Era
troppo tempo che mancavano dalle cronache; prima o poi era destino che
qualcuno ne riparlasse. Ci ha pensato venerdì scorso il mitico generale
Wesley Clark.
Di che sto parlando? Ma dei cari vecchi campi di concentramento, signori miei.
Dopo
i Lager, i Gulag, i Campi della Morte cambogiani, quelli di
rieducazione in Cina, etc. sentivamo proprio la nostalgia di questa
brillante invenzione dell’ingegno umano. Ora, ci saremmo aspettati di
vederla riproporre, magari, da una monarchia sanguinaria o da un
arretrato dittatore africano.
Invece no.
L’ultimo
elogio ai campi di concentramento ci viene – guarda caso – da The Land
of the Free, la terra degli uomini liberi, gli USA. E non da un membro
qualunque del Tea Party o del Ku Klux Klan, ma niente di meno che da un
generale democratico, distintosi sempre per le sue posizioni
progressiste. Il generale, ora in pensione, che fu anche candidato
democratico alla presidenza, Wesley Clark. Laureato a Oxford in
filosofia, politica ed economia.
Ma
veniamo ai fatti. Venerdì scorso, nel corso di un'intervista alla
MSNBC, commentando l’ennesima mattanza commessa da un sedicente
terrorista a Chatanooga in Tennessee, il nostro ha fatto un discorso
davvero brillante.
Seguiamo il suo pensiero.
Dunque, dice il generale, abbiamo un problema in America. Siamo in guerra.
Il nemico è il terrorismo islamico.
Questo terrorismo tende ad affascinare le persone più instabili, quelle più facilmente ‘radicalizzabili’.
Dunque bisogna individuarle e ‘tagliare la mala erba’ da subito, dall’inizio.
Come
fare? Il bravo generale va anche nel dettaglio. Dice letteralmente “c’è
sempre stato un certo numero di giovani alienati che non hanno un
lavoro, che sono stati lasciati dalla ragazza, che non stanno bene in
famiglia. Noi dobbiamo osservare questi segnali. Ci sono membri della
comunità che possano entrare in contatto con queste persone e farle
ravvedere e incoraggiarle a guardare le cose positive che abbiamo”.
E
se non ci si riesce, se questi giovani ‘sfigati’ senza lavoro, ragazza e
famiglia continuano imperterriti a scivolare verso il terrorismo? Beh,
in tal caso – continua il nostro inossidabile Clark – visto che siamo in
guerra, bisogna trovare una soluzione, no? “Se queste persone diventano
degli estremisti e non sono dalla parte degli Stati Uniti, se sono
sleali verso gli Stati Uniti, come questione di principio, bene. È un
loro diritto ma è anche nostro diritto e dovere di separarli dalla
comunità civile per tutta la durata del conflitto”.
Non
fa una piega. Capite genitori? Se avete un figlio senza ragazza, che ha
perso il lavoro e che magari si fa qualche canna di straforo – in breve
il prototipo dell’’americano sleale’ - ve lo potete trovare da un
giorno all’altro in un bel campo di concentramento a stelle e strisce.
Non
finisce qui, il nostro generale continua imperterrito: “io credo che a
livello di politica nazionale abbiamo bisogno di guardare a ciò che la
radicalizzazione significa, perché siamo in guerra con questo gruppo di
terroristi. Essi hanno una ideologia”.
E
qui arriva la ‘perla’, il richiamo a uno dei più brillanti esempi di
libertà made in USA, ma ascoltiamo Clark: “durante la seconda guerra
mondiale, se qualcuno parteggiava per la Germania nazista contro gli
Stati Uniti, non gli dicevamo che c’era libertà di parola, lo sbattevamo
in un campo di concentramento, erano prigionieri di guerra”.
Chiaro? La guerra è guerra, amici.
Poco
importa se le guerre vengono inventate per poter consentire ai governi
di comportarsi come se ci fossero. Questi sono dettagli, sicuramente
tirati fuori dagli ‘americani sleali’.
Finisce qui?
No, il generale ha pensato a tutti, anche agli ‘alleati’ dell’Impero in guerra.
“Penso
che dovremo usare sempre maggiore durezza in questa situazione, e non
solo negli Stati Uniti, ma anche i nostri alleati come la Gran Bretagna,
la Germania e la Francia dovranno esaminare le loro leggi nazionali”.
Per fortuna che non ha citato l’Italia, se no con tutti gli sfigati di casa nostra non bastava una regione per internarli.
Piero Cammerinesi
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