27 giugno 2012

Gestioni familiari.

"Sprechi, privilegi e nepotismo alla Siae"
"Per far sentire i propri dipendenti come in famiglia la Siae non ha rivali: pensa anche al bucato. Chi va in missione può far lavare e stirare camicie e mutande a spese dell'azienda. Dieci euro e 91 centesimi vale la speciale "indennità lavanderia" quotidiana che scatta in busta paga dopo il quarto giorno passato fuori sede".

"Sprechi, privilegi e nepotismo alla Siae"
Inizia così l'articolo di Sergio Rizzo, pubblicato ieri sul Corriere della Sera, dedicato a "sprechi e nepotismo" della Siae: una serie di dati eclatanti e molto illuminanti che descrivono come ben il 42% degli impiegati sia caratterizzato da un qualche rapporto di parentela: è frequente imbattersi nei coniugi e nei figli dei dipendenti, o degli ex dipendenti, ma ci sono anche i lavoratori imparentati con alcuni degli autori che hanno avuto a che fare con l'azienda.

La Siae è un'azienda a gestione familiare? Apparentemente questa definizione non appartiene alla Società degli Autori e degli Editori, ma stando a quanto rivelato da una recente indagine i legami di parentela tra gli impiegati sono tutt'altro che casuali, per non parlare degli stipendi spropositati e dei bonus del tutto originali concessi ai lavoratori, tanto da far urlare allo spreco.

Sergio Rizzo mette nero su bianco l'organico della Siae e la gestione delle retribuzioni: "Ben 527 dei 1.257 assunti a tempo indeterminato vantano legami di famiglia o di conoscenza. Ci sono figli, nipoti, mariti e mogli di dipendenti o ex dipendenti". A sorprendere, inoltre, sono anche gli stipendi da top management: "Una media di 64 mila euro per i dipendenti e 158 mila per i dirigenti, con un sistema di automatismi che fa lievitare le buste paga a ritmi biennali fra il 7,5 e l'8,5%".
Il dato più sorprendente è però quello che tocca da vicino i vari benefit aziendali concessi ai lavoratori, che rappresentano probabilmente un caso più unico che raro: tra i vari bonus ci sono le indennità erogate per le spese di lavanderia, il premio di operosità, la gratifica per l'Epifania, la possibilità di usufruire di tre giorni di assenza dal lavoro per malattia senza l'obbligo di presentare il certificato medico, ma soprattutto la cosiddetta indennità di penna, vale a dire un contributo extra del valore di 159 euro concesso ai dipendenti solo per il passaggio dalla penna al computer.
Non si fa fatica a immaginare come gli utili dell'azienda non possano certo essere caratterizzati da cifre brillanti, basti pensare ai bilanci negativi degli ultimi anni, che hanno visto i 34,6 milioni di euro del 2006 trasformarsi nel giro di pochi anni nei 27,2 milioni di euro del 2010. 

La Siae, vale la pena ricordarlo, è un ente pubblico con sede a Roma.


Cervelli imbizzarriti

Il caldo può giocare brutti scherzi. I più esposti al sole e ai colpi di calore sono come ben è risaputo, i bambini e gli anziani.
Proprio ieri un bimbo di 11 anni è morto durante una gita parrocchiale a causa del sole, della disidratazione e della stanchezza per una lunga passeggiata. Poche ore dopo anche i cervelli di due anziani hanno iniziato a fare le bizze.
Tra materia grigia, anzi marrone, e labbra è venuto meno quella specie di filtro che rappresenta la differenza tra gli animali e gli esseri umani e che si può definire aderenza ad una sana socialità.
Il primo a sbroccare, a nome degli stakanovisti parlamentari del Pdl, è stato Fabrizio Cicchitto, piduista della vecchia guardia, già ex giovane da quando negli anni '80 era vicino al Psi di Craxi e dove ha potuto abbeverarsi alla grande sorgente della corruzione meneghina e italiana. "Io ve lo dico - ha detto rivolto al Ministro Giarda - se ci volete far stare qui fino al 12-13 agosto, sono problemi vostri. Io ci starò, perché tanto ho le vacanze a due ore da qui, ma non ci sarà nessun altro. A quel punto ve la dovrete trovare voi una maggioranza: in bocca al lupo". Già ce lo immaginiamo Cicchitto attaccato agli scranni di Montecitorio a fare il pianista per salvare il governo Monti fiaccato dalla voglia di estate e di vacanze degli uomini e donne del Pdl, solitamente così presenti e numerosi alla Camera.
Chissà che ne pensa quell'altro burocrate costoso quanto inutile di Polillo che voleva accorciare agli italiani il periodo di ferie di un'altra settimana.
Altra perla, certamente dovuta al caldo più che all'incipiente senilità, ce la regala la ministra Fornero che intervistata dal Wall Street Journal sapendo di essere tra amici del capitale e dei padroni si è lasciata finalmente scappare la frase che da tempo sapevano tutti voleva gridare: "Il lavoro non è un diritto".
Ora si voterà quella boiata della sua riforma per generosa concessione dei "compagni" del Pd, che addirittura gli amichetti del WSJ bollano così: "I datori di lavoro saranno in grado di licenziare i singoli lavoratori per motivi economici. Forse il più grande significato della signora Fornero è che la legge ha smantellato la vacca più sacra del lavoro in Italia, l'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori".
Chissà quante badilate avrebbe preso in faccia questa donna sociopatica, pericolosa per la pace sociale e in pieno delirio di onnipotenza, dai partigiani e dai padri costituenti che quando scrissero la nostra costituzione misero il lavoro quale fondamento della Repubblica menzionandolo fin dall'articolo 1.

