notizia, sull'"avvelenamento della vita pubblica".
Perché è chiaro che anche solo l'ipotesi di grazia a Berlusconi, per tenere in vita il governo Letta a tutti i costi, è già l'ennesimo golpettino istituzionale nell'interpretazione sui generis che Napolitano ha dato al proprio mandato sul Colle. Ma, soprattutto (nella visione da cortile propria della classe politica italiana), si tratta di una notizia destinata a sconvolgere quel che resta del Pd e far insorgere tutto quel mondo - anche popolare - piuttosto schifato dalla politica "locale" (italiana, insomma), tanto d'aver smesso di votare per "i partiti" storici della Seconda Repubblica. Affrontare il malessere sociale in autunno con questo scarto mostruoso tra "condanna dei manifestanti" e "impunibilità del potere" è buttare benzina sul fuoco. E non è detto che il pompiere volontario Grillo possa bastare alla bisogna.
L'"irresponsabile" è Maurizio Belpietro, direttore del quotidiano berlusconiano "Libero", che ha dato la notizia per sicura e lo ribadisce anche nel numero di oggi. Tutti gli altri, Napolitano compreso, sono obbligati a smentire, a indignarsi pubblicamente, a dire con Caparezza "non sono Stato io". Silvio no. Lui sa già tutto, per questo è calmo. Ha la grazia in tasca, se dovesse essere necessaria; parola di Re Giorgio. Povero Giorgio, nemmeno lui aveva fatto bene i conti con la protervia di quella masnada di cortigiani preoccupati soltanto di far vedere che "loro sono untouchables". Insomma, non si accontentano di esserlo, vogliono anche farlo notare. Che sguaiati, in effetti...

L'aggiornamento della fase politica diventa relativamente semplice. Gli equilibri necessari a far avanzare il "programma di governo" scritto dalla Troika non possono sopportare uno scontro interno alla maggioranza, per di più incarognito sul tabù assoluto del Pdl: l'interdizione di Berlusconi, la sua eliminazione dalla vita politica. L'ipotesi di imbarcare i grillini al posto del Pdl (ammessa per un attimo dagli stessi Cinque Stelle, non a caso) è foriera di altri problemi, più che soluzioni; di conflittualità meno "giudiziaria", ma forse anche più difficile da gestire (una "grazia", in fondo, è a costo zero per l'erario...).
E' lo "stato di necessità" invocato a tutte le ore dal centrodestra e dai "democratici" più governisti. La sceneggiatura originale è ovviamente di Napolitano.
Nella letteratura costituzionale si chiama piuttosto "stato d'eccezione", quello dove le regole - e la divisione liberale tra i poteri - non valgono più, ma conta solo la forza e il "realismo". Non ci sarebbe nemmeno bisogno di citare il costituzionalista nazista Carl Schmitt - "sovrano è chi decide sullo stato d'eccezione" - per riconoscere nella situazione presente tutte le caratteristiche in cui matura il cambiamento costituzionale violento; quello reazionario, frutto della forza del potere economico, non certo quello che esce fuori da un conflitto sociale aperto e dal risultato chiaro. Tipo la Resistenza o la Rivoluzione. Un ritorno all'assolutismo, non un balzo in avanti verso il futuro.

Saremo liberati da Berlusconi, ma senza che questo comporti una sua "punizione". Anzi, potrebbe schierare la figlia Marina per dare continuità al suo "regno". Il salvacondotto personale e patrimoniale di cui era in cerca da tempo è stato trovato, garantito; sarà anche sottoscritto, da un "migliorista" che ha fatto del compromesso col nemico l'architrave strategico della propria vita. Fino ad essere il miglior alleato dell'antico nemico. Chi tra venti anni, in altro clima culturale, scriverà la sua biografia, difficilmente potrà trattenere un moto d'orrore. I contemporanei, al contrario, sembrano attoniti o mitridatizzati.

