31 agosto 2012

A domanda rispondi....

Cosa direste se i Buddisti, i Maghi d'Italia o i Testimoni di Geova tenessero da un qualche loro improbabile santuario un sermone per indicare a governo e partiti italiani la politica da seguire? Ridereste, ammesso di trovarne notizia in qualche rubrica di "curiosità". Eppure ieri il "general" Angelo Bagnasco lo ha fatto, in qualità di capo dei vescovi italiani. E giornali e tv ci hanno inzuppato i titoli. Senza ridere.
Maghi, spiritisti, induisti, buddisti hanno qualche responsabilità nelle infinite disgrazie della nostra penisola? A loro si possono imputare gli ostacoli posti allo sviluppo della scienza? Hanno colpa nella formazione di uno spirito bacchettone e ipocrita che distingue gli italiani nel mondo? Hanno aiutato l'avvento del fascismo o il permanere di Berlusconi? Danno il loro sostegno al governo suicidatore Monti-Fornero-Passera e alla pletora di ministri reclutati nelle sacrestie nelle comunità sant'Egidio o nelle università cattoliche? Sono coinvolti nell'accumulo di immobili a spese dello stato? Ci indottrinano i figli a nostre spese? Ci marchiano appena nati per poterci reclamare vita natural durante come loro proprietà? Decidono quando dobbiamo morire e come? Occupano con i loro amuleti gli spazi pubblici? S'intrufolano negli ospedali per carpire il bacio del crocifisso ai moribondi?
La risposta a tutte queste domande è no. 

Mentre per la Chiesa è sì.
Ma aver rotto i coglioni per venti secoli dà sul serio il diritto di continuare a farlo? La risposta è ancora sì, finché una classe dirigente genuflessa e devota, per ragioni di bottega, glielo permette, commentando, lodando, eseguendo e trasmettendo a reti unificate, come fossero un distillato di scienza, le insulse banalità che un vecchio comico genovese vestito da pagliaccio va dicendo su economia, famiglia, lavoro, procreazione assistita e mille altre cose, di cui nulla sa.


Eppure sono certa che nella Bibbia è celato anche l'undicesimo comandamento: fatti i cazzi tuoi......
Evidentemente la chiesa è riuscito a nasconderlo....



Link 
http://www.uaar.it/news/2012/08/29/cardinale-bagnasco-detta-agenda-anche-futuro-governo/
http://www.repubblica.it/politica/2012/08/29/news/bagnasco_rifondare_politica_e_stato_legge_40_magistratura_italiana_surclassata-41653302/
http://cronachelaiche.globalist.it/Detail_News_Display?ID=33328&typeb=0&Politica-il-pagliaccio-genovese-detta-l-agenda

Si lavora per vivere, e per lavorare si è disposti a tutto, anche a morire.

