Molto presto, il nostro cervello non avrà più segreti: non tanto per
noi, quanto per i nostri futuri controllori. Benvenuti in Matrix, grazie
al “Progetto Brain” annunciato da Obama e minimizzato dai media:
sarà qualcosa di analogo al “Progetto Genoma”, spiega Giulietto Chiesa,
e produrrà frutti altrettanto copiosi di quelli che inondarono la
genetica e le Borse dell’Occidente. In un campo, tuttavia, del tutto
diverso: “Brain Research Through Advancing Innovative Neurotechnologies”
dovrà produrre un gigantesco balzo in avanti della conoscenza del
funzionamento del cervello umano. «Il “Brain” si propone di sapere da
dove nascono – e come – pensieri, sensazioni, sentimenti, ricordi. Fin
dove si spinge la coscienza, dove sconfina nell’inconscio. Anzi, di più:
cos’è la coscienza. E dove si trova». E attenzione: non stiamo parlando
di un futuro remoto. «Il “Brain” ci dice che, tra dieci anni, più o meno, questo futuro sarà presente». Il cyber-androide “Frankenstein” sarà tra noi? Nel caso, «non sarà nostro amico».
«Tutto questo – scrive Chiesa sul “Fatto Quotidiano” – è in via di realizzazione in un contesto “disturbante”», proprio perché «non esiste nessuna
certezza riguardo chi utilizzerà questi strumenti». Inoltre, «nessuno
può prevedere gli effetti di medio e lungo periodo», dal momento che
«tutto si realizza in condizioni di laceranti squilibri di ricchezza, di
reddito, di forza e di potere
tra aree del mondo, tra Stati, popoli, civiltà e culture». E quindi
«saranno i più ricchi, e i meglio armati, ad avere nelle mani strumenti
che verranno usati per accrescere il loro dominio sugli altri». Il
tutto, «in condizioni di impressionanti sperequazioni sociali e di
penuria assoluta di beni». E non dimentichiamo che «gli apprendisti
stregoni sono i “Masters of the Universe”, cioè “la scimmia al
comando”». Dunque: «Prepariamoci all’atterraggio», perché la notizia ha
carattere addirittura epocale: per la prima volta nella storia,
grazie a tecnologie che solo ieri avrebbero reso impensabile l’impresa,
sarà possibile esplorare «il luogo dove confluiscono i miliardi e
miliardi di informazioni che vengono dai miliardi e miliardi di cellule
del corpo umano. Che è – quest’ultima parte – all’incirca il 98% di
tutta l’attività cerebrale».
Mai ci si era proposti un compito così immenso. E, in tempi di “fine
dell’abbondanza”, «non ci s’imbarca in un’avventura di queste dimensioni
se non si pensa di poterne trarre un vantaggio», economico e non solo,
perché «non è una corporation quella che si propone una tale cornucopia
di obiettivi: è l’America in persona, quella che impugna la fiaccola
della libertà». E’ lo Stato che ha dominato il XX secolo a rilanciare
oggi la posta di una partita che non è più certo di poter vincere nel
XXI. Dominio del mondo: «Quello che appare evidente, fin da subito, è
che si tratta di un progetto pazzescamente realizzabile». Decine di
laboratori, negli Stati Uniti e altrove, sono già impegnati a studiare
il collegamento tra l’intelligenza umana e l’intelligenza artificiale,
«cioè a trasferire capacità umane – come la visione, la comprensione dei
linguaggi, gli stessi processi decisionali che caratterizzano il
cervello umano – nelle “macchine di calcolo”, e viceversa». Attenzione,
perché il “viceversa” è proprio la novità del “Brain”: «Significa
letteralmente trasferire nel cervello umano alcune delle capacità non
umane di
elaborazione di quantità sterminate di dati, e anche di trasferire,
almeno in parte, le velocità superumane di realizzazione di tali
elaborazioni».
