Da "Il pensiero inelegante" di Francesco Erspamer.
Il liberismo non è solo un sistema economico. È un sistema ideologico,
una struttura mentale. Che si basa su un unico principio, molto
semplice: chi ha avuto successo, non importa come, meritava di averlo.
Il giudizio morale è in sostanza a posteriori: i valori non esistono in
sé ma solo come attributi del potere, del denaro e della celebrità.
Ovviamente a queste condizioni non ha senso parlare di etica; per la
contradizion che nol consente, avrebbe detto Dante: una virtù retroattiva è vuota come un’assoluzione preventiva.
Però i liberisti non leggono Dante: molti di loro si definiscono
conservatori e parecchi affermano di credere in Dio e di appartenere a
una Chiesa. Mentono: non intendono conservare nulla, tanto meno i
classici, e non credono in nulla al di fuori di sé stessi. Più di
qualsiasi altro regime della storia il neocapitalismo liberista
disprezza e sistematicamente distrugge il passato, le tradizioni,
l’ambiente, le comunità. Perché il liberismo pretendere di essere la
realtà, l’unica realtà, l’unico pensiero; e il passato, le tradizioni,
l’ambiente e le comunità testimoniano la possibilità di alternative: e
non come sogni o utopie ma come esperienze già accadute e dunque
possibili.
In altre epoche la resistenza contro gli abusi e la
violenza del potere doveva fondarsi sulla promessa di un mondo nuovo. Il
consumismo globalista ha reso inefficace questa promessa, abusandone:
ogni giorno la sua pubblicità e i suoi media inventano nuovi desideri,
propongono nuovi futuri, garantiscono magnifiche sorti e progressive.
Per questo un’efficace lotta contro il neocapitalismo non potrà che
essere etica e culturale: una lotta per i beni comuni, i valori comuni,
le memorie comuni.
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