Si lavora per vivere, e per lavorare si è disposti a tutto, anche a morire. A rinchiudersi in un pozzo minerario nero come il carbone e profondo quasi 400 metri con altrettanti chili di esplosivo, minacciando di farsi saltare in aria. E se non basta ci si può persino tagliare le vene ai polsi, come ha fatto ieri un minatore sardo. Siccome le lotte operaie non fanno più notizia si è costretti a spettacolarizzarle, a costo dell’autolesionismo. Persino l’occupazione di un’isola da parte dei cassintegrati aveva smesso di far notizia dopo un anno. E se gli operai dell’alluminio bloccano l’aeroporto di Cagliari per difendere lavoro e futuro di un’intera comunità, a dare i titoli ai giornali sono al massimo le tante botte che si prendono dai guardiani di un ordine ingiusto. Siamo in Sardegna, un’isola a cui stanno togliendo il tappo per farla affondare definitivamente e dove per difendersi si è costretti ad alzare il livello dello scontro. In realtà ad alzare il livello dello scontro è chi guida il paese fottendosene delle condizioni di vita e del futuro dei suoi cittadini, giovani e vecchi, donne e uomini a cui vengono presentati i conti delle spese fatte da pochi prepotenti.
Il governo dei tecnici ha una sola idea in testa: tagliare le spese, aumentare le tasse con mille balzi e balzelli, liquidare il patrimonio pubblico e quel poco di welfare che si era salvato dai precedenti colpi di mannaia, cancellare i diritti di chi lavora per aprire la strada ai novelli padroni delle ferriere dell’era liberista. Non c’è un’idea della società futura che non ripercorra le vecchie, consunte e incompatibili strade percorse fin qui, quelle che ci hanno portato alla debacle odierna. Non un progetto per l’energia che non si basi sul petrolio, gli investimenti per le rinnovabili costano troppo per Monti&company e dunque i minatori sardi si mettano l’anima in pace, e si tolgano di mezzo. Al massimo possono scegliere il modo in cui farlo. Non un progetto sui trasporti che non sia lastricato di cemento e grandi, inutili e costose opere. Così la Fiat se ne può scappare dove le conviene dopo aver depredato per 113 anni le risorse pubbliche italiane, può chiudere fabbriche di automobili, autobus e trattori senza che il governo ritenga opportuno convocare Marchionne a palazzo Chigi. E Riva può fare quel che gli pare intossicando operai e cittadini di Taranto e scatenando una guerra insulsa tra i poveri, tra lavoro e salute, tra gli stessi operai e tra una parte di operai disperati e ricattati e i cittadini avvelenati di Taranto. Il governo si permette persino di attizzare animi già esasperati contro una magistratura costretta a svolgere un lavoro di supplenza per riempire il vuoto lasciato dalla politica, dalle istituzioni, persino da una parte dei sindacati collusi con il padrone che li ha convinti che l’importante è il lavoro, il salario. La salute è un lusso che non ci si può permettere in periodi di crisi.
La ministra Fornero ci fa sapere che l’autunno sarà caldo, la ringraziamo di averci informato in anticipo. Monti e i suoi ministri parlano e agiscono con la strafottenza di chi pensa di poter tutto sventagliandoci in faccia lo spread e una maggioranza che comincia a puzzare di regime. Sarà meglio darsi una mossa, finché si è in tempo. 

Fonte: il manifesto | Autore: Loris Campetti

27 agosto 2012

Gli onesti questi sconosciuti..



Marzo 1980: un mese terribile di un anno da dimenticare. Perché Marzo? Perché quel mese Italo Calvino pubblicò un articolo sulla prima pagina di Repubblica, un articolo brillante e profondo che parla del nostro Paese, degli onesti e dei corrotti. Un articolo bellissimo, un ricordo dolorosamente illuminante soprattutto per chi, come me, ha vissuto gli anni della speranza. Già all’epoca corruzione, malaffare e disonestà erano dilaganti e c’era una sorta di assuefazione, di supina rassegnazione del cittadino davanti allo schifo. Però c’era ancora un minimo di pudore e una parvenza di decenza, che tendeva a celare certi comportamenti, a non ostentarli, perché alla fine si doveva preservare qualche buon esempio al cittadino e dare una minima parvenza di perbenismo, perché si supponeva che chi governava fosse migliore...... 
Prima in certe situazioni ci si dimetteva.....
Adesso c’è il salto di qualità: rubare sfacciatamente, ostentare, mostrare l’arroganza del potere nel modo più bieco, restare attaccati a tutti i costi, usare linguaggi da taverna…
Adesso anche la speranza è finita, resta solo, ormai, la rivoluzione. Per sopravvivere con dignità.
Nell'ambito dei documenti storici disponibili,  ritengo utile riproporre questo articolo di Calvino, soprattutto per i giovani navigatori, come autorevole testimonianza della situazione, sociale e politica, esistente nel 1980, non molto diversa da quella di adesso. Ho scelto questo documento perché in esso l'autore fa l'apologo dell'onestà, in un ipotetico paese dei corrotti, che nessuno di noi conosce a sufficienza. Oggi, nel nostro paese la parola ONESTA'  è scomparsa completamente dal vocabolario dei nostri politici e dei faccendieri. L'onestà è ormai la sorellastra, zoppa, cieca e racchia della DEA LIBERTA', giunonica e solare fanciulla, bellissima, bravissima, che tutti vogliono, che tutti fanno finta di amare per farci con essa quello che vogliono.

La coscienza a posto: Apologo sull’onestà nel Paese dei corrotti  di Italo Calvino.