Idea prometeica: «Stabilire una connessione tra due intelligenze
qualitativamente diverse, inconfrontabili, ma che hanno elementi
basilari di funzionamento comuni». Tra questi, in primo luogo, il
linguaggio binario, che ieri non esisteva. «Cosa ne verrà fuori non lo
sa nessuno», sottolinea Giulietto Chiesa: «Ci affacciamo su un altro
abisso inesplorato, guardando il quale, dal luogo in cui ci troviamo, si
possono intravvedere ombre inquietanti. Tant’è che lo stesso Obama si è
sentito in bisogno – annunciando il progetto – di informare il pubblico
che verrà istituita una qualche “commissione etica” con l’incarico di
studiare le ripercussioni che una tale esplorazione potrà implicare»,
ben sapendo che «le commissioni etiche hanno scarse munizioni a
disposizione contro i possenti interessi di cui stiamo parlando».
Dunque, inutile nasconderlo: «I rischi sono enormi», perché il “Brain” è
davvero una “nuova frontiera”, «destinata in ogni caso a proiettare
Barack Obama nella rosa dei presidenti americani che hanno fatto la storia del futuro».
Eppure, quando il lancio è stato effettuato – marzo 2013 – il clamore
è stato contenuto in poche righe, per dare notizia dei primi 100
milioni di dollari stanziati per il 2014. In luce, anzitutto, gli
obiettivi medici: potremo affrontare la cura dell’Alzheimer e
intervenire finalmente con successo nelle patologie psichiatriche e
neurologiche come la schizofrenia e l’autismo. «Il “Brain” ci libererà
dunque da molti mali. Come non applaudire?». Di fronte a queste virtù
taumaturgiche, tutto il resto passa in secondo piano: se ci saranno
problemi, li si affronterà quando si presenteranno. E’ lo stesso
«procedimento obliterativo» che accompagnò la creazione della prima
bomba atomica: «I vantaggi erano lì, visibili, sottomano. Come non
approfittarne? Il principio di precauzione venne dopo, quando già
Hiroshima e Nagasaki – indubbi vantaggi dell’epoca – si erano realizzati
e avevano cambiato la storia del mondo. E, come sappiamo, ancora oggi il principio di precauzione funziona assai poco e male. Basta pensare a Fukushima. Eppure si va avanti a tutto gas».
Quanto sia il gas che sta cominciando a bruciare per avviare il
“Brain”, continua Chiesa, lo si intuisce sfogliando l’elenco dei
soggetti principali che lo faranno muovere. «C’è tutto il Gotha del Potere,
della scienza, della forza: agenzie federali, a cominciare da quelle
militari; fondazioni private, corporations, università». Sono mobilitati
interi team di neuro-scienziati e di nano-scienziati, e – non c’è
dubbio – il Pentagono in prima persona. Sigle di primissimo piano:
l’Nhi, Istituto nazionale per la salute; la Darpa, Agenzia della difesa
per i progetti avanzati di ricerca; l’Nsf, Fondazione nazionale della
scienza. E poi l’istituto di ricerche mediche Howard Hughes e l’Istituto
Allen per la scienza del cervello. Il “dream team” ingaggiato per
avviare l’impresa è guidato da Cori Bargmann dell’Università Rockefeller
e da William Newsome, dell’Università di Stanford. Primi obiettivi
dichiarati: salute e prolungamento della vita umana, sviluppo di
tecnologie rivoluzionarie, investimenti a grande potenziale
di resa. «Dalle cifre che si metteranno in campo si desume che potrebbe
essere anche un rilancio in grande stile dell’economia americana».
Non a caso, continua Giulietto Chiesa, si è parlato fin da subito di
qualcosa di simile al decennale “Progetto Genoma” (Hgp, Human Genome
Project), che fu accompagnato da un investimento pubblico di circa 300
milioni annui. Che, moltiplicato per dieci, fa 3 miliardi di dollari.
“Brain” andrà molto oltre: secondo George M. Church, biologo molecolare
già impegnato nell’Hgp, già adesso cifre di quest’ordine di grandezza si
spendono nello studio delle neuroscienze e delle nanotecnologie, come
conferma l’“International Herald Tribune”. Cifre che, per il “Brain”,
saranno moltiplicate per quattro, o per cinque. «In fondo, Ben Bernanke
tira fuori dal nulla circa 85 miliardi di dollari al mese: nulla
impedisce che si possa moltiplicare per cinque gli investimenti in
“Brain”, magari senza dirci niente». Lo stesso Obama, nel suo ultimo
discorso sullo stato dell’Unione, ha fatto un calcolo fantasmagorico:
ogni dollaro investito nell’Hgp ne ha fruttato 140. «Se il “Progetto
Genoma” ha creato profitti per 800 miliardi di dollari, proviamo a
immaginare cosa potrebbe significare, per l’economia Usa, un “Brain” che potesse contare sull’attivazione di trilioni di dollari di investimenti».
