18 luglio 2015

Sono sopravvissuti alla miseria e al mare attraversato, ma moriranno di fronte al nostro odio.

Volevo commentare quello che è successo a Treviso, ma anche a Roma, e forse in tanti altri posti e tante altre volte. 
Mi sono chiesta se coloro che si sono così violentemente opposti all'arrivo di uno sparuto gruppo di immigrati nei loro bei quartieri abbiano pensato a come si sentivano quelle persone scappate dall' inferno a sentirsi rifiutate come appestati. 
No, non l'hanno pensato, altrimenti li avrebbero guardati negli occhi e abbassato lo sguardo, arrendendosi alla disperazione di chi, pur di cercare di sopravvivere, affronta consapevole rischi mortali senza sapere da che parte e quando possono arrivare.
Volevo commentare, ma le parole sono sempre le stesse e si ripetono da troppo tempo uguali. 
Ed è anche inutile sperare che il tempo cambi le cose, il tempo trascorre soltanto, il resto dobbiamo farlo noi. 
E se non cambiano noi tutto rimarrà uguale.

Ecco invece le parole di Savina Dolores Massa:

Treviso, 17 luglio 2015

Avreste potuto domandargli almeno il nome
avreste potuto ascoltare la loro parlata
sapere chi avevano lasciato a casa:
una madre? un nonno? un albero.
Avete urlato
sulla loro assenza umana
un odio neppure illibato o originale
già visto mille volte nella Storia
naufragato sempre tra ossa bianche
rotule, mandibole, costole
così come possediamo tutti.
Bianche
come gigli da Prima Comunione.
Ricordate?
Voi che temete piaghe da contagio
sulla vostra perfezione di razza
oggi godetevi la vittoria
e proseguite pure
a vivere nel malaffare di Stato
al quale date il culo vile in riverenza:
più facile urlare sopra una paura
di un disorientato
muto
solo
nero
come la notte tanto bella che ammirate.
Contatevi pure le stelle in armonia
esprimete desideri
dopo aver schiacciato il sogno altrui
e ne ridete.


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