30 gennaio 2016

Le buone nuove di oggi.

Schiave e ignorati, ecco come ci vorrebbero. Quand'è che si potrà smettere di combattere?
Da Al di là del buco.
Le buone nuove di oggi?
La prima: Langone, dopo aver detto che le donne e i libri non vanno d’accordo ha deciso che le donne devono rinunciare anche all’università.



La seconda: Cecilia detta la linea per l’abbigliamento delle donne che parteciperanno al family day.




e no, non si tratta di una immagine satirica come quelle della pagina Giovani cattolici contro la Frivolezza



a me ha ricordato vagamente – ma molto vagamente eh – questo




e buona giornata anche a voi.

29 gennaio 2016

E se...?


Passa, il tempo passa e accumula i ricordi senza che me ne accorga. Poi arriva un momento, dettato da chissacchè, in cui mi ritrovo a scavare in quel cumulo e riappari tu. Tu che non sai che ti scrivo, che non leggerai mai queste righe e che non saprai mai dei miei pensieri. Eravamo giovani allora, non più abbastanza per ricominciare, non più soltanto impulsi e incoscienza, ma ancora sufficientemente pazzi da lasciarci alle spalle la realtà, almeno per qualche ora, per qualche giorno. Tremori e timori, speranze, fragilità, bisogni e...amore. Passioni, entusiasmi, sentimenti forti e tentativi disperati di trovare la via, quella giusta per noi, che giusti non eravamo. 

No, non rimpiango niente. Anche adesso, potessi rivivere quei momenti, lo farei, consapevole della loro fine ineluttabile, necessaria. 
Solo mi chiedo: e se...? Se un gesto diverso, una parola in più o in meno...chissà se avrebbe cambiato la nostra vita...
Ma il tempo passa, tra strani scarti e bonacce prolungate, ma passa, va solo avanti, non si ferma.
Ci fermiamo solo noi, o forse crediamo di farlo ricordando, mentre insieme al tempo scorre anche la vita.

Nati così, in mezzo a tutto questo...

 Da Anticorpi.info.

Secondo il biografo Howard Sounes, Le Poesie dell'Ultima Notte della Terra è "la più bella e matura antologia" prodotta da Charles Bukowski. E' anche l'ultima che lo scrittore e poeta di origini tedesche pubblicò prima di lasciarci, nel 1994. In essa il tipico minimalismo bukowskiano si intreccia ad atmosfere crepuscolari, contemplative, da cui emergono le più intime percezioni dell'autore in merito a grandi temi quali la vita, la morte, l'orizzonte degli eventi, i massimi sistemi.
Con la poesia "Dinosauriato, Noi" Bukowski racconta le abiezioni partorite dalla modernità, e per questa umanità al tempo stesso vittima e carnefice profetizza l'oblio, ultimo dazio da pagare alle illusioni del cosiddetto "progresso", che anziché elevare i cuori li ha alienati e sospinti in una spirale di involuzione.

di Charles Bukowski

Nati così
in mezzo a tutto questo
tra facce di gesso che ghignano
e la signora morte che se la ride
mentre gli ascensori si rompono
mentre gli orizzonti politici si dissolvono
mentre il garzone della spesa del supermercato è laureato
mentre i pesci sporchi di petrolio sputano la loro preda oleosa
e il sole è mascherato

siamo nati così
in mezzo a tutto questo
tra queste guerre attentamente folli
tra la vista di finestre di fabbrica rotte di vuoto
in mezzo a bar dove le persone non si parlano più
nelle risse che finiscono tra sparatorie e coltellate

siamo nati così
in mezzo a tutto questo
tra ospedali così costosi che conviene lasciarsi morire
tra avvocati talmente esosi che è meglio dichiararsi colpevoli
in un Paese dove le galere sono piene e i manicomi chiusi
in un posto dove le masse trasformano i cretini in eroi di successo
nati in mezzo a tutto questo

ci muoviamo e viviamo in tutto questo
a causa di tutto questo moriamo
castrati
corrotti
diseredati
per tutto questo
ingannati da questo
usati da questo
pisciati addosso da questo
resi pazzi e malati da questo
resi violenti
resi inumani
da questo

