La nuova presidenza di Vladimir Putin, segnata dalle critiche degli
osservatori occidentali, sta concretizzando le peggiori previsioni:
stretta sui diritti politici, chiusura di qualsiasi spiraglio verso una
effettiva democrazia, isolamento del Paese sul piano internazionale,
retromarcia anche rispetto ai piccoli segnali di disgelo al tempo di
Medvedev. L’aspetto più preoccupante, foriero di conseguenze magari non
immediate sulla politica estera, riguarda i diritti individuali. È
incredibile come il riflesso incondizionato delle dittature o dei regimi
autoritari di tutto il mondo vede nella comunità omosessuale la
minaccia più grave per la società. Una legge approvata con un solo voto contrario
dalla Duma moscovita (maggioranza sovietica, meglio putiniana o
clerico-fascista) punisce la cosiddetta “propaganda dell’omosessualità”:
praticamente se qualcuno parla a un minore dell’esistenza di gay e
lesbiche commette reato. Tutto questo per combattere la denatalità in
Russia.
Denuncia Amnesty International:
“La legge introduce a livello federale il reato amministrativo di
“propaganda dell’omosessualità tra i minori”, prevedendo multe fino a
500.000 rubli.
Poiché in Russia non esiste una definizione
giuridica di cosa costituisca “propaganda dell’omosessualità”, Amnesty
International ritiene che la legge finirà per punire comportamenti
perfettamente legittimi legati all’espressione dell’identità e delle
opinioni personali e contribuirà a stigmatizzare e isolare le persone
Lgbti, minori inclusi, privandole dell’accesso a informazioni che
potrebbero essere vitali per la loro salute.
La legge, in modo
perverso, presume che lo sviluppo morale, spirituale e psicologico dei
minori si persegua meglio privandoli di informazioni che potrebbero
aiutarli a prendere decisioni autonome, responsabili e consapevoli”.
Commenta il Quotidiano.net:
“Secondo il codice penale sovietico del 1933, dettato da Stalin,
l’omosessualità anche tra adulti consenzienti era un crimine punibile
con cinque anni di carcere. Questa norma è stata abolita soltanto nel
1993, ma lo stigma sociale è rimasto: secondo l’istituto di ricerche
Levada, due terzi dei russi considerano l’omosessualità «moralmente
inaccettabile e da condannare». Per il mondo politico e per la chiesa il
manifestarsi dei gay, con tentativi negli anni scorsi di parate a Mosca
stroncate sul nascere e bollate come «sataniche», è frutto del contagio
dalle degenerazioni occidentali. Nei mesi scorsi, nelle dimostrazioni
anti Putin nella capitale, i gay che volevano partecipare venivano
tenuti a distanza dalle opposizioni, per non essere identificate con
loro. I pochi circoli gay privati sono spesso attaccati da gruppi
neonazi, e di altri partiti, tra cui i comunisti. Il partito comunista
chiede allo stato di «supervisionare la moralità nazionale» e denuncia
«attacchi barbarici alla fede ortodossa».
Putin imputa all’omosessualità
anche la catastrofe demografica che da anni colpisce la Russia, con
costante calo della popolazione, e respinge come «ingerenze» le
preoccupazioni per i diritti umani espresse dagli Stati Uniti.
La
legge punisce con multe fino a 16 mila dollari la «propaganda
omosessuale»: espressione vaga proprio per dare ampie possibilità di
intervento alla polizia, secondo le tradizioni legislative
russo-sovietiche.”
Intanto le due esponenti del gruppo musicale Pussy Riot parlano dal carcere. Riporta il sito Lapresse.it:
“In un’intervista pubblicata il 23 gennaio sul quotidiano indipendente
Novaya Gazeta, le due donne hanno descritto le dure condizioni
carcerarie a cui sono sottoposte e aggiunto di non aspettarsi alcuna
clemenza dalle autorità.
Tolokonnikova ha dichiarato che la cosa
che le manca di più in carcere è la possibilità di leggere liberamente.
