Tratto da "Felici Malgrado"
La felicità è vivibile e vissuta solo
personalmente: nessuno può delegarla o, al contrario,
sperimentarla per conto di un'altra persona. Ma è
spesso sia relazionale, affondando le sue radici nei
rapporti con gli altri (a volte pochissimi), sia –
più a fondo – sociale. Perché? A
parte il nostro, già citato, essere 'animali
sociali', dobbiamo considerare i tanti benefici connessi
alla cooperazione tra gli umani.
In primo luogo, stare con gli altri è un potente
antidoto al veleno dell'infelicità. Senza dubbio,
a volte le relazioni interpersonali risultano sgradevoli,
ansiogene, persino ammalanti. Ma, in genere, favoriscono
la realizzazione esistenziale, se sono davvero libere,
profonde, durature e specialmente variegate (cioè
con soggetti e ambienti diversi): anche se poche e selettive,
'pantografano' l'io, lo espandono, lo rafforzano.
Il secondo beneficio deriva dal coinvolgimento valoriale,
dal condividere non episodicamente passioni, ricordi,
progetti, attività: insomma, dallo stare insieme
non solo per farsi compagnia ma per produrre o consumare
o svolgere un'attività socialmente utile sulla
base di una 'filosofia' comune.
Ma non è solo questione di valori e azioni: se
si passa dalla collaborazione alla cooperazione in senso
stretto (quella di certe famiglie e associazioni oltre
che di molte delle vere coop) se ne godono i vantaggi:
la proprietà comune, con obiettivi avvertiti
come propri; il maggior peso delle istanze etiche; un
significativo senso di appartenenza; la protezione dei
membri più deboli; il minor divario di potere
e di reddito rispetto alle imprese private e pubbliche;
il reinvestimento degli utili; la persistenza nel tempo;
la tendenza a sfavorire i leaders e gli stili di leadership
autoritari.
Ecco, se vogliamo accrescere la soddisfazione esistenziale
impariamo a lavorare in squadra e a cooperare con altri
(meglio condividendo con essi proprietà, governo,
responsabilità): il che richiede regole comuni,
tolleranza reciproca, mutue gratificazioni. La sillaba-chiave
è 'co': quella che fonda il co-involgimento,
la con-divisione, la co-operazione e anche il con-tatto,
la com-partecipazione, il con-senso, al fondo la com-unità,
l'essere 'noi' che è proprio dell''io', l'identità
personale come fascio di relazioni.
Viene da interrogarsi: cosa richiede la vita 'in cordata'
con altri? Secondo le ricerche, molte delle seguenti
dieci esperienze o virtù:
- l'ascolto degli interlocutori: curioso, empatico,
rispettoso, non iper-valutativo;
- il dialogo, basato sull'apertura agli altrui contributi
e sul piacere della mutua influenza;
- la citata condivisione di valori, interessi, analisi,
programmi, attività;
- la comune motivazione, il reciproco 'rinforzo';
- il vero e proprio gioco di squadra, che funziona se
ci sono fiducia, 'ingaggio' e impegno di ciascuno;
- la trasparenza, nelle relazioni interpersonali e nell'organizzazione;
- l'orientamento all'obiettivo, più che l'ottemperamento
delle norme;
- la comunanza di dignità, riconosciuta e tutelata;
- la valorizzazione dei talenti;
- la solidarietà, specie nelle difficoltà;
- l'oblatività, ossia lo sforzo generoso e gratuito
a favore degli altri per aiutarli e gratificarli.
Troppo? In apparenza sì, se non fosse che tutto
ciò – complesso a descriversi se razionalizzato
– nella realtà risulta semplice e accessibile:
tale lo rendono il DNA che ci orienta alla collaborazione;
tante esperienze di successo in ogni epoca; i valori
delle principali culture democratiche fondate su libertà,
uguaglianza e fraternità (o sororità);
gli stessi fallimenti epocali sia dell'autoritarismo
(richiedente sudditi o schiavi e non cittadini) sia
dell'individualismo (non quello 'buono' che esalta il
ruolo e la responsabilità di ognuno ma quello
'cattivo' che contrappone individuo a società,
indebolisce le libere comunità anche conflittuali,
respinge l'idea-limite – la meta e la bussola
– dell'autogoverno collettivo).
La ricerca della gratificazione esistenziale è
così anche politica, riguarda la polis e il senso
– a un tempo primo e ultimo – del nostro
essere 'animali sociali'.
E come non essere d'accordo? Ma tra il dire e il fare .....Troverei più facle terreno fertile dove i valori più pregnanti della personalità umana non hanno abdicato all'interesse venale,dove il termine squadra non s'identifica nel significato abusato di una certa pseudo-politica,voglio dire in un terzo mondo da cui noi tutti abbiamo da attingere valori a piene mani,ma ...tant'è....
RispondiEliminaHai ragione Mario, ma sai che ti dico? Che se andiamo avanti così, fra poco il terzo mondo saremo noi e allora sarebbe meglio prepararsi all'evenienza, tanto primo o poi ci saremo costretti....
Elimina