"C’era un paese che si reggeva sull’illecito. Non che mancassero le leggi, né che il sistema politico non fosse basato su principi che tutti più o meno dicevano di condividere. Ma questo sistema, articolato su un gran numero di centri di potere, aveva bisogno di mezzi finanziari smisurati (ne aveva bisogno perché’ quando ci si abitua a disporre di molti soldi non si è più capaci di concepire la vita in altro modo) e questi mezzi si potevano avere solo illecitamente, cioè chiedendoli a chi li aveva in cambio di favori illeciti. Ossia, chi poteva dar soldi in cambio di favori, in genere già aveva fatto questi soldi mediante favori ottenuti in precedenza; per cui ne risultava un sistema economico in qualche modo circolare e non privo di una sua autonomia. Nel finanziarsi per via illecita, ogni centro di potere non era sfiorato da alcun senso di colpa, perché’ per la propria morale interna, ciò che era fatto nell’interesse del gruppo era lecito, anzi benemerito, in quanto ogni gruppo identificava il proprio potere col bene comune; l’illegalità formale, quindi, non escludeva una superiore legalità sostanziale. Vero è che in ogni transazione illecita a favore di entità collettive è usanza che una quota parte resti in mano di singoli individui, come equa ricompensa delle indispensabili prestazioni di procacciamento e mediazione: quindi l’illecito che, per la morale interna del gruppo era lecito, portava con se’ una frangia di illecito anche per quella morale. Ma a guardar bene, il privato che si trovava ad intascare la sua tangente individuale sulla tangente collettiva, era sicuro di aver fatto agire il proprio tornaconto individuale in favore del tornaconto collettivo, cioè poteva, senza ipocrisia, convincersi che la sua condotta era non solo lecita ma benemerita. Il paese aveva nello stesso tempo anche un dispendioso bilancio ufficiale, alimentato dalle imposte su ogni attività lecita e finanziava lecitamente tutti coloro che lecitamente o illecitamente riuscivano a farsi finanziare. Poiché in quel paese nessuno era disposto non diciamo a fare bancarotta, ma neppure a rimetterci di suo (e non si vede in nome di che cosa si sarebbe potuto pretendere che qualcuno ci rimettesse), la finanza pubblica serviva ad integrare lecitamente in nome del bene comune i disavanzi delle attività che sempre in nome del bene comune si erano distinte per via illecita. La riscossione delle tasse, che in altre epoche e civiltà poteva ambire di far leva sul dovere civico, qui ritornava alla sua schietta sostanza di atto di forza (così come in certe località all’esazione da parte dello Stato si aggiungeva quella di organizzazioni gangsteristiche o mafiose), atto di forza cui il contribuente sottostava per evitare guai maggiori, pur provando anziché il sollievo del dovere compiuto, la sensazione sgradevole di una complicità passiva con la cattiva amministrazione della cosa pubblica e con il privilegio delle attività illecite, normalmente esentate da ogni imposta.
Di tanto in tanto, quando meno ce lo si aspettava, un tribunale decideva di applicare le leggi, provocando piccoli terremoti in qualche centro di potere e anche arresti di persone che avevano avuto fino ad allora le loro ragioni per considerarsi impunibili. In quei casi il sentimento dominante, anziché di soddisfazione per la rivincita della giustizia, era il sospetto che si trattasse di un regolamento di conti di un centro di potere contro un altro centro di potere. Così che era difficile stabilire se le leggi fossero usabili ormai soltanto come armi tattiche e strategiche nelle guerre tra interessi illeciti oppure se i tribunali per legittimare i loro compiti istituzionali dovessero accreditare l’idea che anche loro erano dei centri