il cuore è annerito
le dita cercano la gola
la pistola
il coltello
la bomba
le dita vanno in cerca di un dio distante
le dita cercano la bottiglia
le pillole
qualcosa da sniffare

siamo nati in questo essere letale triste
siamo nati in un governo in debito di 60 anni
che presto non potrà nemmeno pagare gli interessi su quel debito
e le banche bruceranno
il denaro sarà inutile
ammazzarsi per strada in pieno giorno non sarà più un crimine
resteranno solo pistole e folle di sbandati
la terra sarà inutile
il cibo diventerà un rendimento decrescente
l'energia nucleare finirà in mano alle masse
il pianeta sarà scosso da un'esplosione dopo l'altra
uomini robot radioattivi si inseguiranno l'un l'altro

il ricco e lo scelto staranno a guardare da piattaforme spaziali
l'inferno di Dante sarà fatto per somigliare a un parco giochi per bambini
il sole sarà invisibile e sarà la notte eterna
gli alberi moriranno
e tutta la vegetazione morirà
uomini radioattivi si nutriranno della carne di uomini radioattivi
il mare sarà avvelenato
laghi e fiumi spariranno
la pioggia sarà il nuovo oro
la puzza delle carcasse di uomini e animali si propagherà nel vento oscuro
gli ultimi pochi superstiti saranno oppressi da malattie nuove ed orrende
e le piattaforme spaziali saranno distrutte dalla collisione
il progressivo esaurimento di provviste
l'effetto naturale della decadenza diffusa
e il più bel silenzio mai ascoltato
nascerà da tutto questo
il sole nascosto
attenderà il capitolo seguente.

28 gennaio 2016

Shoah di ieri e di oggi.

Sapevo che ieri era la giornata della memoria, ma mi sono volutamente astenuta da qualsiasi considerazione, tanto c'hanno pensato le istituzioni e i media a ricordarci quanto orrore si sia perpetrato allora. 
Mi sono astenuta perché, nonostante la retorica ipocrita e ripetitiva di un giorno all'anno, si continuano ad ergere muri, rinchiudere, affamare, bombardare, ghettizzare, uccidere esseri umani. 
Oggi, adesso, in tantissime parti del mondo. 
E nessuno osa chiamarla col proprio nome: catastrofe o carneficina o massacro. Tanto è uguale. 
Nessuno si cosparge il capo di cenere per quello che sta succedendo ora, settantuno anni dopo, tutti i giorni, nel silenzio più totale. 
Non ho bisogno di ricordare l'olocausto, mi ricordo tutti i giorni che la storia non ci ha insegnato nulla.

26 gennaio 2016

L’inciviltà di “anomalie” considerate tali.

