14 gennaio 2018

Ballando il tango.

Questa notte ho sognato. Un sogno languido, di quelli che ci si sta bene dentro. Pensavo che non era un sogno e me la meritavo quella realtà. Stavo ballando il tango, uno di quelli lenti, dolci e appassionati che cullano con note suadenti. Il mio corpo non mi apparteneva, immerso nell'ovattato silenzio delle sensazioni. 
Stavo ballando con mio padre. Un padre che non ricordavo ma era lui, giovane, prestante e avvolgente. Le sue braccia mi tenevano, mi guidavano e io non sbagliavo un passo. Non lo vedevo in faccia ma il suo respiro mi sussurrava sicurezza. Poi la musica è finita. C'era una porta e sapevo che se ne doveva andare. Volevo dirgli qualcosa ma non sapevo come, avevo paura di interrompere qualcosa che non avrei ritrovato. E finalmente ho visto i suoi occhi, quell'azzurro un po' sbiadito della sua vecchiaia, dispiaciuti, teneri e rassegnati. E gliel'ho detto: "Ti voglio bene papà", mentre mi svegliavo sorridendo.

Mio padre mi ha lasciato cinque anni fa a 98 anni, serenamente, senza soffrire. Siamo stati molto uniti, soprattutto negli ultimi tempi, anche se le lacune dell'età e la sua testardaggine erano spesso motivo di piccoli screzi. Credo di poter dire di essere stata la preferita di tre fratelli, ero la più piccola e forse sono stata la più coccolata, la più seguita e aiutata, ma le sue tenerezze sono sempre state scarse, forse per non intaccare la figura autorevole di un genitore un po' all'antica. Non ricordo che mi abbia mai detto che mi voleva bene, anche se me l'ha dimostrato in mille modi. 
Ma nemmeno io gliel'ho mai detto. 
Questa notte ce lo siamo detti.


6 commenti:

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    1. Anche se è uscita una piccola lacrima mi ha reso di buon umore.

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  2. Immagino che ovunque sia, tuo padre ti abbia sentito.
    Un abbraccio.

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  3. buonasera Gianna. Blog interessantissimo. Incluso.

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    1. Grazie Fabrax. Anche i tuoi lo sono, consistenti e impegnativi. Ricambio l'inclusione.

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