di potere e di interessi illeciti come tutti gli altri. Naturalmente, una tale situazione era propizia anche per le associazioni a delinquere di tipo tradizionale, che coi sequestri di persona e gli svaligiamenti di banche si inserivano come un elemento di imprevedibilità nella giostra dei miliardi, facendone deviare il flusso verso percorsi sotterranei, da cui prima o poi certo riemergevano in mille forme inaspettate di finanza lecita o illecita. In opposizione al sistema guadagnavano terreno le organizzazioni del terrore che usavano quegli stessi metodi di finanziamento della tradizione fuorilegge e con un ben dosato stillicidio d’ammazzamenti distribuiti tra tutte le categorie di cittadini illustri e oscuri si proponevano come l’unica alternativa globale del sistema. Ma il loro effetto sul sistema era quello di rafforzarlo fino a diventarne il puntello indispensabile e ne confermavano la convinzione di essere il migliore sistema possibile e di non dover cambiare in nulla. Così tutte le forme di illecito, da quelle più sornione a quelle più feroci, si saldavano in un sistema che aveva una sua stabilità e compattezza e coerenza e nel quale moltissime persone potevano trovare il loro vantaggio pratico senza perdere il vantaggio morale di sentirsi con la coscienza a posto. Avrebbero potuto, dunque, dirsi unanimemente felici gli abitanti di quel paese se non fosse stato per una pur sempre numerosa categoria di cittadini cui non si sapeva quale ruolo attribuire: gli onesti.
Erano, costoro, onesti, non per qualche speciale ragione (non potevano richiamarsi a grandi principi, né patriottici, né sociali, né religiosi, che non avevano più corso); erano onesti per abitudine mentale, condizionamento caratteriale, tic nervoso, insomma non potevano farci niente se erano così, se le cose che stavano loro a cuore non erano direttamente valutabili in denaro, se la loro testa funzionava sempre in base a quei vieti meccanismi che collegano il guadagno al lavoro, la stima al merito, la soddisfazione propria alla soddisfazione di altra persone. In quel paese di gente che si sentiva sempre con la coscienza a posto, gli onesti erano i soli a farsi sempre gli scrupoli, a chiedersi ogni momento che cosa avrebbero dovuto fare. Sapevano che fare la morale agli altri, indignarsi, predicare la virtù sono cose che riscuotono troppo facilmente l’approvazione di tutti, in buona o in mala fede. Il potere non lo trovavano abbastanza interessante per sognarlo per sé (o almeno quel potere che interessava agli altri), non si facevano illusioni che in altri paesi non ci fossero le stesse magagne, anche se tenute più nascoste; in una società migliore non speravano perché’ sapevano che il peggio è sempre più probabile.
Dovevano rassegnarsi all’estinzione? No, la loro consolazione era pensare che, così come in margine a tutte le società durate millenni s’era perpetuata una contro società di malandrini, tagliaborse, ladruncoli e gabbamondo, una contro società che non aveva mai avuto nessuna pretesa di diventare "la" società, ma solo di sopravvivere nelle pieghe della società dominante ed affermare il proprio modo di esistere a dispetto dei principi consacrati, e per questo aveva dato di sé (almeno se vista non troppo da vicino) un’immagine libera, allegra e vitale, così la contro società degli onesti forse sarebbe riuscita a persistere ancora per secoli, in margine al costume corrente, senza altra pretesa che di vivere la propria diversità, di sentirsi dissimile da tutto il resto, e a questo modo magari avrebbe finito per significare qualcosa di essenziale per tutti, per essere immagine di qualcosa che le parole non sanno più dire, di qualcosa che non è stato ancora detto e ancora non sappiamo cos’è."

