Giovedì scorso il tema del giorno suggerito era il recupero del relitto che, nell'aprile del 2015, portò in fondo al mare 700 persone. Fu l'inizio di una stagione tragica, non ancora conclusa, perchè di migranti naufragati se ne ha notizia ogni giorno.
Mercoledì c'è stato il recupero di quel relitto e di molti corpi. Per dar loro un nome, restituirli là dove è possibile alle madri, ridare loro sepoltura e quella dignità che da vigliacchi quali siamo non abbiamo saputo riconoscergli da vivi.
Devo dire che, da atea quale sono, non mi sono posta nessun problema spirituale o religioso. L'ho trovato semplicemente un gesto di pura umanità e rispetto.
E invece cosa ho ascoltato? Qualcosa che forse non ha più nemmeno a che vedere con rancore, rabbia, indifferenza o cinismo. Perchè la domanda, quasi unica e sconcertante che è venuta fuori dalla maggioranza dei radioascoltatori alla notizia e alla lettura dei giornali fatta un'ora prima durante la rassegna stampa, è stata: "Quanto ci costa?" E' venuta fuori quell'Italia dei "lasciateli in fondo al mare", dei "con tutti i problemi che abbiamo", del crudissimo "per identificare le salme senza documenti prenderemo il dna a tutta l'Africa?".....e via così, in un crescendo di bile e miseria.
Il dramma era già passato, passato senza memoria.
Incapaci di soccorrere i vivi, ci scagliamo contro i morti. Che cosa siamo diventati?
La sepoltura dei morti è uno spartiacque tra la barbarie e la civiltà, tra la bestialità e l’umanità. Il recupero delle vittime del più grave naufragio avvenuto nel Mediterraneo si inserisce nel solco dell’umanità. Anche la guerra, e la sua preparazione, è uno spartiacque tra la barbarie e la civiltà, tra la bestialità e l’umanità. L’Osservatorio italiano sulle spese militari ha reso noto che ogni ora (ogni ora!) il nostro Paese spende 2,5 milioni di euro in armamenti. Non ho letto o sentito altrettanti commenti indignati, nonostante le guerre, e il commercio delle armi, siano all’origine della fuga biblica dei profughi e dei loro naufragi.
Temo che, oltre l’umanità, stiamo perdendo anche l’intelligenza. Che è poi la stessa cosa.
“Eppure lo sapevamo anche noi l’odore delle stive, l’amaro del partire, lo sapevamo anche noi. E una lingua da disimparare e un’altra da imparare in fretta prima della bicicletta, lo sapevamo anche noi. E la nebbia di fiato alle vetrine, il tiepido del pane e l’onta di un rifiuto. Lo sapevamo anche noi questo guardare muto”
(Gianmaria Testa)
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