Il problema riguarda soprattutto la tenuta psicologica di quel "popolo di sinistra" che ha continuato a bersi tutto, persino che "il Pd è una forza di sinistra" (lo ha garantito Norma Rangeri su il manifesto, ieri, come si fa a non crederci?). Per fortuna che questa credulità si va riducendo con l'avanzare della crisi, col peggioramento generale delle condizioni di vita; ma proprio questa riduzione continua del consenso - quello vero, non quello poi certificato da un voto quinquennale su cui incidono sempre molte valutazioni "tattiche" (il voto utile) o clientelari - certifica l'"obbligatorietà" di una riduzione drastica delle garanzie democratiche.
Lo vuole l'Unione Europea! Non vi basta? Sappiate che nemmeno la Ue ha un Parlamento corrispondente ai criteri di Montesquieu: per esempio, i deputati non possono presentare proposte di legge. Quindi non è un "potere legislativo". 
Questo golpe viene da lontano.... 

Dante Barontini 
http://www.contropiano.org/news-politica/item/17927-berlusconi-pacato-napolitano-tanato

13 luglio 2013

I nostri "cari" F-35 ma non solo.



Ogni famiglia, soprattutto in questo momento di gravi crisi economica, sa benissimo che per far quadrare il bilancio familiare si deve dare spazio alle priorità e tagliare le cose superflue e non necessarie. Se una cosa superflua una famiglia non può permettersela, la si elimina, perché le priorità sono altre. È uno dei principi basilari che ogni genitore conosce benissimo.

Principio che governo ed esponenti della maggioranza trasversale, sotto l’egidia del presidente della Repubblica, sembrano non conoscere. In questo momento di gravissima crisi economica, mentre moltissimi piccoli artigiani e piccoli commercianti sono sommersi di tasse e non riescono a far fronte alle pretese dello Stato, il governo e la maggioranza PD, PDL e Scelta Civica, pensano di usare decine di miliardi di euro di soldi pubblici per acquistare inutili, difettosi e superflui aerei da guerra. Ma le priorità, come tutti sanno, sono altre. Qualsiasi buon padre di famiglia, trovandosi al governo del paese, avrebbe applicato il principio delle priorità e lo avrebbe fatto perché ama la sua famiglia. Qualsiasi madre dovendo governare il paese avrebbe capito subito che le priorità sono bene altre. Lo avrebbero fatto non per fare un dispetto al figlio che pretende il giocattolo difettoso e inutile, ma perché sa benissimo che mangiare, garantirgli un’istruzione e delle cure mediche, in una sanità sempre più privata, sono le priorità.

Ogni buon genitore che amministra una famiglia sa che comprare un giocattolo costoso e difettoso solo per far arricchire un venditore straniero di armi, non è la priorità. Ogni buon padre avrebbe messo al centro il bene della famiglia; ogni madre avrebbe avuto a cuore il futuro del figlio. Ogni persona di buon senso e in buona fede avrebbe optato per la salvaguardia della famiglia e non del venditore estero. Questo non sembra farlo il governo. Spendere 13 miliardi di euro (ma la cifra è destinata a salire sino a 15/20 miliardi di euro) frutto delle tasse dei cittadini, del sacrificio di milioni di pensionati e lavoratori, frutto  dell’asfissiante pressione fiscali su piccole e medie imprese è semplicemente folle. Significa non avere a cuore il bene della famiglia, significa non rispettare la nazione nel nome della quale si dice di governare.

Stiamo parlando di uno dei più grandi sprechi di soldi pubblici della storia repubblicana. Con quei soldi si può detassare il lavoro, dare respiro alle piccole e medie imprese, far sentire ai piccoli commercianti che lo stato è con loro. Non regalare quei soldi alle multinazionali delle armi, tra le quali anche la Finmeccanica (partner di Lockheed-Martin attraverso la controllata Alenia Aermacchi) significherebbe avere risorse per creare 150 mila posti di lavoro per giovani, diminuire le tasse, migliorare il servizio sanitario nazionale e aumentare le pensioni. Ci dicono che si creeranno posti di lavoro.

