Contro la morte, noi chiedevamo vita.
Contro il silenzio, esigevamo la parola ed il rispetto.
Contro l’oblio, la memoria.
Contro l’umiliazione e il disprezzo, la dignità.
Contro l’oppressione, la ribellione.
Contro lo schiavitù, la libertà.
Contro l’imposizione, la democrazia.
Contro il crimine, la giustizia.
E’ stato finalmente tradotto in italiano in modo integrale
l’ultimo testo del Subcomandante Marcos, quello in cui annuncia la sua
scomparsa e la fine di un’epoca nella lotta zapatista. L’Ezln non
parlerà più con la sua voce. La voce di un fantastico ologramma pronto a
uscire di scena. Un testo lungo, affascinante e prezioso, da leggere e
rileggere con calma e passione. Un
racconto conclusivo leggero e profondo capace di mostrare in controluce
lo scorrere del tempo. Venti anni in cui gli indigeni assediati nelle
montagne del Sudest messicano, costretti a coprirsi il volto (per farsi
vedere), invece di dedicarsi “a formare guerriglieri, soldati e
squadroni, hanno preparato persone capaci di promuovere la salute e
l’educazione e hanno messo le basi di un’autonomia che oggi meraviglia
il mondo”. Con l’assassinio di Juan Luis Solís, il maestro Galeano,
arriva agli zapatisti un messaggio più freddo del sangue di un crotalo.
Dice con chiarezza cosa vogliono los de arriba,
quelli che stanno in alto, dagli zapatisti. Assumendo il nome del
compagno ucciso, il Subcomandante Galeano offre la morte rituale di un
personaggio “non più necessario” per prendersi gioco, ancora una volta,
dell’eternità e inventare una nuova vita nel mezzo di una guerra.
L’uscita di scena è all’altezza della profondità e della
leggerezza del personaggio che ha raccontato la più bella e incredibile
delle ribellioni della storia contemporanea. Perché possa vivere
Galeano, è necessario che uno di noi muoia, abbiamo deciso debba essere
il Subcomandante Marcos. Quelli che hanno amato e odiato il SupMarcos, scrive
nell’ultimo straordinario messaggio, adesso devono sapere che hanno
amato e odiato un ologramma. I loro amori e i loro odi sono stati
inutili, sterili, vuoti. Non ci sarà alcuna casa-museo o targa di
metallo dove sono nato e cresciuto. Nessuno vivrà dell’essere stato il
Subcomandante Marcos. Non si erediterà il suo nome né il suo incarico.
Niente viaggi per tenere conferenze all’estero. Non ci saranno
trasferimenti né cure in ospedali di lusso. Non ci saranno vedove né
eredi. Nessun funerale, né onoreficenze, né statue, né musei, né premi,
niente di quello che fa il sistema per promuovere il culto
dell’individuo e sminuire quel che fa il collettivo. Il personaggio è
stato creato e adesso noi, i suoi creatori, gli zapatisti e le
zapatiste, lo distruggiamo. Chi saprà comprendere questa lezione dei
nostri compagni e delle nostre compagne, avrà compreso uno dei
fondamenti dello zapatismo
E' un addio lungo e poetico. Buona lettura.
Comune-info.net
La storia è fatta dagli uomini,ma il brutto é che sono gli stessi uomini a raccontarla secondo i propri interessi e non asetticamente come invece dovrebbe essere.....
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