01 novembre 2013

E se non ci fossero più le bollette da pagare?



È purtroppo assodato che, attualmente, la vita di ognuno di noi dipende dall’economia.Siamo costretti a comprare letteralmente la nostra esistenza su questo pianeta da quelli che controllano l’economia. Per avere di che pagare la casa, il cibo, i vestiti e le altre necessità, dobbiamo faticosamente ritagliarci un ruolo nel girone infernale dell’espansione di massa che trasforma  questa terra su cui viviamo in desolanti, desolate e cancerogene distese industriali.  E siamo costretti a contribuire a questo processo non solo consumando ma anche lavorando. Siamo costretti a lavorare per pagarci la libertà di esistere.
Per la maggior parte di noi, il lavoro non è un’attività creativa che ci permette di esplorare i nostri interessi individuali bensì un’autonegazione, una stressante paralisi mentale e spesso una fatica nociva compiuta solo per guadagnare un misero salario.
Non sto ora mettendo in discussione la desiderabilità o meno dell’industria e del commercio, è chiaro che, pur percependo la negatività della dittatura dell’economia in continua espansione, si può solo dare il benvenuto alla sua presenza, perché solo lei può fornire i lavori di cui abbiamo così disperatamente bisogno per pagare le bollette.
E se non ci fossero più le bollette da pagare?
Una volta non c’erano.
Le culture indigene che sono state assimilate e distrutte dalla società industriale e quelle rarissime eccezioni che ancora lottano per resistere alla sua influenza, riuscivano e riescono a soddisfare le proprie necessità cacciando, pescando, coltivando, raccogliendo e pascolando. Per loro non c’è mai stato bisogno di sfruttatori intermediari come i capi, i proprietari terrieri, i poliziotti, i politici esperti autoproclamatisi tali. Lontani dal vivere una fatica, hanno goduto di un’esistenza di relativo agio, lavorando raramente più di 3-4 ore al giorno. Inoltre, cercare cibo o coltivare in compagnia di persone amiche godendo del paesaggio naturale è una forma di “lavoro” molto più significativa e soddisfacente che l’attività lavorativa meccanizzata e irreggimentata tipica dei giorni nostri.
Detto questo, mi rendo perfettamente conto che per l’odierna popolazione della terra non è possibile vivere in questo modo (o meglio, non viene data o non c’è più la possibilità), anche se alcune comunità alternative riescono a condurre un’esistenza autosufficiente e sostenibile attraverso mezzi differenti, riducendo così il bisogno di economia industriale su vasta scala, insieme alla devastazione ecologica e ai metodi coercitivi di organizzazione che questa comporta.
E mi rendo perfettamente conto anche che per la maggior parte delle persone risulta difficile vivere in maniera autosufficiente, o imparare come fare, perché devono dedicare tempo ed energia nel lavoro salariato per pagare l’ipoteca della casa. Anche quelli che riescono ad evitare il lavoro, oggi lo possono fare solo entro i confini di un paese devastato a livello ambientale e in un’atmosfera politica autoritaria.
Lo so, indietro non si torna, troppe sono le cose cambiate. Ma ciò non significa che ci si debba rassegnare all’obbligo e alla necessità di lavorare per pagarsi la libertà. Spesso il guaio è che non si riesce a concepire la libertà come superamento delle condizioni attuali e di tutte le situazioni del passato.
La libertà è un'incognita da tentare, non una certezza da riscoprire.

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