24 agosto 2012

Dear Mr. Akin, i want you to imagine...


Lettera aperta di Eve Ensler, attivista, performer e autrice della ben nota opera teatrale "I monologhi della vagina", al parlamentare repubblicano Todd Akin.

Onorevole Todd Akin,
le scrivo riguardo allo stupro. Sono le due di notte e non riesco a dormire qui nella Repubblica Democratica del Congo. Mi trovo a Bukavu nella City of Joy per servire e sostenere e lavorare con centinaia, migliaia di donne che sono state stuprate e violate e torturate in questa incessante guerra per i minerali combattuta sui loro corpi.
Mi trovo in Congo ma le potrei scrivere da una qualsiasi località degli Stati Uniti, Sud Africa, Regno Unito, Egitto, India, Filippine o da uno dei tanti campus dei college statunitensi. Le potrei scrivere da una qualsiasi città o villaggio dove mezzo miliardo di donne del pianeta viene stuprato nel corso della sua vita.
Mr. Akin, le sue parole mi hanno tenuta sveglia.
In quanto sopravvissuta allo stupro, mi sto riprendendo dalla sua recente affermazione di essersi espresso male quando ha detto che le donne non restano incinte dopo uno stupro legittimo e che stava parlando "a braccio".
Intendiamoci. Lei non ha fatto una semplice osservazione superficiale buttata lì. Lei ha fatto una dichiarazione molto specifica dettata da ignoranza che indica chiaramente che non ha alcuna consapevolezza di che cosa significa essere stuprati. E non una dichiarazione casuale, ma una fatta con l'intenzione di regolamentare per legge l'esperienza di donne che sono state stuprate. Forse ancora più terribile: era una finestra nella psiche del Gop (Grand Old Party, ovvero il Partito Repubblicano, n.d.t.).
Lei ha usato l'espressione stupro "legittimo" come se esistesse anche lo stupro "illegittimo".
Cercherò di spiegarle l'effetto che ha sulle menti, cuori e anime dei milioni di donne che vengono stuprate su questo pianeta. È una forma di stupro reiterato. Il presupposto alla base della sua affermazione è che non ci si deve fidare delle donne e delle loro esperienze. Che la loro comprensione di cosa è lo stupro deve essere stabilita da un'autorità superiore, più qualificata.
Così facendo vengono delegittimati, minati e sminuiti l'orrore, l'invasività, la profanazione che hanno sperimentato. Questo le fa sentire sole e impotenti tanto quando si sentivano al momento dello stupro.
Quando lei, Paul Ryan e 225 dei vostri cofinanziatori giocate con le parole sullo stupro insinuando che solo lo stupro "forzato" debba essere trattato seriamente come se tutti gli stupri non fossero forzati, fate riaffiorare una marea di ricordi sul modo in cui gli stupratori si sono divertiti con noi mentre venivamo violentate - intimidendoci, minacciandoci, riducendoci al silenzio. Il vostro giocare con parole come "forzato" e "legittimo" è giocare con le nostre anime che sono state spezzate da peni non voluti che ci entravano dentro, strappando la nostra carne, le nostre vagine, la nostra coscienza, la nostra fiducia in noi stesse, il nostro orgoglio, il nostro futuro.
Ora lei dice di essersi espresso male quando ha detto che uno stupro legittimo non può causare una gravidanza.
Credeva forse che lo sperma di uno stupratore sia diverso dallo sperma di un amante, che si verifichi un qualche misterioso processo religioso e che lo sperma dello stupratore si autodistrugga per via del suo contenuto malefico? O stava forse insinuando che le donne e i loro corpi sono in qualche modo responsabili di rifiutare lo sperma di uno stupro legittimo, mettendo ancora una volta l'onere su di noi?
Ciò che ha detto sembrerebbe implicare che restare incinta dopo uno stupro indica che non era uno stupro "legittimo".
Ecco cosa le chiedo di fare.
Voglio che chiuda gli occhi e immagini di essere nel suo letto o contro un muro o rinchiuso in un piccolo spazio soffocante. Immagini di essere legato lì e immagini che un estraneo amico o parente aggressivo, indifferente, invasato le strappi i vestiti di dosso e penetri il suo corpo - la parte più personale, sacra, privata del suo corpo - e che si faccia strada dentro di lei con tale violenza e odio da lacerarla. Poi immagini lo sperma di questo estraneo schizzare dentro di lei e riempirla senza potersene liberare. Sta piantando qualcosa dentro di lei. Immagini di non avere alcuna idea di che cosa consista quella vita, spiritualmente concepita nell'odio, senza conoscere lo stato mentale o fisico dello stupratore.
Poi immagini che arrivi una persona, una persona che non ha mai sperimentato lo stupro, e che quella persona le dica che non ha altra scelta se non tenere il prodotto di quello stupro che le cresce dentro contro la sua volontà e che quando sarà nato avrà il volto del suo stupratore, il volto della persona che ha sostanzialmente distrutto il suo essere e lei dovrà guardare quel volto ogni giorno della sua vita e verrà giudicato severamente se non riuscirà ad amare quel volto.
Non so se riesce a immaginare niente di tutto questo (una posizione di comando richiederebbe questo tipo di empatia), ma se è disposto a scendere nel cuore di queste tenebre, capirà presto che non c'è nessuno che possa fare la scelta di avere o non avere quel bambino se non la persona che lo porta dentro.
Ho passato molto tempo con le madri che hanno dato alla luce bambini che sono il prodotto di uno stupro. Ho visto come si torturano lottando contro il loro odio e la loro rabbia, cercando di non proiettarli sui propri figli.
Chiedo a lei e al Gop di uscire dal mio corpo, uscire dalla mia vagina, dal mio utero, di uscire da tutti i nostri corpi. Queste non sono decisioni che sta a voi prendere. Queste non sono parole che sta a voi definire.
Perché non usate il vostro tempo per porre fine allo stupro invece di ridefinirlo? Usate le vostre energie per perseguire i criminali che distruggono le donne con tanta facilità invece di fare distinguo linguistici usando un linguaggio manipolativo che minimizza la loro distruzione.
E a proposito, ha appena dato a milioni di donne un'ottima ragione per fare in modo che non venga eletto mai più, e un'ottima folle ragione per insorgere.
Eve Ensler


Articolo originale su Huffpost, traduzione di Flavia Vendittelli

18 agosto 2012

Thomas Sankara, il Che Guevara africano.


