“Attivi nelle lotte, noi non votiamo” era lo slogan portante di un
manifesto astensionista diffuso nel 2004 dal circolo anarchico Camillo
Berneri di Bologna – probabilmente uno degli ultimi manifesti
astensionisti affissi in città. La foto centrale del manifesto
riproduceva lo striscione degli “anarchici contro il G8” che aveva
imperversato a Genova dal 2000 al 2003: “Padroni di nulla, servi di
nessuno, andiamo all’arrembaggio del futuro”.
Dopo di allora fare campagna astensionista era come “sparare sulla croce rossa”.
Allora si trattava di elezioni “amministrative” e i destinatari del
manifesto erano compagne e compagni attirati nel vortice del “movimento
dei movimenti”. Già a partire dal 1998 l’area che faceva capo ai partiti
della “rifondazione” e della “disobbedienza” cercava di accreditarsi
come “cinghia” di raccordo fra movimento e istituzioni – per quanto
municipali potessero essere queste ultime – dando alla campagna
elettorale un senso di mobilitazione paragonabile ad una manifestazione
di piazza. Le argomentazioni degli elettoralisti erano che ci dovevano
essere degli spazi politici da conquistare per avere una sponda dentro
le istituzioni che permettesse ai movimenti di avere “cittadinanza”.
Gli epiloghi di quella vicenda sono noti. Governi amici e sponde politiche non ce ne sono mai state.
Anche oggi, però, di fronte al “disincanto” vi è la necessità per “le
istituzioni” di aumentare l’offerta politica nel disperato tentativo di
mantenere legittimità al sistema di dominio.
Ecco allora che le “ali estreme” della politica si attivano: dai grillini agli arancioni, dalla destra sociale ai neoliberali.
Nessuno – se non sottovoce – che metta in discussione l’ordinamento
politico e la struttura capitalistica dominante. Tutti che –
velleitariamente – si candidano a governare la fase.
E’ noto come i governi “nazionali” siano oggi dei comprimari dentro un
sistema di dominio che fa perno sulle istituzioni e le agenzie
sovranazionali. Nel nostro ambito: la UE, la BCE, l’FMI, la NATO e – di
risulta – l’OCSE, il WTO, la BM. Nell’ambito di queste istituzioni e
agenzie agiscono poi i “circoli” dal WEF (alter ego dei WSF) ai vari
IEF, ITF; infine i livelli concentrici del potere decisionali finiscono
nelle cancellerie – e sotto il vaglio dei servizi – di alcuni governi:
USA, Russia, Cina.
Chi si candida al governo (il PD e il rassemblement “Monti”) ha ben
chiaro questo quadro. Quando qualcuno tende a scantonare interviene il
capo dello stato a ricordare gli “impegni internazionali” dell’Italia.
Chi si candida a sostenere e legittimare (anche stando all’opposizione)
il governo dovrebbe averlo altrettanto chiaro. Se dice il contrario,
delle due l’una: o è stupido e/o ignorante o è bugiardo.
Il ruolo reale di chi andrà in parlamento sarà quello di approvare – per
via spontanea o sotto minaccia di scioglimento – i provvedimenti del
governo che saranno stati emanati a seguito del placet delle commissioni
e dei comitati sovranazionali.
E’ evidente come, in un simile quadro, la vita del “delegato del popolo”
sia veramente noiosa – a tratti frustrante – e che, di conseguenza, il
nostro – o la nostra – sia incline al malaffare: si deve pur passare la
giornata! Ovviamente il suo tempo sarà in gran parte dedicato a
garantirsi un futuro e a riconoscere prebende a quanti gli hanno dato
modo di ricoprire il prestigioso incarico.
Della concatenazione fra corruzione e autoritarismo non siamo certo i
primi a scriverne. Ci tocca però ricordarlo visto che la pagliuzza
nell’occhio di chi ci sta di fronte è sempre più grande della trave che
ci portiamo addosso. Liberali e democratici mettono in evidenza questo
legame quando si tratti della Cina (o del Venezuela e Cuba); ne
accennano quando si tratti della Russia (a patto che non ci tagli le
forniture energetiche); adombrano qualche sospetto per quello che
riguarda il governo USA (soprattutto quando batte cassa in ambito NATO).
Non una parola (se non le campagne moralistiche “anti casta”) sul
sistema che regge la dittatura di classe in Italia e in Europa.
Dittatura democratica, of course!
Proviamo a vedere come si profila il voto del 24 e 25 febbraio prossimi.
Tutti gli osservatori indicano un aumento dell’astensionismo anche a
seguito del “sorpresa” siciliana. In quel contesto ha giocato un
importante fattore “congiunturale”: la mafia non ha votato; si stima
infatti che il pacchetto di voti gestito dalla mafia sia, in Sicilia, di
circa 800 mila elettori e che, su scala nazionale, questo pacchetto
possa avvicinarsi ai 2 milioni. Se anche alle politiche la mafia non
voterà aumenteranno in maniera significativa le astensioni. Ma anche
senza questo fattore “esogeno” si può stimare che andranno a votare
circa 31 dei 48 milioni di italiane e italiani chiamati al voto (nel
2008 hanno votato in 36 su 47 milioni, 23% di astensioni) con un
astensionismo al 35%.
E’ molto probabile che il PD (+ SEL e coalizzati) arrivi a raccogliere
intorno ai 10 milioni di voti attestandosi al 32% dei suffragi; che il
rassemblement “Monti” prenda circa 5 milioni di voti (16%); che il
Berlusca (allargato alla destra di Storace, Melloni, La Russa) prenda
fra i 4 ed i 6 milioni di voti (dipende molto da cosa faranno il
Vaticano e la mafia) con un peso fra il 14 ed 18% e che i restanti 10-11
milioni di voti si sparpaglino fra grillini, quarto e quinto polo,
destra sociale, liste civiche, leghe e quant’altro.
Avendo Lombardia e Sicilia che con ogni probabilità non porteranno molti
senatori al PD (a meno dell’astensione della mafia), la maggioranza di
governo sarà necessariamente un asse Monti-Bersani che potrà governare
con un 60-65% di rappresentanti a fronte di un 45% di deleghe espresse.
Se addirittura l’effetto senatori fosse favorevole al PD avremmo un governo maggioritario con il 35% delle deleghe espresse.
Probabilmente Ceausescu aveva una più significativa legittimazione.
Ma la dittatura democratica è un ossimoro: quindi non dobbiamo chiamarla
dittatura, ci dicono. Forse si dovrebbero interrogare sull’aggettivo
democratico.
Se saranno questi i responsi nessun cambiamento alle porte; in caso
contrario i cambiamenti si sarebbero dovuti confrontare con i mercati,
prima e – nell’eventualità – con qualche esercito in seconda battuta.
Continueranno le politiche di “pareggio” – sono costituzionali mò! – a
suon di gabelle e tagli ai servizi ed ai salari; la fedeltà italiana ai
trattati (da quello militari a quelli con il Vaticano) sarà confermata;
se ci saranno un po’ di soldi verranno indirizzati a favore dell’impresa
(vedi FIAT) per favorire l’occupazione; chi la cinghia non se l’è
ancora dovuta impegnare potrà farci sopra un altro buco in modo che
possa reggere le braghe.
Vi risparmio il fervorino: lo sapete già. Non è così che si cambia!
WS
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