Dal blog di Andrea Papi.
Il ddl Cirinnà ha scatenato, giustamente e inevitabilmente, un dibattito che coinvolge l’intera società, scatenando manie, fobie, integralismi e ideologismi precostituiti, diventando curiosamente occasione di una specie di “guerra di religione” su tematiche che però, almeno a parole, dovrebbero essere solo laiche. Pur considerandomi esterno, in quanto anarchico, a un simile territorio paraideologico con punte di teocraticismo più o meno dichiarato, vorrei dire anch’io la mia, non tanto sulla proposta di legge, che in quanto tale è attinente alla giurisdizione statale, bensì sui contenuti cui s’ispira e che tende a regolarizzare, impregnata com’è, al pari di tutte le leggi statuali, di spirito autoritario.
Personalmente sono contrario all’istituto del matrimonio quale strumento di regolazione, statale o sacerdotale, della volontà di unione tra esseri umani che si amano. Lo considero un’ingerenza tipicamente autoritaria, le cui origini antropologiche sono da addebitarsi più che altro alla volontà androcratica di sottomettere la donna al giogo maschile, cui nel tempo si è aggiunto il giogo clericale con lo scopo d’irregimentare rapporti e desiderio sessuali, sempre considerati pericolosi se lasciati vivere liberamente perché incontrollabili. I primi matrimoni di cui si ha ancora memoria risalgono alla notte dei tempi e nascevano da stipulazioni tra capi, in nome delle reciproche tribù, per sancire accordi o alleanze. Nella coscienza sociale diffusa il matrimonio ha cominciato ad esser considerato come esplicazione di un rapporto amoroso soltanto recentemente, praticamente col romanticismo. Fino ad allora era sistematicamente un accordo tra famiglie, in genere per ragioni di potere e di denaro, mentre sesso e amore erano vissuti di fatto fuori dal matrimonio, liberamente solo dal maschio, il quale relegava le possibilità di movimento della donna alla propria volontà discrezionale.
La “famiglia”, intesa quale termine e quale concetto, è un’imposizione ideologica tesa a incapsulare lo svolgersi delle relazioni personali e dei rapporti sessuali e intimi dentro percorsi predefiniti, a fini di potere e di controllo sociale. Se a ciò che si definisce “famiglia” fosse stato permesso di autoregolarsi nei secoli, sono convinto che difficilmente avrebbe preso la forma che ha assunto istituzionalmente. Non a caso nel mondo varie leggi, come la Cirinnà appunto, tentano di ridefinire e aggiornare in continuazione lo “status familiare”, perché ci si rende conto che quel modello, imposto coll’autorità di un tempo dominato da varie fobie religiose e parareligiose, da tempo non è più in grado di seguire la molteplicità delle esigenze individuali e di gruppo che il divenire delle società spontaneamente comporta.
La cosiddetta “famiglia naturale” è un non senso. Quando ne sento parlare mi si accappona la pelle. In natura non esiste la condizione familiare umanamente intesa. Essa è stata imposta e inquadrata per ragioni di potere tutte interne all’universo antropico, le quali nulla hanno a che fare con quella che continuiamo a definire “natura”. La “famiglia” è una produzione tipicamente umana, non di tutta l’umanità nel suo complesso e non in tutte le epoche durante i circa quattro milioni di anni in cui si suppone che la specie umana sia esistita nelle sue molteplici forme. La “famiglia” è una tipica produzione culturale, proprio perché umana (antropologicamente la cultura è una caratteristica esclusiva della specie umana), quindi non può in alcun modo essere, se non abusivamente, considerata una manifestazione “naturale”, dal momento che in natura, al di là della convivenza umana e non sempre da quando la nostra specie esiste, non ce n’è traccia da nessun’altra parte e in nessun’altra specie.
Ritengo perciò fuorviante lottare per un riconoscimento matrimoniale da parte dello stato rispetto a coppie fino ad ora marginalizzate o criminalizzate (come gay lesbiche e tutti i generi considerati anomali dalla cultura del potere). Il matrimonio è un’istituzione di per sé autoritaria e castrante, sorta e impostata per tenere sotto controllo le persone nella loro intimità (il fatto che non abbia funzionato in tal senso è perché fortunatamente ciò è impossibile senza una complicità concreta dei controllati). Invece di essere esaltato e valorizzato dovrebbe essere sminuito, snobbato e deriso, deprivato di valore e di senso, usato al di là degli scopi dichiarati ufficialmente se lo si ritiene opportuno, ma mai rivendicato come fine di riconoscimento, che invece ne esalta un valore che non possiede, dal momento che è una forma imposta e condizionante. La diversità dei rapporti, consenzienti ed avulsi da ogni forma di violenza e sottomissione, dovrebbe essere la normalità all’interno di una civiltà autenticamente laica e capace di vivere l’emancipazione come dato costituente. Invece vengono chiamate “unioni civili” le forme di convivenza considerate anomale dal potere, che finora si è rifiutato di legittimarle. La civiltà si dovrebbe al contrario misurare sulla capacità di valorizzare e saper rendere ricchezza la molteplicità delle manifestazioni di convivenza umana, libere e spontaneamente scelte all’interno di una qualità dei rapporti fondata sulla reciprocità.
Si dovrebbe lottare invece per ottenere gli stessi diritti riconosciuti finora legalmente solo alle coppie sposate, senza mettere in discussione i tipi di unione che gli individui scelgono di vivere liberamente, al di là di ogni laccio legale, al di là di ogni imposizione religiosa o politica. Lasciamo stare il matrimonio che è sostanzialmente “affare di stato”, la cui intenzione dichiarata è quella di diventare gestore della vita di coppia uniformandola ai suoi canoni di potere. In questo senso mi sembra torni di attualità ciò che gli anarchici han sempre detto e praticato quando ne hanno trovato le condizioni, ben espresso dal settimo punto del programma anarchico del 1919 della Unione Anarchica Italiana, scritto da Errico Malatesta, che così recita: 7. Ricostruzione della famiglia in quel modo che risulterà dalla pratica dell'amore, libero da ogni vincolo legale, da ogni oppressione economica o fisica, da ogni pregiudizio religioso.
Andrea Papi