Fonte

14 giugno 2012

Codice 6: mendicante.


Lo ammetto: non faccio quasi mai l’elemosina ai mendicanti per strada.
Non lo faccio per tre motivi:
1°- Non sono ricca, anzi!
2°- Non mi fido.
3°- La miseria mi fa paura, mi fa sentire impotente e, per non sentirmi in colpa, fingo di ignorarla.
Però stamattina mi sono trovata a reagire a modo mio a qualcosa che ho considerato un’ingiustizia.
Ero al centro commerciale, alla cassa di un supermercato (uno di quelli a marchio unico e prezzi bassi) e ho notato che all’uscita c’era un ragazzo nero seduto in un angolino. Non importunava nessuno, porgeva semplicemente il cappello mentre le persone passavano, libere di dargli o meno qualcosa.
A un certo punto la cassiera prende il microfono e con voce allarmata urla:
“Codice 6!! Codice 6!!”
Ci siamo guardati intorno cercando di capire che stava succedendo, pensando a qualcosa di grave ed ecco che arrivano due baldi giovanotti, escono, alzano di peso il ragazzo che chiedeva l’elemosina e lo sospingono per niente gentilmente per strada.
Prestando orecchio al brusio della gente, sentivo i commenti di approvazione: “Bravi, fate bene, non se ne può più di questa gentaglia, che se ne stiano a casa loro invece di venire qui a rubare il pane alla povera gente!”
Non ho avuto il coraggio di reagire come avrei voluto, cioè mandandoli a cagare tutti quanti, perché ho avuto paura di un linciaggio, ma, uscendo, ho cercato quel ragazzo, gli ho dato due euro e gli ho sorriso come per scusarmi con lui per il comportamento dei miei simili.
Non potrò mai sapere se quei soldi gli sono serviti davvero per mangiare o se è stata l’ennesima presa per il culo, ma non importa, il mio impulso è stato quello di reagire come potevo ad un brutale trattamento nei confronti di una persona che non stava facendo niente di male.
Credo che per molti chiedere l’elemosina sia già di per sé una profonda umiliazione, che bisogno c’è di infierire?

13 giugno 2012

L'esodato, questo sconosciuto.