Ci dicono di rimborsare il debito. Non è un problema morale. Rimborsare o non rimborsare non è un problema di onore. Signor presidente, abbiamo prima ascoltato e applaudito il primo ministro della Norvegia intervenuta qui. Ha detto, lei che è un'europea, che il debito non può essere rimborsato tutto. Il debito non può essere rimborsato prima di tutto perché se noi non paghiamo, i nostri finanziatori non moriranno, siamone sicuri. Invece se paghiamo, saremo noi a morire, ne siamo ugualmente sicuri. Quelli che ci hanno condotti all’indebitamento hanno giocato come al casinò. Finché guadagnavano non c’era nessun problema; ora che perdono al gioco esigono il rimborso. E si parla di crisi. No, Signor presidente. Hanno giocato, hanno perduto, è la regola del gioco. E la vita continua. Non possiamo rimborsare il debito perché non abbiamo di che pagare. Non possiamo rimborsare il debito perché non siamo responsabili del debito. Non possiamo pagare il debito perché, al contrario, gli altri ci devono ciò che le più grandi ricchezze non potranno mai ripagare: il debito del sangue.” 

Questa è solo una piccola parte del discorso, l’ultimo discorso, che Thomas Sankara fece all’ONU prima di essere ucciso insieme a 12 ufficiali, in un colpo di stato organizzato da un suo ex compagno d'armi con l'appoggio di Francia e Stati Uniti d'America.
Thomas Sankara: lo ammetto, non sapevo niente di lui e ringrazio Alessandro Raffa per avermelo fatto conoscere postando il video del suo discorso.
Thomas Sankara è stato un leader molto carismatico per tutta l'Africa Occidentale sub-sahariana che si è impegnato in favore di riforme radicali per eliminare la povertà. L'obiettivo di Sankara era la cancellazione del debito internazionale: cancellazione ottenibile soltanto se richiesta all'unisono da tutte le nazioni africane. Non ebbe successo. Gli riuscì invece l'obiettivo di dare due pasti e 10 litri di acqua al giorno a ciascun abitante. Nei tre anni del suo mandato presidenziale nel Burkina Faso, dopo una rivoluzione da lui stesso guidata, lottò contro la corruzione, promosse la riforestazione, l'accesso all'acqua potabile per tutti, e fece dell'educazione e della salute le priorità assolute.
Il suo governo incluse un grande numero di donne, condannò l'infibulazione e la poligamia, promosse la contraccezione. Fu il primo governo africano a dichiarare che l'AIDS era la più grande minaccia per l'Africa.
Fece costruire centri sanitari in ogni villaggio burkinabé (l’Unicef definì la campagna di vaccinazione effettuata sui bambini, la più grande registrata nel mondo) e cantieri per opere idrauliche, creando un Ministero dell’Acqua.
Sua madre e i suoi collaboratori viaggiavano sempre in classe economica e a ranghi ridotti nelle visite diplomatiche;
Vendette la maggior parte delle Mercedes in forza al governo e proclamò l'economica Renault 5, automobile ufficiale dei ministri.
Volle costruire la "ferrovia del Sahel", una linea che collega Ouagadougou al confine con il Niger, nonostante molti economisti non lo ritenessero un progetto redditizio. Tale opera, successivamente ampliata, costituisce tuttora la principale via di comunicazione del Paese.

Alla sua morte il Burkina Faso ripiombò nel dramma della povertà.

Questa è solo una dimostrazione, una delle tante, che i poteri forti non si muovono mai per arginare la povertà e rendere liberi i popoli. Si muovono invece, e molto velocemente, per annientare chi osa mettersi contro i loro piani di sfruttamento. Ma l’immagine di questo giovane rivoluzionario che osò sfidare i grandi del mondo, e che seppe incarnare le speranze di liberazione di un intero continente, insieme a quella di altri come lui che non si sono piegati alla volontà del potere, resta un esempio di integrità e di coraggio, giusto quelle cose di cui oggi abbiamo perso coscienza.


Fonte: Wikipedia

17 agosto 2012

Nemmeno il diavolo, se esistesse, si comprerebbe certe anime.


