Il posto fesso da "Il Manifesto".
Il decreto «precari per sempre», quello che porta il nome dell’ex
presidente dell’alleanza delle cooperative Giuliano Poletti oggi
ministro del lavoro nel governo Renzi, ha ottenuto ieri la fiducia al
Senato e verrà approvato senza ulteriori modifiche dalla Camera
entro il 19 maggio. I responsabili di questa nuova
precarizzazione dei contratti a termine, la forma di lavoro più
diffusa e ancora minimamente tutelata nella giungla italiana, sono
158 (122 sono stati i contrari) e aderiscono al Partito
Democratico, al Nuovo Centro Destra e a Scelta Civica.
La triplice ha prima concordato con il governo otto emendamenti
che hanno peggiorato il «decreto Poletti» uscito dalla Camera, poi
hanno votato l’ottava fiducia ad un governo in stato confusionale,
infine hanno rassicurato le imprese: anche il contratto di
apprendistato potrà essere a termine per svolgere attività
stagionali e non ci sarà più l’obbligo di stabilizzazione per le
aziende che sforano il tetto del 20% dei contratti a termine. Solo
quelle con oltre 50 dipendenti (e non più di 30) dovranno
stabilizzare il 20% degli apprendisti per poterne assumerne altri.
In più si pagherà una sanzione pecuniaria «ammorbidita» per tenere
buone le imprese. Invece di sanare le irregolarità, lo Stato
preferisce non intervenire sul problema della conversione
dell’apprendistato in tempo indeterminato. Potrebbe scoraggiare le
imprese dall’assumere. Imprese che continueranno comunque a non
assumere perchè non hanno lavoro. In compenso il limite del 20% non
si applicherà ai contratti a tempo stipulati dagli enti di ricerca.
A gestire l’intera partita sono stati l’ex ministro del lavoro
ultra-liberista Maurizio Sacconi (Ncd) e il giuslavorista Pietro
Ichino, relatore del provvedimento, che teorizza da tempo la
monetizzazione dei diritti superstiti del lavoro. Avergli lasciato
il monopolio della decisione, dopo avere concordato le modifiche
peggiorative al testo, è un’altra delle gravi responsabilità del
Partito Democratico.
Osteggiato fortemente dalla Cgil e da tutti i sindacati di base,
il decreto Poletti è in generale il segno della precarizzazione
definitiva dei contratti a termine, il 43% dei quali già oggi dura
meno di un mese. Il governo ha inteso così programmaticamente
aumentare la discontinuità dei rapporti di lavoro, e con essa
l’incertezza dei lavoratori senza nessuna garanzia di assunzione
alla fine dei 36 mesi previsti senza «causale» del contratto. Renzi
e Poletti hanno voluto lasciare alle aziende la possibilità di
ricorrere ad altri lavoratori dopo cinque proroghe. L’acausalità
nel tempo determinato è stata prolungata fino a tre anni; si
potranno fare fino a cinque proroghe più infiniti rinnovi. Una
misura che il giuslavorista Piergiovanni Alleva ha definito «uno
sconcio etico e incostituzionale» perchè contrasta con gli
articoli 2 e 4 della Costituzione e viola la normativa europea sui
contratti a termine. Quei pochi che verranno «assunti» inonderanno
di ricorsi i tribunali del lavoro, tra l’altro supportati dai
giuristi democratici che hanno denunciato il governo alla
Commissione Ue e hanno promesso di girare in camper per informare
i lavoratori.
Prima che la mannaia della fiducia cancellasse gli oltre 700
emendamenti al Dl lavoro, l’approvazione del provvedimento ieri in
Senato è stata interrotta dalle proteste del movimento 5 Stelle.
I senatori pentastellati si sono incatenati in segno di protesta
contro quello che definiscono senza mezzi termini un
provvedimento che rende schiavi i precari. Il leghista Roberto
Calderoli ha sospeso la seduta arrivando addirittura a minacciare
di disporne l’arresto. La protesta poi è rientrata. «Ho visto che
avete ritrovato le chiavi» ha detto Calderoli agli M5S. Sel ha
protestato in maniera più sobria: le catene le ha lasciate sui
cartelli alzati in aula: «Nessun diritto, nessuna casa, nessuna
pensione, nessun futuro» era scritto su uno di quelli esposti.
Ieri alla Sapienza di Roma gli studenti hanno contestato
un’iniziativa alla quale avrebbero dovuto partecipare l’ex ministro
del lavoro Tiziano Treu, già autore dell’indimenticato «pacchetto
Treu» del 1997, e il presidente della Commissione lavoro alla Camera
Cesare Damiano (Pd). Contro il «Jobs Act» e il piano casa di Lupi
i movimenti della casa manifesteranno a Roma il 12 maggio. Cinque
giorni dopo, sabato 17 a Roma, sarà il turno del corteo dei comitati
per l’acqua pubblica per i beni comuni e contro la precarietà.
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