Pensare di investire 15/20 miliardi di euro per 2.000 posti di lavoro è semplicemente una presa in giro. Con gli stessi soldi, infatti, si possono aprire 3000 asili nido: pensate a quanti posti di lavoro si creerebbero e all’utilità che ogni asilo avrebbe. Una madre o un padre di famiglia non avrebbe dubbi su cosa scegliere. Ma un padre e una madre di famiglia non hanno interessi celati, se non quello di amare e proteggere la famiglia e dare un futuro ai propri bambini. Con gli stessi soldi si potrebbero costruire 10 milioni di pannelli solari: pensate a quanti posti di lavoro si potrebbero creare nell’energia pulita, oltre a dare un futuro meno inquinato alle future generazioni. Ogni buon genitore non avrebbe dubbi, ma il suo agire sarebbe dettato solo dall’amore per la famiglia e non da altri oscuri motivi. Con gli stessi soldi si potrebbe dare un assegno di disoccupazione a tutti i precari che hanno perso il lavoro. Anche in questo caso: chi avrebbe dubbi su come gestire i soldi pubblici? Chi, tra quelli che sono motivati da genuini e sani principi, avrebbe dubbi su quali siano le priorità del nostro Paese ora?

È criminale, chiedo scusa per la durezza ma nessun altro aggettivo rende meglio l’idea, regalare i nostri soldi per comprare aerei da guerra (difettosi). Ci sono priorità e l’occupazione, che ha raggiunto il picco massimo dal 1977 da quando la rilevazione statistica è stata inserita, è una di queste.

Tutti gli altri paesi, viste le difficoltà economiche, hanno pensato di rivedere il programma: l’Olanda ha avviato un’inchiesta parlamentare; la Danimarca e la Gran Bretagna decideranno solo dopo il 2015; la Turchia ha rinviato l’acquisto. Tutti ci ripensano, tranne l’Italia. Napolitano che presiede il Consiglio supremo di Difesa ha preteso che fosse il governo (dove c’è unanimità di vedute) a decidere sui caccia F-35 e non il parlamento. Una decisione molto discutibile. Stefano Rodotà nutre fortissimi dubbi, Costituzione alla mano, sul tentativo di Napolitano di bloccare la discussione parlamentare, dove SEL, M5S e alcuni esponenti del PD si dicono contrari all’acquisto, ricordando che siamo in una Repubblica parlamentare.

Ma, ahimè, non è Rodotà il nostro presidente della Repubblica.




Quello dei cacciabombardieri F-35, o meglio degli Joint Strike Fighter, è solo uno dei tanti nodi sul tavolo del governo Letta. Forse, però, uno dei più sentiti dall’opinione pubblica, che si è divisa e mobilitata come non mai, per esempio tramite una petizione-lampo da 300 mila firme su Avaaz.com. Ci doveva essere un voto al Senato mercoledì scorso, ma il blocco del richiesto dal Pdl e accordato da democratici e montiani, ha fatto slittare tutto a lunedì pomeriggio.

La voce relativa agli aerei della discordia non è però l’unica inserita nei bilanci, spesso non chiarissimi, dei ministeri della Difesa e dello Sviluppo economico per il 2013. E non è, a sorpresa, nemmeno la più pesante.

Nel Rapporto 2013 dell’ Archivio Disarmo, realizzato da Fulvio Nibali con la direzione scientifica di Luigi Barbato e consultabile integralmente online, si può avere una visione molto più larga e particolareggiata dei programmi militari più costosi del 2013. 
Ecco la lista della spesa per le prossime guerre sporche.....(opss!!) "missioni di pace" e "lotte al terrorismo". Buona lettura!

11 luglio 2013

Priorità



Ecco la dimostrazione di quanto i problemi del paese contino per coloro che dicono di voler traghettare questa povera Italia fuori dalla crisi. Le cifre che ogni giorno ci vengono propinate sono allarmanti e molti di noi vivono sulla propria pelle le difficoltà a volte insormontabili che questa crisi ci impone senza pietà. E c’è ancora chi si illude che i problemi possano essere risolti da coloro che sono stati delegati a questo compito. Bene, spero che questo faccia riflettere:
Io non mi ricordo che si sia mai discussa l’interruzione dei lavori parlamentari o che si minacci di far cadere il governo per i problemi giudiziari di un qualsiasi suo rappresentante....ma per Berlusconi sì……e con l’accordo di quello che rimane della sinistra (che non è solo poco, è praticamente vicino allo zero!), in barba alle prerogative intoccabili del parlamento, espressione del popolo sovrano, ed in barba agli ulteriori allarmi sulla situazione economica italiana, che l’agenzia Standard’s &  Poor, e non solo, hanno evidenziato declassando l’Italia a livello BBB.
Per Berlusconi il Parlamento si svuota del suo ruolo, la priorità sono i “diritti mediaset”, non i diritti dei cittadini, non i problemi economici del paese ma quelli di un pluri-indagato che ha fatto della corruzione e dell’evasione uno stile di vita.
È il punto più basso, più indegno che uno Stato abbia mai raggiunto: 24 ore di tempo per trovare il salvagente per Berlusconi. Una mega amnistia, un mega indulto tombale, un garbuglio legislativo che possa per l'ennesima volta rinviare la sua ineleggibilità. Altrimenti viene giù tutta la fragile impalcatura che sostiene questo governo del fare poco o niente.
E mentre questa gente si cincischia sui problemi di Berlusconi, la gente si suicida, gli operai sono sui tetti a rivendicare quel lavoro che gli è stato sottratto da imprenditori senza scrupoli e senza coscienza, i pensionati sono alla fame, i disabili senza assistenza, la scuola e la sanità senza risorse……..