Non ho messo foto in questo post, non c’è foto sufficientemente rappresentativa di un tale degrado, o forse ce ne sono troppe. Non avrei nemmeno voluto scrivere di nuovo di violenza sulle donne, già ne sentiamo troppe su questa piaga e chi, come me, è sensibile su questo argomento, ne soffre a sufficienza. Non avrei nemmeno voluto ripetermi nel commentare questi abomini, ma mi è impossibile. È impossibile  rimanere in silenzio di fronte a certe realtà. Non importa chi siano gli autori, la dignità umana non ha prezzo, e un genitore che vende il proprio figlio non può che essere un criminale senza appello. Tutto succede a Marghera, presso Mestre, provincia di Venezia. Una ragazzina di appena 13 anni viene venduta dalla famiglia di origine in Macedonia, ad un connazionale residente in Italia, per l'appunto a Marghera. La famiglia “acquistante” la poverina, voleva darla in sposa al figlio maschio 17enne. Giunta in Italia con la suocera, la ragazzina prova a ribellarsi alla situazione, ottenendo un effetto mostruoso. Il ragazzo picchia la giovane indifesa, la sevizia, la tortura senza alcuna pietà. Usa addirittura un cavetto del computer, mentre la poverina è in una vasca da bagno, per tormentarla con la corrente. E non è finita. Mentre la madre del giovane maschietto incita alla violenza sessuale sulla poverina, lei urla disperatamente. La suocera non vuol sentir ragioni, rimprovera la bambina dicendole che stava “diventando donna”, e tra poco, sposa a soli 13 anni. Nulla da fare, ogni tentativo di fuga di lei veniva “ricompensato” con continue sevizie e maltrattamenti selvaggi, fino a tumefarle il volto o rovinarle il setto nasale.
Ci sono diverse cose agghiaccianti in questa vicenda: la prima è la madre che vende la propria figlia per tremila euro, la seconda è la violenza ripetuta su una persona, anzi, su una bambina, con la compiacenza di un genitore. Dov'è la dignità di essere umano, se scendiamo a questi livelli animaleschi? Non è possibile che nel 2012 si possa ridurre in schiavitù, segregare e cospargere di lesioni aggravate una bambina di tredici anni. Non ha un senso. Ed è inutile, la denuncia, o il processo, nonché la pena, se gli esecutori materiali non comprendono la gravità dei loro gesti.
L’unica cosa che trovo giusta, a dispetto delle mie remore virtuali, è continuare a parlarne, perché sappiamo tutti come è facile abituarsi al ripetersi delle situazioni e non vorrei mai che l’indifferenza scendesse anche su questi crimini che non hanno confini, né di spazio temporale, né di etnia.
Se credessi in qualcosa di ultraterreno potrei dire che queste “persone”, se tali si possono chiamare, hanno venduto l’anima al diavolo, ma da razionale quale sono, penso che anche il diavolo, se pur esistesse, si rifiuterebbe di comprare una merce così putrida.

15 agosto 2012

Le ricette di Mr. Trivella.