Sarebbe bello sapere chi ha coniato il termine esodati. È orrenda questa parola che, tra l’altro, non esiste nella lingua italiana. Sì, lo so, è un neologismo per indicare coloro che sono usciti dal mercato del lavoro con la promessa di una pensione futura e ora, con la riforma Fornero, si ritrovano in un limbo. Ecco, sarebbe meglio definirli limbati che esodati. Anche perché, se proprio vogliamo attenerci all’etimologia, l’esodo è la fuga degli ebrei dall’Egitto sotto la guida di Mosè. A parte che la fuga li conduce alla libertà, ma poi una domanda sorge spontanea: ma chi sarebbe Mosè? Mario Monti?
Siamo proprio al giullaresco pinzillacchere di Totò. Una farsa molto comica se non fosse drammaticamente certo che alcune centinaia di migliaia di lavoratrici e lavoratori non sanno come tirare avanti.
Le persone coinvolte, gli esodati appunto, sono fuoriusciti o estromessi dal posto di lavoro in seguito a certi tipi di accordi, certi, come detto e convenuto, di usufruire dei parametri pensionistici vigenti. Ora, invece, in seguito ad un repentino sgambetto dei nostri presunti salvatori, sono trattati come rifiuti non catalogabili. A parte 65.000, coperti da un apposito decreto, gli altri 330.000, che Cuornero ha distrattamente evitato di considerare, aspettano senza stipendio e pensione, arrotati dal micidiale nuovo meccanismo sulle pensioni. E mentre gli interessati, e non solo quelli, sono rimasti senza  pane per vivere, il ministro del lavoro (?!?!) insieme a tutto il resto del governo, ai partiti che lo appoggiano in Parlamento e le organizzazioni sindacali, occupano il tempo che noi paghiamo così profumatamente, a SCAMBIARSI OPINIONI! Oh sì, si azzuffano anche, e volano pure parole grosse, è vero, ma sono sempre e solo PAROLE!! Parole inutili che non portano pane e buone novelle, ma pene e batoste continue. E agli esodati, che, a dispetto del “nome” imposto non sono marziani –robot, ma normali esseri umani, non resta che aspettare, come birilli in attesa dello strike! Ormai da mesi senza reddito, non sono più nelle condizioni di soddisfare le normali e quotidiane esigenze: vitto, alloggio, bollette e quant’altro di usuale c’è nella tecnica della dura sopravvivenza già di per sé al di sotto dei limiti.
Le parole sono l’unico regalo che questi signori elargiscono con generosità, parole sconosciute e inglesismi tipici di chi, non avendo mai svolto un lavoro vero, non conosce gli “usi e costumi” degli addetti. Li vedo, riuniti intorno ad un grande tavolo, come quando i generali studiavano le tattiche di guerra. Mancano i soldatini che sono stati sostituiti dai numeri: togli qua e metti là! Non si può? Elimina! Taglia! Distruggi!
Questi “professori” che non hanno nemmeno mai sentito una goccia di sudore sulla fronte, che non hanno mai avuto calli e vesciche nelle mani, che non hanno mai avuto la dispensa vuota, questi “professori-tecnici” del cavolo e tutta la finta politica che li appoggia dovrebbero essere coloro che pensano al benessere del popolo? Ma quando mai!!! A questa gente non gliene frega assolutamente niente se qualche migliaio di persone non riesce più a campare decentemente, per loro l’unica cosa che conta sono i numeri, quelli da mettere su carta, quelli per far quadrare i bilanci di quel malefico ingranaggio che è la finanza di cui sono viscidi, fedeli e ben pagati servitori!
Questa è la realtà, esodati e non, bisogna rendersene conto...e trarne le dovute conseguenze.

07 giugno 2012

Lettera al terremoto.

"Gentile Sig. Terremoto,
c’è una cosa che non hai capito della mia terra, ora te la racconto.
Per chiamarci non basta una parola sola: Emilia Romagna, Emiliano Romagnoli, ce ne vogliono almeno due; e anche un trattino per unirle, e poi non bastano neanche quelle. Perché siamo tante cose, tutte insieme e tutte diverse, un inverno continentale, con un freddo che ti ghiaccia il respiro, e una estate tropicale che ti scioglie la testa, e a volte tutto insieme come diceva Pierpaolo Pasolini, capaci di avere un inverno con il sole e la neve, pianure che si perdono piatte all’orizzonte, e montagne fra le più alte d’Italia, la terra e l’acqua che si fondono alle foci dei fiumi in un paesaggio che sembra di essere alla fine del mondo. Città d’arte e distretti industriali, le spiagge delle riviere che pulsano sia di giorno che di notte, e spesso soltanto una strada o una ferrovia a separare tutto questo; e noi le viviamo tutte queste cose, nello stesso momento, perché siamo gente che lavora a Modena, dorme a Bologna, e va a ballare a Rimini come diceva Pier Vittorio Tondelli, e tutto ci sembra comunque la stessa città che si chiama Emilia Romagna. Siamo tante cose, tutte diverse e tutte insieme, per esempio siamo una regione nel cuore dell’Italia, quasi al centro dell’Italia, eppure siamo una regione di frontiera, siamo anche noi un trattino, una cerniera fra il nord e il sud, e se dal nord al sud vuoi andare e viceversa devi passare per forza da qui, dall’Emilia Romagna, e come tutti i posti di frontiera, qualcosa dà ma qualcosa prende a chi passa, e soprattutto a chi resta, ad esempio a chi è venuto qui per studiare a lavorare oppure a divertirsi e poi ha deciso di rimanerci tutta la vita… in questa terra che non è soltanto un luogo, un posto fisico dove stare, ma è soprattutto un modo di fare e vedere le cose. Perché ad esempio qui la terra prende forma e diventa vasi e piastrelle di ceramica, la campagna diventa prodotto, e anche la notte e il mare diventano divertimento, diventano industria, qui si va, veloci come le strade che attraversano la regione, così dritte che sembrano tirate con il righello.
E si fa per avere, certo, anche per essere, ma si fa soprattutto per stare, per stare meglio, gli asili, le biblioteche, gli ospedali, le macchine e le moto più belle del mondo.
In nessun altro posto al mondo la gente parla così tanto a tavola di quello che mangia, lo racconta, ci litiga, l’aceto balsamico, il ripieno dei tortellini, la cottura dei gnocchini fritti e della piadina e mica solo questo, sono più di 4000 le ricette depositate in emilia romagna; ecco la gente lo studia quello che mangia, perché ogni cosa, anche la più terrena, anche il cibo, anche il maiale diventa filosofia, ma non resta lassù per aria, poi la si mangia. Se in tutti i posti del mondo i cervelli si incontrano e dialogano nei salotti, da noi invece lo si fa in cucina, perché siamo gente che parla, che discute, che litiga, gente che a stare zitta proprio non ci sa stare, allora ci mettiamo insieme per farci sentire, fondiamo associazioni, comitati, cooperative, consorzi, movimenti, per fare le cose insieme, spesso come un motore che batte a quattro tempi, con una testa che sogna cose fantastiche, però con le mani che davvero ci arrivano a fare quelle cose li, e quello che resta da fare va bene, diventa un altro sogno. A Volte ci riusciamo a volte no, perché tante cose spesso vogliono dire tante contraddizioni. Che spesso non si fondono per niente, al contrario non ci stanno proprio, però convivono sempre. Tante cose tutte diverse, tutte insieme, perché questa è una regione che per raccontarla un nome solo non basta.