24 gennaio 2016

Quelli che...eh, ma la tradizione...ovverossia i testimonial della famiglia.


Coppie scoppiate, divise, ricomposte, allargate, ma rigorosamente tradizionaliste. La demenzialità e l'ipocrisia sociale e politica dilagano in misura quasi incontenibile. Come un'epidemia infettiva e contagiosa. Il guaio è che non esiste alcun vaccino per prevenire il rischio del contagio. L'unico antidoto potrebbe essere una buona dose di onestà intellettuale. Un po' di coerenza, di franchezza, di lealtà contrapposta all'ottusa e meschina arroganza del potere e dell'ipocrisia filo-clericale e alla menzogna di regime.
Già, ma mica si comprano... 
Credo sia più che lecito chiedersi se queste "anime cattoliche" ci fanno o ci sono. Perché vorrei darmi una spiegazione di questo loro comportamento, così ipocritamente istituzionale. Perché sento un gran fetore di falsità nelle loro "rispettabili" alcove e dimore matrimoniali, nel "decoro" delle loro "sane" famiglie. 
Comunque, la questione vera non è tanto di ordine etico, non mi interessano i risvolti moralistici poiché non sono bacchettona. Il problema più serio ed importante è di natura politica ed implica l'ipocrisia e la malafede dei supporter della "famiglia tradizionale". Mentre il Paese "va a puttane", i media ci propinano il consueto lavaggio del cervello con annunci di stampo demagogico-propagandistico. L'unica "politica" di tali bigotti e baciapile consiste nel vendere balle. Nel contempo, molti paladini della "famiglia tradizionale" comprano le prestazioni sessuali di giovani minorenni, mentre i gravi problemi e le emergenze del Paese non trovano ascolto ed ancor meno una giusta soluzione. 
Si dice che "la noncuranza è il miglior disprezzo". 
Giusto. 
Ma anche uno sputo in faccia non sarebbe affatto malvagio...

Perché vi preoccupate tanto degli uomini che si amano e non di quelli che si uccidono?


22 gennaio 2016

Ricordando Ernesto Cardenal

Di Carlos Riba Garcìa; da: rebelion.org; 21.1.2016.
 

91 anni fa, il 20 gennaio 1925, nacque Ernesto Cardenal, poeta, sacerdote, rivoluzionario, scrittore, politico nicaraguense. Lunga vita a Ernesto.

Il cellulare

Parli nel tuo cellulare, e parli e parli.
Senza sapere come è stato fatto e meno ancora come funziona,
però che importa.
La cosa grave è che non sai, come nemmeno io sapevo,
che molti muoiono in Congo,
migliaia e migliaia,
per quel cellulare muoiono in Congo.
Nelle loro montagne c’è il coltan, oltre a oro e diamanti.
Usato per i condensatori dei telefoni cellulari.
Per il controllo dei minerali, corporazioni multinazionali fanno questa guerra infinita.
Cinque milioni di morti, in 15 anni,
e non vogliono che si sappia.
Paesi di immensa ricchezza, con popolazione poverissima.
L’ottanta per cento delle riserve mondiali di coltan stanno in Congo.
Il coltan vi giace da 3.000 milioni di anni.
Nokia, Motorola, Compaq, Zenith, comprano il coltan.
Anche il Pentagono,
anche la corporation del New York Times,
e non vogliono che si sappia.
Non vogliono che la guerra finisca,
per continuare a strappare il coltan.
Bambini da sette a 10 anni estraggono il coltan,
perché i loro piccoli corpi entrano nei piccoli buchi,
per 25 centesimi al giorno.
E muoiono mucchi di bambini per il pane del coltan,
martellando la pietra che cade loro addosso.
Anche il New York Times non vuole che si sappia.
E’ così che non si sa, di questo crimine organizzato delle multinazionali.
La Bibbia identifica: giustizia e verità e l’amore e la verità, quindi l’importanza della verità, che li farà liberi.
Anche della verità del coltan.
Coltan dentro il tuo cellulare, in cui parli e parli.



