di Michele Michelino Da nuova unità – rivista di politica e cultura comunista, novembre 2013
Immagini di fabbriche che chiudono o delocalizzano la produzione
all’estero con gli operai disperati che presidiano gli stabilimenti
vuoti, immagini d’immigrati annegati sui barconi della morte nel
tentativo di sfuggire alle guerre o alla fame causata dai paesi
capitalisti (fra cui l’Italia) con le relative lacrime di coccodrillo
dei politici di turno davanti alle telecamere. Gli occhi di milioni di
persone vedono, quando conviene al potere economico-politico, esseri
umani costretti a vivere in tende fatiscenti costruite con teli di
fortuna di plastica, con tetti fatti con pezzi di rifiuti di eternit,
nei campi di pomodori, di ulivi nelle fatiscenti case ai margini delle
fabbriche, nei cantieri o nei magazzini della logistica e della grande
distribuzione o peggio ancora nei Centri di Integrazione ed Espulsione
(CIE) incarcerati senza nessuna colpa se non quella di essere immigrati
“clandestini”.
Le immagini televisive che entrano nelle
nostre case tramite i telegiornali TV all’ora di pranzo o di cena ci
mostrano una realtà e un mondo pieno di violenza e miseria a cui il
“nostro” esercito democratico e nostri “bravi e umani” governanti
cercano di dare aiuto, pace e democrazia.
Son passati più di 200 anni dalla rivoluzione industriale ma la
condizione dei proletari è rimasta la stessa, e in alcuni casi è
peggiorata.
Dopo aver depredato, e rubato, con la complicità di governanti corrotti
al soldo delle multinazionali, i paesi imperialisti usano i flussi
migratori per sfruttare ulteriormente i migranti che sfuggono dalla
miseria, la fame e le guerre da loro prodotte. I migranti, esseri umani e
forza lavoro senza diritti sono usati nelle campagne, nelle fabbriche,
nei cantieri, nelle logistiche, nel terziario, nell’assistenza agli
anziani per pochi euro e sono estremamente ricattabili perché possono
essere espulsi appena protestano per i loro diritti.
Esseri umani, operai, lavoratori senza diritti, sfruttati invisibili sul
piano sindacale e politico, moderni schiavi salariati trattati peggio
degli animali. Per le leggi borghesi, chi abbandona un cane è punito con
sei mesi di reclusione; un capitalista che abbandona a morte o ammazza
un lavoratore se la cava con l’impunità. La concorrenza fra lavoratori
immigrati e autoctoni peggiora le condizioni anche di questi ultimi e il
mercato impone condizioni da fame a tutti.
I borghesi tramite i governi, partiti, sindacati, istituzioni e
mass-media sostengono da sempre che per uscire dalla crisi è necessario
che i proletari accettino i sacrifici e collaborino con i padroni per
rendere il paese più competitivo. La realtà ha dimostrato che questa
strada porta solo alla rovina della classe operaia e proletaria mondiale
mettendo gli operai di un paese contro l’altro.
Contro la divisione alimentata dai padroni e dalla concorrenza dobbiamo
opporre la solidarietà rivoluzionaria tra gli operai e i lavoratori di
tutto il mondo, perché i moderni schiavi salariati oggi sono trattati
peggio di quelli antichi.
Per quanto miserabile fosse la loro condizione, gli schiavi antichi
erano una proprietà del loro padrone che aveva interesse a mantenere in
buono stato la sua proprietà. Oggi, a differenza degli antichi schiavi
che rappresentavano per il loro padrone una merce di valore, a cui il
padrone assicurava vitto e alloggio, i moderni schiavi salariati, gli
operai, essendo proprietà dell’intera classe dei capitalisti non hanno
più niente di assicurato.
Con la nascita del capitalismo la merce forza-lavoro dell’operaio
impiegata nel processo di produzione ha la qualità specifica di essere
forza produttrice di valore, anzi, di essere fonte di un valore maggiore
di quello che essa possiede, il plusvalore. La scienza e la tecnica
asservite al capitale fanno sì che a ogni nuova scoperta scientifica, a
ogni nuovo perfezionamento tecnico questa eccedenza del suo prodotto
giornaliero sul suo costo giornaliero aumenta, cioè si riduce quella
parte della giornata di lavoro in cui l’operaio produce l’equivalente
del suo salario, e si allunga perciò d’altro lato quella parte della
giornata in cui egli deve regalare al capitalista il suo lavoro senza
essere pagato e il divario fra borghesi e proletari continua ad
aumentare a vantaggio dei primi .
La costituzioni borghesi sono piene di belle frasi: libertà,
uguaglianza, diritti uguali per tutti, parole che rimangono però frasi
vuote. In una società divisa in classi. Anche se le leggi democratico –
borghesi affermano che l’operaio e il padrone sono uguali e godono
degli stessi diritti, la condizione di completa subordinazione economica
sancita dall’ordinamento giuridico borghese fa si che la “libertà” e la
“uguaglianza” dei cittadini sia solo formale, essendo l’ordinamento
giuridico capitalista fondato sulla proprietà privata dei mezzi di
produzione.
In realtà il proletario “libero” nel sistema economico borghese è semplicemente “libero di essere schiavo”.
Nonostante la diversa condizione formale, l’operaio e l’antico schiavo
hanno in comune l’estorsione di “pluslavoro” a cui sono soggetti. La
diversità del loro asservimento è che sia lo schiavo antico e il servo
della gleba che il moderno operaio salariato frutto del capitalismo,
hanno in comune che per vivere e ricevere i mezzi di sussistenza, sono
costretti a produrre a vantaggio dei loro rispettivi padroni una
quantità di lavoro eccedente rispetto a quella che sarebbe di per sé
necessaria per produrre i beni necessari per la loro autoconservazione.
La differenza tra lo schiavo antico, che non era retribuito per il suo
lavoro, e quello moderno che sembra pagato per ogni singola ora di
lavoro è solo apparente. Se si va al di là delle apparenze, si scopre
però che lo schiavo antico riceveva, come stipendio, i mezzi di
sostentamento necessari per mantenersi in vita come schiavo cosi come
pure nella “busta-paga” dell’operaio vi sono soltanto i soldi necessari
affinché egli si conservi come “schiavo” salariato alle dipendenze del
capitale.
La crisi mondiale acuisce i conflitti di classe e nella lotta quotidiana
fra capitale e lavoro si va formando in ogni paese un’avanguardia di
classe che, anche se lentamente, prende coscienza della propria
condizione di sfruttamento e della necessità di un partito della classe
operaia e proletaria. La storia e l’esperienza ci hanno dimostrato che
solo con un’organizzazione politica indipendente, rivoluzionaria che
lotta per distruggere dalla fondamenta la società capitalista basato
sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, si possono fare passi concreti
verso l’emancipazione la liberazione proletaria.
http://digilander.libero.it/VNereo/nel-tempo-dello-schiavo-cretino.htm
RispondiEliminahttp://youtu.be/zPPyIuAhAKE