"Rimango sempre di stucco davanti alla libertà delle donne. Noi le
vediamo come esseri subalterni, ci divertiamo alle loro futilità, le
cambiamo quando ormai sono sciupate, e ognuna di loro è capace di
coglierci alla sprovvista, stendendoci davanti vastissimi campi di
libertà, come se sotto alla loro obbedienza, un'obbedienza che sembra
cercare se stessa, costruissero le mura di un'indipendenza rude e
illimitata. Dinanzi a queste mura noi, che credevamo di sapere tutto
dell'essere inferiore che a poco a poco
abbiamo addomesticato o abbiamo trovato addomesticato, ci ritroviamo
disarmati, inesperti e spaventati: quel cagnolino che tanto
volenterosamente si rotolava per terra, sulla schiena, mostrando il
ventre, d'un balzo si mette in piedi, fremente d'ira, e all'improvviso i
suoi occhi ci sono estranei, occhi profondi, sfuggenti e ironicamente
indifferenti. Quando i poeti romantici dicevano (o dicono ancora) che la
donna è una sfinge, avevano ragione, che Dio li benedica. La donna è la
sfinge, e dev'esserlo, perché l'uomo si è impadronito di ogni
conoscenza, di ogni sapere, di ogni potere. Ma tale è la fatuità
dell'uomo che alla donna è bastato erigere in silenzio i muri
dell'ultimo rifiuto perché lui, sdraiato all'ombra, quasi fosse sdraiato
sotto una penombra di palpebre obbedienti, potesse dire, convinto: "Non
c'è niente al di là di questa parete".
José Saramago
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