02 luglio 2013

Due papi e una banca

Nella serata del primo luglio è stata diffusa la notizia delle dimissioni del direttore generale dello IOR Cipriani e del suo vice Lulli.
Le dimissioni sono state accettate dalla Commissione cardinalizia di vigilanza e dal board laico di sovrintendenza, il cui presidente Ernst Von Freyberg ha assunto le funzioni di direttore generale “ad interim”, con effetto immediato. La super commissione nominata la scorsa settimana dal papa si è limitata a prendere atto della decisione dei due uomini ai vertici operativi della banca. Cipriani è da tempo nel mirino della procura di Roma insieme all’ex presidente Ettore Gotti Tedeschi per la vicenda dei 23 milioni di euro sequestrati per sospetta violazione delle norme anti-riciclaggio.
Le dimissioni erano nell’aria sin dall’arresto del vescovo di Salerno, Nunzio Scarano dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica (Apsa).
Scarano e i suoi due complici, il broker finanziario Giovanni Carenzio e l’ex sottufficiale dei carabinieri Giovanni Maria Zito, che, all’epoca dei fatti nel luglio 2012, era distaccato agli 007 dell’Aisi, sono finiti in carcere il 28 giugno. Il vescovo è accusato corruzione e di calunnia per il tentativo, naufragato, di far rientrare in Italia 20 milioni di euro, sospettati di essere frutto di un’evasione fiscale degli armatori d’Amico.
Nemmeno due giorni prima papa Bergoglio aveva commissariato lo IOR, l’Istituto per le Opere di Religione, la banca di Dio, con sede nel Torrione di San Nicolò.
Bergoglio con una mossa la cui tempestività lascia pochi dubbi, ha istituito la Pontificia commissione referente sull’Istituto per le Opere Religiose. A capo del nuovo organismo il cardinale salesiano Renato Farina. La dicitura ufficiale con la quale viene designata la commissione è realizzare «una migliore armonizzazione del medesimo con la missione della Chiesa universale e della Sede Apostolica, nel contesto più generale delle riforme che sia opportuno realizzare da parte delle Istituzioni che danno ausilio alla Sede Apostolica».
Lo IOR ha già un organismo di controllo e la mossa di Bergoglio, due giorni prima dell’arresto del vescovo di Salerno, la cui iscrizione nel registro degli indagati risale però all’inizio di giugno, va decodificata al di là della spessa cappa di fumo sparsa nella narrazione della maggior parte dei media.
Anarres ne ha parlato con il proprio vaticanista di riferimento, Paolo Iervese. Ascolta la diretta
Vale la pena fare un passo indietro per meglio capire la durissima battaglia di potere che si sta giocando da oltre un anno tra le mura vaticane. La violenza dello scontro è tale da bucare la coltre di riservatezza con cui la chiesa cattolica copre i propri affari.
Tutto comincia con le dimissioni di Ettore Gotti Tedeschi, il banchiere che papa Ratzinger mise a capo dello IOR, per dare una ripulita all’immagine dell’Istituto, nell’auspicio che potesse entrare nel novero delle banche per bene. In quel periodo la banca di Dio era già nel mirino della magistratura.
Le dimissioni di Gotti Tedeschi vennero imposte dal potentissimo segretario di Stato Vaticano Tarcisio Bertone, che con questa mossa si mise in contrapposizione con lo stesso Ratzinger, che pure l’aveva voluto in un ruolo cruciale, come quello di ministro degli esteri vaticano.