Al momento sta leggendo la Bibbia e alcuni libri di filosofia, ma le
condizioni detentive non le lasciano molto tempo per dedicarsi alla
lettura. Alekhina, che sta scontando la pena in un’altra prigione, ha
lamentato invece ripetute violazioni dei diritti umani da parte
dell’amministrazione carceraria.
“È stato un atto ironico, giocoso
e ardito, un grido politico”, ha detto Tolokonnikova della preghiera
punk, spiegando che non aveva come obiettivo la religione.
L’interpretazione dei media russi che l’hanno definita un’azione
blasfema, ha detto, è stata deliberatamente sbagliata. La donna ha poi
spiegato di non aver subito alcuna aggressione da parte delle altre
detenute, nonostante le fosse stato annunciato che sarebbe accaduto:
“Non mi hanno mai chiesto se sia religiosa o no”, non hanno alcun
risentimento verso di me per la preghiera punk. Nell’intervista, le è
stato domandato se volesse mandare un messaggio al presidente Vladimir
Putin. Ha risposto bruscamente: “No, parlando francamente, per me lui
non esiste. È solo uno spazio vuoto”.
Alekhina, detenuta in
un’altra struttura, ha raccontato invece di non disdegnare le celle di
isolamento, dove è possibile leggere in pace, mentre nelle baracche
affollate è impossibile concentrarsi. Ha anche spiegato che riesce a
mantenere la propria dieta vegetariana cucinando da sè il cibo che le
viene fornito dai suoi sostenitori”. “Sopravviverò, non mi accadrà
niente”, ha detto. E se sarà sottoposta a pressioni, ha poi aggiunto,
non esiterà a entrare in sciopero della fame e a farsi mandare di nuovo
in cella di isolamento.”
Mentre il presidente “adotta” l’attore Depardieu in fuga dal fisco francese, Putin ha voluto una stretta anche sulle adozioni,
facendo approvare una legge che impedisce l’adozione di bambini russi
da parte di genitori americani: “Non solo esponenti della società civile, ma anche alcuni membri del governo
erano contrari all’approvazione del testo, visto la difficoltà del
paese di fronteggiare il problema dei bambini negli orfanotrofi, e Novaja Gazeta ha promosso una petizione. Niente da fare, la legge ha passato tutte le fasi e avrà effetto anche per 52 bambini la cui adozione era ormai arrivata alla fase finale: non partiranno per gli Stati Uniti, ma dovranno essere adottati in Russia.
È stata denominata “legge Yakovlev”, e prende il nome da un bambino russo adottato negli Stati Uniti trovato morto a soli due anni per essere stato dimenticato in auto. Una tragedia, che nulla ha a vedere con le armi di questa nuova guerra fredda, che sembra essere combattuta tramite provvedimenti legali. Il divieto delle adozioni è stato infatti considerato una ripicca contro il “Magnitsky Act“,
che vieta l’ingresso in territorio USA e l’apertura di conti bancari
statunitensi per i funzionari russi accusati di essere coinvolti nella
morte di Sergei Magnitsky nelle carceri di Mosca nel 2009. Il processo per la sua morte si è concluso anch’esso pochi giorni fa con l’assoluzione di Dmitry Kratov, l’unico imputato. Magnitsky,
che aveva denunciato alcuni casi di frode con protagonisti altolocati,
era stato lui stesso accusato di frode e quindi incarcerato. Anche
alcuni eurodeputati avevano chiesto delle sanzioni da parte dell’Unione europea contro i funzionari russi coinvolti nella sua morte, ma queste non sono mai entrate in vigore.
La legge, che probabilmente è solo la punta di un iceberg di tensioni ben più profonde, prevede anche di creare una lista nera
di americani che avrebbero violato i diritti umani, verso i quali
applicare sanzioni simili a quelle previste dalla lista Magnitky degli
Stati Uniti, e la sospensione di Ong russe che abbiano finanziamenti americani.”
Insomma
sembrano provvedimenti marginali, in fondo della Russia ci interessano
il gas e il petrolio. Spesso però sono i dettagli che svelano
l’atmosfera oscura in cui sta precipitando il Paese. E la storia ci dice
che chi reprime la popolazione al suo interno, presto o tardi cercherà
di comportarsi allo stesso modo anche verso l’esterno.
Unimondo
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