13 settembre 2016

Il Golia della mentalità.

Non ne parlo volentieri, un po' per reticenza ad esibire cose personali e un po' perché è un ricordo doloroso che preferisco tenere schiacciato nel profondo per controllare la rabbia che mi provoca. Ma quando sento quel "se l'è cercata" non riesco a controllarmi, riemerge tutto e tutto diventa di nuovo pesante nonostante siano passati ormai 13 anni. La storia l'ho raccontata qui tempo fa, in poche righe, per non indulgere nell'autocommiserazione e perché non dice niente di nuovo. E', purtroppo, una storia come tante, come quelle che quotidianamente vengono rese note dall'informazione e  come quelle che rimangono invece silenziose nelle pieghe e nelle piaghe della "normalità" in cui vivono tante donne. In quel post non ho parlato del dopo, di quello che si è detto di me, donna che ha sfasciato una famiglia e che vive facendosi i famosi cazzi suoi, in questo paese piccolo dove la gente mormora, in cui ancora si sbirciano i vicini da dietro le tendine e si ricamano supposizioni sui comportamenti cosiddetti "anomali" che non rispecchiano i cliché. Anche per me c'è stato quel "se l'è cercata", perché erano sicuri che avessi altri uomini (altrimenti perché lui sarebbe stato geloso?), perché anche prima di quella convivenza conclusasi in malo modo non mi lesinavo le uscite serali e i rientri a tarda notte, perché nonostante la mia età mi vestivo un po' troppo da "giovane", non andavo a messa la domenica e dalla parrucchiera al sabato e non invitavo le vicine a prendere il caffè per un sano spettegolezzo. Quel "se l'è cercata", detto da una giovane donna che quella notte è rimasta spettatrice delle mie grida dietro le tendine della sua "normalità", mi è rimasto dentro, ha scavato una voragine. I lividi dopo un po' sono scomparsi, quella ferita non riesco a farla rimarginare nonostante la mia forza, l'autostima cementificata dagli anni, la mia completa e sofferta indipendenza e l'assoluto disinteresse del giudizio delle persone. Forse perché detto da una donna, una di quelle da cui mi sarei aspettata tutt'altro. O forse perché, a dispetto di questa grande e moderna evoluzione di cui ci piace tanto essere fautori e fruitori, ci sono cose che non riusciamo a strapparci di dosso, come quel "se l'è cercata" che ritorna pedissequamente a imbestialirmi i ricordi e che ogni volta, troppo spesso, ci fa tornare indietro, alla realtà effettiva, quella che si vive giornalmente, capace di annullare anni faticosi di lotte contro il Golia della mentalità becera che rimane sempre lì, impassibile e insopprimibile, a ricordarci che, se non cambiamo dentro, difficilmente qualcosa potrà cambiare fuori.


2 commenti:

  1. La "piccolezza" della morale comune è sempre evidente e inevitabile, fa parte del "nostro" mondo, quello "catto-cristiano", (ci tengo a questa definizione associativa, perchè troppa gente ormai si "nasconde" dietro a un supposto cristianesimo "diverso", che resta sempre e comunque religiosamente uguale, immutabile, eterna figliolanza di un Dio sconosciuto e dominante, censorio e bestiale, come lo è la "natura umanoide" e indegna, di chi l'ha inventato quel Dio...). Ma sto divagando, la tua storia Gianna, è invece quella a cui tu hai dato e tuttora dai origine: la rivolta contro quel moralismo infamante, e anche vigliacchissimo, che si nasconde dietro le tendine delle finestre. E' la storia delle donne che si rivoltano e VIVONO la loro vita, alla faccia di chi le insulta, vincendo una battaglia che sarà definitiva fra cent'anni, ma che per ognuna di voi, che la patite e la godete, è già una vittoria sacrosanta.

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    1. Hai ragione Paolo: "la patite e la godete", perché dietro all'autonomia e al disinteresse del giudizio delle persone, che sono una conquista irrinunciabile, c'è un pizzico di solitudine, quasi di emarginazione per non essere conforme alle aspettative. Cosa che comunque non scalfisce la mia determinazione, è solo un effetto collaterale, posso benissimo fare a meno del saluto di qualche "benpensante".

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