Ti guardi attorno, e vedi quasi solo mediocrità. Cialtroneria, mancanza di rispetto, ignoranza. L’amore per il lavoro libero, fatto bene, è roba in via di estinzione. Il piacere del lavoro
ben fatto, lo chiamava Primo Levi. Tutto è fatica mentale: scostarsi
dal binario, aggregare anime affini. Fatica sterminata. Psicologica,
prima ancora che politica.
Paure, dipendenze, pigrizia. Siamo stati rincoglioniti con sapienza,
con metodo. Letterati, filosofi, poeti e teologi si occupano di parole
come valori, dignità. Uno zoo di addetti ai lavori. Lo siamo tutti,
addetti ai lavori. Siamo noi, lo zoo. E tuttavia: trovo la mediocrità
infallibilmente offensiva. C’è una sciatteria universale fatta di
imprecisione, intempestività, approssimazione. La banale, semplice
puntualità è stata derubricata. Le parole viaggiano velocissime, ma non
contengono quasi più niente.
Ci sono anche i cattivi, immancabili, ma sarebbero ben poca cosa se
avessero di fronte qualcosa di diverso dallo zoo degli zombie. La cui specialità
(salvo eccezioni, per fortuna non così introvabili) è una mediocrità
tombale, frutto, si direbbe, dell’assenza di qualsiasi pensiero, a
motivare (a monte) qualsiasi forma di necessaria autodisciplina.
Mediocri produttori, mediocri industriali, mediocri consumatori.
Mediocri utenti di mediocri narrazioni. Mediocre passato e mediocre
presente, il futuro
semplicemente non esiste, ma se esistesse sarebbe anch’esso
desolatamente mediocre. Mario Draghi, Marchionne: loro non sono per
niente mediocri. Della mediocrità, Mario Monti
indossa soltanto la maschera. Poi ci sono gli esausti, i terminali, gli
sfiduciati, i disarcionati. I dissidenti consapevoli. E sono tanti. E
sono stanchi. Perché tutto quello che vedono, attorno a loro, è soltanto
mediocrità. Un assedio apocalittico, mai visto prima.
Hitler, Stalin, Churchill, Mussolini, Roosevelt. Tutto erano, fuorché
mediocri. Non poteva essere mediocre Yurij Gagarin. Né il collega
aviatore Anatolij Grishenko, l’elicotterista che si immolò (volontario)
per tappare il reattore di Chernobyl. Mediocre è il direttore della
Tepco, che mentì spudoratamente ai giapponesi spaventati da Fukushima.
Mediocre è il calcolo, mediocre è la menzogna. Mediocre è chi presume di
sapere, chi si affanna a conoscere l’opinione altrui al solo scopo di
manipolarla. Nove volte su dieci, mediocre è chi bussa alla porta, chi
ti fa squillare il telefono. E se non è mediocre, è rassegnato alla
mediocrità generale. Mediocre è la merce del supermercato, mediocre (e
sfruttato) il lavoro che l’ha prodotta. Veleni mediocri, chimica mediocre, cibo mediocre come l’esistenza che di esso
si nutre. La mediocrità è pericolosa, perché disattiva i dispositivi di
allarme e disabilita il cervello. Fa a meno dell’intelligenza, della
capacità di scegliere e di desiderare.
È spaventoso lo scempio della bellezza compiuto dalla cosiddetta arte
contemporanea, perfetta mimesi dell’usa e getta industriale. Pura
celebrazione del nulla – e voluttuosa, anche – di una sfrontatezza da
parata nazista, autoritaria e cialtrona come la sottocultura che l’ha
prodotta. La bellezza resta un pericolo: la sua percezione necessita di
silenzio selettivo, contemplazione, ascolto. Siamo intasati di impulsi
elettronici, come un esercito in guerra:
in teoria è per veicolare informazioni; in pratica, l’affollamento di
iper-informazione ottiene il risultato contrario, rende insensibili e
indifferenti. Troppe voci, nessuna voce. Il tempo è ricodificato,
riempito, allagato di non-informazioni (e senza arrivare al dolo, quello
della cosiddetta informazione: che non solo disinforma attivamente, ma
dà alle vittime l’illusoria sensazione di essere efficacemente informate).
È troppo poco, definire tutto questo mediocrità? So questo: se
qualcuno si rapporta con te in modo non mediocre, amico o nemico che
sia, ti obbliga automaticamente a dare il meglio, non il peggio. Musica
mediocre, film mediocri, libri mediocri. È un piano prestabilito o una
semplice conseguenza? È così comoda, la mediocrità. È una sorta di
anestesia, di psicofarmaco. La ricostruzione di un’estetica alternativa
non è ragionevolmente alla portata di nessuna coalizione basata su forze
umane indipendenti.
Come ebbe a dire il vecchio Dylan in un’intervista:
«Ammettiamolo: ha vinto Walt Disney. Quindi, abbiamo perso tutti».
(Giorgio Cattaneo, “Mediocrità”, da “Megachip” del 6 gennaio 2013).
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