Il ministro Passera, che in Basilicata è stato soprannominato Mr. Trivella, è convinto che metanodotti, rigassificatori e petrolio siano la panacea per tutti i mali economici dell’Italia e che raddoppiare l’estrazione di oro nero possa procurare addirittura un aumento del Pil di mezzo punto.
Ma non basta: mentre  in Francia (rammaricandosi pure di essere in ritardo) ed in Germania si investe per sviluppare la filiera dell’eolico offshore, mentre tutti, tutti, dalla Cina al Brasile agli USA stanno capendo che il futuro è nelle tecnologie verdi, proprio per eliminare la dipendenza da petrolio e carbone, mentre non si parla più di politica industriale vs politica ambientale ma di triple bottom line e sviluppo sostenibile, qua facciamo gli anticonformisti tagliando gli incentivi per le rinnovabili e giochiamo a fare gli Emirati Arabi cercando la maniera di fare trivellare con più libertà.
Purtroppo in Italia (ormai è risaputo) non c’è limite al peggio.
Maria Rita D'Orsogna, ricercatrice italiana emigrata in California, ha scritto a Passera la lettera che tutti avremmo voluto scrivergli. Diciamole grazie e prendiamoci cinque minuti per leggerla.
Caro signor Passera, stavo per andare a dormire quando ho letto dei suoi folli deliri per l'Italia petrolizzata. Ci sarebbe veramente da ridere al suo modo malato di pensare, ai suoi progetti stile anni '60 per aggiustare l'Italia, alla sua visione piccola piccola per il futuro.
Invece qui sono pianti amari, perché' non si tratta di un gioco o di un esperimento o di una scommessa. Qui si tratta della vita delle persone, e del futuro di una nazione, o dovrei dire del suo regresso.
Lei non è stato eletto da nessuno e non può pensare di "risanare" l'Italia trivellando il bel paese in lungo ed in largo. Lei parla di questo paese come se qui non ci vivesse nessuno: metanodotti dall'Algeria, corridoio Sud dell'Adriatico, 4 rigassificatori, raddoppio delle estrazioni di idrocarburi.
E la gente dove deve andare a vivere di grazia? Ci dica.
Dove e cosa vuole bucare? Ci dica.
I campi di riso di Carpignano Sesia? I sassi di Matera? I vigneti del Montepulciano d'Abruzzo? Le riserve marine di Pantelleria? I frutteti di Arborea? La laguna di Venezia? Il parco del delta del Po? Gli ospedali? I parchi? La Majella? Le zone terremotate dell'Emilia? Il lago di Bomba? La riviera del Salento? Otranto? Le Tremiti? Ci dica.
Oppure dobbiamo aspettare un terremoto come in Emilia, o l'esplosione di tumori come all'Ilva per non farle fare certe cose, tentando la sorte e dopo che decine e decine di persone sono morte?
Vorrei tanto sapere dove vive lei.
Vorrei tanto che fosse lei ad avere mercurio in corpo, vorrei tanto che fosse lei a respirare idrogeno solforato dalla mattina alla sera, vorrei tanto che fosse lei ad avere perso la casa nel terremoto, vorrei tanto che fosse sua moglie ad avere partorito bambini deformi, vorrei tanto che fosse lei a dover emigrare perché' la sua regione, quella che ci darà questo 20% della produzione nazionale, è la più povera d'Italia.
Ma io lo so che dove vive lei tutto questo non c’è. Dove vive lei ci sono giardini fioriti, piscine, ville eleganti soldi e chissà, amici banchieri, petrolieri e lobbisti di ogni genere.
Lo so che è facile far cassa sull'ambiente. I delfini e i fenicotteri non votano. Il cancro verrà domani, non oggi. I petrolieri sbavano per bucare, hanno soldi e l'Italia è corrotta. E' facile, lo so.
Ma qui non parliamo di soldi, tasse e dei tartassamenti iniqui di questo governo, parliamo della vita della gente. Non è etico, non è morale pensare di sistemare le cose avvelenando acqua, aria e pace mentale della gente, dopo averli lasciati in mutande perché' non si aveva il coraggio di attaccare il vero marciume dell'Italia.
E no, non è possibile trivellare in rispetto dell'ambiente. Non è successo mai.  Da nessuna parte del mondo. Mai.
Ma non vede cosa succede a Taranto? Che dopo 50 anni di industrializzazione selvaggia  all'italiana, senza protezione ambientale, senza controlli, senza multe, senza amore, senza l'idea di lasciare qualcosa di buono alla comunità, la gente muore, i tumori sono alle stelle, la gente tira fuori piombo nelle urine?
E adesso noialtri dobbiamo pure pagare il ripristino ambientale?
E lei pensa che questo è il futuro?
Dalla mia adorata California vorrei ridere, invece mi si aggrovigliano le budella.
Qui il limite trivelle è di 160 km da riva, come ripetuto ad infinitum caro "giornalista" Luca Iezzi. Ed è dal 1969 che non ce le mettiamo più le trivelle in mare perché' non è questo il futuro. Qui il futuro si chiama high tech, biotech, nanotech, si chiamano Google, Facebook, Intel, Tesla, e una miriade di startup che tappezzano tutta la California. Il futuro si chiama uno stato di 37 milioni di persone che produce il 20% della sua energia da fonti rinnovabili adesso, ogni giorno, e che gli incentivi non li taglia a beneficio delle lobby dei petrolieri.
Il futuro si chiamano programmi universitari per formare chi lavorerà nell'industria verde, si chiamano 220,000 posti di lavoro verde, si chiama programmi per rendere facile l'uso degli incentivi.
Ma non hanno figli questi? E Clini, che razza di ministro dell'ambiente è?
E gli italiani cosa faranno?
Non lo so.
So solo che occorre protestare, senza fine, ed esigere, esigere, ma esigere veramente e non su facebook, che chiunque seguirà questo scandaloso personaggio e tutta la cricca che pensa che l'Italia sia una landa desolata si renda conto che queste sono le nostre vite e che le nostre vite sono sacre.