05 febbraio 2013

“Stai attenta e guardati le spalle”.



"Ti passerà la voglia di difendere le donne... Stai attenta e guardati sempre le spalle, da questo momento questo posto non è più sicuro per te" e a seguire una serie di insulti. E' questo il contenuto di un biglietto che Simona Giannangeli, avvocato, parte civile con l'associazione antiviolenza nel processo a carico di Francesco Tuccia, ha trovato sul parabrezza delle propria auto.
Per chi non ricordasse Francesco Tuccia è il militare in servizio all’Aquila accusato dello stupro di una ragazza di vent’anni,  ridotta in fin di vita e con lesioni gravissime e permanenti, avvenuto a Pizzoli il 12 Febbraio 2012. Dopo la brutale violenza la giovane fu lasciata esanime e insanguinata in mezzo alla neve del piazzale del locale e fu salvata dall'intervento di  uno degli addetti alla sicurezza, che dopo averla soccorsa, allertò il 118.
Il collegamento con il caso Tuccia appena concluso con la condanna ad otto anni per l'ex militare è apparso immediato.
“Non voglio collegare niente”, commenta l’avvocato del Centro antiviolenza, “ma certo il contenuto di quel messaggio appare chiaro. Ho provato tanta rabbia e con il passare delle ore è cresciuta anche l’indignazione. Quel biglietto è la conferma di quanta intolleranza possa ancora esistere nei confronti delle donne che prendono la parola in un contesto pubblico e che magari lo fanno nel nome di altre donne. È il segno e la riconferma del fatto che non ci sono poi grandi margini di libertà quando le donne decidono di denunciare le violenze subìte. O, comunque, di operare a fianco di altre donne vittime di violenza in qualità, come nel mio caso, di avvocato. Quel biglietto sul parabrezza della mia auto significa che lo strumento utilizzato contro le donne è quello della minaccia”. In un primo momento la Giannangeli aveva deciso di non rendere pubblica la cosa. Poi il ripensamento “perché si sappia che questi fatti non ci intimidiscono. Provo un sentimento di rabbia che si accompagna alla consapevolezza tristissima di vivere in un tempo in cui gli uomini fanno queste cose. Parlo al maschile perché sono sicura che questo genere di cose viene dalla testa di un uomo. Ho voluto raccontare di queste minacce per far comprendere alle donne che, qualunque cosa accada, noi saremo sempre al loro fianco”. Per ora l’avvocato Giannangeli ha deciso di non presentare alcuna denuncia. “Sarebbe una cosa contro ignoti e sappiamo come queste cose vanno a finire. Vedremo cosa fare se ci saranno, per dirla in modo ironico, altre attenzioni”. L’avvocato ripete di non voler parlare del processo Tuccia. “Ma non accade tutti i giorni di essere parte civile in un processo del genere e di ritrovarsi, nemmeno 24 ore dopo la sentenza, a dover fare i conti con un biglietto minatorio lasciato nell’auto parcheggiata sotto casa”.
Le violenze sulle donne non sono un’emergenza  ma i numeri reali dicono di una violenza costante. Un’abitudine, frutto di una cultura antifemminista, che stabilisce relazione impari tra i generi, dove il potere maschile si riverbera sul corpo e la psicologia delle donne per fermarne l’emancipazione. Quelle minacce, che sottolineano  una volta di più quanto la violenza contro le donne sia radicata e pervasiva, dimostrano purtroppo la persistenza di un disprezzo ideologico di genere, che si è espresso ora nella forma della minaccia anonima ma è lo stesso che nei casi più estremi porta alla violenza fisica. Quelle minacce e quegli insulti ad una donna che difende le donne, rappresentano il simbolo dell'odio della rabbia e del disprezzo nei confronti di tutte le donne. Forse il gesto di uno squilibrato, ma di certo un ennesimo segnale di violenza, una violenza che ha il chiaro obiettivo di terrorizzare e indurre al silenzio una donna, tutte le donne.

Le donne alzano la voce, dunque vanno punite. 
Le donne provocano, dunque la violenza se la cercano. 

Due frasi che hanno la stessa valenza, lo stesso significato di intolleranza. Entrambe dimostrano chiaramente  che le così tanto sbandierate "uguaglianza", "dignità" e "pari opportunità di genere", restano obbiettivi lontani.

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