Sono cifre «che fanno sognare banchieri e politici, ancora più
convinti che lo sviluppo possa continuare a essere “infinito” anche
nella realtà, oltre che nelle loro teste». Il campo di sfruttamento più
redditizio? «Sarà quello dei 100 miliardi di neuroni del nostro
cervello: territorio di ripopolamento dove si troveranno miliardi di
limoni da spremere, costi quello che costi». Mappare il cervello: «Lo si
può fare oggi, senza aprirlo. Analogia con l’immensità degli spazi
cosmici. Siamo oggi in grado di conoscere la composizione chimica di una
stella distante 100 anni luce, o di un satellite di Giove, senza
esserci mai andati – addirittura senza avere neppure la speranza che
qualcuno possa mai andarci, nei secoli dei secoli: lo sappiamo
dall’analisi spettroscopica». Dallo spazio all’encefalo: «Oggi la
biologia sintetica ci consente di entrare nel cervello con intere flotte
di nano-astronavi capaci di raccogliere (e trasmettere all’esterno) l’attività delle cellule neuronali».
Tutto bene, tutto meraviglioso. Ma viene in mente quello che scriveva
Edgar Morin, nei “Sette Saperi”: «La genetica e la manipolazione
molecolare del cervello umano permetteranno normalizzazioni e
standardizzazioni finora mai riuscite con gl’indottrinamenti e le
propagande sulla specie umana». Come ci insegna Edward Snowden, chi è in
grado di spiare nei segreti della natura è anche in condizioni di
controllare i comportamenti dell’uomo. Secondo il giornalista John
Markoff, riguardo al “Brain” «gli scienziati individuano un insieme di
complessi temi etici, che includono la privacy, la possibilità di
leggere i pensieri e perfino una cosa che oggi riguarda la fantascienza,
cioè il controllo delle menti». Giulietto Chiesa lo corregge: «Già oggi
decine di centri di ricerca sono impegnati a “leggere nelle nostre
menti”, per sapere in anticipo cosa desidereremo, come possiamo
comprare, dove andremo, come ci comporteremo. Lo fanno con
l’intelligenza artificiale, con i motori di ricerca».
Ora, proviamo a immaginare un cervello artificiale che copia
perfettamente un cervello umano. E poi proviamo a immaginare di poter
mettere in relazione, via wifi, i due “strumenti”. Avremo un altro uomo,
conclude Chiesa. «Ci siamo già. E quest’uomo non ci sarà amico, perché
sarà o pazzo o smisuratamente più forte di noi. L’unica cosa certa è che
non sarà nessuno di noi». Facile immaginare «gli entusiasmi degli
“scienziati ebeti” che sono stati formati per credere ciecamente nel
risultato immediato di ciò che creano, ma che sono incapaci di vederne
le ripercussioni. E capiremo che siamo nelle dirette vicinanze del
“sogno di Frankenstein”». Analogo immaginabile entusiasmo anche degli
adoratori della Rete: «Che bello averla direttamente connessa con il
proprio cervello! Che meraviglia dilatare istantaneamente il proprio
sguardo a tutto YouTube!». Dato il livello culturale e intellettuale
medio dei “cittadini di Matrix”, cioè degli abitanti del Mercato,
inclusi gli “scienziati ebeti” e i «non meno ebeti economisti», per
Giulietto Chiesa «si può scommettere che non esiteranno ad applaudire
ogni aggeggio che porti vantaggio economico. Gli diranno che è utile
alla salute, o alla tasca, farsi mettere qualche capsula da qualche
parte. O farsi fare una “benefica” vaccinazione. Sarà una centrale
trasmittente e ricevente, ma che importa ai cittadini di Google?».
http://www.libreidee.org/2013/08/brain-project-presto-avranno-anche-il-nostro-cervello/?utm_source=feedburner&utm_medium=twitter&utm_campaign=twitter+%28LIBRE+-+associazione+di+idee%29
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