20 gennaio 2014

Ci avevano raccontato per anni che la lotta armata era stata sconfitta dallo Stato di diritto. Ora è scritto su carta dagli stessi tribunali di questo Stato: la lotta armata è stata vinta con i ferri e con i vetri, con i fili, con il gas, con gli strumenti più segreti, come cantava Fango.


Non sono mai riuscita ad accettare  il fatto che ci siano persone che infieriscono crudelmente su altre. Non parlo dei pazzi criminali di cui ogni giorno purtroppo sentiamo parlare, parlo della tortura, quella istituzionalizzata, quella pratica disumana che sembra essere invece una prassi in certe situazioni. Cose che uno pensa possano esserci solo nei film dell’orrore, che fanno chiudere gli occhi per non vedere, che una mente normale rifiuta istintivamente. Che invece esistono davvero, più vicine di quanto possa sembrare, anche dietro l’angolo di casa nostra.
La tortura di Stato: persone (se tali si possono chiamare) che sono pagate, e pure da noi cittadini, che usano mezzi disumani per estorcere una presunta confessione di colpevolezza. Ormai sappiamo cosa succede in certe celle segrete di certi ambienti, quelli dei servitori dello Stato, ormai le denunce cominciano ad essere troppe per pensare che siano inventate, abbiamo anche visto coi nostri occhi le nefandezze che sono capaci di commettere coloro che si sentono investiti del potere di vita o di morte in nome di una divisa o di una carica. E ormai sappiamo fin troppo bene che lo Stato non interviene, non può intervenire, perché ha dato egli stesso il mandato, per nascondere i suoi peccati, i suoi imbrogli di potere. O se interviene lo fa perché ormai costretto dall’evidenza, dopo un tempo infinito e in maniera blanda, giusto per metterci una pietra sopra e fare in modo che non se ne parli più. E se lo fa è perché ci sono persone che non si arrendono mai, che spendono tutte le loro energie per far emergere la verità, anche a distanza di più di trent’anni.
In questa storia i protagonisti sono:
-Enrico Triaca, ex militante delle Br arrestato il 17 maggio 1978 nell'indagine sull'omicidio Moro, che aveva dichiarato di essere stato sottoposto a torture dopo l'arresto e che per questo era stato condannato anche per calunnia.
-Professor De Tormentis, al secolo Nicola Ciocia, ex dirigente dell'Ucigos e capo di una squadra speciale dell'Antiterrorismo che si occupava di far cantare i militanti arrestati.
-Il collegio della corte di appello di Perugia che ha scritto un pezzo di storia e di verità (che potete leggere interamente QUI), che ha avuto il buon gusto di leggere ed ascoltare e il coraggio di non tirarsi indietro.
La notizia è questa:
la Corte d'appello di Perugia (nelle persone dei magistrati Ricciarelli, Venarucci e Falfari) ha reso note le motivazioni che lo scorso 15 ottobre portarono all'accoglimento dell'istanza di revisione del processo per calunnia nei confronti di Enrico Triaca. Per i magistrati "la pluralità delle fonti consente di ritenere provato che un soggetto, rispondente al nome di Nicola Ciocia, [...] confermò di aver, quale funzionario dell'Ucigos al tempo del terrorismo, utilizzato più volte la pratica del water-boarding"; fonti che consentono "di ritenere suffragato l'assunto fondamentale che a tale pratica fu sottoposto anche Enrico Triaca".
Una motivazione che sancisce un'importante verità, sepolta negli armadi di un paese smemorato. E il fatto che sia stata resa nota in questi giorni, inoltre, rappresenta una curiosa coincidenza, con la bufera sulla Rai per "Gli anni spezzati", un maquillage di quart'ordine che, nell'impegno volto ad una revisione sul significato dei cicli di lotta iniziati negli anni 60, non mira tanto a ribadire una verità ufficiale di Stato, quanto a umanizzare la figura di Calabresi, evitando con cura di prendere di petto le peculiarità (poco umane) del suo operato politico.

