Da Jusq'au Lune.
Quello che maggiormente sorprende in questa prima fase di permanenza alla guida della Chiesa di José Mario Bergoglio è
il coro pressoché unanime di consensi che l’ex arcivescovo di Buenos
Aires sta raccogliendo, da destra a sinistra, nel mondo cattolico come
in quello laico…
Considerano questo papa una sorta di
straordinario miracolo, il grande riformatore che rinnoverà
completamente la Chiesa e le sue strutture…
Eppure è proprio del mestiere del giornalista andare nelle pieghe dei fatti, dei personaggi, analizzare
le dinamiche per rilevare le contraddizioni ed i nodi eventualmente
irrisolti e portarli poi all’attenzione ed alla riflessione di chi
legge, piuttosto che limitarsi ad amplificare ciò che è già sotto gli
occhi di tutti…
In realtà non si tratta di avere un pre-giudizio, sul papa o su chiunque altro. È
anzi comprensibile il clima di entusiasmo e speranza che le prime
parole ed i primi gesti di Bergoglio hanno suscitato in tanti credenti.
Ma a chi scrive non compete essere supporter di nessuno, men che meno di
chi ha un ruolo istituzionale, connesso ad un potere e ad una capacità
di enorme influenza sulle masse…
Rispetto al
papa-teologo Ratzinger, l’immaginario religioso di Bergoglio è intriso
di un devozionismo molto tradizionale e popolare, fatto di
madonnine oleografiche, di Gesù zuccherosi, indulgenze plenarie
(nuovamente concessa a tutti i partecipanti alla Giornata Mondiale della
Gioventù in Brasile) e fervorini contro il demonio. E di una Chiesa che
resta l’unica solida guida per i credenti e l’unico strumento di
salvezza. Il 12 aprile, ad esempio, parlando alla pontificia commissione
biblica, papa Francesco ha ribadito che “l’interpretazione delle Sacre
Scritture non può essere soltanto uno sforzo scientifico individuale, ma
dev’essere sempre confrontata, inserita e autenticata dalla tradizione
vivente della Chiesa”. Il 22 aprile, in un’altra omelia mattutina, ha
detto con forza che Gesù è «l’unica porta» per entrare nel Regno di Dio e
«tutti gli altri sentieri sono ingannevoli, non sono veri, sono falsi».
Il giorno dopo, nell’omelia della messa con i cardinali nella Cappella
Paolina per la festa di S. Giorgio, ha detto che «l’identità cristiana è
un’appartenenza alla Chiesa, perché trovare Gesù fuori della Chiesa non
è possibile»…
Anche sul versante delle donne, non pare che da papa Francesco ci sia da attendersi grandi sorprese: «Siate
madri, non zitelle», ha detto Francesco alle 800 suore convocate
all’assemblea dell’Unione delle superiori generali l’8 maggio scorso. La
castità, ha spiegato, deve essere «feconda», generatrice, come insegna
la figura di Maria Madre. «Che cosa sarebbe la Chiesa senza di voi? Le
mancherebbe maternità, affetto, tenerezza, intuizione di madre!».
Insomma, le suore come indispensabili procreatrici spirituali, curatrici
di corpi e anime altrui. Dal punto di vista teologico, la semplice
riedizione del ruolo materno celebrato attraverso la figura della mamma
acrobata che concilia casa e lavoro. Ma che non deve rinunciare
all’accudimento dei figli come funzione che ne caratterizza la
dimensione “naturale”, oltre che sociale…
Cambia la forma, non la sostanza
Insomma,
alla fine di questa rapida analisi si può concludere che se i contenuti
di papa Francesco non sono diversi dai suoi predecessori, il modo di
comunicarli quello sì, è radicalmente diverso.In questa sua enorme capacità comunicativa Bergoglio appare simile
al Wojtyla pope-star, quello che agitava la mani, ritmava i canti
assieme ai giovani che assiepavano gli stadi… Ma a differenza di
quest’ultimo l’attuale pontefice ha un’arma in più: riesce ad avere un
rapporto quasi personale con la folla.. ..
Denunce a perdere
Quando invece parla, i temi affrontati dai discorsi di papa Francesco sono
ispirati a concetti molto generici: la misericordia, il perdono, i
poveri, le “periferie”, gli esclusi dal sistema, i poteri finanziari che
schiacciano la dignità umana, l’amore e l’egoismo (una delle frasi più
ricorrenti del papa è «non fatevi rubare la speranza»: l’espressione –
la cui vaghezza è evidente a tutti – si ritrova anche nell’enciclica
Lumen fidei). Mancano sempre i nomi, le circostanze, i responsabili. Cioè
tutti quegli elementi che contribuirebbero a dare forza e profezia alle
parole di un vescovo, quello di Roma in particolare. E questo vale
anche per la visita del papa a Lampedusa, dove alla grande attenzione
per le vittime non ha fatto da pendant quella nei confronti dei loro
“carnefici”, cioè delle leggi e delle scelte governative italiane ed
europee (legge Turco-Napolitano, legge Bossi-fini, respingimenti,
sostegno a dittatori e autocrati nordafricani ed asiatici di ogni tipo,
guerre e sfruttamento economico), che hanno consentito che il
Mediterraneo divenisse un cimitero di disperati….
Valerio Gigante
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