Ernesto Cardenal

(traduzione di Daniela Trollio Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli” Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni)

12 gennaio 2016

Reato di clandestinità for dummies.

E così pare che abbiano tirato il freno a mano nell'introdurre il reato di tortura e nell'abolire il reato di clandestinità. Due temi disattesi, due vergogne, che erano nella famosa agenda politica di Renzi. Ancora una volta, la politica, è rimasta ostaggio della propaganda securitaria, per non dire della destra xenofoba e razzista.
E a proposito del reato di clandestinità, mi sembra molto esaustivo e dettato da logica incontrovertibile questo articolo che riporto integralmente:  

Reato di clandestinità for dummies.

Siccome qualcuno, nonostante tutto, fa ancora finta di non capire, mi corre l’obbligo di tentare con la consueta spiegazione a prova di scemo. O, più probabilmente, a prova di chi fa finta di esserlo.

 -Yakubu arriva clandestinamente in Italia dalla Nigeria, luogo nel quale si puzza dalla fame, allo scopo non marginale di provare a sopravvivere;
 -Yakubu, dopo un calvario del quale in questa sede non dirò, viene avvicinato da Pasquale, il quale gli propone di lavorare alla raccolta dei pomodori in cambio di una paga da fame e senza alcuna prospettiva di regolarizzazione;
 -Yakubu, suo malgrado, accetta: primo perché crepare di stenti non piace a nessuno, secondo perché un lavoro onesto, ancorché sottopagato, è sempre meno pericoloso che delinquere, e terzo perché è un clandestino, ragion per cui storcere il naso è un lusso che non si può permettere;
 -dopo qualche settimana Yakubu fa mente locale, e si rende conto non soltanto che la vita toccatagli in sorte dopo l’arrivo in Italia non è poi questo granché, ma anche (e soprattutto) che su tale vita di merda c’è qualcun altro che sta lucrando allegramente;
 -perciò Yakubu si reca da Pasquale e gli chiede gentilmente di essere messo in regola: sia allo scopo di portare la sua paga da fame a un livello perlomeno dignitoso, sia per avere (giacché lavora) un permesso di soggiorno e smettere di campare in una condizione in cui se lo ferma una guardia viene rispedito dritto dritto in Nigeria;
 -Pasquale prima si fa una bella risata, e poi invita Yakubu a smetterla di scassare la minchia, avvertendolo che in caso contrario provvederà egli stesso a fare in modo che le guardie lo trovino;
 -a questo punto Yakubu può scegliere: o restarsene (da clandestino) a raccogliere i pomodori per una paga da fame, oppure intraprendere (sempre da clandestino) una carriera criminale qualsiasi, nella speranza di mettersi in tasca qualche euro in più.

Ciò che emerge da quanto precede non lascia spazio a molti dubbi: il reato di clandestinità (come del resto era ampiamente prevedibile fin dalla sua introduzione) ha l’unico effetto di consolidare la clandestinità che in teoria dovrebbe combattere, anche quando ci sarebbero tutte le condizioni per farla venir meno, oltre a produrre, in un numero non trascurabile di casi, comportamenti delittuosi.
Questo, unitamente alla consapevolezza (numerica, e quindi difficilmente controvertibile) che l’introduzione detto reato non ha minimamente diminuito il flusso di migranti che arrivano nel nostro paese, dovrebbe essere più che sufficiente per dichiarare il reato stesso un fallimento completo, e pertanto dovrebbe condurre senza ulteriori indugi alla sua abrogazione indipendentemente dalla presunta “percezione” che ne avrebbe “la gente”: posto che le persone, com’è noto, sono molto meno sceme di quanto si voglia far credere, a patto che si spieghino loro le cose in modo razionale.
Voi che ne dite, si tratta di buonismo o semplicemente di logica?



