La frase chiave: "Non mi schiero con nessuno", ma
"sono disponibile a fare il premier con chi condivide la mia agenda".
Della serie: "non sarò secondo o alleato di nessuno, perché o qui comando
io o comando io".
Davvero un grande mediatore, non c’è che dire!
Discorso molto
convinto quello di Monti in conferenza stampa, molto convinto di aver fatto
le cose giuste e molto convinto di possedere (lui solo!) la capacità per
traghettare l’Italia fuori dalla crisi: far arretrare le condizioni di vita
della stragrande maggioranza della popolazione fino al punto in cui diventano
“competitive” con quelle di paesi che stanno soltanto ora approdando alla
“civiltà industriale”. Ovviamente non sono state queste le sue parole, ma le
accuse che rivolge a destra e a sinistra citando esplicitamente i nemici da battere:
la rappresentanza del lavoro, intesa come sindacati e partiti politici, quel
definire “arcaica” la Cgil e “conservatore” il suo affannato scudiero politico
e calcando sull’inadeguatezza (vera!) dell’attuale classe dirigente nazionale è
qualcosa di diverso della polemica tipica di una campagna elettorale agli inizi.
È segno di un programma già prestabilito che non ammette nessuna mediazione.
Perché non ne ha bisogno.
Perché il suo è l’unico programma che possa esistere.
Perché la sua agenda rispecchia fedelmente la “lettera della
Bce” di un anno fa, molto più vincolante di qualsiasi altra cosa e a cui
dobbiamo attenerci per forza, ovvero il Fiscal Compact e il pareggio di
bilancio per sempre, ovvero la riduzione a nulla della spesa sociale (a
cominciare da quella sanitaria, che incide immediatamente sulla lunghezza della
vita media e quindi può contribuire rapidamente anche alla riduzione del “monte
pensioni” (se muori prima, se ne pagheranno meno e per meno tempo).
"La nostra agenda non è indirizzata al centro, non a
destra e non a sinistra: è modestamente un'agenda erga omnes, chiunque trova
titolo di interesse la consideri".
"Se volessi restare nel mondo della politica e delle
istituzioni non prendere nessuna iniziativa sarebbe il modo più tranquillo per
avere forse qualche altra occasione istituzionale".
Che è come dire: le direttive già ci sono, se qualcun altro
si vuol prendere la briga di seguirle mi sta bene, altrimenti io sono
disponibile a fare lo sporco lavoro.
Capito? Non serve dibattersi, basta aspettare tranquilli,
tanto i giochi sono fatti.
E visto che oggi è la viglia di Natale e tradizione vuole
che si facciano gli auguri, io colgo l’occasione per farli a tutti coloro che
pretendono di saper fare da guida, politici e governanti.
A tutte quelle facce vecchie e nuove che si succedono in
televisione e che parlano di successi raggiunti
e di un paese risanato o di successi da raggiungere per risanare il paese.
A tutti coloro che ancora non hanno avuto il buon senso di
ammettere le loro colpe per aver ridotto il paese nelle condizioni in cui è.
Il mio augurio di Natale è che, come il personaggio della
favola di Dickens “A
Christmas Carol”, anche loro possano provare per una notte, nei loro
incubi, quello che per mesi hanno provato e stanno provando tanti italiani, coloro ai quali è stata tolta la possibilità di vivere decentemente e di dare un futuro ai propri figli e per i quali il Natale e le festività non rappresentano un'occasione per festeggiare perché non hanno niente con cui e per cui festeggiare.
Se i nostri governanti e rappresentanti avessero avuto la
possibilità di fare un’esperienza analoga forse, ma solo forse, sarebbero un
po’ più coscienziosi e mostrerebbero un po’ più di pudore nel valutare i meriti
del loro operato e decidere le scelte future.
Questo è l’augurio che alla vigilia di Natale, con
un’ altro imprenditore morto da ricordare, mi sento di fare alla stragrande
maggioranza degli uomini e delle donne delle nostre istituzioni rappresentative
e di governo.
Buon Natale.
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