08 giugno 2016

Racconti da Kobane sull'amore per la vita.

Abu Layla, "l'eroe di Kobane" è stato ucciso da un cecchino.
Sorrideva sempre, anche nel momento più feroce dei combattimenti. Anche quando per l'ennesima volta veniva ferito. Una leggenda. Che i suoi uomini credevano "immortale". Che persino i nemici del Daesh rispettavano. Ma dopo due anni di battaglie Faisal Abu Layla è caduto, centrato da un cecchino durante la grande offensiva contro lo Stato Islamico. Divenne celebre per un atto di clemenza a favore di un soldato nemico del Daesh: nel novembre di due anni fa lo salvò quando era rimasto imprigionato sotto le macerie, affermando: "Volevo fare vedere al mondo che noi amiamo tutti gli uomini, contrariamente a loro che odiano e seminano morte dovunque vanno. Noi lo salveremo, lo cureremo e lo manderemo dalla sua famiglia".

Mi piace ricordare un'evento simile a quello di Kobane accaduto a Roma il 2 febbraio 1977. Un poliziotto viene colpito alla testa da un proiettile durante una manifestazione a Piazza Indipendenza e Alexander Langer va in suo soccorso (http://www.internazionale.it/opinione/franco-lorenzoni-2/2015/07/02/alexander-langer)
Queste "piccole cose", proprio perché distanti nel tempo e nello spazio, sono in realtà degli importanti semi. Semi che ci mostrano come anche nelle situazione più dure, dove la disumanizzazione raggiunge livelli altissimi, ci sono persone che provano ad andare controcorrente, "restando umane".
Sono esempi che dobbiamo imparare a riprendere.

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