10 gennaio 2016

Attese.

Dovunque vado (ufficio postale, autobus, metropolitana, stazione ferroviaria, anticamera del medico, aeroporto, negozio di alimentari) e dovunque ci sia un’attesa, tutti hanno il cellulare in mano;
sguardo rivolto al visore dello smartphone, pagina Facebook aperta i trenta quarantenni,
o digitando a raffica in Wathsapp i ventenni (il crepitio adesso sul treno nel sedile di fronte: una ragazza).
Nessuno, o quasi, legge un giornale o un libro, oppure guarda in giro, osserva il paesaggio o gli altri intorno a sé.
Quello che mi colpisce non è però l’essere altrove di tutti, collegati ad altri che sono là, ma l’ansia verso lo spreco del tempo, un bene di cui siamo avarissimi, e che tuttavia ci manca sempre.
Una cosa che mi riguarda. Per avere cura di me (e cultura-di-me), l’unica cosa che posso, e debbo fare, è perdere tempo.
Un’attività difficilissima, quasi impossibile.
Ci voglio provare.
Senza misurare il tempo perso (altrimenti non sarebbe perso: cioè che non si può contare).


Marco Belpoliti

E' vero, a volte stacco un po'.

Consapevolmente. Perché ritengo che sia importante per me allontanarmi da situazioni che mi stanno caricando e chiedendo troppo. Non è egoismo, è solo prudenza. Non per abbandonare, solo per mettermi al riparo, per non articolare troppi argomenti. E mi succede quando capisco che non riesco a dare risposte, ma soltanto a fare domande. In momenti così, qualcosa, fra me e me, mi predispone a non voler essere protagonista nelle definizioni, nelle opinioni o nelle decisioni che potrebbero comportare trasformazioni in questioni importanti: legami, relazioni, contesti. Sopraggiunge una certa cautela, un po' di timore, forse anche un po' di stanchezza come reazione a circostanze che non posso, non riesco o non voglio controllare. In fondo, credo sia meglio essere confusi piuttosto che dare tutto per risolto e definito in maniera meccanica e frettolosa. E chiedere è forse l'unico modo per restare, restare lì dove hanno bisogno di me, quando l'impulso mi spingerebbe invece a scappare. 
Cerco solo di capire e di capirmi, anche se questo staccare, questo lasciarmi andare, costa.

08 gennaio 2016

Mi hanno detto:

ultimamente sei troppo solitaria, troppo selettiva, troppo sincera, troppo impulsiva o troppo razionale. Non fai niente per adeguarti, non chiedi, non ti lasci coinvolgere e non comunichi. Sei fredda, distante e per niente ricettiva.
Basta così?
Bene, io rispondo:
sono solo troppo me stessa ed il tempo è troppo poco per essere qualcun’altra.

Quelli che usano "la notte di Colonia" per allungare gli orli delle gonne.


Quello che è accaduto a Colonia è il segno dell’inadeguatezza delle forze di polizia e della politica che le amministra: i primi a finire in manette per le aggressioni alle donne tedesche sono ragazzi di una gang sulla quale da un anno e mezzo è aperto un fascicolo di indagine. E del resto anche i responsabili degli attentati in Francia dell’ultimo anno non erano degli immacolati cittadini sconosciuti agli inquirenti: erano tutti ben noti, segnalati e controllati. Quindi, per favore, non venite a fare per l’ennesima volta a noi donne la paternale veteromaschilista dell’allunga l’orlo e gira a occhi bassi. Perché noi gli orli li accorciamo e allunghiamo un po’ come ci pare e gli occhi li usiamo per guardarci intorno e scoprire il mondo. Perché non è riducendo le nostre libertà che vivremo più sicure a casa nostra. È educando al rispetto e punendo chi non ce lo porta che la nostra società potrà compiere un saltello oltre la fossa in cui pare essere di nuovo crollata. È educando gli uomini (chiunque essi siano, qualunque dio preghino, qualunque lingua parlino) che si salvano le donne.
Da leggere il post di Deborah Dirani qui. Oltre alle solite chiacchiere.