Ora ti ho raccontato quello che siamo, non credere di farmi o farci paura con due giri di mazurca facendo ballare la nostra terra, io questa terra l’amo e come mi ha detto un infermiere di Mirandola qualche giorno fa… questa è la mia casa e io non l’abbandonerò mai."

Carlo Lucarelli

05 giugno 2012

Il Pontifex-pensiero sul terremoto: da brivido!!!

Io non sono cristiana (per fortuna!!!) ma se anche lo fossi e avessi un minimo di intelligenza, quel poco che basta per capire dove finisce la fede e incomincia il delirio, mi vergognerei di pensare certe cose: “E in Emilia: voi ricca regione delle cooperative rosse, avete dato davvero quello che potevate dare ai poveri o avete pensato solo per voi? Regione della promiscuità e del comunismo, avete davvero ringraziato Dio per tutta la fertilità che vi è stata gratuitamente donata?”, o ancora peggio: “Ecco i frutti di una vita senza Dio; ecco i frutti di certi insegnamenti che, volutamente, allontanano l’uomo dalla preghiera e dal santo e doveroso timor di Dio!”.
Di fronte a queste affermazioni non si può che rimanere annichiliti dal disgusto! E voi vi reputate giornalisti? Con queste parole siete andati ben oltre l'illecito compatibile. Fino ad ora lo scotto in vite umane che stiamo pagando è stato relativamente basso rispetto ad altri eventi similari, come il terremoto del Friuli o quello de L’Aquila, ma questo non vi da alcun diritto di asserire che il disastro e la sofferenza che stiamo subendo sia stato meritato in alcun modo. L’arroganza che dimostrate elevando voi stessi a interpreti del disegno e delle motivazioni divine non fanno altro che disonorare la razza umana alla quale appartenete, ma soprattutto getta fango sulla religione che dichiarate di predicare.
Mi permetto di darvi un consiglio: fate la scelta giusta, evitate di ricoprirvi di altra vergogna, e richiudete voi stessi nella clausura e nel silenzio. 

Forse il vostro Dio si sarà anche stancato di noi, ma noi ci siamo stancati di voi:  
Bruno Volpe e Carlo di Pietro.. è ora che vi togliate dalle palle!!!

Questo è l'articolo, se qualcuno ha lo stomaco per leggerlo.

02 giugno 2012

La mia parata.

Ieri avevo cominciato a scrivere un post in tutt'altro modo, volevo scrivere di ansie e di paure, di certezze svanite e di incertezze future. Ma già tanto è stato scritto e si scriverà, e adesso è tempo di agire, di dare concretezza ai concetti, soprattutto a quello della solidarietà.
Il mio paese non ha subito niente, la mia casa è ancora intatta e i miei figli sono con me: sono stata fortunata. Adesso ho bisogno di dare un senso a questa fortuna per non sentirmi troppo privilegiata: fra un'ora i miei amici passeranno a prendermi. Solo per oggi, di più non posso fare, ma spero di essere utile a qualcosa.
Questa sarà la mia parata.