Ecco un brano tratto da “Gli anni della lotta armata” di Davide Stecanella

 “Un assordante silenzio dei vari media (con ben rare eccezioni) sembra accompagnare l’avvenuto deposito delle motivazioni di una recente Sentenza di revisione della Corte di Appello di Perugia, la n. 1130/13 siglata dai Magistrati Ricciarelli, Venarucci e Falfari. Si dirà che in fondo è un fatto vecchio che non fa più “notizia” posto che si trattava della condanna a suo tempo inflitta per calunnia ad Enrico Triaca, un oscuro “tipografo” romano arrestato il 15 maggio 1978 in occasione delle indagini sul sequestro Moro. Costui aveva a suo tempo denunciato all’allora Giudice Istruttore di Roma, Gallucci, lo stesso Magistrato che nel 1979 attribuirà al veneto Toni Negri la diretta paternità della celebre telefonata fatta dal marchigiano Mario Moretti alla signora Moro, di avere subito pesanti torture nella notte tra il 17 ed il 18 maggio presso il Commissariato romano di Castro Pretorio, prima di rendere il proprio interrogatorio il   18 maggio. Per tali affermazioni Enrico Triaca fu puntualmente condannato per calunnia dal Tribunale di Roma il 7 novembre 1978 scontando interamente la propria pena.
Dopo 35 anni la Corte di Appello di Perugia ha accolto l’ istanza di revisione di Enrico Triaca “revocando”, per quel che ormai può servire, quella condanna per il semplice motivo che quanto a suo tempo dichiarato dall’imputato era vero. Si legge infatti nella sentenza che a seguito della diretta escussione di alcuni testi indicati dal richiedente, tra cui l’ex Commissario di polizia Salvatore Genova “all’epoca del sequestro Dozier chiamato a comporre con i colleghi Fioriolli e Di Gregorio un gruppo operativo di stanza a Verona guidato dall’allora vice-questore Umberto Improta e creato su ordine del prefetto De Francisci” è emerso “l’uso di pratiche particolari in danno di soggetti arrestati e volte a farli parlare da parte di un funzionario dell’UCIGOS che era conosciuto nell’ambiente con il soprannome di Prof. De Tormentis e che si avvaleva di un gruppo denominato i cinque dell’ave Maria”.
E ancora si legge che “sulla base di quanto i testi escussi avevano appreso dal diretto protagonista”, identificato nell’ex funzionario UCIGOS Nicola Ciocia, successivamente iscritto all’albo degli avvocati di Napoli, “può dirsi acclarato che lo stesso funzionario, conosciuto con il nomignolo evocativo di Prof. De Tormentis (a quanto pare affibbiato dal Vice-Questore Improta) fu chiamato a sottoporre alla pratica del waterboarding anche Enrico Triaca, che del resto il 19 giugno aveva narrato di essere stato sottoposto ad un trattamento esattamente corrispondente a quel tipo di pratica speciale, a base di acqua e sale, con naso tappato”.
Insomma, a distanza di 35 anni, una sentenza resa “in nome del popolo italiano” attesta che in Italia si è fatto più volte uso della tortura da parte di alcuni funzionari di Stato per indurre alcuni arrestati a parlare, ed i nomi che si leggono sono pure altisonanti, visto che si parla di calibri quali Improta, De Francisci, e persino di quell’Oscar Fioriolli, solo qualche annetto fa incaricato solennemente di dirigere la nuova scuola di addestramento della polizia di Stato, in risposta ai gravi fatti di Genova 2001.
Ricordo che all’epoca Leonardo Sciascia ed i radicali fecero di tutto per ottenere chiarimenti dall’allora Ministro Virginio Rognoni per sentirsi rispondere con aria sdegnata che lo Stato aveva sempre agito secondo legge e che anche il solo metterlo in dubbio suonava come un fiancheggiamento del terrorismo.
Che sia questo il motivo per il quale meno se ne parla di questa sentenza e meglio è?”


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