01 gennaio 2016

Resistete!

Resistete a colui che costruisce una piccola casa e dice: 
"qui sto bene"
resistete a colui che rientra a casa e dice: 
"dio sia lodato"
resistete al tappeto persiano dei condomini
all'ometto dietro la scrivania
alla società d'import-export
all'istruzione di stato
alle tasse
a me stesso che vi parlo
resistete a colui che per ore intere dal podio 
saluta le sfilate
resistete al presidente del tribunale
alle musiche, ai tamburi, alle parate
a tutti i congressi supremi dove chiacchierano 
bevendo caffè i congressisti consiglieri
a questa signora sterile che distribuisce 
santini, incenso e mirra
a me stesso che vi parlo
resistete ancora a tutti coloro che si dicono grandi
a tutti coloro che scrivono discorsi di circostanza 
accanto alla stufa invernale,
alle adulazioni, agli auguri
ai tanti inchini che scribacchini e vili 
rivolgono al loro saggio superiore,
resistete agli uffici per stranieri e ai passaporti
alle orribili bandiere degli stati e alla diplomazia
alle fabbriche di materiali bellici
a coloro che chiamano lirismo le belle parole
alle canzoni di guerra
alle languide canzoni strappalacrime
agli spettatori del vento
a tutti gli indifferenti
a coloro che si dicono vostri amici
e anche a me, a me che vi parlo
resistete.
Allora potremo forse con sicurezza avanzare verso la libertà.

"Il mio testamento" di Michalis Katsaròs

Eccoci qua.




E' cominciato. L'anno intendo. Questa data tanto attesa. Questi nuovi numeri sul calendario così forieri di chissacché. Sono parecchi anni che non mi dedico a celebrarlo in modo conforme. Ci faccio un pensiero, ovvio, non ne posso fare a meno visto che ad ogni piè sospinto mi viene ricordato da chiunque incontri, fisicamente e virtualmente. E non posso certo negare un certo contagio nell'illusoria speranza che qualcosa possa essere diverso. Ma non è forse la stessa cosa che facciamo ogni mattina augurandoci buongiorno? Non sono forse buoni propositi quelli che facciamo preparandoci ad affrontare un'altra giornata sperando che sia migliore di ieri? Non vorrei sembrare disfattista e nemmeno smorzare gli entusiasmi, ma sono diventata un po' intollerante verso queste ricorrenze canoniche in cui diventa quasi d'obbligo non tanto la vera volontà di cambiare, quanto quella di approfittare di un momento in cui quasi tutto è permesso, compreso il divertimento fine a sè stesso, e il lasciarsi andare ad un consumismo sfrenato di cui non c'è nessun bisogno. Perché oggi, 1/1/2016, non sarà poi così diverso da ieri, 31/12/2015, se in questa notte non avremo deciso di stravolgere la nostra vita. E se per caso lo avessimo deciso, non è importante questa notte, va bene qualsiasi momento, basta farlo. 
Comunque, anch'io auguro a tutti un mondo migliore, non solo da oggi e non solo per oggi, ma non aspettiamoci la manna dal cielo perché l'unico modo per migliorare qualcosa è quello di darsi da fare. 
In quanto a me, non faccio propositi. Vivo la vita momento dopo momento, come sempre, come posso, anche cogliendo l'attimo, perché no. Spero solo che non smetta di mancarmi l'energia, sia per non lasciarmi sopraffare che per dare il mio contributo. 
E vorrei tanto che ogni cosa avesse un senso, senza il bisogno continuo di andarselo a cercare....e spesso non trovarlo....