Per lunghi mesi l’incarico rimase vacante. A fine anno Benedetto XIV annunciò le proprie clamorose dimissioni. Ufficialmente il papa teologo, il papa curiale per eccellenza, il papa che aveva costruito passo dopo passo la propria carriera, si dimette perché anziano e stanco. Una dichiarazione che rasenta l’eresia, perché dal trono di Pietro si scende solo per salire in paradiso, perché la sofferenza, la malattia, la vecchiaia sono parte del ruolo. Il suo predecessore l’aveva recitato oltre la propria stessa coscienza, come martirio voluto, via crucis, dove ogni stazione è su un percorso obbligato.
Ratzinger no. Segno, che persino i vaticanisti più allineati hanno colto, che temeva di non farcela a vincere la battaglia, rischiando di vedere il proprio pontificato travolto dagli scandali. Tra pedofilia e truffe l’immagine della chiesa cattolica ne usciva decisamente appannata.
Ratzinger si ritira per consentire l’elezione di qualcuno in grado di battere Bertone, senza tuttavia scalfire gli equilibri da lui costruiti con paziente ferocia.
Bertone non molla la presa e contrattacca. A pochi giorni dall’elezione del nuovo papa, contro ogni consuetudine che prevede che ogni carica si azzeri dopo la fine di un papato, promuove l’elezione del nuovo presidente dello IOR, Ernst von Freyberg.
Occorreva che tutto cambiasse, perché ogni cosa restasse al proprio posto.
Bergoglio era l’uomo giusto, il gesuita che si fa Francesco per meglio azzannare l’agnello. Messe a tacere senza troppi problemi le voci che raccontavano delle sue collusioni con la dittatura di Jorge Videla, tra autobus, mense, appartamenti fuori dalle stanze vaticane, qualche oculato accenno ai poveri, Bergoglio, l’uomo venuto dalla fine del mondo per dare una ripulita alla curia, incarna in modo perfetto il ruolo.
In tre mesi di pontificato Bergoglio non ha mai ricevuto Ernst von Freyberg, che si lega a filo doppio con Cipriani, il direttore dimessosi oggi.
Jeff Lena, l’avvocato californiano diventato in questi anni l’uomo-chiave e l’eminenza grigia dell’Istituto, ha rotto da circa due mesi con Freyberg. Secondo il Corriere della Sera “negli ultimi tempi Lena, che nella lotta per silurare Ettore Gotti Tedeschi si era mosso in tandem con il board dello Ior e con lo stesso Cipriani, quasi rimpianga gli scontri col banchiere piacentino sloggiato in malo modo dal vertice poco più di un anno fa.
Allora si disse che le accuse di Gotti Tedeschi contro il tentativo della Segreteria di Stato e della struttura dell’Istituto di annacquare le norme sul riciclaggio erano infondate; e che il banchiere col pallino della demografia era stato mandato via perché non conosceva lo Ior e non lo difendeva”
In realtà persino il timido tentativo di ripulitura dell’immagine di Gotti Tedeschi non aveva retto di fronte ai grandi interessi gestiti dallo IOR.
Oggi Bergoglio ha l’occasione di portare a termine l’operazione gattopardesca voluta dal papa emerito.
Bergoglio potrà approfittare dello scandalo presente e di quelli che da qui a poco potrebbero seguire la conclusione di alcune inchieste che la magistratura italiana da qualche anno porta avanti contro lo IOR, per rinnovare la curia romana, facendo passare anni di malaffare, corruzione, riciclaggio, come l’errore di qualche pecorella smarrita.
In realtà la “pulizia” della curia che Bergoglio da tempo annuncia, con attacchi plateali quanto di facciata contro lo IOR, servirà a mascherare ulteriormente i fatti: il Vaticano si regge strutturalmente sul potere della finanza quanto su quello della propaganda e come tutti gli stati utilizza i mezzi più spregiudicati per propagare il proprio potere.


By anarres  http://anarresinfo.noblogs.org/2013/07/02/due-papi-e-una-banca/