16 giugno 2016

Dio e lo Stato (Michail Bakunin)

Tutte le religioni coi loro Dei i loro semidei e i loro profeti, i loro messia e i loro santi, furono create dalla fantasia credula degli uomini non ancora giunti al pieno sviluppo e al pieno possesso delle loro facoltà intellettuali.
Più il cielo divenne ricco, e più l’umanità e la terra divennero povere.
Dio appare, l’uomo si annienta; e più la Divinità si fa grande, più l’umanità diventa miserabile. Ecco la storia di tutte le religioni.
Nella storia, il nome di Dio è la terribile vera clava con la quale tutti gli uomini divinamente ispirati, i "grandi geni virtuosi", hanno abbattuto la libertà, la dignità, la ragione e la prosperità degli uomini.
È evidente che sino a quando avremo un padrone in cielo, saremo schiavi sulla terra.
Sino a quando crederemo di dovere obbedienza assoluta a Dio − e non esiste altra obbedienza di fronte ad un Dio − dovremo necessariamente ed acriticamente sottometterci alla santa autorità dei suoi intermediari e dei suoi eletti: messia, profeti e legislatori ispirati da lui; imperatori, re e tutti i loro funzionari e ministri, rappresentanti e sacri servitori delle due grandi istituzioni − la Chiesa e lo Stato − imposte perché stabilite dallo stesso Dio per dirigere gli uomini.
La libertà degli uomini sarà piena solo allorquando essa avrà completamente distrutto la nefasta finzione di un padrone celeste.
Le idee generali o astratte sulla divinità e sull’anima, idee completamente assurde, ma inevitabili, fatali nello sviluppo storico dello spirito umano il quale, pervenendo soltanto molto lentamente ed attraverso i secoli alla conoscenza razionale e critica di sé e delle proprie manifestazioni, parte sempre dall’assurdo per giungere alla verità e dalla schiavitù per conquistare la libertà; idee approvate dall’ignoranza generale e dalla stupidità dei secoli, oltre che dall’interesse ben calcolato delle classi privilegiate, al punto che, ancora attualmente, non ci si saprebbe pronunciare apertamente e con un linguaggio contro di esse, senza provocare lo sdegno di una notevole parte delle masse popolari e senza correre il pericolo di essere lapidati dall’ipocrisia borghese.
La maggioranza degli uomini, appartenenti non soltanto alle masse popolari, ma alle classi privilegiate che sono spesso più colte delle masse, si sentono tranquilli e in pace con se stessi solo quando, nei pensieri e in tutte le azioni della loro vita, seguono fedelmente, ciecamente, la tradizione e la consuetudine. “I nostri padri hanno pensato ed agito cosi, perché dovremmo pensare ed agire diversamente da tutti gli altri?”. Queste parole esprimono la filosofia, la convinzione e la pratica del 99% dell’umanità, presa indifferentemente in tutte le classi della società. E, per come ho già rilevato, ciò costituisce il più grande ostacolo al progresso e all’emancipazione più rapida della specie umana.
Private generalmente e sistematicamente di ogni educazione scientifica, grazie alle paterne cure di tutti i governi e delle classi privilegiate le quali traggono utilità nel mantenerle il più a lungo possibile nell’ignoranza nella devozione e nella fede − tre sostantivi che esprimono all’incirca la stessa cosa − le masse non conoscono neppure l’esistenza e l’uso di quello strumento di emancipazione intellettuale che si chiama critica, senza la quale è impossibile una completa rivoluzione morale e sociale.
Le masse che hanno tutto l’interesse a ribellarsi contro l'ordine stabilito delle cose, sono ancora più o meno legate ad esso a causa della religione dei loro padri, che è la provvidenza delle classi privilegiate. Le classi privilegiate − che non hanno più oggigiorno né la devozione né la fede, anche se dicono il contrario − sono a loro volta, legate a quest’ordine di cose a causa del loro interesse politico e sociale. 
È evidente che chiunque ne ha bisogno per la sua felicità, per la sua vita, deve rinunciare alla ragione, e ritornare se può, alla fede ingenua, cieca, stupida; ripetere con Tertulliano e con tutti i credenti sinceri queste parole che riassumono la quintessenza stessa della teologia: Credo quia absurdum. Allora ogni discussione cessa, e rimane la stupidità trionfante della fede.
Se Dio esistesse, non ci sarebbe per lui che un solo mezzo per servire la libertà umana: e questo sarebbe ch’egli cessasse d’esistere.
Se Dio esistesse, bisognerebbe abolirlo.




Dieu et l'état, 1871 (postumo, 1882)

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